martedì 1 aprile 2014

LA CROCE: stoltezza...debolezza...manifestazione dello Spirito e della sua potenza





La croce


 (1Cor 1,17-18; 22-29;2,1-5)
17 Cristo mi ha mandato a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo. 18 La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. 22 Mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, 23 noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; 24 ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. 25 Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini. 26 Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. 27 Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, 28 Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, 29 perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio.

2,1 Anch'io, o fratelli, quando sono venuto tra voi, non mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. 2 Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso. 3 Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione; 4 e la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, 5 perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.


Stoltezza e follia

Tra gli ebrei, abituati a pensare le manifestazioni di Dio sullo schema dei prodigi dell’esodo dall’Egitto, era comune l’attesa di un Dio vittorioso e potente, risolutore, a cui nessuno avrebbe potuto opporsi. I vangeli ricordano che più volte furono chiesti a Gesù segni convincenti (cfr Mc 8,11; Mt 16,1; Gv 2,18;6,30). In questa prospettiva la debolezza della croce appariva una via completamente estranea al piano di Dio: uno scandalo.


I greci erano abituati a valutare in termini di genialità, di originalità e di affermazione di sé. Per la loro cultura, lo spendersi del Cristo in croce e il suo ostinato amore apparivano mortificazione di ogni originalità, mancanza di genialità e stoltezza: il contrario dei contrassegni dell’epifania di Dio.



Ancora oggi la croce è scandalo e stoltezza e il motivo è sempre lo stesso: agli occhi degli uomini appare segno di debolezza che la libertà vera si possa ottenere solo quando, sulle orme di Gesù crocifisso, si ha il coraggio di consegnare tutta la propria esistenza nelle mani di Dio Padre, per essere liberi di servire gli uomini. L’incredulo vede in essa uno scandalo insuperabile, uno scandalo teologico, e quindi trova in essa la giustificazione del proprio rifiuto.


Sapienza e potenza di Dio

Per chi crede, la croce è manifestazione suprema dell’amore del Padre e del dono di Gesù, il gesto che fa toccare con mano l’inesauribile amore di Dio verso di noi.

Potenza perché proprio nell’apparente debolezza dell’amore e del dono di sé Dio ha salvato il mondo.

Sapienza perché il volto di Dio è fatto di amore: fare il segno della croce o portare la croce al collo deve essere testimonianza che, nella nostra povertà e fragilità, ci dichiariamo anche noi dalla parte di quell’amore capace di sacrificare la propria vita.



La Passione è uno scandalo da superare: scandalo teologico perché non si tratta soltanto di accettare la croce come un momento qualsiasi della vicenda del Messia, ma come il luogo privilegiato in cui Dio si è manifestato nella sua realtà profonda e nella sua forza vittoriosa.



La croce non è una smentita, una sconfitta, ma un compimento. E’ un passaggio obbligato per ogni discepolo, fa parte a pieno titolo della chiamata. Il credente trova nella croce la rivelazione più alta e insospettata del volto misericordioso di Dio, e ne fa la ragione della propria fede.



Per Gesù la croce è il prezzo della fedeltà e dell’amore a Dio e agli uomini. La croce è la rivelazione massima, oltre ogni attesa, della solidarietà di Dio nei confronti dell’uomo. Una solidarietà così forte che non si lascia vincere dallo stesso rifiuto dell’uomo. Rifiutato da noi, Gesù muore per noi.



La croce è la rivelazione di chi è veramente Dio: un amore infinito, superiore ad ogni immaginazione. Il gesto del Padre che dona il Figlio e del Figlio che dona se stesso non è misurato sul bisogno dell’uomo, ma sulla ricchezza dell’amore di Dio. Per tutto questo non solo la croce è lieta notizia, ma in un certo senso è il centro della lieta notizia.



Un secondo aspetto che fa della croce una lieta notizia è che essa mostra che la via dell’amore è vittoriosa: sembra perdente, ma è vittoriosa. La croce è una lieta notizia per tutti coloro che spendono la loro vita al servizio di Dio, della giustizia e della verità.



Sbaglieremo se pensassimo all’evento della croce come a un disguido prontamente riparato dalla risurrezione. La risurrezione è invece l’altra faccia della croce: non la riparazione di una sconfitta, ma il segno che la croce non era una sconfitta. La risurrezione è il segno che la via della fedeltà a Dio e del dono di sé fino alla croce è vincente.


Volgiamo lo sguardo a Cristo Crocifisso

Sulla croce, il Cristo ci sta davanti come l’uomo dei dolori, “rigettato dagli uomini”, “percosso da Dio e umiliato” (Is 53,3.4). Non ha “né apparenza né bellezza” (Is 53,2), tutto il suo splendore è scomparso, perché porta la bruttezza del nostro peccato.



Ma proprio in questa condizione di annientamento si rivela il più meraviglioso aspetto della sua bellezza: un Cristo che, pur schiantato dalla sofferenza, è pervaso di sovrana maestà.



Dal momento in cui è arrestato, alle varie fasi del processo fino al momento in cui, “chinato il capo, rese lo Spirito” (Gv 19,30), Cristo è l’uomo pienamente libero e padrone della propria vita, e’ il vero sommo sacerdote che offre se stesso in sacrificio sull’altare della croce, e che porta a compimento in se stesso tutte le Scritture (cfr Gv 19,30: “Tutto è compiuto”).



Da questo momento l’intero universo gravita intorno all’asse della sua croce, e tutti gli uomini,consapevoli o no, si muovono in questa sfera di attrazione. Volgere lo sguardo a Cristo crocifisso significa volgere lo sguardo del cuore, far convergere verso il Cristo tutto il nostro amore.

La contemplazione deve sfociare nella più intima comunione. Il mistero della croce deve essere assunto interamente e vissuto in ogni fibra del nostro essere. La passione di Cristo deve cioè diventare la nostra passione; la sua morte, la nostra morte. Dobbiamo unire al sacrificio del Signore il sacrificio quotidiano della nostra vita, sacrificio di obbedienza al Padre, nell’adesione al suo disegno su di noi.






Da Qumran.net

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