La Signora Maria di Ernesto Olivero
Quando qualcuno mi chiede
come si fa a vivere da abbandonati, ripenso alla nostra esperienza. La risposta
mi viene naturale: “ Abbiamo una testa per scegliere e un cuore per
commuoverci”. E’ tutta qui la chiave dell’abbandono. Bisogna volerlo, facendosi
interpellare e commuovere dalle situazioni della vita. La commozione però non
deve non sempre è diretta. A volte tu prende per interposta persona. E’
capitato tante volte anche a noi. Ricordo un episodio.
Una sera due ragazzi
passeggiavano per le strade di Torino. A un certo punto, vicino a una panchina,
vedono un fagotto che si muove. Una donna. Non passano oltre. Rimangono colpiti
da due occhi luminosi che cercano di chiudersi per non farsi vedere. Non
passano oltre. Quel fagotto aspettava da mesi. Abitava quel pezzo di strada
giorno e notte, con il sole e con la pioggia, in attesa che qualcuno lasciasse
un pezzo di pane, una coperta. E’ lì anche quella sera e quei ragazzi non
passano oltre.
La commozione li inchioda e
il silenzio li trasforma. Non chiedono il permesso: caricano quel fagotto in
macchina. La donna sbraita, non ne vuole sapere: il marciapiede è la sua casa e
non vuole lasciarla. Ma quei ragazzi non passano oltre.
Cercano un ricovero, una
risposta, non sanno più dove andare.
Alla fine, arrivano da noi.
Anche la luna e il sole sanno che l’Arsenale della Pace è sempre aperto, è
pronto ad accogliere ogni imprevisto. Non per sfizio, ma per una scelta. Quei
ragazzi bussano alla nostra porta e ci lasciano la donna.
Non è stato facile. Maria era
fuori i sé: “Voglio tornare a casa mia”.Parlava del marciapiede.
“Signora Maria, signora
Maria, le vogliamo bene”. E lei gridando. “ Non sono una signora!”.
Bastò poco. Nel sentirsi
chiamare signora, Maria fu avvolta dalla tenerezza. Cominciò a piangere,
scaricò tutti i suoi pesi e quelle lacrime allontanarono di colpo i drammi
della sua vita: la solitudine, l’alcol, il freddo, l’indigenza. Maria si fece
lavare e accarezzare. L’Arsenale diventò la sua casa. La commozione di quei due
ragazzi che non passarono oltre prese anche lei, anche noi. Segnò un nuovo
inizio.
La signora Maria visse per un
tempo non lungo, ma visse pienamente da signora Maria e riscoprì tutta la sua
dignità, perché era pulita dentro. Visse con noi fino a quando fu pronta per
andare in un luogo dove i poveri sono amati notte e giorno, amati e mai
giudicati, Per l’eternità.
Ernesto Olivero da “ Per una
chiesa scalza” Ed. Priuli & Verlucca
Ernesto Olivero, sposato,
padre di tre figli, è nato nel 1940. Ex bancario, pensatore, innamorato di Dio,
è da sempre impegnato al fianco di poveri e emarginati.
Nel 1964 ha fondato il Sermig
(Servizio Missionario Giovani). Al suo interno ha dato vita alla Fraternità della Speranza:
monaci e monache, giovani e famiglie che si dedicano a tempo pieno al servizio
dei poveri e dei giovani, con il desiderio di vivere il Vangelo e di essere
segno di speranza. Altri due arsenali sono stati aperti , uno in Brasile “
Arsenale della Speranza; un altro in Giordania “ Arsenale dell’incontro”
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