sabato 9 aprile 2011

Orientare i figli al bene: l'esempio che trascina

L’esempio che trascina
“ Orientare i figli al bene significa aiutarli a diventare persone buone, corrette ed oneste”


E’ opinione diffusa che, mentre la buona educazione e le buone maniere debbano essere insegnate ai figli dai genitori, l’educazione religiosa debba invece essere competenza di terzi: del parroco, delle catechiste, dagli animatori.


Il documento di programmazione dei prossimi dieci anni proposto dai vescovi italiani dal titolo “Educare alla vita buona del Vangelo” sottolinea questa preoccupante situazione.
Un’ora alla settimana non è sufficiente per far maturare nei bambini il desiderio di crescere nella fede. Anzi, tornando a casa e vedendo il disimpegno dei familiari, penseranno che quanto hanno appreso all’oratorio non è degno di essere approfondito e vissuto.


La trasmissione della fede è avvenuta per due millenni in stretta collaborazione tra la famiglia e la Chiesa. Senza l’aiuto della famiglia, la Chiesa può fare poco. In un contesto sociale e culturale ormai scristianizzato, le nuoce generazioni rischiano seriamente di crescere senza valori, perché non li hanno conosciuti.
A noi genitori spetta, quindi, una grande responsabilità. La nascita di un figlio trasforma l’esistenza del padre e della madre, invadendoli di una grande gioia, ma caricandoli anche, di doveri ben precisi. Perché questa paternità e maternità non diventino, però, un peso è necessario viverle nella prospettiva di una missione, dove amare i figli come Dio li ama, seguendoli e accompagnandoli come Lui li segue, significa condividere con il Signore questa opera stupenda, aiutandoli a portare alla maturazione le loro enormi potenzialità e la loro vera vocazione. I figli hanno nei loro genitori il punto di riferimento ed il modello a cui ispirarsi.


Pertanto, oltre all’attenzione per la formazione intellettuale e fisica, alle quali siamo tutti molto attenti e rigorosi, bisogna affiancare quella affettiva e morale. Educare a ricevere e donare amore, significa prepararli ad affrontare positivamente le vicende della vita; pena una fragilità psicologica e morale, di tragica attualità nella cronaca quotidiana.
Educare alla libera volontà significa, quindi, abituarli alla disciplina, all’applicazione ed alla rinuncia, per arrivare ad un bene più grande.


Tutti noi vorremmo avere la certezza che i nostri sforzi educativi producano dei frutti. Gesù, nella parabola del buon seminatore, ci ricorda però che, nonostante tutto il nostro impegno, il seme dei buoni insegnamenti non sempre viene accolto nel terreno dei figli.
Questo non ci deve scoraggiare perché, anche nell’insuccesso momentaneo, il bene rimane e può manifestarsi nei tempi e nei modi che il Signore vorrà. Orientare i figli al bene significa aiutarli a diventare persone buone, corrette ed oneste, guidati dalla coscienza, che è la voce di Dio nel cuore dell’uomo, nel praticare la giustizia e l’amore ed a fare opera di discernimento fra il bene e il male.


I bambini crescono bene se il contesto familiare è ricco di valori; il primo insegnamento è quindi l’esempio. I nostri figli ci osservano e ci ascoltano sempre, con grande attenzione, fin dai primi anni di vita, ed è perciò, attraverso il nostro amore di coppia, che possiamo alimentare la fiducia nel matrimonio e nella famiglia.


Succede, alle volte, che siano i nostri figli a costringerci a scuotere la polvere di dosso ed a uscire dalla mediocrità in cui ci siamo adagiati, stimolandoci con domande e riflessioni alle quali siamo in dovere di rispondere, anche con una buona dose di umiltà, ritrovando insieme il vero senso della vita che Dio ci ha donato. Parlare ai figli di Dio è un compito fondamentale dei genitori, partendo dalle bellezze del creato, per arrivare al loro cuore. La scoperta di Dio dentro di sé e l’apertura della porta ad un amico fedele che non li abbandonerà mai, è quanto di più bello possano regalare i genitori ai loro figli.


Anche nel campo dell’educazione sessuale la famiglia ha un ruolo fondamentale. L’esempio dei genitori nel vivere la fedeltà, la tenerezza e la purezza, insegnerà ai figli il rispetto del loro corpo e quello degli altri, imparando poco alla volta, la difficile “arte di amare”. Infine nel giusto e corretto utilizzo dei mass media, dalla televisione alla navigazione su internet, occorre una vigilanza continua, perché i figli, soprattutto durante l’adolescenza, sono aperti a tutti gli influssi, sia positivi che negativi.
Spegnere un po’ la televisione e pregare con tutta la famiglia è un dono ed un momento di grande grazia per tutti i componenti. Questo dialogo con Dio va continuamente alimentato: come il nostro corpo ha bisogno di nutrirsi, così la nostra anima, per alimentare la sua forza spirituale, non può fare ameno della preghiera.


Per leggere la Bibbia non c’è bisogno di studi particolari, sono sufficienti i commenti introduttivi delle varie edizioni; c’è bisogno invece, di buona volontà soprattutto dello Spirito Santo, da invocare sempre nella preghiera, affinché ci indichi la giusta comprensione e ci aiuti a fare cerniera tra la nostra vita quotidiana ed il percorso di conversione a cui siamo chiamati ogni giorno…
Nel cammino di fede non dobbiamo nascondere ai nostri figli che la via del bene, come ci ha insegnato Gesù stesso, a prima vista sembra la più difficile, perché è stretta ed in salita e richiede un po’ di sacrificio, ma in compenso è l’unica via che fa di noi delle persone buone e giuste e ci fa sentire tanta gioia e pace nel cuore.


Per questo vale la pena metterci in gioco, tutti insieme, Chiesa, genitori e figli, ricordando sempre il detto latino: “Le parole insegnano, gli esempi trascinano”.


Corrado e Nicoletta Demarchi, responsabili dell’ufficio diocesano per la pastorale familiare della diocesi di Pinerolo (TO). Pubblicato da “Vita diocesana”Pinerolese 03 aprile 2011


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Voglio sinceramente sperare che la Chiesa tutta si muova presto e diligentemente nel piano decennale che la CEI ha emanato col documento “ Educare alla vita buona del Vangelo”. Non sarà una passeggiata, ci vorrà tanta buona volontà e pazienza , costanza e fiducia : le parrocchie sono chiamate in prima linea a lavorare sodo coinvolgendo le famiglie, gli operatori di catechesi. Al bando lo scoraggiamento, c’è una Chiesa da ringiovanire, renderla più presente e attiva in un mondo che vediamo sempre meno cristiano e poco presente.
Sono convinto che le chiese senza il coinvolgimento delle famiglie faranno ben poco: bisognerà far lavorare parecchio lo Spirito Santo.

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