Alcuni spunti di riflessione proposti dal Papa all’inizio
dei Sinodo dei vescovi a Roma.
Benedetto XVI si rivolge a tutta la chiesa universale,
invita a meditare sulla nostra fede in un periodo di silenzio della fede,
dell’allontanamento dalla pratica della fede. Parla ai vescovi, ai sacerdoti,
agli operatori della pastorale e fedeli tutti.
Tutti siamo invitati a fare ognuno la sua parte.
Come cristiano sogno che questi messaggi trovino nel cuore
di chi è preposto all’evangelizzazione un richiamo alla fedeltà al vangelo, ad
una testimonianza di fede della missione che è stata loro affidata.
Come possiamo credere e praticare se il messaggio evangelico
non ci giunge chiaro, esplicito, accorato, manifestazione dell’amore di Dio per
l’uomo.
Come possiamo noi fedeli capire i documenti del Concilio
Vaticano Secondo con la nostra poca preparazione se non ci vengono spiegati, o
più che spiegati, condotti per mano nella loro applicazione? Non tutto deve
essere implicito, non tutto va giustificato semplicemente come colpa dei
fedeli. Questi spesso sono abbandonati a se stessi, alla loro buona volontà,
alla loro fede semplice, alla loro istruzione religiosa del tempo di
catechismo, facilitando così un allontanamento dalla fede e un progressivo
avvicinamento alle attrattive di questo mondo.
Ha ragione il Papa quando parla di “ desertificazione
spirituale”.
Diamoci tutti una mossa per una nuova primavera della
Chiesa, come ci auguravamo tutti coloro che cinquant’anni fa assistemmo al
Concilio.
Nell’udienza generale in piazza San Pietro del 10 ottobre
quel Dio, che «esiste realmente, vive, è una persona, è
provvido, è infinitamente buono; anzi, non solo buono in sé, ma buono
immensamente altresì per noi, è nostro Creatore, nostra verità, nostra felicità,
a tal punto che l’uomo, quando si sforza di fissare la mente ed il cuore in Dio
nella contemplazione, compie l’atto più alto e più pieno del suo animo, l’atto
che ancor oggi può e deve essere il culmine degli innumerevoli campi
dell’attività umana, dal quale essi ricevono la loro dignità».
11/10/2012 Apertura dell’anno della fede
Se oggi la Chiesa propone un nuovo Anno
della fede e la nuova evangelizzazione, non è per onorare una
ricorrenza, ma perché ce n’è bisogno, ancor più che 50 anni fa! E la risposta
da dare a questo bisogno è la stessa voluta dai Papi e dai Padri del Concilio e
contenuta nei suoi documenti. Anche l’iniziativa di creare un Pontificio Consiglio destinato alla promozione della
nuova evangelizzazione, che ringrazio dello speciale impegno per l’Anno
della fede, rientra in questa prospettiva.
In questi decenni è avanzata una «desertificazione»
spirituale. Che cosa significasse una vita, un mondo senza Dio, al tempo del
Concilio lo si poteva già sapere da alcune pagine tragiche della storia, ma ora
purtroppo lo vediamo ogni giorno intorno a noi. E’ il vuoto che si è diffuso.
Ma è proprio a partire dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto che
possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per
noi uomini e donne. Nel deserto si riscopre il valore di ciò che è essenziale
per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso
espressi in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo
della vita. E nel deserto c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con
la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono
desta la speranza. La fede vissuta apre il cuore alla Grazia di Dio che libera
dal pessimismo. Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita
nuova, trasformata da Dio, e così indicare la strada.”.
Alla fine della fiaccolata, la sera dell’inaugurazione
del Sinodo
La fiaccolata è partita alle ore 19.30 da Castel Sant'Angelo
ed ha raggiunto San Pietro dove, dopo interventi, testimonianze e momenti di
preghiera, alle ore 21 il saluto e la benedizione da parte di Benedetto XVI che
ha ringraziato i presenti facendo proprie le parole del suo predecessore
Giovanni XXIII.
"In questi 50 anni abbiamo imparato ed esperito che
il peccato originale esiste e si traduce in peccati personali, che possono
divenire strutture di peccato, visto che nel campo del Signore c'è anche la
zizzania, che nella rete di Pietro ci sono anche pesci cattivi, che la
fragilità umana è presente anche nella Chiesa, che la nave della Chiesa sta
navigando con vento contrario, con minacce contrarie. E qualche volte abbiamo
pensato 'il Signore dorme e ci ha dimenticato'. Ma anche abbiamo fatto
esperienza della presenza del Signore, della sua bontà della sua presenza: il
fuoco di Cristo non è divoratore né distruttivo, è un fuoco silenzioso una
piccola fiamma di bontà: il Signore non ci dimentica, il suo modo è umile, il
Signore è presente, dà calore ai cuori, crea carismi di bontà e carità che
illuminano il mondo e sono per noi garanzia della bontà di Dio. Sì, Cristo vive
con noi e possiamo essere felici anche oggi. Alla fine oso fare mie le parole
indimenticabili di papa Giovanni:"Andate a casa, date una carezza ai bambini e
dite che è la carezza del Papa".
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