OSARE LA PACE PER FEDE
Don Tonino Bello - Discorso all’Arena di Verona del 30
aprile 1989 - 2ª parte
La seconda cosa che voglio dirvi, strettamente collegata con
la prima, è questa: il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il Dio dei
profeti, il Dio che in Gesù ha manifestato il suo volto trinitario, non è il
Dio di Socrate, di Platone, di Aristotele, delle accademie, dei filosofi
insomma.
Il Dio dei filosofi è l’ultima conclusione della nostra attività
raziocinante. È la soglia suprema messa in cima a tutta l’impalcatura degli umani
sillogismi. È la casa che svetta sui basamenti della nostra logica organica.
La sua tenuta dipende dalla saldezza dì questi basamenti. Se
un solo passaggio razionale
cede sotto l’urto di un ragionamento opposto, ruzzola anche
Dio che ci sta sopra. Il Dio dei filosofi, insomma, è un Dio che regge solo se
è garantito dalla sicurezza dei nostri argomenti. E poi non scalda. Non
coinvolge. Non ti riempie di passione.
Accettare questo Dio è come sposare una donna di cui hai
preso tutte le misure, di cui ti sei fatto consegnare tutti i certificati di
garanzia, e contro i cui rischi di abbandono ti sei premunito con mille polizze
di assicurazione.
Il Dio di Gesù Cristo è diverso. Non viene dal basso. Ci è
stato rivelato dall’alto. Non è frutto della carne e del sangue della nostra
sapienza terrena. È un Dio garantito solo dalla nudità della nostra fede. Non è
un Dio a cui ci si aggrappa con i funambolismi della mente. Ma un Dio a cui ci
si abbandona con la fiducia del cuore, dietro un richiamo che inesorabilmente
ti precede.
Attenzione! Non è che si voglia disprezzare la fatica della
ricerca umana o che si intenda svilire l’importanza di un Dio trovato dagli
sforzi del nostro pensiero. No! Quella della ricerca razionale di Dio è una
fatica benedetta, che ogni cristiano deve compiere con tutti gli altri
uomini che lo cercano con cuore sincero.
Diciamo solo che questo Dio, dopo che l’abbiamo trovato, non
ci appaga. Anzi, non ci si può chiamare neppure credenti per il semplice fatto di
averlo raggiunto attraverso gli impervi sentieri del pensiero. Il Dio vero,
quello di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, quello rivelatoci da Gesù, è
totalmente Altro ed è totalmente Oltre. E noi credenti, dopo aver condiviso la
fatica del pensiero con tutti i ricercatori onesti, dobbiamo essere l’indice
puntato verso questo totalmente Altro e
totalmente Oltre.
La pace del mondo e la pace di Gesù Cristo. Ed eccoci al
momento cruciale di questa seconda riflessione. Per la pace vale lo stesso
discorso che si è fatto per Dio.
C’è una pace dei filosofi. E c’è una pace di Cristo. La
prima è quella prodotta dai nostri
sforzi diplomatici, costruita dai dosaggi delle cancellerie,
frutto degli equilibri messi in atto dalle potenze terrene. Al punto che, se
una sola condizione va in crisi, si rompe il giocattolo e ruzzola tutto intero
il castello.
La pace di Cristo, invece, è quella che non esige garanzie,
che scavalca le coperture prudenziali, e che resiste anche quando crollano i
puntelli del bilanciamento fondato sul calcolo. Questo è il
senso profondo dell’espressione evangelica che proprio oggi
è risuonata nella Messa:
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come ve la dà il
mondo, io la do a voi”
(Gv 14,27)
Questo è il salto di qualità a cui ci provoca la frase
divenuta ormai celebre di D. Bonhoeffer: “Osare la pace per fede”. Ci riempie
di commozione un testo che questo grande testimone del Risorto scrisse nel
1934, e che è divenuto un monito per noi:
“Una via alla pace che passi per la sicurezza non c’è. La
pace infatti deve essere osata. È un grande rischio, e non si lascia mai e poi
mai garantire.
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