venerdì 24 gennaio 2014

La pace del mondo e la pace di Gesù Cristo





OSARE LA PACE PER FEDE

Don Tonino Bello - Discorso all’Arena di Verona del 30 aprile 1989 - 2ª parte



La seconda cosa che voglio dirvi, strettamente collegata con la prima, è questa: il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il Dio dei profeti, il Dio che in Gesù ha manifestato il suo volto trinitario, non è il Dio di Socrate, di Platone, di Aristotele, delle accademie, dei filosofi insomma.
Il Dio dei filosofi è l’ultima conclusione della nostra attività raziocinante. È la soglia suprema messa in cima a tutta l’impalcatura degli umani sillogismi. È la casa che svetta sui basamenti della nostra logica organica.
La sua tenuta dipende dalla saldezza dì questi basamenti. Se un solo passaggio razionale
cede sotto l’urto di un ragionamento opposto, ruzzola anche Dio che ci sta sopra. Il Dio dei filosofi, insomma, è un Dio che regge solo se è garantito dalla sicurezza dei nostri argomenti. E poi non scalda. Non coinvolge. Non ti riempie di passione.

Accettare questo Dio è come sposare una donna di cui hai preso tutte le misure, di cui ti sei fatto consegnare tutti i certificati di garanzia, e contro i cui rischi di abbandono ti sei premunito con mille polizze di assicurazione.
Il Dio di Gesù Cristo è diverso. Non viene dal basso. Ci è stato rivelato dall’alto. Non è frutto della carne e del sangue della nostra sapienza terrena. È un Dio garantito solo dalla nudità della nostra fede. Non è un Dio a cui ci si aggrappa con i funambolismi della mente. Ma un Dio a cui ci si abbandona con la fiducia del cuore, dietro un richiamo che inesorabilmente ti precede.

Attenzione! Non è che si voglia disprezzare la fatica della ricerca umana o che si intenda svilire l’importanza di un Dio trovato dagli sforzi del nostro pensiero. No! Quella della ricerca razionale di Dio è una fatica benedetta, che ogni cristiano deve compiere con tutti gli altri uomini che lo cercano con cuore sincero.
Diciamo solo che questo Dio, dopo che l’abbiamo trovato, non ci appaga. Anzi, non ci si può chiamare neppure credenti per il semplice fatto di averlo raggiunto attraverso gli impervi sentieri del pensiero. Il Dio vero, quello di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, quello rivelatoci da Gesù, è totalmente Altro ed è totalmente Oltre. E noi credenti, dopo aver condiviso la fatica del pensiero con tutti i ricercatori onesti, dobbiamo essere l’indice puntato verso questo totalmente Altro e
totalmente Oltre.

La pace del mondo e la pace di Gesù Cristo. Ed eccoci al momento cruciale di questa seconda riflessione. Per la pace vale lo stesso discorso che si è fatto per Dio.

C’è una pace dei filosofi. E c’è una pace di Cristo. La prima è quella prodotta dai nostri
sforzi diplomatici, costruita dai dosaggi delle cancellerie, frutto degli equilibri messi in atto dalle potenze terrene. Al punto che, se una sola condizione va in crisi, si rompe il giocattolo e ruzzola tutto intero il castello.

La pace di Cristo, invece, è quella che non esige garanzie, che scavalca le coperture prudenziali, e che resiste anche quando crollano i puntelli del bilanciamento fondato sul calcolo. Questo è il
senso profondo dell’espressione evangelica che proprio oggi è risuonata nella Messa:
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come ve la dà il mondo, io la do a voi”
(Gv 14,27)

Questo è il salto di qualità a cui ci provoca la frase divenuta ormai celebre di D. Bonhoeffer: “Osare la pace per fede”. Ci riempie di commozione un testo che questo grande testimone del Risorto scrisse nel 1934, e che è divenuto un monito per noi:
“Una via alla pace che passi per la sicurezza non c’è. La pace infatti deve essere osata. È un grande rischio, e non si lascia mai e poi mai garantire.

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