La croce
(1Cor 1,17-18; 22-29;2,1-5)
17 Cristo mi ha mandato a predicare il
vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce
di Cristo. 18 La parola della croce infatti è stoltezza per
quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è
potenza di Dio. 22 Mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci
cercano la sapienza, 23 noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo
per i Giudei, stoltezza per i pagani; 24 ma per coloro che sono
chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di
Dio. 25 Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli
uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini. 26
Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti
sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. 27
Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha
scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, 28 Dio ha
scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre
a nulla le cose che sono, 29 perché nessun uomo possa gloriarsi
davanti a Dio.
2,1 Anch'io, o fratelli, quando sono venuto
tra voi, non mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza di Dio con
sublimità di parola o di sapienza. 2 Io ritenni infatti di non
sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso. 3
Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione; 4
e la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di
sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, 5
perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza
di Dio.
Stoltezza e follia
Tra gli ebrei, abituati a pensare le manifestazioni
di Dio sullo schema dei prodigi dell’esodo dall’Egitto, era comune l’attesa di
un Dio vittorioso e potente, risolutore, a cui nessuno avrebbe potuto opporsi.
I vangeli ricordano che più volte furono chiesti a Gesù segni convincenti (cfr
Mc 8,11; Mt 16,1; Gv 2,18;6,30). In questa prospettiva la debolezza della croce
appariva una via completamente estranea al piano di Dio: uno scandalo.
I greci erano abituati a valutare in termini di
genialità, di originalità e di affermazione di sé. Per la loro cultura, lo
spendersi del Cristo in croce e il suo ostinato amore apparivano mortificazione
di ogni originalità, mancanza di genialità e stoltezza: il contrario dei
contrassegni dell’epifania di Dio.
Ancora oggi la croce è scandalo e stoltezza e il
motivo è sempre lo stesso: agli occhi degli uomini appare segno di debolezza
che la libertà vera si possa ottenere solo quando, sulle orme di Gesù
crocifisso, si ha il coraggio di consegnare tutta la propria esistenza nelle
mani di Dio Padre, per essere liberi di servire gli uomini. L’incredulo vede in
essa uno scandalo insuperabile, uno scandalo teologico, e quindi trova in essa
la giustificazione del proprio rifiuto.
Sapienza e potenza di Dio
Per chi crede, la croce è manifestazione suprema
dell’amore del Padre e del dono di Gesù, il gesto che fa toccare con mano
l’inesauribile amore di Dio verso di noi.
Potenza perché proprio nell’apparente debolezza dell’amore e
del dono di sé Dio ha salvato il mondo.
Sapienza perché il volto di Dio è fatto di amore: fare il
segno della croce o portare la croce al collo deve essere
testimonianza che, nella nostra povertà e fragilità, ci dichiariamo anche noi
dalla parte di quell’amore capace di sacrificare la propria vita.
La Passione è uno scandalo da superare: scandalo teologico
perché non si tratta soltanto di accettare la croce come un momento qualsiasi
della vicenda del Messia, ma come il luogo privilegiato in cui Dio si è
manifestato nella sua realtà profonda e nella sua forza vittoriosa.
La croce non è una smentita, una sconfitta, ma un
compimento. E’ un passaggio obbligato per ogni discepolo, fa parte a pieno
titolo della chiamata. Il credente trova nella croce la rivelazione
più alta e insospettata del volto misericordioso di Dio, e ne fa la
ragione della propria fede.
Per Gesù la croce è il prezzo della fedeltà e
dell’amore a Dio e agli uomini. La croce è la rivelazione
massima, oltre ogni attesa, della solidarietà di Dio nei confronti dell’uomo.
Una solidarietà così forte che non si lascia vincere dallo stesso rifiuto
dell’uomo. Rifiutato da noi, Gesù muore per noi.
La croce è la rivelazione di chi è veramente Dio: un
amore infinito, superiore ad ogni immaginazione. Il gesto del Padre che dona il
Figlio e del Figlio che dona se stesso non è misurato sul bisogno dell’uomo, ma
sulla ricchezza dell’amore di Dio. Per tutto questo non solo la croce è lieta
notizia, ma in un certo senso è il centro della lieta notizia.
Un secondo aspetto che fa della croce una lieta
notizia è che essa mostra che la via dell’amore è vittoriosa: sembra
perdente, ma è vittoriosa. La croce è una lieta notizia per tutti coloro che
spendono la loro vita al servizio di Dio, della giustizia e della verità.
Sbaglieremo se pensassimo all’evento della croce come a un
disguido prontamente riparato dalla risurrezione. La risurrezione è invece
l’altra faccia della croce: non la riparazione di una sconfitta, ma il segno
che la croce non era una sconfitta. La risurrezione è il segno che la via della
fedeltà a Dio e del dono di sé fino alla croce è vincente.
Volgiamo lo sguardo a
Cristo Crocifisso
Sulla croce, il Cristo ci sta davanti come l’uomo dei
dolori, “rigettato dagli uomini”, “percosso da Dio e umiliato”
(Is 53,3.4). Non ha “né apparenza né bellezza” (Is 53,2), tutto il suo
splendore è scomparso, perché porta la bruttezza del nostro peccato.
Ma proprio in questa condizione di annientamento si rivela
il più meraviglioso aspetto della sua bellezza: un Cristo che, pur schiantato
dalla sofferenza, è pervaso di sovrana maestà.
Dal momento in cui è arrestato, alle varie fasi del processo
fino al momento in cui, “chinato il capo, rese lo Spirito” (Gv 19,30),
Cristo è l’uomo pienamente libero e padrone della propria vita, e’ il vero
sommo sacerdote che offre se stesso in sacrificio sull’altare della croce, e
che porta a compimento in se stesso tutte le Scritture (cfr Gv 19,30: “Tutto
è compiuto”).
Da questo momento l’intero universo gravita intorno all’asse
della sua croce, e tutti gli uomini,consapevoli o no, si muovono in questa
sfera di attrazione. Volgere lo sguardo a Cristo crocifisso significa volgere
lo sguardo del cuore, far convergere verso il Cristo tutto il nostro amore.
La contemplazione deve sfociare nella più intima comunione.
Il mistero della croce deve essere assunto interamente e vissuto in ogni fibra
del nostro essere. La passione di Cristo deve cioè diventare la nostra
passione; la sua morte, la nostra morte. Dobbiamo unire al sacrificio del
Signore il sacrificio quotidiano della nostra vita, sacrificio di obbedienza al
Padre, nell’adesione al suo disegno su di noi.
Da Qumran.net
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