Non chiamateli papaboys Ve
lo chiedo per favore, chiamate i ragazzi
della Giornata mondiale della Gioventù con il loro nome: credenti!
Bisognerebbe raccontare la
fatica che una Gmg è per i giovani. Il disagio delle lunghe camminate, lo
sforzo del dormire per terra nei sacchi a pelo, le levatacce.
Dalla prima Gmg, 1986, sono
pas-sati esattamente 27 anni. I trentenni di allora stanno preparando lo
zai-netto ai figli in partenza. La Gmg è una staffetta. Ogni generazione por-ta
al Papa quello che è in quel mo- mento, e il Papa riesce ogni volta a trovare
la sintonia giusta, usando le parole sempre nuove del Vangelo. I giornali
invece utilizzano senza so-sta la stessa piatta espressione: pa-paboys. Come se
questi ragazzi fos-sero fanatici del Pontefice, disposti a seguire lui e basta.
Penso sia dram-matico che a tanti adulti manchi la percezione del bisogno di
Dio e vor-rei spiegare loro che i ragazzi non sono seguaci del Papa: sono
sempli-cemente giovani credenti. I giovani credenti esistono ed è un tentativo
bieco quello di non parlarne mai du-rante l’anno, e quando è impossibi-le
tacere, perché i numeri delle Gmg ce li mettono davanti, trasformarli in
seguaci del Papa.
Cos’è davvero Bisognerebbe raccontare la fatica che una Gmg è per i
giovani. Il disagio delle lunghe camminate, lo sforzo del dormire per terra nei
sacchi a pelo, le levatacce. Se la prima sera si tira fino a tardi e nessuno ha
vo-glia di dormire, dalla seconda not-te si crolla come pietre, consumati
dall’impegno intellettuale, spirituale e fisico. La fatica cammina a brac-cetto
con la gioia, però: la scoper-ta di sé con la soddisfazione di fare qualcosa
che non si esaurisce lì e in quel momento. Credo che della Gmg si riescano a
cogliere alcune cose ma altre no.
Si coglie la festa, la pulizia del cuore di
questi ragazzi, l’anticipo di pace nel mondo. Si coglie la provocazio-ne
(perché così viene letta) di giova-ni in preghiera, in fila per confessar-si e
in silenzio nell’adorazione. Ma non si coglie la profondità del loro bisogno
spirituale.
Non si colgono le scelte di vita che maturano duran-te quei giorni.
Non si coglie la vita ecclesiale che si nasconde dietro un appuntamento del
genere: dove c’è una parrocchia che accompagna, un vescovo che accoglie e il
Papa che in-nanzitutto sa ascoltare e poi infon-dere il coraggio giusto per
ripartire.
Dopo quasi trent’anni ci
possiamo ancora sorprendere del successo di queste giornate? Spesso quello
stupore nasconde un brutto pensiero: la fede è un fatto episodico…
Rosario Carello
A Sua Immagine
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