Questa è una testimonianza di don Tonino Sofferente, la
sua malattia, il suo calvario che diventano
speranza e opera di salvezza ,
sorgente della fede, luogo della fede.
Il calvario, testo di un’omelia dettata e fatta leggere
durante la messa crismale del giovedì santo, 8 aprile 1993.
Il calvario è lo scrigno nel quale si concentra tutto
l’amore di Dio.
Quando io sento dire che la croce, manifestazione suprema
dell’amore di Dio, è una crudeltà che ha inventato il Signore… quando sento
dire che non deve il Signore far soffrire coloro che ha creato per amore…
quando sento dire che il Signore è duro con noi… io mi sento male, perché non è
così.
La croce è la manifestazione, è l’epifania più alta
dell’amore di Dio per noi. Ha mandato il Suo Figlio sulla croce perché ci
togliesse tutti i nostri peccati, ci redimesse, ci rendesse puri.
Anche noi sulla croce rendiamo più pura l’umanità e più
buono il mondo.
Anche il letto del nostro dolore dovrebbe essere fontana di
carità. Ognuno dovrebbe dire: “Signore, io non soltanto mi affido a te e sono
felice di partecipare a questa operazione della carità in cooperative con te,
ma Ti ringrazio di questo privilegio". Perché tra gli operai scelti, tu
hai preso proprio me. Mi hai chiamato per nome perché io collabori con la tua
opera di salvezza…
…Coraggio! La nostra sofferenza non è inutile. Il nostro
dolore alimenta l’economia sommersa della grazia…
…Il calvario non è soltanto la fontana della carità, ma
anche la sorgente della speranza…
…Speranza significa forza di rinnovare il mondo, forza di
cambiare le cose… E’ proprio dal calvario che si diparte la speranza. Il mondo
può cambiare. E noi che siamo ammalati o che siamo vittime di tante sofferenze
morali, noi possiamo contribuire a cambiare il mondo. Con grande fiducia,
appoggiando il nostro capo sul capo di Gesù che rantola sulla croce…
…Riconciliamoci con la speranza!...
…Il Calvario non è soltanto la fontana della carità. Non è
solo l’acquedotto della speranza, ma è anche la sorgente della fede…Fede vuol
dire abbandono…
…Il Calvario è il luogo della fede. Ma anche il nostro
piccolo calvario, quello che si racchiude nel perimetro di quattro pareti, deve
essere il luogo della fede, della fiducia, del nostro abbandono in Dio.
C’è una preghiera molto bella di Charles de Foucault, che
traduce questo abbandono. Io avevo paura quando stando in buona salute, ogni
sera la ripetevo. Adesso che sto ammalato la dico con gioia.
“Padre mio, io mi abbandono a Te,
fa' di me ciò che ti piace.
Qualunque cosa tu faccia di me,
ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto,
purché la tua volontà
si compia in me
e in tutte le tue creature.
Non desidero niente altro, Dio mio;
rimetto l'anima mia nelle tue mani
te la dono, Dio mio,
con tutto l'amore del mio cuore,
perché ti amo.
Ed è per me un'esigenza d'amore
il darmi,
il rimettermi nelle tue mani,
senza misura,
con una confidenza infinita,
poiché Tu sei il Padre mio”.
fa' di me ciò che ti piace.
Qualunque cosa tu faccia di me,
ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto,
purché la tua volontà
si compia in me
e in tutte le tue creature.
Non desidero niente altro, Dio mio;
rimetto l'anima mia nelle tue mani
te la dono, Dio mio,
con tutto l'amore del mio cuore,
perché ti amo.
Ed è per me un'esigenza d'amore
il darmi,
il rimettermi nelle tue mani,
senza misura,
con una confidenza infinita,
poiché Tu sei il Padre mio”.
E’ una preghiera che sa di gioia, di luce, di pace, di
conforto non soltanto per noi, ma anche per coloro che stanno bene e non hanno
problemi…
…E quando la gente viene da noi e ci dice, come le vergini
stolte, "on abbiamo più olio" noi possiamo rispondere:
“ Non vi preoccupate, venite nel nostro frantoio, ne abbiamo
a quantità per voi e per tutti”.
Don Antonino Bello in “Ti voglio bene” ed. la meridiana.
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