lunedì 31 dicembre 2012
lunedì 24 dicembre 2012
Buon Natale 2012, dal blog
Augurando BUON NATALE, annunciamo che Gesù è nato!
Carissimi amici,
a voi tutti che in questi due
anni e mezzo avete visitato questo blog, sempre più numerosi, dando tanta gioia
alle mie povere fatiche, auguro anche quest’anno B U O N
N A T
A L E !
Un natale che per molte persone
arriva più povero del solito, con tanti pensieri e preoccupazioni, soprattutto
pensando di arrivare alla fine del mese… Tante cose negate a se stessi e alla
famiglia.
Mi viene di dirvi Coraggio! Ma
con spirito sofferente, pensando che il Natale è gioia, deve portare gioia come
quando in una famiglia arriva, nasce un bambino…
Prima di voi, di tutti noi,
duemila anni fa un Bambino è nato nella povertà più assoluta: se non ci fossero
stati gli angeli a cantare il Gloria, ad avvisare i pastori che prontamente
accorsero a trovarlo, quel Bambino avrebbe rallegrato soltanto i suoi genitori.
Una stalla lo accolse, un po’ di paglia per letto, e se è vero, due bestie
umili, un asino e un bue, con i loro respiri scaldavano come potevano quel
locale.
I pastori “trovarono un
bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” ci dice l’evangelista
Luca.
E subito dopo continua Luca: ”
E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti
quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori”.
Sono sempre i poveri quelli che
accorrono prontamente rispondono ad una chiamata divina, sono solidali con
altri poveri. Non per nulla Gesù, ormai grande, dedicherà a loro la prima
beatitudine: “Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei
cieli”.
Beati i poveri, non vuol dire
rassegnazione, ma avere un animo disponibile verso il bello e il buono che Dio
ci ha donato, verso la sua volontà nei nostri confronti.
La nostra disponibilità sia come
quella della madre di Gesù che di fronte al fatto straordinario, seppure nella
povertà, fu capace di chiudersi nel silenzio, ma con tanta gioia dentro il
cuore, con tanta fede nella promessa di Dio “ custodiva tutte queste cose,
meditandole nel suo cuore”.
Carissimi amici, ancora vi
auguro un Buon Natale! Facciamo un po’ di festa, anche se minima; accogliamo
nel ricordo di questo grande evento storico Gesù che si è fatto uomo per la
nostra salvezza, Gesù che parlò più ai poveri, ai bisognosi, ai peccatori
facendosi povero, mite ed umile di cuore; Gesù che con le sue parole e i suoi
segni dimostrò di essere il Figlio di Dio.
Sia questo Natale un
rinnovamento della nostra fede, un momento di gioia, di fiducia, di preghiera:
anche se poveri faremo sorridere Gesù, Lui si stupirà di noi.
Andando per le strade, trovando
amici e parenti auguriamo loro il Buon NATALE: annunciamo, ricordiamo così a
tutti loro che Gesù è in mezzo a noi.
Stavo per dimenticarlo:
Festeggiamo Gesù in famiglia con i nostri figli piccoli e grandi, preghiamo
insieme.
Ancora con tutto il cuore:
B U O
N N A T
A L E 2 0
1 2
Gesù nasce ancora una volta
Le radici
Ecco che Tu
incontro a
me venivi,
con me
camminavi
e parlavi e
raccontavi.
Io
t’ascoltavo, rapito,
e mentre mi
tenevi per mano
nel mondo mi
portavi.
La tua
musica dolce
accompagnava
i miei primi
e timidi
passi,
e tu mettevi
radici
nel
cuore,
ma io non
sapevo,
io non
capivo.
Ora ti sei
rivelato,
albero sei
divenuto
dentro di
me.
Ci sei
tutto, adesso,
ora sei nato per sempre
nel tempo,
nel cuore,
tu che per
tutti
sei
solamente Amore.
Giuseppe Iseppi Natale 2012
(Bepi)
martedì 18 dicembre 2012
Che cosa è l'uomo perché te ne curi, di don Tonino Bello
Credo di fare cosa gradita
pubblicare questo
articolo del nostro e
vostro amato vescovo
Monsignor Tonino Bello, adattabile per il periodo di
Natale che ci apprestiamo a festeggiare: Gesù è
venuto, viene ancora per
prendersi cura di noi.
Dio non è un computer. Non è il grande magazziniere dei
nostri nomi e neppure l’archivista supremo che per ogni uomo allestisce un
“dossier” riservato. Non è l’infallibile memorizzatore di fatti e misfatti, che
poi, nel giorno del giudizio, egli userà come prove di merito o come capi
d’imputazione nei nostri confronti.
Sarebbe veramente banale ridurre Dio al ruolo di controllore
dei nostri “sgarri”, o al rango di banchieri dei nostri titoli di credito. Un
Dio siffatto, che vesta l’abito del funzionario compiaciuto o che indossi la
divisa del gendarme, è quanto di più allucinante si possa pensare.
Forse proprio per allontanare da noi un modo così sacrilego
di concepire Dio, il salmo 8 ci fa sapere che il Signore non solo si ricorda
dell’uomo, ma si prende anche premura di lui: Che cosa è l’uomo perché te ne
ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi?
Dio, dunque, si prende cura. E’ provvidente. Non gli basta
darci un letto, ma la notte si alza per rimboccarci le coperte.
Ha sollecitudine, insomma. E’ inquieto per noi. Si
preoccupa. E non solo dell’uomo in generale, ma del singolo.
E’ straordinario tutto questo!
Io gli sto a cuore. Giovanni Paolo II gli sta a cuore. Ma
anche Filippo gli sta a cuore. Filippo lo scansano tutti, perché ha l’alito
pesante, sembra un cavernicolo, non si lava mai e passa la vita, taciturno,
raccogliendo ferri vecchi.
Madre Teresa di Calcutta, premio Nobel per la pace, gli sta
a cuore. Ma anche Maddalena gli sta a cuore, lei che di bello ha solo il nome e
gli anni, con quel tanfo selvatico che si porta appresso, e con uno sfregio
permanente sotto gli occhi, che la deturpa da quando suo padre la gettò nel
fuoco da bambina.
Gli sta a cuore Nicla, che ha vinto un concorso di
fotomodella e sua madre la mostra a tutti sulle copertine dei rotocalchi. Ma
gli sta a cuore anche Nella, che ha sposato un marocchino contro la volontà dei
parenti, è stata messa fuori di casa, ora ha un bambino e, da più di un anno,
l’interno di un’Alfaromeo sgangherata le fa da cucina, da soggiorno da talamo.
Gli sta a cuore il “leader” negro che si batte per il
riconoscimento dei diritti umani, parla alla televisione, e concede interviste
ai più grandi giornali del mondo. Ma gli sta a cuore anche Sabel, piccolo
bambino etiope dal ventre gonfio di fame, che trema come un cerbiatto spaurito,
all’interno di una capanna, in attesa della morte.
Gli sta a cuore Jenny, che fa la sera in un “night” per
camparsi la vita. Se ne fa carico. Ne segue, cioè, con preoccupazione la sorte.
Non chiude occhio per lei. Così come non chiude occhio per quella madre
salvadoregna che piange il figlio scomparso. Per quel vecchio vietnamita che
vegeta da mesi nella stiva di un boat people. Per quel giovane indiano, che si
aggira come un ebete tra le arterie di una metropoli europea: ha perso tutto,
anche la memoria, e il suo nome ora è segnato solo sull’anagrafe del ciel.
Qualcuno potrebbe osservare che non c’è bisogno del Salmo 8
per sapere che Dio si prende cura dell’uomo, dal momento che tutta la
Scrittura, dalla prima all’ultima parola, è attraversata da questo annuncio.
Giusto! L’osservazione è pertinente. La portata del
messaggio di questo versetto, infatti, non è proclamare la premura di Dio, ma
la grandezza dell’uomo. Non consiste nel rivelare la condiscendenza del
Creatore, ma nell’esaltare il prestigio della creatura. Non si riduce a
glorificare la tenerezza divina per ogni volto umano, ma punta a mettere in
luce il fascino di questo volto, che riesce a stregare perfino il cuore di Dio:
Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne
curi?
Un amico ateo, che avevo condotto con me al rito della
professione religiosa di Francesca, una splendida ragazza di vent’anni che
ognuno avrebbe voluto per sé come sposa, al ritorno mi disse in macchina: “Ma
che cosa è questo vostro Dio per il quale una ragazza come quella si brucia la
vita?"
Stavo per rispondergli con la stessa domanda a termini
invertiti, quando ho visto un vecchio che raspava nel cassettone della
spazzatura, e, allora, sostituendo il nome di Francesca, gli ho replicato: “E
che cosa è quel miserabile senza nome per il quale, stanne certo, Dio arde
d’incredibile amore?”.
Era difficile una risposta.
Avrei voluto osservare che, comunque, una risposta l’avremmo
potuta trovare nel Vangelo, in quella pagina in cui il Signore per ogni torto
subito dal più piccolo uomo della terra, si costituisce parte lesa davanti al
tribunale della storia.
Ma mi ero fermato, perché mi ero accorto di aver fuso. Il
cervello, non il motore.
Poi ho ripreso, mormorando all’orecchio del mio amico,
rimasto in silenzio, il versetto di un altro Salmo: Il Signore ch ha fatto
bere vino da vertigini.
Mons. Tonino Bello in “Scrivo a voi” Grafiche Dehoniane,
Bologna
lunedì 17 dicembre 2012
Signora si chiude: racconto di natale
Signora si chiude....
Era la Vigilia di Natale e la commessa non vedeva l'ora di andarsene. Pensava in continuazione alla festa che l'attendeva appena finito il lavoro. Sentiva già i mormorii di ammirazione che l'avrebbero accompagnata mentre entrava vestita con l'abito da sera di velluto, con il cavaliere che la scortava... Quando arrivò l'ultima cliente.
Mancavano solo cinque minuti alla chiusura. «Non è possibile che venga proprio al mio banco» pensò. Finse di non sentire quando quella si schiarì la voce e disse piano: «Signorina, signorina quanto costano quelle calze?».
«Credo che sul cartellino ci sia scritto 6.000 lire» rispose brusca. «Non ne avete di meno care?». «Tremila e cinque» scattò guardando l'orologio. «Mi faccia vedere quelle meno care».
«Spiacente signora, stasera chiudiamo alle 18,30 perché, se non lo sa, oggi è la Vigilia di Natale».
Siccome non apriva bocca si decise a guardarla. Era pallida, aveva l'aria affaticata, le occhiaie profonde. non doveva avere neanche 30 anni.
«Ma i miei figli non hanno neanche un regalo» disse alla fine tutta d'un fiato. «Fino a stasera non avevo soldi». «Mi dispiace per lei signora» disse la commessa e se ne andò. Non giunse fino al fondo del banco. La donna non aveva detto una parola ma non le riuscì di fare un passo in più. Quando si voltò notò nei suoi occhi l'espressione più triste che avesse mai visto. Si ritrovò dietro al banco: «D'accordo, signora, ma faccia presto».
Un sorriso le illuminò il volto, e si mise a correre dai calzini ai nastri poi ai giradischi portatili.
Alla commessa quei pochi minuti sembravano lunghi come l'eternità. Finalmente si decise per alcune paia di calze, per dei nastri colorati, un giradischi portatile e due dischi di fiabe natalizie.
La commessa gettò gli acquisti in un sacchetto e le diede il resto delle 50.000 lire.
Ormai non c'era più nessuno. Andò di corsa negli spogliatoi e si infilò in fretta il vestito e corse fuori dal negozio incontro al suo «cavaliere» che l'attendeva in macchina, con il motore acceso.
Fu al terzo semaforo rosso che vide la donna del negozio: camminava in fretta tenendo stretto contro il suo esile corpo il pacco dei doni per i suoi figli. Il suo volto, che aveva perduto la patina di stanchezza, era ancora illuminato dal sorriso.
In quel breve istante qualcosa avvenne dentro di lei.
Non vide solo una donna: vide i suoi quattro bambini che, il mattino dopo, si sarebbero infilati felici le calze nuove, messi i nastri nei capelli e avrebbero ascoltato le favole natalizie sul giradischi nuovo.
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|||||||||||||||||||||||||
Un nonno racconta il natale di tanti anni fa
Forse tutti coloro che abbiamo superato tanti "anta" abbiamo un po' di nostalgia...

dei
Natali passati da bambini quando noi nonni eravamo piccini.
Il
freddo forte e i guanti poco buoni procuravano a tutti dei geloni
e le
mani di tutti, un po' arrossate facevano male, si erano gelate.
Ciononostante
si poteva andare nei cortili e nei campi a passeggiare
con
le palle di neve e coi pupazzi ci giocavamo tutti, da ragazzi.
Alla
sera alla chiesa poi si andava, del Natale la novena si ascoltava
e
spesso, mentre in chiesa noi stavamo, per la stanchezza ci addormentavamo.
La
vigilia era un giorno mica male: al mattino c'è il pane di Natale,
la
stortina alla sera vien mangiata, era solo un anguilla marinata.
Non
c'era l'albero, neppure dei grandi doni, mancavano pandori e panettoni,
e per
fare felici noi bambini ci regalavano quattro mandarini.
Ma
era bello il presepe fabbricare, i pastori e le pecore piazzare
tra
dei ciuffi di muschio che trovavi nel parco dove a spasso te ne andavi.
E se
dicevi bene i tuoi sermoni ricevevi dai grandi anche dei doni.
Oggi
é diverso, ma é bello ricordare e per questo ho deciso di narrare
di
quei Natali di tant’anni fa sperando che a qualcuno piacerà.
Da: http://digilander.libero.it/pinoligabue/libronatale.pdf
Testo di Pino Ligabue
sabato 15 dicembre 2012
" Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio"
Propongo questa introduzione di Auguri di Natale dell'Arcisvescovo di Torino Monsignor Cesare Nosiglia tratta dal suo libretto " Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio".
Carissimi,
desidero ritornare a trovarvi, con questa lettera di
augurio e di amicizia, perché Natale non è una festa
come le altre. Un bambino che nasce è sempre un’esperienza
forte per ogni mamma e papà: per chi attende con
speranza un bambino, per chi è ormai anziano e risente
in cuore l’emozione della vita offerta ai propri figli, per
ogni figlio che ringrazia i genitori per il dono dell’esistenza.
Ma anche a chi non ha più i propri cari o vive
situazioni di difficoltà o di lontananza dalla famiglia…
a tutti è annunciata la gioia, con le parole del profeta:
«Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio»
(Isaia 9,5).
Per ciascuno il Natale è portatore di speranza e di
serenità: abbiamo infatti un Figlio da festeggiare, il dono
prezioso di un Bambino da accogliere nel profondo del
cuore. È Gesù, il Figlio di Dio, il Figlio di Maria, nostro
fratello, nostro Salvatore. Egli appartiene a tutte le nostre
famiglie: parliamone in casa, davanti al presepe che
racconta la sua nascita nella semplicità e povertà di
Betlemme, accendendo l’albero con le luci colorate che
simboleggiano il suo essere Luce per ogni persona
bisognosa di calore e di affetto.
Sì, carissimi, vi sono testimone con tutta la comunità
cristiana che il Natale è una buona notizia per ogni
famiglia, nessuna esclusa: per chi è stato allietato dal
dono di figli; per le coppie che, pur avendoli desiderati,
non ne hanno avuti; per quelle famiglie che si sono
aperte all’accoglienza di un “figlio” in affidamento o in
adozione. «Ascolta e guarda, il Signore sta per fare una
cosa nuova, proprio ora germoglia nella tua casa: non te
ne accorgi?» (Cfr. Isaia 43,19).
Filippo Lippi, Madonna col Bambino e due angeli (part.)
Carissimi,
desidero ritornare a trovarvi, con questa lettera di
augurio e di amicizia, perché Natale non è una festa
come le altre. Un bambino che nasce è sempre un’esperienza
forte per ogni mamma e papà: per chi attende con
speranza un bambino, per chi è ormai anziano e risente
in cuore l’emozione della vita offerta ai propri figli, per
ogni figlio che ringrazia i genitori per il dono dell’esistenza.
Ma anche a chi non ha più i propri cari o vive
situazioni di difficoltà o di lontananza dalla famiglia…
a tutti è annunciata la gioia, con le parole del profeta:
«Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio»
(Isaia 9,5).
Per ciascuno il Natale è portatore di speranza e di
serenità: abbiamo infatti un Figlio da festeggiare, il dono
prezioso di un Bambino da accogliere nel profondo del
cuore. È Gesù, il Figlio di Dio, il Figlio di Maria, nostro
fratello, nostro Salvatore. Egli appartiene a tutte le nostre
famiglie: parliamone in casa, davanti al presepe che
racconta la sua nascita nella semplicità e povertà di
Betlemme, accendendo l’albero con le luci colorate che
simboleggiano il suo essere Luce per ogni persona
bisognosa di calore e di affetto.
Sì, carissimi, vi sono testimone con tutta la comunità
cristiana che il Natale è una buona notizia per ogni
famiglia, nessuna esclusa: per chi è stato allietato dal
dono di figli; per le coppie che, pur avendoli desiderati,
non ne hanno avuti; per quelle famiglie che si sono
aperte all’accoglienza di un “figlio” in affidamento o in
adozione. «Ascolta e guarda, il Signore sta per fare una
cosa nuova, proprio ora germoglia nella tua casa: non te
ne accorgi?» (Cfr. Isaia 43,19).
Filippo Lippi, Madonna col Bambino e due angeli (part.)
giovedì 13 dicembre 2012
lunedì 10 dicembre 2012
Potrebbe capitare anche a noi, se avessimo fede...
Dal Vangelo secondo Luca 5,17-26
“Che cosa andate
ragionando nei vostri cuori?
Che cosa è più facile, dire: Ti sono rimessi i
tuoi
peccati, o dire: Àlzati e cammina?
"Un giorno Gesù sedeva insegnando. Sedevano là anche farisei e dottori della legge, venuti da ogni villaggio della Galilea, della Giudea e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni.
Ed ecco alcuni uomini, portando sopra un letto un paralitico, cercavano di farlo passare e metterlo davanti a lui. Non trovando da qual parte introdurlo a causa della folla, salirono sul tetto e lo calarono attraverso le tegole con il lettuccio davanti a Gesù, nel mezzo della stanza. Veduta la loro fede, disse: “Uomo, i tuoi peccati ti sono rimessi”.
Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere dicendo: “Chi è costui che pronunzia bestemmie? Chi può rimettere i peccati, se non Dio soltanto?”. Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: “Che cosa andate ragionando nei vostri cuori? Che cosa è più facile, dire: Ti sono rimessi i tuoi peccati, o dire: Àlzati e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati: io ti dico - esclamò rivolto al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua”. Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e si avviò verso casa glorificando Dio.
Tutti rimasero stupiti e levavano lode a Dio; pieni di timore dicevano: “Oggi abbiamo visto cose prodigiose”.
Leggendo questo brano non si può che trarre una sola
conclusione: Se quest'uomo ha da Dio il potere di compiere tali miracoli, egli
deve aver anche quello di perdonare i peccati. Si assiste a qualcosa di nuovo,
il compimento delle profezie.
…Dalla prima fase possiamo dedurre che Gesù, oltre andare
per le vie della Palestina spesso si recava al tempio o nelle sinagoghe
passandovi parecchio tempo: Gesù sedeva insegnando…. Sedevano là anche farisei
e dottori della legge. Il verbo all’imperfetto denota continuità
dell’azione, abbiamo un Gesù instancabile e paziente.
In questo brano assistiamo al primo conflitto tra gli scribi
e i farisei e Gesù, tra le guide spirituali di allora e Gesù: dottori della
legge, venuti apposta da ogni villaggio della Galilea, della Giudea e da
Gerusalemme.
Ed è un fatto singolare: per la fede di alcuni, Ed ecco
alcuni uomini, portando sopra un letto un paralitico, Gesù compie un doppio
miracolo.
Il paralitico era completamente passivo, se l’evangelista
Luca dà importanza, nel relazionare il fatto, a coloro che si erano prestati a
condurre il paralitico da Gesù.
Il perdono dei peccati da parte di Gesù costituisce il
centro dottrinale di questo primo incontro.
“Uomo, i tuoi peccati ti sono rimessi”. Gesù
rivendica con queste parole per sé il potere di rimettere i peccati sulla
terra: scandalo per i dottori, “Chi è costui che pronunzia bestemmie? Chi
può rimettere i peccati, se non Dio soltanto?”. Gesù? un bestemmiatore!
Ma il miracolo più grande non è la guarigione del paralitico
ma nella remissione dei peccati, che implicava la rinascita spirituale
dell’uomo antico in uomo nuovo. Rivolgendosi al paralitico Gesù dà molto di più
di quello che si aspettavano quegli uomini.
Chi può rimettere i peccati, se non Dio soltanto?. La
misericordia di Dio non guarda in faccia a nessuno anche quando non riusciamo a
capire il mistero che è in Dio. Gesù ancora una volta si mostra superiore alla
Legge, al credere antico, superato dalla nuova giustizia arrecata dal Figlio
dell’uomo, Gesù è il Figlio di Dio.
“ Non è infatti la circoncisione che conta, né la non
circoncisione, ma l’essere nuova creatura”. E su quanti seguiranno questa norma
sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio”. ( Gal 6,15-16)
Il profeta Isaia
aveva già annunciato la liberazione che viene da Dio e apre così una nuova
vita, un camminare diverso:
“Dite agli smarriti di cuore:
«Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio,
giunge la vendetta,
la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi».
Allora si apriranno gli occhi dei ciechi
e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.
«Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio,
giunge la vendetta,
la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi».
Allora si apriranno gli occhi dei ciechi
e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.
Allora lo zoppo salterà come un cervo,
griderà di gioia la lingua del muto,
perché scaturiranno acque nel deserto,
scorreranno torrenti nella steppa”. ( Is 35,4-6)
griderà di gioia la lingua del muto,
perché scaturiranno acque nel deserto,
scorreranno torrenti nella steppa”. ( Is 35,4-6)
Si avvera la
profezia, non capita dai dottori, saputelli della legge, che meritano il
rimprovero di Gesù: “Che cosa andate ragionando nei vostri
cuori?...
Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra
di rimettere i peccati: io ti dico - esclamò rivolto al paralitico - alzati,
prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua”.
Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su
cui era disteso e si avviò verso casa glorificando Dio.
L’uomo, il paralitico oltre vedersi guarito, miracolosamente
si riconosce cambiato anche nello spirito: glorificava Dio, credette
anche lui in Gesù-Dio.
Certamente la sua fede è una fede incipiente, dono di Gesù
collegato alla guarigione, un dono che ha bisogno di una crescita nel futuro,
una fede causata dal perdono che deve tramutarsi in fiducia e abbandono in Dio.
Non c’è una replica da parte dei farisei e dottori della
legge. Non avevano neanche aperto bocca né prima né dopo: Gesù ha confuso i
loro tristi, ambigui e perversi pensieri.
Parla invece la gente, l’uomo semplice: Tutti rimasero
stupiti e levavano lode a Dio; pieni di timore dicevano: “Oggi abbiamo visto
cose prodigiose”.
Stupiti levavano lode a Dio… pieni di timore di Dio
(inconsapevolmente “giusti”!) dicevano: “Oggi abbiamo visto cose
prodigiose”. Cose prodigiose, avevano visto qualcosa di bello, anzi
bellissimo, senza capire veramente il mistero di quello che era accaduto, il “
disegno di benevolenza di Dio”
Una sola domanda per noi che potremmo farci spesso in
quest’anno dedicato alla FEDE: la mia fede ha raggiunto un alto grado di
fiducia in Dio?
E in questo periodo di avvento: aspetto il Messia ( il natale) nella profezia avveratasi in Gesù, come attesa di speranza, di benevolenza, di amore per me e per la comunità cristiana?
venerdì 7 dicembre 2012
Natale: un lettera molto speciale
Aspettando il Natale
Cari amici.
Come sapete, ci avviciniamo di nuovo alla data del mio compleanno. Tutti gli anni si fa una festa in mio onore e credo che quest'anno si farà lo stesso. In questi giorni la gente fa molti acquisti; si fa tanta pubblicità alla radio, in televisione e da per tutto non si parla di altro, se non di quanto manca per l'arrivo del giorno. Certo, fa piacere sapere che al meno un giorno nell'anno ci sono alcune persone che pensano un poco a me.
UN MESSAGGIO MOLTO SPECIALE
Sapete? Siete invitati alla grande Festa!!!
Sapete? Siete invitati alla grande Festa!!!
Cari amici.
Come sapete, ci avviciniamo di nuovo alla data del mio compleanno. Tutti gli anni si fa una festa in mio onore e credo che quest'anno si farà lo stesso. In questi giorni la gente fa molti acquisti; si fa tanta pubblicità alla radio, in televisione e da per tutto non si parla di altro, se non di quanto manca per l'arrivo del giorno. Certo, fa piacere sapere che al meno un giorno nell'anno ci sono alcune persone che pensano un poco a me.
Come sapete, molti anni fa incominciarono o celebrare il mio
compleanno: all'inizio sembrava che comprendevano e ringraziavano per quello
che feci per loro, ma attualmente nessuno sa perché lo si celebra. La gente si
raduna e si diverte molto, ma non sa di cosa si tratta. Ricordo l’anno scorso.
Quando arrivò il giorno del mio compleanno fecero una grande festa in mio
onore. Sulla tavola c'erano tante cose deliziose, tutto era addobbato molto
bello e c’erano tutti i regali, ma sapete una cosa?... Nemmeno m'invitarono.
Ero Io l'invitato d'onore e si dimenticarono d'invitarmi.
La festa era per me, ma quando arrivò il gran giorno .. m i lasciarono
fuori, mi chiusero la porta.... Io volevo condividere la tavola con loro. A
dire il vero, non mi meravigliai, perché negli ultimi anni tutti mi chiudono la
porta. Siccome non mi invitarono, mi venne l'idea di stare senza farmi notare,
entrai e rimasi in un angolo. Tutti stavano brindando: alcuni persino erano
ubriachi, raccontando cose, ridendo, se lo spassavano magnificamente...
Il colmo fu quando arrivò un vecchio grosso, vestito di
rosso, con la barba bianca e che rideva gridando "oh, oh, oh!!! "
sembrava che avesse bevuto di troppo; si lasciò cadere pesantemente in una poltrona
e tutti quanti occorsero verso di lui dicendo: "Babbo Natale. Babbo Natale
è arrivato". come se la festa fosse in suo onore. Quando fu mezzanotte
tutti incominciarono ad abbracciarsi. Io aprii le braccia, sperando che
qualcuno mi abbracciasse... macché! Nessuno mi abbracciò.. All’improvviso tutti
incominciarono a distribuirsi i regali. Ad uno ad uno furono aperti, fino
all’ultimo. Mi avvicinai a vedere se per caso ce n'era qualcuno per me, ma non
c’era niente.
Che sentiresti tu se il giorno del tuo compleanno si
scambiassero dei regali gli uni agli altri e a te non dessero niente? Allora
compresi che proprio io ero di troppo in quella festa; uscii senza far rumore,
chiusi la porta e me ne andai.
Ogni anno è peggio. La gente soltanto si ricorda della cena,
dei regali e le feste, ma a me nessuno pensa. Ma adesso mi rivolgo
personalmente ad ognuno. Vorrei che questo Natale mi permettessi di entrare
nella tua vita, e riconoscessi che duemiladodici anni fa sono venuto a questo
mondo per dare la mia vita per te sulla croce e così salvarti. Oggi soltanto
voglio che tu ci creda con tutto il cuore.
Ti do adesso una notizia. Ho pensato che, visto che molti
non m'invitano alla festa che hanno fatto, farò adesso la mia propria festa
grandiosa, come mai nessuno ha immaginato, una festa spettacolare. Sto ancora
facendo gli ultimi preparativi, per cui forse non sarà quest'anno. Sto facendo
molti inviti e oggi ho proprio un invito per te. Soltanto voglio che tu mi dica
se vuoi assistere: ti riserverò un posto e scriverò il tuo nome nel mio grande
elenco d'invitati con prenotazione. Fuori resteranno quelli che non danno
risposta al mio invito. Preparati, perché quando tutto sarà pronto, quando meno
si pensa farò la grande Festa.
A presto.
A presto.
Il tuo Amico Gesù."
Riportato da http://www.cattoliciromani.com
: Miei cari/e
un messaggio che ho ricevuto qualche anno addietro da un mio caro amico
e che vorrei prima di tutto condividere anche con Voi e poi ..., magari se accolto,
divulgarlo nell'ambito delle proprie realtà Parrocchiali/Comunità etc. etc...:
un messaggio che ho ricevuto qualche anno addietro da un mio caro amico
e che vorrei prima di tutto condividere anche con Voi e poi ..., magari se accolto,
divulgarlo nell'ambito delle proprie realtà Parrocchiali/Comunità etc. etc...:
lunedì 3 dicembre 2012
ANNO DELLA FEDE - La fede di un centurione e Gesù
«Signore, il mio servo è in
casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente».
Gli disse: «Verrò e lo
guarirò».
“ Signore, io non sono degno che
tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà
guarito”.
Molti dall'oriente e dall'occidente verranno nel regno dei cieli.
Dal vangelo secondo Matteo 8,5-13
In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò».
Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti».
Dal vangelo secondo Matteo 8,5-13
In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò».
Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti».
E Gesù disse al centurione:
“Va’, avvenga per te come hai creduto”.
In quell’istante il suo servo
fu guarito
Un episodio della vita di Gesù
di facile comprensione: Gesù con i suoi miracoli lascia dietro di sé un segno
della sua divinità per i suoi ascoltatori e per coloro che nel futuro
crederanno in Lui.
Il personaggio di oggi che si
avvicina a Gesù non è uno dei soliti ammalati, uno qualunque secondo la
società, è un centurione romano, un cittadino romano, non un discendente di
Abramo, di Isacco e Giacobbe, non uno del popolo che Dio si era formato. Un
pagano romano, nemico d’Israele, odiato dal popolo, un dominatore, un impuro
che si avvicina ad un ebreo per chiedere un favore.
Luca ce lo presenta nel suo
racconto come un centurione buono, giusto, amico del popolo e secondo alcuni
era degno di un favore da parte di Gesù.
A parte la sua appartenenza, non
si avvicina a Gesù per chiedere qualcosa per sé, ma viene per intercedere per
uno dei suoi servi, ammalato, paralizzato che giaceva a letto e soffriva
terribilmente.
Come in altri casi Gesù si vedrà
costretto ad operare su persone portate o raccomandate per mezzo di terzi: Gesù
non resiste di fronte ad una fede sincera.
Il centurione era un uomo buono,
giusto, e amava molto il suo servo e gli era riconoscente per i suoi anni di
servizio.
E Gesù che conosce nel più
segreto delle anime lo ammira per la sua umiltà e per la fiducia in Lui, anche
se pagano.
«Signore, il mio servo è in
casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente».
Gli disse: «Verrò e lo
guarirò».
“ Signore, io non sono degno che
tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà
guarito”.
Un breve dialogo: una preghiera
del centurione, una risposta di Gesù, una replica del centurione.
Il centurione sa che Gesù può
guarire il suo servo anche senza vederlo, senza toccarlo e da lontano: a lui
basta solo che Gesù dica una parola.
E Gesù, stupito, ammira la fede
del centurione: “Va’, avvenga per te come hai creduto”.
Non c’è una reazione dei presenti
ma Gesù, meravigliato della fede di questo pagano dà un significato e una
profezia all’accaduto. “In verità io vi dico, in Israele non ho trovato
nessuno con una fede così grande!” Israele, il popolo che Dio si era
scelto, curato, stenta a credere nonostante i segni-miracoli operati da Gesù.
Triste costatazione!
.E affinché i presenti capissero
che il significato dell’accaduto, non era soltanto uno di quei tanti incontri
con la gente, ma un fatto profetico, che guardava lontano, qualcosa non
prevista: “Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e
siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i
figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e
stridore di denti”.
Il centurione rappresenta tutti
i pagani che verranno a far parte della comunità messianica, non più soltanto
il popolo eletto: la chiamata di Dio è svelata come chiamata universale alla
salvezza. Il miracolo che Gesù compie, “Va’, avvenga per te come hai
creduto”, è molto più di un miracolo: segna l’inizio di una predicazione,
di un’evangelizzazione rivolta a tutti i popoli, compito questo che sarà degli
apostoli e di ogni seguace di Gesù.
La salvezza è vincolata alla
fede e fiducia in Gesù, Figlio di Dio. La misericordia di Dio è per tutti
coloro che crederanno in Gesù e lo seguiranno.
Bene lo aveva creduto e insegnato l’apostolo Paolo: “Prima
che venisse la fede, noi eravamo custoditi e rinchiusi sotto la Legge, in
attesa della fede che doveva essere rivelata. Così la Legge è stata per noi un
pedagogo, fino a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Sopraggiunta
la
fede, non siamo più sotto un pedagogo. Tutti voi infatti
siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati
battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è Giudeo né Greco; non
c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in
Cristo Gesù. Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi
secondo la promessa” (Gal 3,23-29).
Ancora una
riflessione sul centurione: essendo un uomo giusto, solo per aver sentito parlare di Gesù ha
risvegliato in lui quella somiglianza di Dio che c’è in ogni uomo. E’ proprio
vero che lo Spirito è sempre pronto a risvegliare in noi il desiderio di Dio:
basta cercarlo con cuore sincero.
Ci sarà possibile stupire Gesù con la nostra
fede in Lui come è accaduto al centurione?
domenica 25 novembre 2012
Si avvicina il Natale: educhiamoci alla povertà - don Tonino Bello
Educare, educhiamoci alla povertà.
Si avvicina il Natale, la nascita di un Bimbo povero, che è rimasto povero in tutti i suoi trenta anni di vita.
Amò i poveri e si mise al loro servizio.
La sua povertà, il suo amore per i poveri fa parlare di Lui ancora oggi, dopo 2000 anni.
Non si faceva cercare nei tempi o nei palazzi: fu un uomo di strada e qui la gente lo trovava, lo seguiva, lo ascoltava. Non gli fu possibile viaggiare per tutto il mondo, ma le sue parole fecero , dopo la sua morte, il giro del mondo allora conosciuto: prestò molta attenzione ai suoi vicini, i poveri del suo paese...
Fermiamoci un attimo ad ascoltare questo brano di Don Tonino Bello, riflettiamo: quel Bimbo, Gesù, vuole che condividiamo con chi non ha, che facciamo a meno di qualcosa che ci costa:
"Chi vuol servire deve rinunciare al guardaroba. Chi desidera stare con gli ultimi, deve alleggerirsi dei "tir" delle sue stupide suppellettili. E' la gioia, che connota la rinuncia cristiana".
L'educazione alla povertà è un mestiere difficile.
Forse è proprio per questo che il Maestro ha voluto riservare ai poveri, ai veri poveri, la prima beatitudine."Proviamoci
martedì 20 novembre 2012
Occhio ai bambini, dedicato ai Catechisti/e
Di retorica ne facciamo
tanta.
Quante volte, nei nostri
discorsi sui bambini, non siamo andati pure noi alla ricerca delle frasi a
effetto sicuro?
A fine di bene, è chiaro. Per
stupire la gente e per commuoverla. Come si fa, del resto, a non tirar fuori
Giovenale con la sua massima reverenza che si deve al fanciullo? E a chi lo
lasciamo il Talmud, il quale r afferma che il mondo si mantiene per il fiato
dei bambini? E se si vuol davvero far presa sull’uditorio, come si fa a non
citare il verso di Tagore: “Ogni bimbo che viene al mondo porta il lieto
annunzio che Dio non si è ancora stancato degli uomini?”E non vi sembra
splendido concludere un bel discorso scomodando Ibsen, il quale assicura che
darebbe tutte le sue poesie in cambio della preghiera di un bambino?
Scommetto che ogni catechista
ha un suo repertorio segreto.
Che il Talmud sia una raccolta ebraica di commenti biblici
non gli importa gran che. Che Tagore sia un poeta indiano e Ibsen un
drammaturgo norvegese lo lascia indifferente. Di Giovenale forse sa solo che fu
un antico poeta romano, visto che la sua frase “ maxima debetur puero
reverentia” la citano in lingua latina anche coloro che non masticano il latino.
Ma intanto la sua figura il catechista la fa. E con questi
florilegi eleganti si prepara antipasto, contorno e dessert, insieme al piatto
costituito dalle parole del Signore: “Lasciate che i bambini vengano a me”.
Non mi va, comunque, di sorridere sulla ingenuità di questo
procedimento. Non solo perché dovrei cominciare a sorridere di me stesso, che a
questi espedienti letterari sono aduso. Ma anche perché ( messo fra parentesi
quel piccolo tasso di amor proprio che è in me si sprigiona quando ci si
esibisce con i panni altrui) mi sembra che, tutto sommato, in questo approccio
traspaia un profondo rispetto per il bambino.
Desidero solo sottolineare che occorre evitare la tentazione
di portarla per le lunghe ricorrendo ai prodotti, sia pure di lusso,
confezionati dagli altri. Non si può perdere tempo con le frasi fatte, quando
ogni discorso sui bambini diventa già eccezionale se si dice subito che ad essi
bisogna accostarsi con fede.
Con fede, Non solo con rispetto.
Perché dire con rispetto significa riconoscere che il
bambino è fragile. Dire con fede significa riconoscere che il bambino è pieno
di Dio.
Capite che si invertono le prospettive.
Avvicinarsi a lui con timore e tremore, preoccupati di non
frantumarne la delicatezza o di non appannarne la trasparenza, significa
rimanere ai margini di un umanesimo estetico. Che è sempre una cosa splendida.
In questo caso però, il massimo del rispetto verso il bambino consisterà nel
non usargli violenza con l’introdurre nel suo vergine mondo le schegge erranti
della nostra cattiveria di adulti.
Ma avvicinarsi a lui con timore e tremore, consapevoli che
la grazia del battesimo ne ha fatto una creatura nuova, significa adoperarsi
per portare a maturo sviluppo l’incredibile realtà che lo Spirito Santo ha già
messo dentro di lui. Noi non gli regaliamo niente. In questo caso, il minimo
della fede consiste nel lasciarsi evangelizzare dai bambini.
Sicché mentre tocchiamo con ma no questo terreno di santità,
per portarlo a maturazione, un ciottolo, dico un ciottolo in mezzo a tante
ricchezze, ce lo possiamo sempre portare a casa senza ombra di furto: sia pure
come souvenir della nostra innocenza perduta o come profezia del nostro destino
futuro!
Lasciarsi evangelizzare dai bambini. Con la stessa fiducia
con cui nell’America Latina i vescovi dicono che bisogna lasciarsi
evangelizzare dai poveri.
C’è nel salmo 8 un versetto che ci fa intuire tutta la
fiducia che Dio ripone nella bocca dei bambini.
Nella loro bocca. Che parla riducendo al silenzio
l’arroganza dei riottosi. Non nelle loro orecchie soltanto, quasi fossero l’unico
veicolo che li mette in contatto con la gloria di Dio.
Con la bocca dei bambini e dei lattanti.
Affermo la tua potenza contro i tuoi avversari,
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.
E’ una scelta paradossale del Signore che davanti ai
tribunali della storia vuol farsi difendere dai bambini, più che dagli avvocati
di grido?
O è un’indicazione di metodo perché gli adulti, in vena di
sacre chiacchiere, si mettano in ascolto dei messaggi fioriti sulla bocca dei
lattanti e ne riscoprano l’attitudine evangelizzatrice?
Lasciarsi evangelizzare dai bambini.
Beati voi, catechisti, che stando a contatto con loro potete
farlo più di me. E’ per questo che vi invidio. Accanto a loro, ultimi arrivati,
si percepisce meglio il senso ultimo delle cose. Oltre che il mistero di Dio, naturalmente.
Perché, forse no n lo sapete, ma è il fiato dei bambini che
sostiene il mondo. E’ una frase del Talmud.
Vi vedo sorridere…
Ah, già! Accidenti alla retorica.
Ma stavolta non potevo farne a meno.
don Tonino Bello in " Scrivo a voi", lettera di un vescovo ai catechisti, ed. dehoniane Bologna
giovedì 15 novembre 2012
I " difetti" di Gesù, curiosità...
I “ DIFETTI " di GESU”.......
GESU' HA POCA MEMORIA
Sulla Croce durante la sua agonia il ladrone gli chiede di ricordarsi di lui quando sarebbe entrato nel suo regno. Se fossi stato io gli avrei risposto, "non ti dimenticherò, ma i tuoi crimini devono essere espiati, con almeno 20 anni di purgatorio", invece Gesù gli rispose "Oggi sarai con me in Paradiso".
Aveva dimenticato i peccati di quell'uomo. Lo stesso avviene con Maddalena e con il figliol prodigo. Gesù non ha memoria, perdona ogni persona, il suo amore è misericordioso».
GESU' NON CONOSCE LA MATEMATICA
Lo dimostra la parabola del Buon Pastore. Aveva cento pecore, una di loro si smarrì e senza indugi andò a cercarla lasciando le altre 99 nell'ovile. Per Gesù uno equivale a 99 e forse anche di più.
Una donna ha dieci dracme ne perde una quindi accende la lucerna per cercarla, quando la trova chiama le sue vicine e dice loro "Rallegratevi con me perché ho ritrovato la dracma che avevo perduto". E' davvero illogico disturbare le amiche solo per una dracma per di più spendendo, per far festa, ben di più di una dracma. In questo modo Gesù spiega che c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte.
GESU' E' UN AVVENTURIERO
Chiunque voglia raccogliere il consenso della gente si presenta con molte promesse, mentre Gesù promette a chi lo segue processi e persecuzioni, eppure da 2000 anni constatiamo che non si è esaurita la schiera di avventurieri che hanno seguito Gesù.
GESU' NON CONOSCE NE' FINANZA NE' ECONOMIA
Nella parabola degli operai della vigna, il padrone paga lo stesso stipendio a chi lavora al mattino e a chi inizia a lavorare il pomeriggio. Ha fatto male i conti? Ha commesso un errore? No, lo fa di proposito, perché Gesù non ci ama per i nostri meriti, il suo amore è gratuito e supera infinitamente i nostri meriti.
Il sesto difetto è che GESU E' AMICO DEI PUBBLICANI E DEI PECCATORI : come
vedete, frequenta cattive compagnie.
Il settimo è che AMA MANGIARE E BERE : lo accusano di essere un mangione e un beone.
Poi, ed è l'ottavo difetto, SEMBRA MATTO :
i parenti stessi, pensano di Lui così e davanti a Pilato gli mettono addosso una tunica bianca per dire che è matto.
Il soldato Romano gli dice : "tu hai salvato altri, se sei DIO scendi dalla Croce, salva te stesso" (Matteo 27:40,42).
Quel matto di Gesù non lo fa.
Il nono difetto è che GESU AMA I PICCOLI NUMERI.
Mentre la gente cerca la massa, la grande folla: va alla ricerca della Maddalena, della Samaritana, dell'adultera...la "carta magna" di Gesù__le beatitudini___appare come un fiasco : beati i poveri, gli oppressi, gli afflitti, i perseguitati, ecc (Luca 6:20).
Gesù ama tutto questo : chi lo segue deve essere matto come Lui!
ll decimo difetto è L'INSUCCESSO CONTINUO :
la sua vita è piena di insuccessi. Cacciato dal suo paese è sconfitto, perseguitato, rifiutato, condannato a morte...
Il difetto numero undici, GESU E' UN PROFESSORE CHE HA RIVELATO IL TEMA DELL'ESAME:
Se fosse un insegnante sarebbe licenziato subito!
Il tema dell'esame e il suo svolgimento è descritto a puntino da Lui : "verranno gli angeli, convocheranno i buoni alla destra , i cattivi alla sinistra, e tutti saremo giudicati sull'Amore" (Matteo 25:31 e seg.).
Sapendo questo, tutti potrebbero essere promossi.
Il dodicesimo difetto è che GESU è un Maestro che HA TROPPA FIDUCIA NEGLI ALTRI.
Chiama gli apostoli quasi tutti illetterati, ed essi lo rinnegheranno.
Nel tempo continuerà a chiamare gente come noi, peccatori.
La via di DIO passa per i limiti umani : chiama Abramo che non ha figli ed è vecchio, chiama Mosè che non sa parlare bene; chiama i dodici uomini mediocri e ignoranti, e uno di loro lo consegnerà alla morte; e per chiamare i pagani sceglie un violento persecutore, Saulo, e nella Chiesa continua a fare così.....Gesù è un temerario incorreggibile: perciò ha scelto me, ha scelto voi, noi tutti poveri peccatori.
Gesù non si corregge proprio.
Il tredicesimo difetto è la POVERTA' : di essa il mondo ha paura. Oggi si parla tanto di lotta alla povertà : Gesù esige dalla sua Chiesa e dai pastori, la povertà, qualcosa di cui tutti hanno paura.
Gesù ha vissuto senza casa, senza assicurazione, senza deposito, senza tomba, senza eredità umane, umanamente e materialmente senza alcuna sicurezza.
Questi difetti possono essere oggetto di una vera e propria via della Croce.
Nel mondo non c'è una strada col nome di Gesù:
C'è piazza Pio XII; via Garibaldi, corso tal dei tali, ma non c'è piazza Gesù di Nazaret.
La sua strada è questa via della Croce, carica dei suoi difetti , che siamo chiamati a fare nostri.
Riportato da Catechisti.it
martedì 13 novembre 2012
Nel tuo nome getterò le reti
Parola di vita Parola di vita ottobre 2012 http://www.youtube.com/watch?v=3sAu8a-63us
Facendo anche noi la scelta di Pietro: «Sulla tua 'parola'...». Aver fiducia nella sua Parola; non mettere il dubbio su ciò che Egli chiede. Anzi: basare il nostro comportamento, la nostra attività, la nostra vita sulla sua Parola.
Fonderemo così la nostra esistenza su ciò che vi è di più solido, sicuro, e contempleremo, nello stupore, che proprio là dove ogni risorsa umana viene meno, Egli interviene, e che là, dove è umanamente impossibile, nasce la vita.
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