LA
SINDROME DEL FIGLIO MAGGIORE
Ovvero
una visione farisaica del Cristianesimo
Un
mio carissimo amico mi ha fatto partecipe di un suo lavoro, la
pubblicazione di un libro che commenta a modo suo la parabola
evangelica del Figliol prodigo, parabola che tutti noi conosciamo,
abbiamo sentito commentare in chiesa o riflettuto personalmente e che
forse abbiamo sottovalutato l'agire del fratellomaggiore e osannato
a ragion veduta il Padre misericordioso che fa festa per il figlio
ritrovato.
Ma
quessto “osanna” ha cambiato la nostra vita? Come avremmo agito
noi, o come agiamo in certe simili occasioni?
Questi
interrrogativi mi hanno spinto a pubblicare questa ricensione in
questo blog “sceltadivita”: oggi, più che mai, ci vuole un
cambiamento radicale.
“Con
questo scritto, sono parole dell'autore, lungi dal pormi come
colui che indica “la verità”, intendo, molto più modestamente,
condividere l’esito di un mio personale percorso fatto di dubbi,
inquietudini e interrogativi suscitati dall’aver recepito le
espressioni di Papa Francesco quali “Chiesa in uscita” o “Chiesa
ospedale da campo”, parole che mi hanno indotto a pormi in
discussione in prima persona e che mi hanno aiutato a trovare, alla
fine di questo percorso, quella che sento essere l’unica via per
vincere questa sfida e guarire da questa sindrome: affrontare lo
sguardo amorevole del Padre misericordioso e lasciarsi amare e
abbracciare”.
“Perdonare
il “fratello” che sbaglia, questa è la sfida che oggi siamo
chiamati ad affrontare: un leitmotiv che ci accompagna fin dagli
albori del tempo e che oggi è sentito ancora di più a causa di un
sempre più accentuato individualismo. Traendo spunto dalla parabola
del Padre misericordioso, ho provato ad evidenziare quanto sia
attuale questa sfida e quanto sia difficile accettare l’invito ad
entrare a far festa (Lc 15, 28) quando riteniamo che il fratello
prodigo ha sbagliato. La grande misericordia di Dio, che abbraccia
tutta l’umanità, per usare l’espressione di Papa Francesco, è
vista come una bella teoria; quando ci è tuttavia chiesto di
metterla in pratica, tanti ostacoli pseudo-religiosi, sia inconsci
che logici, si interpongono tra noi e la decisione.
Con
questo scritto, continua l'autore, lungi dal pormi come colui che
indica “la verità”, intendo, molto più modestamente,
condividere l’esito di un mio personale percorso fatto di dubbi,
inquietudini e interrogativi suscitati dall’aver recepito le
espressioni di Papa Francesco quali “Chiesa in uscita” o “Chiesa
ospedale da campo”, parole che mi hanno indotto a pormi in
discussione in prima persona e che mi hanno aiutato a trovare, alla
fine di questo percorso, quella che sento essere l’unica via per
vincere questa sfida e guarire da questa sindrome: affrontare lo
sguardo amorevole del Padre misericordioso e lasciarsi amare e
abbracciare. Ma non solo.
Ho
cercato di percorrere il cammino del figlio maggiore, provato a
vivere le sue emozioni, i suoi dubbi, la sua rabbia davanti al
sentimento di abbandono, sia di un fratello che di un padre, nel
momento che questi si lancia verso il figlio prodigo e dimentica in
un attimo tutte le sofferenze arrecategli e...con tutta l’ipocrisia
che posso usare, devo dire che probabilmente di primo acchito mi
sarei comportato come lui, mi sarebbero venuti i dubbi, mi sarei
arrabbiato, mi avrebbe assalito la delusione!”
Uno
sguardo alla storia della chiesa, al punto di vista del magistero
degli ultimi tre papi e della psicologia della vita religiosa del
cristianesimo nell'ambito familiare e sociale completano le
riflessioni e il pensiero attraverso la ricerca e lo studio
dell'autore che non è uno psicologo, né un teologo o sociologo. Uno
sguardo pratico alla vita del cristianesimo in generale denota
ipocrisia e una visione farisaica del nostro essere religioso.
E'
un libro scorrevole da leggere, degno di riflessione spirituale che
può fare del bene alla nostra anima.
Per
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La sindrome del figlio maggiore di