lunedì 28 ottobre 2013

Lettera di Tertulliano alla moglie







Nella famiglia si prega…si custodisce la fede…si conserva la gioia

“Care famiglie voi lo sapete bene: la gioia vera che si gusta nella famiglia non è qualcosa di superficiale, non viene dalle cose, dalle circostanze favorevoli… La gioia vera viene da un’armonia profonda tra le persone, che tutti sentono nel cuore, e che ci fa sentire la bellezza di essere insieme, di sostenerci a vicenda nel cammino della vita. Ma alla base di questo sentimento di gioia profonda c’è la presenza di Dio, la presenza di Dio nella famiglia, c’è il suo amore accogliente, misericordioso, rispettoso verso tutti. E soprattutto, un amore paziente: la pazienza è una virtù di Dio e ci insegna, in famiglia, ad avere questo amore paziente, l’uno con l’altro. Avere pazienza tra di noi. Amore paziente”. Papa Francesco


Lettera di Tertulliano alla moglie,  secondo secolo dopo Cristo
Condividiamo la stessa speranza,
lo stesso ideale,
lo stesso modo di vivere,
lo stesso atteggiamento di servizio.

Ambedue fratelli e servi dello stesso Signore,
senza divisione nella carne e nello spirito,
insieme preghiamo,
insieme ci inginocchiamo
e insieme facciamo digiuno.

Istruiamoci l'un l'altro,
l'un l'altro esortiamoci,
sosteniamoci a vicenda.

Insieme stiamo nella santa assemblea,
insieme alla mensa del Signore,
insieme nella prova,
nella persecuzione, nella gioia.

Nulla nascondiamo l'un l'altro,
non ci evitiamo l'un l'altro,
l'un l'altro non siamo di peso.

Volentieri facciamo visita agli ammalati,
volentieri assistiamo i bisognosi,
senza malavoglia facciamo elemosina
senza fretta partecipiamo al sacrificio,
senza sosta assolviamo ogni giorno i nostri impegni.

Ignoriamo i segni di croce furtivi,
rendiamo grazie senza reticenze,
benediciamo senza vergogna nella voce.

Salmi e inni recitiamo
A voci alternate
Ed insieme gareggiamo
Nel cantare le lodi al nostro Dio.
Vedendo e sentendo questo,
Cristo gioisce e ci manda la sua pace.
Là dove sono i due sposi, ivi è anche Cristo.

Tertulliano:
Dopo aver esercitato la professione di avvocato dapprima in Africa e in seguito a Roma, ritornò nella città natale e probabilmente verso il 195, dopo una giovinezza dissipata, si convertì al Cristianesimo, attratto forse dall'esempio dei martiri. È il primo teologo sistematico di lingua latina.


domenica 27 ottobre 2013

Giornata della Famiglia, preghiera di Papa Francesco






Alla fine della celebrazione, prima dell'Angelus, il Papa ha elevato una preghiera alla Santa Famiglia davanti all'icona che la raffigura. Di seguito il testo di questa preghiera:
Gesù, Maria e Giuseppe
a voi, Santa Famiglia di Nazareth,
oggi, volgiamo lo sguardo
con ammirazione e confidenza;
in voi contempliamo
la bellezza della comunione nell’amore vero;
a voi raccomandiamo tutte le nostre famiglie,
perché si rinnovino in esse le meraviglie della grazia.

Santa Famiglia di Nazareth,
scuola attraente del santo Vangelo:
insegnaci a imitare le tue virtù
con una saggia disciplina spirituale,
donaci lo sguardo limpido
che sa riconoscere l’opera della Provvidenza
nelle realtà quotidiane della vita.

Santa Famiglia di Nazareth,
custode fedele del mistero della salvezza:
fa’ rinascere in noi la stima del silenzio,
rendi le nostre famiglie cenacoli di preghiera
e trasformale in piccole Chiese domestiche,
rinnova il desiderio della santità,
sostieni la nobile fatica del lavoro, dell’educazione,
dell’ascolto, della reciproca comprensione e del perdono.

Santa Famiglia di Nazareth,
ridesta nella nostra società la consapevolezza
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
bene inestimabile e insostituibile.
Ogni famiglia sia dimora accogliente di bontà e di pace
per i bambini e per gli anziani,
per chi è malato e solo,
per chi è povero e bisognoso.

Gesù, Maria e Giuseppe
voi con fiducia preghiamo, a voi con gioia ci affidiamo
 


Aggiungiamo alcuni paragrafi dell'omelia di Papa Francesco:






FAMIGLIE DI CORSA, SIA CORSA DI FEDE - “Tutti sappiamo che le famiglie, specialmente quelle giovani, sono spesso ‘di corsa’, molto affaccendate; ma qualche volta ci pensate che questa ‘corsa’ può essere anche la corsa della fede?. Le famiglie cristiane - ha detto nella straordinaria omelia di oggi - sono famiglie missionarie, nella vita di ogni giorno, facendo le cose di tutti i giorni, mettendo in tutto il sale e il lievito della fede!”.

 C'E' GIOIA NELLE VOSTRE FAMIGLIE - “Vorrei fare una domanda oggi, ma è come un compito da fare a casa, ognuno ci pensa e si dà una risposta da solo, cioè ognuno la porta nel suo cuore e non risponde adesso: ‘come va la gioia nella tua famiglia?’”... “Care famiglie, voi lo sapete bene: la gioia vera che si gusta nella famiglia non è qualcosa di superficiale, non viene dalle cose, dalle circostanze favorevoli...
... la gioia vera viene da un’armonia profonda tra le persone, che tutti sentono nel cuore, e che ci fa sentire la bellezza di essere insieme, di sostenerci a vicenda nel cammino della vita”. “Ma  alla base di questo sentimento di gioia profonda c’è la presenza di Dio nella famiglia, c’è il suo amore accogliente, misericordioso, rispettoso verso tutti. Solo Dio sa creare l’armonia delle differenze”. “Se manca l’amore di Dio, anche la famiglia - ha ammonito Papa Bergoglio - perde l’armonia, prevalgono gli individualismi, e si spegne la gioia. Invece la famiglia che vive la gioia della fede la comunica spontaneamente, è sale della terra e luce del mondo, è lievito per la società”. “Care famiglie - ha quindi concluso il Papa - vivete sempre con fede e semplicità, come la santa Famiglia di Nazaret. La gioia e la pace del Signore siano sempre con voi!”.




mercoledì 23 ottobre 2013

Tra un matrimonio ed un funerale: dell'amore e della morte




Nel giro di pochi giorni ho partecipato ad un matrimonio e ad un funerale: amore e morte! Due eventi normalmente opposti con aspetti in comune: ci sono gli amici, i parenti, i conoscenti, i curiosi; ci sono i fiori e
 la musica; si piange in entrambi, c'è chi ama e chi è amato.
                                  


Nel giro di pochi giorni ho partecipato ad un matrimonio e ad un funerale: amore e morte! Due eventi normalmente opposti con aspetti in comune: ci sono gli amici, i parenti, i conoscenti, i curiosi; ci sono i fiori e la musica; si piange in entrambi, c'è chi ama e chi è amato. Cosa li differisce: la progettualità, la festa, la gioia, il "per sempre". In entrambe le celebrazioni è stato letto "l'Inno all'Amore" di San Paolo tratto dalla I Lettera Corinzi: «L'amore è paziente, è benigno l'amore;  non è invidioso l'amore, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. L'amore non avrà mai fine».

A proposito di Bibbia mi ha sempre colpito la frase del Cantico dei Cantici che recita "forte come la morte e l'amore", proprio in un libro che parla di una storia d'amore; anche qui, infatti, i due termini sono accostati e mostrati come simili. Dov'è lo scarto? Possibile che non ci sia differenza? Avrei voluto leggere invece "forte più della morte e l'amore" e sarebbe bello avere come titolo principale su ogni quotidiano: «Oggi l'amore ha vinto la morte!». Impossibile, utopia? Ho incontrato persone in cui l'insinuarsi del dolore e poi della morte non hanno fatto altro che rafforzare l'amore. Ho visto in loro dedizione completa e totale dell'uno verso l'altra senza far vincere la disperazione e la rabbia pur nella malattia. Ho conosciuto chi ha trasformato "il lamento in danza", cedendo sì alla morte, ma abbracciata dall'amore e dall'amicizia. Ho sentito piangere il cuore, infrangersi, ma non venire trafitto dalla morte perché la freccia dell'amore non gli ha dato dimora. Così l'amore vince la morte con le carte del "per sempre", del ricordo che si fa memoria, del sentimento che il tempo non fa svanire, dell'abbraccio fra cielo e terra che vivifica, della speranza  dell'eternità.

Si piange e si soffre, è inevitabile; si chiede il perché, si grida a Dio, è giusto! Questo è anche pregare! Ci manca un pezzo di vita, di quotidianità, di futuro, una parte di noi va con chi non c'è più. Ma provare questo non è forse amare? Scrive Baldovino di Canterbury nei suoi "Trattati": «Forte è la morte, che è capace di privarci del dono della vita. Forte è l'amore, che è capace di ricondurci ad un miglior uso della vita. Forte è la morte, che è in grado di spogliarci del vestito di questo corpo. Forte è l'amore, che è capace di strappare le nostre spoglie alla morte e restituircele».
(Teologo Borèl) Agosto 2013 - autore: Marco Pappalardo
DONBOSCOLAND.it

venerdì 18 ottobre 2013

“Voi caricate sulle spalle della gente tante cose; solo una è necessaria”.





"CRISTIANI  IDEOLOGICI" SONO MALATTIA GRAVE, CHIUDONO LA PORTA CHE CONDUCE A GESÙ



Commento di Papa Francesco al Vangelo di Luca 11,47-54, Santa Marta 17/10/2013

Se un cristiano “diventa discepolo dell’ideologia, ha perso la fede”. E’ quanto sottolineato, stamani, da Papa Francesco nella Messa alla Casa Santa Marta. Il Pontefice ha messo in guardia i cristiani da un atteggiamento da “chiave in tasca e porta chiusa” ed ha ribadito che quando non si prega si abbandona la fede e si cade nell’ideologia e nel moralismo.

“Guai a voi, dottori della legge, che avete portato via la chiave della conoscenza!”. Papa Francesco ha svolto la sua omelia, muovendo dall’avvertimento di Gesù, di cui parla il Vangelo odierno. Il Papa ha attualizzato questo monito. “Quando andiamo per strada e ci troviamo davanti una chiesa chiusa – ha affermato – sentiamo qualcosa di strano”, perché “una chiesa chiusa non si capisce”. A volte, ha sottolineato, “ci dicono spiegazioni” che non sono tali: “sono pretesti, sono giustificazioni, ma la realtà è che la chiesa è chiusa e la gente che passa davanti non può entrare”. E, ancora peggio, “il Signore che è dentro non può uscire”. Oggi, ha detto il Papa, Gesù ci parla di questa “immagine della chiusura”, è “l’immagine di quei cristiani che hanno in mano la chiave, ma la portano via, non aprono la porta”. Anzi peggio, “si fermano sulla porta” e “non lasciano entrare”, e così facendo “neppure loro entrano”. La “mancanza di testimonianza cristiana – ha osservato – fa questo” e “quando quel cristiano è un prete, un vescovo o un Papa è peggio”. Ma, si chiede Papa Francesco, come succede che un “cristiano cade in questo atteggiamento di chiave in tasca e porta chiusa?”:
 
“La fede passa, per così dire, per un alambicco e diventa ideologia. E l’ideologia non convoca. Nelle ideologie non c’è Gesù: la sua tenerezza, amore, mitezza. E le ideologie sono rigide, sempre. Di ogni segno: rigide. E quando un cristiano diventa discepolo dell’ideologia, ha perso la fede: non è più discepolo di Gesù, è discepolo di questo atteggiamento di pensiero, di questo... E per questo Gesù dice loro: ‘Voi avete portato via la chiave della conoscenza’. La conoscenza di Gesù è trasformata in una conoscenza ideologica e anche moralistica, perché questi chiudevano la porta con tante prescrizioni”.
 
Gesù, ha proseguito il Papa, ce l’ha detto: “Voi caricate sulle spalle della gente tante cose; solo una è necessaria”. Questo è, dunque, il processo “spirituale, mentale” di chi vuole la chiave in tasca e la porta chiusa:
“La fede diventa ideologia e l’ideologia spaventa, l’ideologia caccia via la gente, allontana, allontana la gente e allontana la Chiesa dalla gente. Ma è una malattia grave, questa dei cristiani ideologici. E’ una malattia, ma non è nuova, eh? Già l’Apostolo Giovanni, nella sua prima Lettera, parlava di questo. I cristiani che perdono la fede e preferiscono le ideologie. Il suo atteggiamento è: diventare rigidi, moralisti, eticisti, ma senza bontà. La domanda può essere questa, no? Ma perché un cristiano può diventare così? Cosa succede nel cuore di quel cristiano, di quel prete, di quel vescovo, di quel Papa, che diventa così? Semplicemente una cosa: quel cristiano non prega. E se non c’è la preghiera, tu sempre chiudi la porta”.
“La chiave che apre la porta alla fede – ha aggiunto il Papa – è la preghiera”. E ha avvertito: “Quando un cristiano non prega, succede questo. E la sua testimonianza è una testimonianza superba”. Chi non prega è “un superbo, è un orgoglioso, è un sicuro di se stesso. Non è umile. Cerca la propria promozione”. Invece, ha affermato, “quando un cristiano prega, non si allontana dalla fede, parla con Gesù”. E, ha precisato, “dico pregare, non dico dire preghiere, perché questi dottori della legge dicevano tante preghiere” per farsi vedere. Gesù, invece, dice: “Quando tu preghi, va nella tua stanza e prega il Padre di nascosto, da cuore a cuore”. “Una cosa – ha detto ancora il Papa – è pregare e un’altra cosa è dire preghiere”:
“Questi non pregano, abbandonano la fede e la trasformano in ideologia moralistica, casuistica, senza Gesù. E quando un profeta o un buon cristiano li rimprovera, fanno lo stesso che hanno fatto con Gesù: ‘Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile – questi ideologici sono ostili – e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie – sono insidiosi – per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca’. Non sono trasparenti. Eh, poverini, sono gente sporcata dalla superbia. Chiediamo al Signore la grazia, primo: non smettere di pregare, per non perdere la fede, rimanere umili. E così non diventeremo chiusi, che chiudono la strada al Signore”.


Da  Amanti della Parola, Luigi Vitulano

giovedì 17 ottobre 2013

Dai il permesso a DIO di fare...





Q U A L S I A S I   COSA


<<Dai a Dio il permesso di fare ciò che vuole nella tua vita >>



Nella mia vita l’espressione “qualsiasi cosa” ha assunto un senso spirituale. Lasciate che mi spieghi.
“Avete mai sentito parlare della preghiera del qualsiasi cosa?’. L’ho domandato ad alcuni amici recentemente. Nessuno sapeva di cosa stessi parlando. E questo non è che mi abbia stupito. Vedete, ho coniato io stessa la formula...

Si tratta di un tipo di preghiera che lo Spirito Santo mi ha spinto a fare più volte in questi giorni; in tale preghiera io dico a Gesù: “Qualsiasi cosa tu voglia, io la voglio. Qualsiasi cosa tu scelga, io la scelgo. Qualsiasi cosa tu dica, io la farò. Qualsiasi cosa tu mi doni, io l’accoglierò. Qualsiasi cosa tu mi rifiuti, io accetterò questa decisione. Qualunque sia il tuo progetto, io me ne rallegrerò. Qualsiasi cosa, Signore. Qualsiasi cosa”.

Questo è un atteggiamento che i santi chiamano abbandono alla divina provvidenza o resa totale a Dio. Il mio direttore spirituale dice che un simile tipo di abbandono e di speranza fiduciosa in Gesù è preferibile allo scegliere una cosa oppure un’altra. Significa “dare a Dio il permesso”, per così dire, di fare con me ciò che vuole. Se io realmente permetto a Gesù di essere il Signore e Maestro della mia vita, allora devo essere pronta ad abbandonare la mia volontà per accogliere la sua volontà, i miei progetti per realizzare i suoi progetti, come pure i miei tempi per adeguarmi ai suoi. Quando avevo da poco ricevuto il battesimo nello Spirito Santo, avevo affisso una scritta sulla mia scrivania che diceva: resa incondizionata. Sapevo di avere bisogno di un costante promemoria riguardo a quello che la conversione a Gesù esigeva da me. È come firmare un assegno in bianco e consegnarlo a qualcun altro perché ne decida l’importo. C’è da prendere paura, non è vero? 

Non proprio, perché il nostro Signore è così buono e gentile che arrendersi a lui è, allo stato attuale, la cosa più sensata e sicura che una persona possa fare. Quando ci abbandoniamo alla sua amorevole provvidenza, possiamo essere perfettamente tranquilli. Egli è Dio. Ogni cosa gli appartiene. E noi sappiamo quanta cura abbia del suo popolo, come dice Davide nel salmo: “Quanti prodigi hai fatto, Signore Dio mio, quali disegni in nostro favore: nessuno a te si può paragonare (SaI 39,6).

Un mio saggio amico cristiano una volta mi disse: “Patti, non ci sono limiti a quello che Dio può fare nella vita di qualcuno che si abbandona completamente a lui”. E questo è assolutamente vero. Basta che leggiate i Vangeli e lo potrete constatare. Un’umile vergine di nome Maria è diventata la Madre di Dio. 

Un falegname di nome Giuseppe è divenuto il custode del Redentore. Simon Pietro, il pescatore, è diventato papa. Un esattore delle tasse come Matteo è divenuto un evangelista. Maria Maddalena, una prostituta, è stata la prima a dare l’annuncio della risurrezione di Gesù. Un persecutore di nome Saulo è diventato Paolo, l’apostolo delle genti. E la lista potrebbe continuare.
Chiunque si arrenda incondizionatamente, che firmi l’assegno in bianco, che si abbandoni alla divina provvidenza, che preghi quella preghiera, sarà trasformato addirittura al di là delle sue più rosee aspettative. Un’antifona della liturgia delle ore recita: “Arrenditi a Dio, ed Egli farà qualsiasi cosa per te”. Qualsiasi cosa! 

Forse lo Spirito Santo mi ha fatto ricordare l’importanza dell’abbandono alla volontà di Dio perché questi sono tempi davvero critici per la Chiesa. Il Signore ha bisogno di un popolo che si arrenda a lui, attento alla sua voce, e che desideri fare qualsiasi cosa Egli comandi.
Lo Spirito Santo aleggia sopra di noi e ci incoraggia ad abbandonarci completamente a Dio. Diciamo con tutto il cuore: “Qualsiasi cosa, Signore, qualsiasi cosa”, ed osserviamo con attenzione ciò che farà. 

Dopo aver parlato al nostro gruppo della preghiera del ‘qualsiasi cosa’, una donna mi disse di aver formulato una petizione silenziosa al Signore. Consisteva di due sole parole, ma diceva tantissimo... “qualsiasi cosa”. E voi, siete in grado di arrendervi a Dio in questo modo?
(Patti Mansfield – Dalla rivista Ruah del RnS)
http://digilander.libero.it/rinnovamento/documenti/cate_079.html