sabato 1 dicembre 2018

Natale: non solo regali

Mentre le strade si illuminano di luci fastose e i negozi trasbordano di giocattoli e panettoni e di ogni ben di Dio, spesso dimentichiamo lo stesso Dio datore di ogni bene, lo stesso Dio che ha predicato l'amore, anzi l'AMORE, dimentichiamo i poveri del mondo, e mentre ci affanniamo a comprare questo e quello, siamo incapaci di regalare un sorriso. Pensiamo alla festa, ci immergiamo in un mondo che non si dimentica di festeggiare un solo  compleanno e di quel Bambino di Natale, Gesù, non c'è traccia nei nostri pensieri, devozione o preghiera. Sappiamo come va il mondo, corriamo, bastare guardare i passi veloci  affaticati della gente. 
Per favore, fermiamoci un attimo, ricordiamo che siamo cristiani,che ci prepariamo a ricevere il Salvatore del mondo , è lui che festeggiamo...
Mi propongo allora di dare una mano pubblicando alcune filastrocche, poesie che potremmo leggere e raccontare insieme ai nostri figli, nipoti e negli oratori a tanti bambini: sono convinto che aspetterebbero con più gioia i regali che...Gesù Bambino porterà loro, sì perché l'attesa aumenterà la loro gioia.

 Allora la prima puntata:
  • O zampognaro di Gianni Rodari
     
     
Se comandasse lo zampognaro
che scende per il viale,
sai che cosa direbbe
il giorno di Natale?
“ Voglio che in ogni casa
spunti dal pavimento
un albero fiorito
di stelle d’oro e d’argento”.

Se comandasse il passero
che sulla neve zampetta
sai che cosa direbbe
con la voce che cinguetta?
“ Voglio che i bimbi trovino,
quando il lume sarà acceso,
tutti i doni sognati,
più uno, per buon peso”.

Se comandasse il pastore
dal presepe di cartone
sai che legge farebbe
firmandola col lungo bastone?
“ Voglio che oggi non pianga
nel mondo un solo bambino,
che abbiano lo stesso sorriso,
il bianco, il moro, il giallino “.

Sapete che cosa vi dico
io che non comando niente?
Tutte queste belle cose
accadranno facilmente:
se ci diamo la mano
i miracoli si faranno
e il giorno di Natale
durerà tutto l’anno.

  • L’albero dei poveri di Gianni Rodari

Filastrocca di Natale,
la neve è bianca come il sale,
la neve è fredda, la notte è nera
ma per i bimbi è primavera:
soltanto per loro, ai piedi del letto
è fiorito un alberetto.




  • Un dono speciale di Robero Piumini
     
Quest'anno Natale
mi ha fatto un bel dono,
un dono speciale.
Mi ha dato allegria,
canzoni cantate
in gran compagnia.

Mi ha dato pensieri.
parole, sorrisi
di amici sinceri.

Dei vecchi regali
non voglio più niente.
A ogni Natale
io voglio la gente


venerdì 30 novembre 2018

Percorrere il cammino del figlio maggiore

LA SINDROME DEL FIGLIO MAGGIORE
Ovvero una visione farisaica del Cristianesimo


Un mio carissimo amico mi ha fatto partecipe di un suo lavoro, la pubblicazione di un libro che commenta a modo suo la parabola evangelica del Figliol prodigo, parabola che tutti noi conosciamo, abbiamo sentito commentare in chiesa o riflettuto personalmente e che forse abbiamo sottovalutato l'agire del fratellomaggiore e osannato a ragion veduta il Padre misericordioso che fa festa per il figlio ritrovato.
Ma quessto “osanna” ha cambiato la nostra vita? Come avremmo agito noi, o come agiamo in certe simili occasioni?
Questi interrrogativi mi hanno spinto a pubblicare questa ricensione in questo blog “sceltadivita”: oggi, più che mai, ci vuole un cambiamento radicale.

Con questo scritto, sono parole dell'autore, lungi dal pormi come colui che indica “la verità”, intendo, molto più modestamente, condividere l’esito di un mio personale percorso fatto di dubbi, inquietudini e interrogativi suscitati dall’aver recepito le espressioni di Papa Francesco quali “Chiesa in uscita” o “Chiesa ospedale da campo”, parole che mi hanno indotto a pormi in discussione in prima persona e che mi hanno aiutato a trovare, alla fine di questo percorso, quella che sento essere l’unica via per vincere questa sfida e guarire da questa sindrome: affrontare lo sguardo amorevole del Padre misericordioso e lasciarsi amare e abbracciare”.

Perdonare il “fratello” che sbaglia, questa è la sfida che oggi siamo chiamati ad affrontare: un leitmotiv che ci accompagna fin dagli albori del tempo e che oggi è sentito ancora di più a causa di un sempre più accentuato individualismo. Traendo spunto dalla parabola del Padre misericordioso, ho provato ad evidenziare quanto sia attuale questa sfida e quanto sia difficile accettare l’invito ad entrare a far festa (Lc 15, 28) quando riteniamo che il fratello prodigo ha sbagliato. La grande misericordia di Dio, che abbraccia tutta l’umanità, per usare l’espressione di Papa Francesco, è vista come una bella teoria; quando ci è tuttavia chiesto di metterla in pratica, tanti ostacoli pseudo-religiosi, sia inconsci che logici, si interpongono tra noi e la decisione.

Con questo scritto, continua l'autore, lungi dal pormi come colui che indica “la verità”, intendo, molto più modestamente, condividere l’esito di un mio personale percorso fatto di dubbi, inquietudini e interrogativi suscitati dall’aver recepito le espressioni di Papa Francesco quali “Chiesa in uscita” o “Chiesa ospedale da campo”, parole che mi hanno indotto a pormi in discussione in prima persona e che mi hanno aiutato a trovare, alla fine di questo percorso, quella che sento essere l’unica via per vincere questa sfida e guarire da questa sindrome: affrontare lo sguardo amorevole del Padre misericordioso e lasciarsi amare e abbracciare. Ma non solo.

Ho cercato di percorrere il cammino del figlio maggiore, provato a vivere le sue emozioni, i suoi dubbi, la sua rabbia davanti al sentimento di abbandono, sia di un fratello che di un padre, nel momento che questi si lancia verso il figlio prodigo e dimentica in un attimo tutte le sofferenze arrecategli e...con tutta l’ipocrisia che posso usare, devo dire che probabilmente di primo acchito mi sarei comportato come lui, mi sarebbero venuti i dubbi, mi sarei arrabbiato, mi avrebbe assalito la delusione!”

Uno sguardo alla storia della chiesa, al punto di vista del magistero degli ultimi tre papi e della psicologia della vita religiosa del cristianesimo nell'ambito familiare e sociale completano le riflessioni e il pensiero attraverso la ricerca e lo studio dell'autore che non è uno psicologo, né un teologo o sociologo. Uno sguardo pratico alla vita del cristianesimo in generale denota ipocrisia e una visione farisaica del nostro essere religioso.

E' un libro scorrevole da leggere, degno di riflessione spirituale che può fare del bene alla nostra anima.

Per chi volesse appprofondire il libro si puo ordinare su internet nella versione cartacea o spendendo meno, anche in versione e Book.

Cercare su internet col titolo La sindrome del figlio maggiore di


mercoledì 28 novembre 2018

"Perché sono nato, dice Dio":

 Natale: un semplice modo di fare gli auguri...


Da una riflessione di don Luciano:

Una delle difficoltà che incontriamo è quella di trovare delle idee da scrivere negli auguri. Vi scrivo qui sotto una preghiera di Lambert Noben: potrete usarla per intero in una email o qualche frase di essa in un biglietto di auguri o in un sms. Si intitola

"Perché sono nato, dice Dio":

Sono nato nudo, dice Dio
perché tu sappia spogliarti di te stesso.
Sono nato povero,
perché tu possa considerarmi l'unica ricchezza.

Sono nato in una stalla
perché tu impari a santificare ogni ambiente.
Sono nato debole, dice Dio
perché tu non abbia mai paura di me.

Sono nato per amore
perché tu non dubiti mai del mio amore.
Sono nato di notte
perché tu creda che posso illuminare qualsiasi realtà.

Sono nato persona, dice Dio
perché tu non abbia mai a vergognarti di essere te stesso.
Sono nato uomo
perché tu possa essere "dio".

Sono nato perseguitato
perché tu sappia accettare le difficoltà.
Sono nato nella semplicità
perché tu smetta di essere complicato.

Sono nato nella tua vita, dice Dio
per portare tutti alla casa del Padre.


Un Santo Natale a tutti voi. Che Dio vi benedica!

don Luciano




martedì 13 novembre 2018

nostro Padre - quello nei Cieli - sta cercando di attirare la tua attenzione o la mia, per dirci: "E' il tempo delle coccole"



INCONTRI CON LA PAROLA


Il tempo delle coccole, catechesi di don Luciano, missionario in Kenia
(Marco 3, 14)



Ormai ci sono abituato, mi capita quasi ogni giorno al Calabrian Shelter, la casa-famiglia dove ci sono le nostre bambine. Dunque, qui c'è don Luciano che sta parlando con la "housemother", la signora che vive con le bambine. La conversazione è intensa: ci sono problemi da risolvere, spese da fare, documenti per il tribunale dei minori da preparare, eccetera. Ecco che arriva Virginia, la più piccola delle nostre bambine, chiedendo un po' di attenzione dal suo papà - che sarei io. E io dico: "Aspetta un attimo Virginia, che devo finire questo discorso" Le catechesi di don Luciano. Lei aspetta solo un pochetto, poi mi chiama - e riceve la stessa risposta. Allora, dopo un niente, si aggrappa alla mia gamba e incomincia la scalata per venirmi in braccio. Bè, se è così non mi resta che assecondarla. Poi mi mette le braccia intorno al collo e si stringe forte a me, come per dire: "E' il tempo delle coccole!" E io lì che mi sciolgo, no, mi spalmo sul pavimento.
Mi chiedo quanto volte nostro Padre - quello nei Cieli - sta cercando di attirare la tua attenzione o la mia, per dirci: "E' il tempo delle coccole". Il tempo della tenerezza reciproca - ma ci trova sempre molto occupati.
C'è un brano della Bibbia dove Gesù ci indica che lavoro deve fare chi vuole essere Suo discepolo - e io spero che tu voglia assumerti quel lavoro, se vuoi appartenerGli davvero. Descrivendo la chiamata di Gesù ai Suoi primi discepoli, l'evangelista Marco scrive: «Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni» (Marco 3,14-15).

Nota bene: Gesù ha certo del lavoro da darci da fare. Ma questo è del tutto secondario. L'attività più importante di chi vuole essere Suo discepolo ci coglie in qualche modo di sorpresa: «Ne costituì Dodici che stessero con lui». Mi immagino la scena dei primi 12 discepoli che si presentano baldanzosi da Gesù, rimboccandosi le maniche: "Molto bene. Eccomi qua, Signore, pronto al lavoro. Cosa c'è da fare: andare in missione? Convertire peccatori? Guarigioni? Miracoli?" E Lui che risponde: "Stai qui con Me. Spendi tempo con Me". Perché è questo che importa a Gesù più di qualunque
altra cosa - non le cose che fai per Lui, ma il tuo amore; non il tuo affaccendarsi dispersivo, ma l'intimità con Lui. Che, in fin dei conti, è quello che Gesù ha ripetuto a Marta quando sua sorella Maria stava seduta ai piedi di Gesù ad ascoltarLo mentre Marta si stressava per servirLo. Le ha detto: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è
scelta la parte migliore, che non le sarà tolta» (Luca 10,41-42).

Una buona parte di noi è bravissima a fare le cose secondarie del discepolo - ossia fare cose per Gesù - invece che fare la cosa più importante richiesta al discepolo - stare con Gesù. Si invertono le priorità, e allora rischiamo il fallimento. Come la mia piccola figlia Virginia, Gesù è interessato, al di sopra di ogni altra cosa, in un tempo di tenerezza tra te e Lui. Mettendo da parte l'agenda, spegnendo il cellulare, accantonando tutto il resto - solo godendo dell'amore che si ha l'uno per l'altro.
Quando era qui sulla terra, Gesù ha detto ad alcune persone che amava: «Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!» (Matteo 23,37). Mi chiedo quante volte Gesù ha detto di te e di me: "Quante volte ho desiderato che noi due stessimo insieme - ma tu non hai voluto!". Gesù è morto per abbattere quel muro che ci rendeva impossibile stare con Lui. Quindi dà la massima importanza a quella relazione che Gli è costata così tanto.
Forse sei stato molto impegnato, sei così stanco - magari per servirLo - che non hai un briciolo di tempo per la tenerezza con Lui. E' arrivato il momento di ristabilire le priorità. Ogni nuovo giorno, il tuo Signore ti chiama per nome e ti dice: "E' il tempo delle coccole". E' il tempo della preghiera, dello Spirito - lascia da parte tutto il resto per stare con Gesù!
Vi accompagno con la preghiera, sempre con riconoscenza e affetto

don Luciano, missionario in Kenia


martedì 6 novembre 2018

Salviamo l'umorismo sale della quotidianità



COME DON BOSCO
PINO PELLEGRINO
IL SALVATAGGIO
La barca del mondo naviga in acque agitate come mai. Ha bisogno di sostegno per evitare il naufragio. Ad offrire tale sostegno mira la nostra proposta mensile.

8. Salviamo l'umorismo

Avere il senso dell'umorismo significa possedere la chiave dell'allegria. E della santità.
L'originalità di don Bosco fu d'aver dato un valore pedagogico alla gioia, al buon umore; cioè d'aver non soltanto accettato, ma anche condiviso come educatore, quell'allegria aperta e gioiosa del giovane. Fu la pedagogia della “gioia”, in termini moderni della “serenità” liberatoria quindi dalla nevrosi e stimolatrice di creatività, in quanto infondeva speranza, voglia di lavorare, di studiare, di vivere e di convivere. L'allegria non serve infatti soltanto alla distensione psichica del soggetto, ma è anche uno stimolo creativo ai suoi valori interiori e a un positivo comportamento sociale. San Domenico Savio, che a quattordici anni l'aveva ben capito, diceva: «Qui da noi la santità consiste nello stare molto allegri, per essere come il Signore. Il demonio teme le persone contente. Sappi che noi qui identifichiamo la santità con la grande allegria, perché siamo come il Signore. Il demonio ha paura della gente allegra». 

 
Il lato buffo Il senso dell'umorismo, infatti, è la capacità di vedere il lato buffo delle cose anche in situazioni tristi e spiacevoli.
Un imbianchino cade dal secondo piano, restando incolume. Una signora caritatevole gli offre un bicchiere d'acqua. L'imbianchino osserva il bicchiere, poi domanda: «Mi scusi, da che piano bisogna cadere per avere un bicchiere di cognac?».
L'umorismo è il sale della quotidianità. Se togli il senso del comico, togli il sale della vita, le bollicine dell'esistenza.
Un giorno il professor Cagnotto entra in classe e vede scritto sulla lavagna: “Cagnotto asino!”.
Senza scomporsi, domanda: «Chi è che ha scritto il suo nome accanto al mio?»
Tutta la classe ride e la tensione si scioglie!
Una volta un impiegato della ditta specializzata negli impianti d'aria condizionata continuava a dire che si trattava di “Un prodotto della civiltà”. Dopo un po', per liberarsi dall'importuno, il proprietario della villa disse: “Ma io non voglio prendermi una polmonite civile!”.

Il segreto della simpatia

L'umorismo è segno di maturità. La prima volta che si ride di una battuta a proprie spese, si può dire d'essere diventati adulti, notano tutti gli psicologi a qualsiasi scuola appartengano.
L'umorismo fa simpatici, non fa sprizzare gioia attorno a sé chi, ad esempio, aggiorna in modo scherzoso i vecchi proverbi? Qualche esempio:
Chi dorme non piglia la curva”. “Il mondo è fatto a scale. Chi è furbo prende l'ascensore”. “Si dice il peccato, ma non il deputato”. “Chi tardi arriva, mal parcheggia”. “L'occasione fa l'uomo... ministro”. “Chi fa da sé fa per tre... e crea quattro disoccupati”.
Battute, battutine scaccia-sbadigli. Questo fa l'umorismo.


L'umorismo è una forza. Lo sosteneva Sigmund Freud: «L'umorismo è il più potente mezzo di difesa. Permette un risparmio di energia psichica. Con una battuta di spirito blocchiamo l'irrompere di emozioni spiacevoli».
Non può essere che così. L'umorismo, infatti, sdrammatizza tutto.


Sdrammatizza le cose più banali
: «Mi sono spaccato il pipistrello della mano sinistra!» scherzava Totò. Sdrammatizza la morale: «Dopo il peccato di Adamo non si riesce più a far un peccato originale!»


Sdrammatizza il matrimonio. Un tale va a confessarsi: «Padre sono sposato». «Ma questo non è peccato!», risponde il confessore. Il penitente: «Me ne pento lo stesso!».


Sdrammatizza gli imprevisti. Quando il futuro papa Giovanni XXIII fece l'ingresso come patriarca a Venezia, un colombo gli lasciò cadere dall'alto un poco pulito ricordo. Gelo tra gli astanti. Il porporato sdrammatizzò: «Per fortuna le mucche non volano!».


Sdrammatizza anche la religione. Un turista osserva il parco macchine del Vaticano e, scuotendo la testa, dice alla guida: «E pensare che tutto è cominciato da un asinello!».


Sdrammatizza persino la morte: «Peccato che per andare in Paradiso, bisogna salire su un carro funebre!»


Che cosa si vuole di più? Una cosa sola: scongiurare il buon Dio perché ai cinque sensi che già ci ha regalato aggiunga, subito subito, il senso dell'umorismo. Senza di esso saremmo terribilmente più poveri e infelici.
Insomma, salvare l'umorismo non è un optional. È un dovere!


Un giorno Charles Schulz, il famoso disegnatore statunitense, autore di Linus e del cane Snoopy ha confidato: “Se mi fosse possibile fare un regalo alla prossima generazione, darei ad ogni individuo la capacità di ridere di se stesso”.




Il termometro della famiglia

Per sapere se la nostra famiglia va bene basta la risposta ad una sola domanda: «Ci divertiamo ancora insieme?».

DAMMI LA VOGLIA DI RIDERE
Scusami l'impertinenza,
ma stasera ho voglia di dirTi
come i bambini piccoli
sulle ginocchia del fratello maggiore:
Fammi ridere!”.
Sì, è la mia preghiera inattesa:
Signore, fammi ridere!
Perché, a mia volta, io possa
far ridere i miei fratelli:
Ne hanno tanto bisogno!

(Michel Quoist)

sabato 9 giugno 2018

«Insegnaci a contare i nostri giorni | e giungeremo alla sapienza del cuore».


La vita ci offre ogni mattina un regalo straordinario, che noi dimentichiamo e buttiamo via


Buona giornata!(Salmo 89, 12) di don Luciano


«Ogni mattina, il potente e ricchissimo re di Bengodi riceveva l'omaggio dei suoi sudditi. Aveva conquistato tutto il conquistabile e si annoiava un po'. In mezzo agli altri, puntuale ogni mattina, arrivava anche un silenzioso mendicante, che porgeva al re una mela. Poi, sempre in silenzio, si ritirava.

Il re, abituato a ricevere ben altri regali, con un gesto un po' infastidito, accettava il dono, ma appena il mendicante voltava le spalle cominciava a deriderlo, imitato da tutta la corte. Il mendicante non si scoraggiava.

Tornava ogni mattina a consegnare nelle mani del re il suo dono. Il re lo prendeva e lo deponeva macchinalmente in una cesta posta accanto al trono. La cesta conteneva tutte le mele portate dal mendicante con gentilezza e pazienza. E ormai straripava. Un giorno, la scimmia prediletta del re prese uno di quei frutti e gli diede un morso, poi lo gettò sputacchiando ai piedi del re. Il sovrano, sorpreso, vide apparire nel cuore della mela una perla iridescente. Fece subito aprire tutti i frutti accumulati nella cesta e trovò all'interno di ogni mela una perla. Meravigliato, il re fece chiamare lo strano mendicante e lo interrogò. "Ti ho portato questi doni, sire - rispose l'uomo -, per farti comprendere che la vita ti offre ogni mattina un regalo straordinario, che tu dimentichi e butti via, perché sei circondato da troppe ricchezze. Questo regalo è il nuovo giorno che comincia"».

Mentre leggevo questa storia pensavo alle parole di Gesù scritte in Matteo 7, 24: «Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia». Mille anni fa costruivano le case come adesso, una pietra alla volta. E anche la nostra vita si costruisce un giorno alla volta. Non un anno alla volta, o un mese o una settimana, ma un giorno alla volta.

La Parola di Dio ci sfida a vivere uno stile di vita che Dio chiama "da sapiente". Sta scritto nel Salmo 89, 12: «Insegnaci a contare i nostri giorni | e giungeremo alla sapienza del cuore». Cosa significa vivere secondo la sapienza del cuore? È sapiente di cuore chi ha capito che ogni giorno ha un'importanza eterna.
È sapiente di cuore chi fa in modo che ogni suo giorno conti. Chi da valore ai suoi giorni.


Non credo di sbagliare se dico che le persone più importanti della tua vita sono quelle della tua famiglia. Allora tratta ognuna di loro come se fosse l'ultimo giorno che puoi vivere con loro... mettendo la pietra di un'altra buona giornata nell'edificio della loro vita. Quando vivi un giorno alla volta il tuo essere coniuge, mamma o papà o figlio, tutto diventa meno carico di tensione. La tua strategia per costruire la tua famiglia deve essere tutta in quel saluto:
"Buona giornata!"


Quindi, invece di concentrarti su tutte le cose negative che vedi, e su ciò di cui hai paura che un giorno possa capitare a te e ai tuoi cari, sforzati piuttosto di fare in modo che diventi una "buona giornata" per coloro che ami...

...Per quanto ti sforzi, non potrai mai costruire la tua famiglia e i rapporti con le persone in maniera veloce o occasionale o istantanea. Devi aprire una mela alla volta, mettere una pietra dopo l'altra.
Se lo farai, costruirai una famiglia solida, cementarai le relazioni, costruirai una casa sulla roccia!

Vi accompagno con la preghiera, sempre con riconoscenza e affetto

don Luciano

lunedì 28 maggio 2018

Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti



"È proprio perché tu vali poco che sei il tipo di persona che io amo usare".


IL CANTO DELLE RANE





(Deuteronomio 7, 7-8)
Dopo l'acquazzone di oggi è regnato per qualche istante un silenzio irreale. Le nuvole hanno esaurito la pioggia e il vento le ha spazzate via, gonfiando il cielo di luce. L'ultima, perché fra non molto sarà il tramonto e oltre le colline sembrerà che abbiano dato fuoco al cielo con il napalm. Sul tappeto soffice dell'erba del cortile risuona tremulo un gracidio, poi inizia un coro potente, spiritato, come una preghiera a voce alta, che copre qualsiasi altro rumore. Sono delle piccole rane. A volte ci sono qui in Africa giorni veramente speciali. Stanotte lascerò aperta la finestra così potrò godermi dal letto la sinfonia dei grilli e delle rane; la Filarmonica di Dio. I grilli, le rane e qualche uccello notturno combineranno insieme la loro voce in una incantevole e rumorosa serenata al chiaro di luna. È una cosa strana il gracidio delle rane e il frinire dei grilli: animali minuscoli, eppure fanno un rumore fortissimo!

Mi viene in mente il libro del Deuteronomio. Dio dice al Suo popolo, Israele, di come entreranno in possesso di un paese meraviglioso chiamato la Terra Promessa... di come sconfiggeranno un esercito dopo l'altro... di come diventeranno una nazione prospera e invidiata. Ma la cosa più sorprendente è che Dio dice queste cose a un popolo, Israele, che non è altro che un piccolo gruppo di tribù nomadi che vagano nel deserto. In Deuteronomio 7, 7-8 Dio spiega loro perché fa tutte queste cose: «Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli - siete infatti il più piccolo di tutti i popoli -, ma perché il Signore vi ama». In altre parole, Dio dice: "Voi siete piccoli, insignificanti. Allora siete gli strumenti più utili perché io possa fare attraverso di voi un grandissimo rumore!"

Di fatto, è una delle tematiche che attraversa tutta la Bibbia. Quando Saul ha capito che era stato scelto da Dio per essere il primo re di Israele, dice a Samuele: «Non sono io forse un Beniaminita, della più piccola tribù d'Israele? E la mia famiglia non è forse la più piccola fra tutte le famiglie della tribù di Beniamino?» Insomma, Dio sembra dire: "È proprio perché tu vali poco che sei il tipo di persona che io amo usare".
E pure il grande re Davide. Il Salmo 77, 70-71 dice: «Egli scelse Davide suo servo | e lo trasse dagli ovili delle pecore. | Lo chiamò dal seguito delle pecore madri | per pascere Giacobbe suo popolo, | la sua eredità Israele». A un pecoraio Dio affida la sua creatura più amata, Israele. Un altro grillo spirituale, una persona insignificante attraverso il quale Dio farà un grandissimo rumore.

A Pietro, il pescatore traditore che gettandosi alle ginocchia di Gesù dice: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore» (Luca 5,8), Gesù consegna la Chiesa. Ma il più grande rumore Dio lo ha fatto con la più umile delle sue creature: la Vergine Maria: «Ha guardato l'umiltà della sua serva. | D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. | Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente» (Luca 1, 48-49).

Dio ci ha spiegato del suo "strano" criterio in 1 Corinzi 1, 26-31: «Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti». Perché Dio agisce in questo modo? «Perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio... Chi si vanta si vanti nel Signore».

San Giovanni Calabria diceva che Dio aveva scelto lui per fondare una Congregazione religiosa perché non c'era in tutta Verona un prete più buono a nulla di lui, che definiva sé stesso "zero e miseria". Quando Dio fa cose meravigliose attraverso persone deboli e inadeguate, tutta la gloria va a Lui. Perché gli strumenti poveri e umili non si frappongono fra la gente e il Signore, non bloccano la vista. Così la gente pensa: "Hmmm... il tale non è affatto una persona dotata. Allora deve avere un Dio che è grande!" Dio ama fare le Sue cose più grandi con gli strumenti più piccoli. Persino nelle parrocchie o nelle comunità religiose. In questi tempi di parrocchie super-organizzate e di comunità religiose super-attrezzate, abbiamo bisogno di ricordarci quello che Dio ha detto a una Chiesa del Nuovo Testamento che si trovava in una città chiamata Filadelfia: «Conosco le tue opere. Ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere. Per quanto tu abbia poca forza, lo stesso hai osservato la mia parola» (Apocalisse 3, 8).

Mentre in quegli stessi capitoli dell'Apocalisse Dio dice che ritirerà il Suo favore da alcune Chiese che sembrano essere potenti, Lui spalancherà una porta a una Chiesa che è debole e insignificante, il piccolo gregge. «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno» (Luca 12, 32). Non è confortante? Il Dio che ha creato le piccole rane e i minuscoli grilli, che possono riempire la notte col loro grande rumore, ama usare i deboli e i poco dotati. Il che significa che se ti senti debole, inadeguato, sopraffatto da quello che Dio sembra chiederti, sei probabilmente la Sua piccola rana, cioè il Suo prediletto.


E se Dio ti usa per fare un grande rumore per Lui, non dimenticare mai che è qualcosa che sta facendo il grande Dio e non il tuo piccolo Io.

Vi accompagno con la preghiera, sempre con riconoscenza e affetto

don Luciano

martedì 22 maggio 2018

«Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno».

Incontri con la Parola

Sotto i riflettori, di don Luciano

Vivi, Dio ti dice, come se fosse sempre pieno giorno, dove tutti possono vedere quello che stai facendo.

Le telecamere ci hanno cambiato la vita, non è vero? Si possono usare per documentare fatti di famiglia, notizie nei telegiornali, produrre film e persino inserirle nel corpo umano per diagnosticare malattie. Oppure usarle all'insaputa della gente nei programmi "candid camera", quelli con la telecamera nascosta. Le vittime della "candid camera" sono persone che fanno cose buffe, totalmente ignari che una telecamera li sta filmando e milioni di persone li stanno guardando. Se chi è filmato lo sapesse, non farebbe mai quelle cose che sta facendo e non direbbe mai quello che sta dicendo. Ovvio, le immagini riprese dalle telecamere nascoste non sono sempre divertenti e buffe - ci possono essere filmati incriminanti che documentano reati gravissimi, e quanti purtroppo ne abbiamo visti in televisione. Chissà quante volte le persone condannate da un filmato compromettente si saranno dette: "Se solo avessi saputo che mi stavano filmando...!"


Dio ha qualcosa da dirti a questo riguardo nella lettera ai Romani, capitolo 13, versetti 12 e seguenti - dove ci incoraggia a vivere come se fossimo sempre sotto i riflettori, con le telecamere puntate su di noi. Dio dice così: «La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri».

 
Vivi, Dio ti dice, come se fosse sempre pieno giorno, dove tutti possono vedere quello che stai facendo. Vivi come se i riflettori fossero continamente puntati su di te e le telecamere accese. Credete che certe persone le cui telefonate erano intercettate, avrebbero detto quello che stavano dicendo, se lo avessero saputo? Credete che certi personaggi influenti avrebbero incontrato individui di dubbia reputazione se fossero stati a conoscenza che una telecamera li stava filmando e quelle immagini sarebbero finite in tribunale? O che certi sms sarebbero stati spediti se chi li ha mandati avesse saputo che il cellulare sarebbe finito in altre mani? Credete che uomini pubblicamente conosciuti sarebbero andati con quella donna se avessero saputo che le loro foto avrebbero fatto il giro del mondo? E quello che non fanno i tribunali lo fa internet e YouTube.

 

Una delle paure più tremende della vita è la paura di essere scoperti. Per usare le parole del libro dei Proverbi: «L'empio fugge anche se nessuno lo insegue» (Proverbi 28,1). Quando infrangi la legge, devi guardare continuamente lo specchietto retrovisore. Se devi continuamente guardare lo specchietto retrovisore, non puoi mai rilassarti e goderti il viaggio. Viaggia libero e sereno solo chi non ha alcun motivo di aver paura - perché non ha niente da nascondere.



Dio vuole che tu viva in maniera trasparente, senza quel logorio paralizzante causato da scheletri nell'armadio, da segreti imbarazzanti che cerchi di occultare. Stai vivendo in maniera tale da non aver nulla da temere se una telecamera è nascosta nella tua automobile o tra le pareti della tua stanza o nel tuo ufficio o inserita nel tuo cellulare? Hai qualcosa di cui preoccuparti se una telecamera ti filma ventiquattro ore al giorno?



Ricordati che sei guardato, sei registrato più di quello che tu pensi. E non dal Grande Fratello di una rete televisiva, che è una montatura. La Bibbia dice che ci sarà un «giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo» (Romani 2,16). Gesù dice: «Non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato» (Matteo 10,26). E Dio ci ammonisce in maniera molto chiara: «Sappiate che il vostro peccato vi raggiungerà» (Numeri 32,23).
Quindi non illudere te stesso pensando che puoi farla franca. Vivi come se fossi sempre sotto i riflettori e la telecamera ti stesse filmando. Perché, di fatto, è così. E goditi la gloriosa serenità conosciuta solo da quelli che vivono queste liberanti parole: «Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno».

Vi accompagno con la preghiera, sempre con riconoscenza e affetto

don Luciano

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domenica 20 maggio 2018

Lo Spirito santo, compagno inseparabile di Gesù

Pentecoste Anno B - 2018


Avori salernitani
Avori salernitani


Gv  15,26-27; 16,12-15

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:«26Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. 12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.»


Commento di Enzo Bianchi, comunità di Bose 

Il lezionario della chiesa universale prevede per la solennità della Pentecoste il vangelo giovanneo che narra l’apparizione di Gesù risorto ai discepoli la sera del primo giorno della settimana, quando egli soffiò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito santo” (cf. Gv 20,19-23). Il lezionario della chiesa italiana prevede invece, a seconda dell’annata, altri due brani tratti dal quarto vangelo, che in verità sono costruzioni un po’ artificiali, in quanto costituiti da versetti appartenenti a contesti diversi. In questa annata B il testo è composto da due versetti in cui Gesù promette ai discepoli lo Spirito santo (cf. Gv 15,26-27) e da altri quattro nei quali egli specifica l’azione dello stesso Spirito nei giorni della chiesa (cf. Gv 16,12-15). Anche se non è un’operazione facile commentare versetti non consecutivi, tentiamo comunque di farlo, con spirito d’obbedienza.

Gesù è ancora a tavola con i suoi discepoli dopo la lavanda dei piedi (cf. Gv 13,1-20) e pronuncia parole di addio, perché è “venuta l’ora di passare da questo mondo al Padre” (Gv 13,1). Sono parole che la chiesa giovannea ha custodito, meditato, interpretato e finalmente messo per iscritto, con un linguaggio e uno stile diversi da quelli delle parole uscite dalla bocca di Gesù. Potremmo dire che il discepolo amato e la sua chiesa hanno fatto “risorgere” le parole di Gesù e qui nel vangelo le ritroviamo nella loro verità, ma pronunciate dal Risorto glorioso, il Kýrios, e indirizzate ai discepoli radunati nelle chiese di ogni tempo.

Sappiamo dai vangeli sinottici che Gesù aveva parlato dello Spirito santo, disceso su di lui nel battesimo (cf. Mc 1,10 e par.), e lo aveva promesso come dono ai discepoli, in particolare per l’ora della persecuzione (cf. Mc 13,11 e par.), quando lo Spirito sarà la loro autentica difesa, “parlando in loro” e “insegnando loro ciò che occorre dire”. Ed ecco la stessa promessa nel vangelo secondo Giovanni (cf. Gv 14,26-27): quando verrà il Parákletos – il chiamato accanto come avvocato difensore, soccorritore e consolatore, lo Spirito di verità che Gesù, salito al Padre, invierà –, allora lo Spirito darà testimonianza a Gesù, e così faranno i discepoli stessi, hanno condiviso la vita con lui fin dall’inizio della sua missione, fin dal battesimo ricevuto da Giovanni. Ma anche i discepoli futuri di Gesù non potranno essere tali e dare testimonianza a lui se non accolgono il Vangelo dal suo inizio, cioè quella buona notizia di un Gesù uomo nato da donna, vissuto come “carne fragile”, crocifisso e risorto da morte: un Gesù che è stato sárx, carne, umanità, e che ora è vivente in Dio nella gloria, quale suo Figlio per sempre.

L’alito di Dio, la ruach che figurativamente indica la vita di Dio che procede dall’intimo del suo essere; l’alito di Dio che è la forza creatrice con cui egli ha creato il cosmo (cf. Gen 1,2); quel soffio che è sceso in una donna per permettere alla Parola di diventare “carne” (cf. Gv 1,14), Gesù quale Signore vivente lo soffierà sui discepoli dopo la sua resurrezione. La vita stessa di Dio che è la vita di Gesù risorto, sarà vita anche nei discepoli e li abiliterà a essere suoi testimoni. Avverrà così una sinergia tra la testimonianza dello Spirito e quella del discepolo riguardo a Cristo: anche quando gli uomini sentiranno estranei i cristiani, anche nelle persecuzioni e nelle ostilità subite da parte del mondo, nella potenza dello Spirito i cristiani continueranno a rendere testimonianza a Gesù. Questa è la funzione decisiva dello Spirito santo che, come fu “compagno inseparabile di Gesù” (Basilio di Cesarea), dopo che Gesù lo ha inviato dalla sua gloria presso il Padre, è il “compagno inseparabile” di ogni cristiano. La parola del discepolo di Gesù sarà voce dello Spirito santo (cf. Gv 3,8), sarà parola profetica rivolta al mondo come testimonianza piena di forza, pur nella debolezza e nella fragilità della condizione dei discepoli.

Riguardo a questo soffio divino Gesù dice ancora qualche parola (cf. Gv 16,12-15). Egli è consapevole di aver narrato, spiegato (exeghésato: Gv 1,18) Dio ai discepoli per alcuni anni con il suo comportamento e le sue parole, soprattutto amando i suoi fino alla fine (cf. Gv 13,1), ma sa anche che avrebbe potuto dire molte cose in più. Gesù sa che c’è una progressiva iniziazione alla conoscenza di Dio, una crescita di questa stessa conoscenza, che non può essere data una volta per tutte. Il discepolo impara a conoscere il Signore ogni giorno della sua vita, “di inizio in inizio, per inizi che non hanno mai fine” (Gregorio di Nissa). La vita del discepolo deve essere vissuta per una comprensione sempre più grande, e tutto ciò che una persona vive (incontri, realtà, ecc.), attraverso l’energia dello Spirito santo apre una via, approfondisce la conoscenza, rivela un senso.

Ognuno di noi lo sperimenta: più andiamo avanti nella vita personale e nella risposta alla chiamata del Signore nella storia, più lo conosciamo! Il Vangelo è sempre lo stesso, “Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre” (Eb 13,8), non cambia, ma noi lo conosciamo meglio proprio vivendo la nostra storia e la storia del mondo. D’altronde, proprio il vangelo secondo Giovanni testimonia che i discepoli comprendono alcuni gesti di Gesù soltanto più tardi, dopo la sua morte e la sua resurrezione: erano restati incapaci di interpretarli nel loro accadere (cf. Gv 2,22; 12,16), ma nella luce della fede nel Risorto si era aperta per loro la possibilità della comprensione.

Per questo Gesù confessa di non aver detto tutto: ha detto l’essenziale riguardo a Dio, quello che basta alla salvezza, ma la conoscenza è infinita. Ora Gesù è nel Regno con il Padre, ma lo Spirito santo che egli invia ai discepoli ricorda loro le sue parole (cf. Gv 14,26), le approfondisce, rende comprensibile ciò che essi non hanno compreso su di lui in precedenza. E nuovi eventi e realtà della storia sono illuminati e compresi proprio grazie alla presenza dello Spirito santo, che fa conoscere non una nuova rivelazione, non necessaria dopo Gesù, ma rischiara e approfondisce il mistero di Dio e del Figlio suo inviato nel mondo, morto e risorto.

 Si faccia però attenzione:
a Cristo non succede lo Spirito santo,
all’età del Figlio non succede quella dello Spirito,
perché lo Spirito che procede dal Padre è anche lo Spirito del Figlio (questo significa l’affermazione: “Tutto quello che il Padre possiede è mio”), inviato da lui e suo compagno inseparabile.

Dove c’è Cristo c’è lo Spirito e dove c’è lo Spirito c’è Cristo! E la parola di Dio è sempre la stessa: in Mosè, nei profeti e nei salmi (cf. Lc 24,44) c’è una stessa parola di Dio, uscita dalla sua bocca insieme al suo soffio e diventata “carne” in Gesù.

Leggendo la Pentecoste alla luce di queste parole di Gesù del quarto vangelo, oggi confessiamo che l’alito, il soffio di vita di Dio è il soffio di Cristo, è lo Spirito santo ed è il nostro soffio di cristiani: un soffio che scende su di noi e in noi costantemente e che, soprattutto nell’eucaristia, ci rinnova, donandoci la remissione di tutti i nostri peccati, abilitandoci all’evangelizzazione, che è sempre testimonianza resa a Gesù Cristo (cf. Lc 24,48; At 1,8), e rafforzandoci nelle persecuzioni e nelle prove.

martedì 15 maggio 2018

"Non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato..."


Incontri con la Parola

Sotto i riflettori, di don Luciano 
 


Le telecamere ci hanno cambiato la vita, non è vero? Si possono usare per documentare fatti di famiglia, notizie nei telegiornali, produrre film e persino inserirle nel corpo umano per diagnosticare malattie. Oppure usarle all'insaputa della gente nei programmi "candid camera", quelli con la telecamera nascosta. Le vittime della "candid camera" sono persone che fanno cose buffe, totalmente ignari che una telecamera li sta filmando e milioni di persone li stanno guardando. Se chi è filmato lo sapesse, non farebbe mai quelle cose che sta facendo e non direbbe mai quello che sta dicendo. Ovvio, le immagini riprese dalle telecamere nascoste non sono sempre divertenti e buffe - ci possono essere filmati incriminanti che documentano reati gravissimi, e quanti purtroppo ne abbiamo visti in televisione. Chissà quante volte le persone condannate da un filmato compromettente si saranno dette: "Se solo avessi saputo che mi stavano filmando...!"


Dio ha qualcosa da dirti a questo riguardo nella lettera ai Romani, capitolo 13, versetti 12 e seguenti - dove ci incoraggia a vivere come se fossimo sempre sotto i riflettori, con le telecamere puntate su di noi. Dio dice così: «La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri».

Vivi, Dio ti dice, come se fosse sempre pieno giorno, dove tutti possono vedere quello che stai facendo. Vivi come se i riflettori fossero continamente puntati su di te e le telecamere accese. Credete che certe persone le cui telefonate erano intercettate, avrebbero detto quello che stavano dicendo, se lo avessero saputo? Credete che certi personaggi influenti avrebbero incontrato individui di dubbia reputazione se fossero stati a conoscenza che una telecamera li stava filmando e quelle immagini sarebbero finite in tribunale? O che certi sms sarebbero stati spediti se chi li ha mandati avesse saputo che il cellulare sarebbe finito in altre mani? Credete che uomini pubblicamente conosciuti sarebbero andati con quella donna se avessero saputo che le loro foto avrebbero fatto il giro del mondo? E quello che non fanno i tribunali lo fa internet e YouTube.


Una delle paure più tremende della vita è la paura di essere scoperti. Per usare le parole del libro dei Proverbi: «L'empio fugge anche se nessuno lo insegue» (Proverbi 28,1). Quando infrangi la legge, devi guardare continuamente lo specchietto retrovisore. Se devi continuamente guardare lo specchietto retrovisore, non puoi mai rilassarti e goderti il viaggio. Viaggia libero e sereno solo chi non ha alcun motivo di aver paura - perché non ha niente da nascondere.

Dio vuole che tu viva in maniera trasparente, senza quel logorio paralizzante causato da scheletri nell'armadio, da segreti imbarazzanti che cerchi di occultare. Stai vivendo in maniera tale da non aver nulla da temere se una telecamera è nascosta nella tua automobile o tra le pareti della tua stanza o nel tuo ufficio o inserita nel tuo cellulare? Hai qualcosa di cui preoccuparti se una telecamera ti filma ventiquattro ore al giorno?

Ricordati che sei guardato, sei registrato più di quello che tu pensi. E non dal Grande Fratello di una rete televisiva, che è una montatura. La Bibbia dice che ci sarà un «giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo» (Romani 2,16). Gesù dice: «Non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato» (Matteo 10,26). E Dio ci ammonisce in maniera molto chiara: «Sappiate che il vostro peccato vi raggiungerà» (Numeri 32,23).
 
 Quindi non illudere te stesso pensando che puoi farla franca. Vivi come se fossi sempre sotto i riflettori e la telecamera ti stesse filmando. Perché, di fatto, è così. E goditi la gloriosa serenità conosciuta solo da quelli che vivono queste liberanti parole: «Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno».

Vi accompagno con la preghiera, sempre con riconoscenza e affetto

don Luciano

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