lunedì 5 novembre 2012

Il Sabato di Dio









Dal Vangelo secondo Luca 13, 10-17  IL SABATO di DIO

Stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna
che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun
modo a stare diritta.
Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata      
dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e
glorificava Dio.
Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella
guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si
deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato».
Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il
suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi?
E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?».
Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.


Gesù spesso il giorno di sabato si recava nella sinagoga per insegnare, parlare con i dottori della legge, scribi farisei, sacerdoti e la gente presente. A quanto pare non aveva perso l’abitudine, da quando già da piccolo sapeva di dover fare gli interessi del Padre suo.
Non sto a commentare la disputa sulla liceità di lavorare il sabato , perché fatto di recente..
Ma oggi è un giorno particolare perché una donna era entrata nella sinagoga, posto riservato soltanto agli uomini. Una donna malata da diciotto anni, curva e tanto curva che non riusciva a strare dritta.
Sicuramente  i tanti uomini presenti l’avevano notata, e non poteva sicuramente sfuggire al capo della sinagoga che la lascia fare: facile capire perché: cosa avrebbe detto o fatto Gesù al vedere quella donna malata?
..Gesù, mentre insegnava la vide, la chiamò a sé, disse:
La vide, la chiamò, disse, tre verbi per indicare una sola azione, l’inizio di un approccio, una relazione diretta. “Donna, sei liberata dalla tua malattia”.
Non solo compassione, parole di conforto, ma potendolo fare dà quello che può far felice quella donna: la guarigione.  Impose le mani, quella si raddrizzò e glorificava Dio.
La felicità donatagli da Gesù accompagnata dal dono della fede, sfocia in un ringraziamento e in una lode a Dio.
.Stessa azione ripeterà Pietro dopo la Pentecoste con uno storpio… Gesù non aveva detto ai suoi discepoli:
  “In verità vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà più grandi di queste” Giov 14,12. Come per dire: con la vostra fede in me dovete dare il massimo che potete, anche tutto voi stessi. Parole ancora oggi valide per chi crede in Lui, per noi…

Ed ecco che si fa avanti il capo della sinagoga per gridare allo scandalo, ma questa volta non si rivolge direttamente a Gesù, come in altre occasioni simili avevano fatto gli scribi e i farisei, ma fa il predicozzo alla gente presente che aveva visto l’opera di Gesù.
Il segno miracoloso di Gesù avrebbe dovuto farlo riflettere, ma il potere, l’attaccamento alla lettera della legge lo rendono ipocrita, falso e debole di spirito non ha avuto il coraggio di affrontare Gesù  direttamente.
Le parole del capo della sinagoga sanno di autorità, ma non sono parole dette con autorità, da qualcuno che dà testimonianza: le folle quante volte si meravigliano e si entusiasmano per Gesù perché capiscono che parla con autorità?

Gesù smaschera l’ipocrisia del capo della sinagoga e di quanti lo seguono… Induce alla vergogna i suoi avversari che sicuramente non avevano il coraggio di guardarlo in faccia. Gente che dava più importanza al proprio asino o al proprio bue permettendo di accudirli anche di sabato per poi disprezzare chi nello stesso giorno fa opere di bene a favore dei fratelli bisognosi.
“E questa figlia di Abramo che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?»…

Forse era la prima volta che Gesù vedeva quella donna; il suo interesse per lei nasce dalla conoscenza del male che portava dietro da tanti anni. Per Gesù che leggeva nell’intimo delle persone fu facile capirla,  chi invece, pur avendola vista sicuramente tante volte, disdegnava di andarle incontro, la considerava una peccatrice, indegna di essere avvicinata. Valeva meno di un asino o di un bue…

Quella donna, guarita da Gesù, non aveva chiesto la guarigione, si era rifugiata nella sinagoga forse soltanto per ascoltare Gesù di cui aveva sentito parlare: un primo passo verso Gesù? Gesù premia questo primo passo andandole incontro, rivolgendole la parola, interessandosi a lei, guarendola nel corpo e nello spirito. Essa, così guarita, ha ora un motivo certo per glorificare Dio.
Mentre  vediamo una parte della gente presente che abbassa gli occhi dalla vergogna, che non prende iniziative; e un’altra parte, “ la folla esulta per tutte le meraviglie da lui compiute”.

Cosa ci dice Gesù oggi? Di fronte alla difficoltà individuale di fare ciò che la fede vuole, facciamo un primo passo verso Gesù? o aspettiamo che Lui ci venga incontro? Erroneamente spesso pensiamo che Dio sa tutto e che ci viene incontro: non abbiamo pensato però che Lui è sempre pronto a risponderci, che lui si fa trovare sempre. 

 “Stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato”. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia».






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