La pace e l'armonia di un incontro
Il mondo cerca la gioia.”
Al solo sentirla nominare, scrive sant’Agostino, tutti si drizzano e ti
guardano, per così dire, nelle mani, per vedere se mai tu sia in grado di dare
qualcosa al loro bisogno.
Tutti vogliamo essere
felici. E’ la cosa che accomuna tutti, buoni e cattivi. Chi è buono, è buono
per essere felice; chi è cattivo non sarebbe cattivo, se non sperasse di potere, con ciò, essere felice.
Se tutti amiamo la gioia è perché, in qualche modo misterioso, l’abbiamo
conosciuta; se infatti non l’avessimo conosciuta, se non fossimo fatti per
essa, non l’ameremmo.
Questa nostalgia della
gioia è il lato del cuore umano naturalmente aperto a ricevere il lieto
messaggio.”
Dobbiamo, perciò,
testimoniare la gioia. Quando il mondo bussa alle porte della Chiesa, perfino
quando lo fa con violenza e con ira, è
perché cerca la gioia.
I giovani soprattutto
cercano la gioia. Il mondo intorno a loro è triste. La tristezza, per così
dire, ci prende alla gola. Proprio nei momenti, nei quali si aspetta che “sia
moltiplicata la gioia”, come è il Natale, ci si ritrova, spesso, più delusi e
vuoti che mai, perché si cerca la gioia là dove non c’è.
Non è retorica: la
tristezza passeggia per le nostre strade, la si può quasi vedere scopertamente
in volto. Si aggira dentro le case. Sta contagiando perfino i nostri bambini, i
quali chiedono gioia e amore e si vedono dare, in cambio, cose da consumare e
giocattoli sempre più mostruosi da distruggere.
Basta stare, per un po’ di
tempo, tra i bambini dell’asilo di un villaggio africano, come è capitato a me
recentemente, per accorgersi della differenza. Lì basta veramente un nonnulla
per vedere brillare gli occhi di gioia e ricordarsi di un mondo di innocente
stupore che va scomparendo.
Questa della gioia è la
sfida che viene alla Chiesa dal di fuori. Leggiamo in Is 66,5: “ Hanno detto i
vostri fratelli che vi odiano, che vi respingono a causa del mio nome. Mostri
il Signore la sua gloria e voi fate vedere la vostra gioia”.
La stessa sfida è rivolta,
silenziosamente, al popolo di Dio, anche oggi. Una chiesa malinconica e
timorosa non sarebbe,perciò all’altezza del suo compito; non potrebbe
rispondere alle attese dell’umanità e soprattutto dei giovani.
La gioia è l’unico segno
che anche i non credenti sono in grado di recepire che può metterli in crisi.
Non tanto i ragionamenti e i rimproveri.
La testimonianza più bella
che una sposa possa dare al suo sposo è un volto che mostra la gioia, perché
esso dice, da solo che egli è stato capace di riempirle la vita, di renderla
felice…
San Paolo, rivolgendo ai cristiani di Filippi
quell’invito alla gioia che dà il tono a tutta la terza settimana d’avvento: “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto:
siate lieti. La vostra amabilità sia
nota a tutti gli uomini”…
…I cristiani testimoniano, perciò, la gioia quando
mettono in pratica queste disposizioni; quando, evitando ogni acredine e
inutile risentimento nel dialogo con il mondo e tra di loro, sanno irradiare
fiducia, imitando in tal modo Dio, che fa piovere la sua acqua anche sugli
ingiusti.
Chi è felice, in genere, non è amaro, non sente il
bisogno di puntualizzare tutto e sempre; sa relativizzare le cose, perché
conosce qualcosa che è troppo più grande, ama perché si sente amato…
Anche dentro la Chiesa, non solo verso quelli di fuori, c’è
bisogno vitale della testimonianza della gioia. San Paolo diceva di sé e degli
altri apostoli: “ Noi non intendiamo fare da padroni sulla vostra fede,ma siamo
i collaboratori della vostra gioia” (2Cor 1,24)…” perché la gioia Signore è la
vostra forza” (Ne 8,10).
Che splendida definizione del compito dei pastori
nella Chiesa! Collaboratori della gioia: coloro che infondono sicurezza alle
pecorelle del gregge di Cristo, i valorosi capitani che, con il solo loro
sguardo tranquillo, rincuorano i soldati impegnati nella lotta.
Romolo Taddei in
Cammini di relazione
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