Rapporto nuziale tra Dio e il suo popolo (Antico Testamento)
Nel messaggio dei profeti
I profeti hanno dato un apporto determinante presentando l’allegoria nuziale per esprimere il rapporto fra Dio e Israele. Essi utilizzano tutte le immagini tratte dall’ambiente familiare per esprimere il rapporto d’amore e di fedeltà fra Dio e Israele.
Il profeta Osea è il primo a rappresentare con l’immagine del rapporto coniugale i rapporti del Signore con il suo popolo. Osea sposa per disposizione di Dio una prostituta: la prostituzione della moglie diventa simbolo dell’infedeltà di Israele, che arriva perfino al culto delle divinità straniere, il quale porta con sé anche vere e proprie aberrazioni sessuali. Dio, però, sempre fedele, non si arrende e progetta un nuovo fidanzamento con il suo popolo: Pertanto, ecco io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore (Os 2,16). Il richiamo del deserto rimanda al periodo dell’innamoramento, quando Israele seguiva il suo Dio più da vicino. Il nuovo fidanzamento, però, non dovrà più essere rotto da nuove infedeltà: Ti fidanzerò a me per l’eternità, ti fidanzerò a me nella giustizia e nel diritto, nella tenerezza e nell’amore... (Os 2,21-22).
Va’, prenditi in moglie una prostituta
E abbi figli di prostituzione
Perché il paese non fa che prostituirsi
Allontanandosi dal Signore. (Os 1,2)
Il primo figlio è chiamato Izreél, Dio semina;
il secondo è una figlia chiamata sempre per ordine di Dio “ Non-amata”;
Chiamala non-amata
Perché non amerò la casa d’Israele
Non ne avrò più compassione
il terzo figlio si chiamerà “ Non-mio-popolo”.
Chiamalo non-mio-popolo
Perché voi non siete mio popolo
E io non esisto per voi.
La moglie che Osea ha amato e ama ancora tradisce il marito:
Accusate vostra madre, accusatela,
perché essa non è più mia moglie
e io non sono più suo marito.
Il Signore ama sempre Israele, benché sposa infedele, e dopo averla messa alla prova le ridarà la gioia dell’amore rendendola incrollabile e fedele.
Ti farò mia sposa per sempre
Ti farò mia sposa
Nella giustizia e nel diritto
Nella benevolenza e nell’amore-
Io li seminerò di nuovo per me nel paese
E amerò Non amata
E a Non-mio-popolo dirò: Popolo mio,
ed egli mi dirà: Mio Dio.
Il profeta Isaia
presenta come una madre, al ritorno dall’esilio di Israele:
Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se questa donna si dimenticasse,
io invece non ti dimenticherò mai (Is 49,15-16).
E per esprimere la gioia della liberazione dall’esilio viene portato l’esempio della gioia nuziale:
Io gioisco pienamente nel Signore,
la mia anima esulta nel mio Dio...
come uno sposo che si cinge il diadema
e come una sposa che si adorna di gioielli (Is 61,10);
Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposerà il tuo architetto;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te (Is 62,5).
Il profeta Geremia
riprende il tema di Dio-sposo in modo ancora più tenero, ricordando soprattutto l’entusiasmo del primo amore:
Mi ricordo di te, dell’affetto della tua giovinezza,
dell’amore al tempo del tuo fidanzamento,
quando mi seguivi nel deserto,
in una terra non seminata (Ger 2,2).
Proprio per questo è più acuto il rimprovero che viene rivolto al popolo infedele:
Perché il mio popolo dice:
"Ci siamo emancipati,
non faremo più ritorno a te?".
Si dimentica forse una vergine dei suoi ornamenti,
una sposa della sua cintura?
Eppure il mio popolo mi ha dimenticato
per giorni innumerevoli" (Ger 2,31-32).
Il profeta Ezechiele
Riprende l’immagine che ci presenta Israele come una fanciulla abbandonata di cui Dio si invaghisce fino a farla sua:
Passai vicino a te e ti vidi;
ecco la tua età era l’età dell’amore;
io stesi il lembo del mio mantello su di te
e coprii la tua nudità;
giurai alleanza con te,
dice il Signore Dio,
e divenisti mia (Ez 16,8).
L’immagine ricorre anche più frequentemente in Isaia, dove le difficoltà dell’esilio e del reinserimento in patria vengono addolcite dal ricordo di Dio che è lo sposo e perciò non abbandona il suo popolo:
Non temere,
perché non dovrai più arrossire...
Poiché il tuo sposo è il tuo creatore,
Signore degli eserciti è il suo nome;
tuo redentore è il Santo d’Israele,
è chiamato Dio di tutta la terra (Is 54,4-6).
Il messaggio nuziale del Cantico dei cantici
C’è un libro che è tutto dedicato all’amore umano, nella tensione del desiderio che poi sfocerà nel matrimonio: il Cantico dei cantici.
Questo piccolo poema è tutto un dialogo d’amore tra uomo e donna che si cercano reciprocamente con gioia e trepidazione: si tratta contemporaneamente dell’esaltazione dell’amore umano e dell’amore di Dio verso Israele.
E proprio per questo l’amore deve essere duraturo, come si esprime la sposa con immagini forti, inebrianti:
Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l’amore,
tenace come gli inferi è la passione;
le sue vampe sono come vampe di fuoco,
una fiamma di Dio.
Le grandi acque non possono
spegnere l’amore,
né i fiumi travolgerlo (Ct 8,6-7).
Nulla può estinguere l’amore autentico! È un messaggio indubbiamente molto profondo, in cui si fondono l’esperienza umana e il messaggio profetico che ha preso questa esperienza come simbolo dell’amore indefettibile di Dio verso il suo popolo.
Portata teologica e pastorale dell’allegoria
Dio prende come simbolo del suo amore verso Israele l’immagine nuziale perché essa era sentita e vissuta normalmente come realtà di amore e fedeltà totale.
Dio vuole dare un vero e proprio ammaestramento sul matrimonio: esso ha significato nella misura in cui riflette i costumi di Dio, ne imita gli atteggiamenti e ne assume i valori.
Riscopriamo un reciproco intreccio fra la realtà matrimoniale e il progetto matrimoniale che Dio ripropone ai credenti.
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