lunedì 20 ottobre 2014

SINODO DEI VESCOVI : COMUNIONE ALLE PERSONE DIVORZIATE




INTERVISTA A EBERHARD SCHOCKENHOFF,
AUTORE DI 'LA CHIESA E I DIVORZIATI RISPOSATI'


EBERHARD SCHOCKENHOFF, 1953, sacerdote, ha studiato teologia a Tubinga e a Roma, sotto la guida, fra gli altri, di Kl. Demmer, A. Auer, W. Kasper. Docente di teologia morale all’Università di Friburgo e membro della Commissione tedesca per l’etica (Deutscher Ethiksrat), è considerato uno dei maggiori moralisti contemporanei. Autore di numerose pubblicazioni su questioni fondamentali di etica e di problemi pratici di etica medica, con Queriniana ha pubblicato: Etica della vita. Un compendio teologico (BTC 1997); insieme a Chr. Florin, La coscienza. Istruzioni per l’uso (GdT 2010); La Chiesa e i divorziati risposati. Questioni aperte (GdT 2014).



Continuiamo con la seconda domanda  dell’intervista a EBERHARD SCHOCKENHOFF , domanda ancora sull’eucaristia ai divorziati. Premetto che nulla ancora è stato deciso definitivamente dai padri sinodali. Nel 2015 si valuteranno le soluzioni che sono sorte in queste due settimane di ottobre.
In attesa che si pronunci ufficialmente il Magistero della Chiesa, continuiamo a farci domande e cercare delle risposte su come si potrebbe andare incontro a queste persone che forse sono arrivate al divorzio chissà con quali drammi…

Seconda domanda:


Sebbene la questione dell’eucaristia ai divorziati risposati non sia l’unico problema del sinodo, esso è al centro del dibattito. Perché? Non è esagerato? Oppure: cosa contiene questa questione? Cosa nasconde?

Risposta

“La questione dei divorziati risposati in realtà denomina solo una questione secondaria nel più ampio tema "matrimonio e famiglia", ma in essa si incontrano molte linee problematiche dell’annuncio della Chiesa.

Si tratta di questioni fondamentali quali il matrimonio

- come comunità personale,

- la portata della responsabilità della coscienza personale

- e la Chiesa come comunità di riconciliazione.



Sullo sfondo di questi principi positivi del magistero della Chiesa l’esclusione permanente di una persona che vive un secondo matrimonio civile mentre il primo coniuge è ancora in vita sembra una sanzione di diritto ecclesiale priva di misericordia, che non contribuisce alla credibilità dell’annuncio della Chiesa”

.
Una domanda è obbligatoria e i vescovi del Sinodo se la sono posta: il non concedere la comunione alle persone, cristiane battezzate, è un castigo?  una sanzione che non prevede perdono? O forse  equivale ad una scomunica, cioè allontanamento dalla comunità ecclesiale?
Procediamo con le nostre riflessioni e  i nostri commenti.


Inviate i vostri commenti nella sezione CONTATTO, per email, ovvero direttamente cliccanco su nessun commento, (commento), pubblicheremo qui di seguito il vostro pensiero. Grazie per la collaborazione. sono sicuro che ci arricchiremo a vicenda.

 Commento tramite CONTATTO:

Se senza riflettere,di getto si risponde alla domanda potrebbe la risposta essere" Si" è un castigo  osservando il  punto di vista dei divorziati risposati, ma se vai a fondo della domanda ci scopri tante problematiche. Il Matrimonio è un Sacramento indissolubile e come tale andrebbe vissuto, ma  vari drammi lo interrompono.
Gesù alla donna adultera che volevano lapidare disse "chi è senza peccato scagli la prima pietra "Quindi anche Lui perdonò. Perché far pesare ancora di più il loro dramma colpevolizzandoli?
Gesù non è venuto a portare anche l'Amore? Bisognerebbe invece far fare ai giovani fidanzati un percorso più approfondito, più lungo e più consapevole per il Matrimonio. Tante volte i corsi prematrimoniali non sono ben fatti, non ti portano ad un vero cammino di Comunione e ci si sposa non conoscendosi bene e qualche dramma potrebbe essere non vissuto. Ma far castigo al coniuge che non ha colpa del divorzio, ma che lo subisce o non ne è la causa è mortificante. Però capisco pure che forse si ha paura d'innescare facili divorzi per cause futili pensando che poi ci si può risposare ed avere l'Eucaristia. Non è facile decidere.

Cordiali saluti,
Vincenza 

Enzo: Non è facile per i vescovi decidere, non è facile per i divorziati accettare questa situazione. I divorziati avendo ricevuto il battesimo fanno sempre parte del popolo di Dio e della sua grazia, della sua misericordia se pentiti. La Chiesa li considera in peccato perenne escludendoli dalla comunione, dalla confessione e ancora dalla unzione degli infermi. Non sono degli scomunicati facendo e volendo far parte della comunità ecclesiale. Come conciliare una sanzione con la misericodia divina? Penso che sia sbagliata la sanzione. Mi chiedo e chiedo a chi legge:i teologi hanno approfondito il vero senzo della parole di Gesù "non divida l'uomo ciò che Dio ha unito?" Basta una benedizione delle nozze per sancire una unione indissolubile quando i minstri delle nozze sono gli stessi sposi?

Dal commento del post: 

Sicuramente il tema è molto impegnativo e anche scottante, tanti sono i pareri ed i contrasti, non è facile dare consigli o giudizi in merito, perchè credo che solo i Pastori della Chiesa, guidati dallo Spirito Santo, possano dire una parola definitiva in merito alla questione. Io credo che qualunque sia la decisione che loro prenderanno sarà ponderata e applicata con animo misericordioso. Certo ne è che non si può stravolgere quella che è la dottrina della Chiesa, si deve considerare anche il momento storico che stiamo vivendo, sempre più difficile e disordinato moralmente. Questa nostra società sembra aver perso il senso del peccato e del limite, tutto appare lecito e possibile, tutto viene visto con occhi molto umani e poco spirituali. Il guaio è che purtroppo si sta assistendo ad un degrado della famiglia in tutti i suoi aspetti e ad un progressivo peggioramento dei costumi e della qualità delle relazioni umane. Il non concedere l'Eucarestia ai divorziati risposati non vuole essere un castigo, così come non vuole essere una mancanza di misericordia, è stata semplicemente una scelta coerente allo stato di peccato nel quale si trova chi ha violato il rapporto di indissolubilità del matrimonio unendosi nuovamente ad un'altra persona. Io credo che sia giusto valutare e chiarire la posizione dei divorziati risposati di fronte a Dio, valutandone i vari aspetti alla luce della Misericordia, senza però annacquare quelle che sono le fondamentali esigenze del Vangelo. Chi vive una condizione di peccato, deve pentirsi ravvedersi e cambiare vita, se continua a perseverare nella colpa possiamo considerarlo convertito?

 

2 commenti:

  1. Sicuramente il tema è molto impegnativo e anche scottante, tanti sono i pareri ed i contrasti, non è facile dare consigli o giudizi in merito, perchè credo che solo i Pastori della Chiesa, guidati dallo Spirito Santo, possano dire una parola definitiva in merito alla questione. Io credo che qualunque sia la decisione che loro prenderanno sarà ponderata e applicata con animo misericordioso. Certo ne è che non si può stravolgere quella che è la dottrina della Chiesa, si deve considerare anche il momento storico che stiamo vivendo, sempre più difficile e disordinato moralmente. Questa nostra società sembra aver perso il senso del peccato e del limite, tutto appare lecito e possibile, tutto viene visto con occhi molto umani e poco spirituali. Il guaio è che purtroppo si sta assistendo ad un degrado della famiglia in tutti i suoi aspetti e ad un progressivo peggioramento dei costumi e della qualità delle relazioni umane. Il non concedere l'Eucarestia ai divorziati risposati non vuole essere un castigo, così come non vuole essere una mancanza di misericordia, è stata semplicemente una scelta coerente allo stato di peccato nel quale si trova chi ha violato il rapporto di indissolubilità del matrimonio unendosi nuovamente ad un'altra persona. Io credo che sia giusto valutare e chiarire la posizione dei divorziati risposati di fronte a Dio, valutandone i vari aspetti alla luce della Misericordia, senza però annacquare quelle che sono le fondamentali esigenze del Vangelo. Chi vive una condizione di peccato, deve pentirsi ravvedersi e cambiare vita, se continua a perseverare nella colpa possiamo considerarlo convertito?

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  2. Così i Vescovi nella relazione finale del Sinodo:

    50. Le persone divorziate ma non risposate, che spesso sono testimoni della fedeltà matrimoniale, vanno incoraggiate a trovare nell’Eucaristia il cibo che le sostenga nel loro stato. La comunità locale e i Pastori devono accompagnare queste persone con sollecitudine, soprattutto quando vi sono figli o è grave la loro situazione di povertà.

    51. Anche le situazioni dei divorziati risposati esigono un attento discernimento e un accompagnamento di grande rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li faccia sentire discriminati e promovendo la loro partecipazione alla vita della comunità. Prendersi cura di loro non è per la comunità cristiana un indebolimento della sua fede e della sua testimonianza circa l’indissolubilità matrimoniale, anzi essa esprime proprio in questa cura la sua carità.

    52. Si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Diversi Padri sinodali hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all’Eucaristia e la comunione con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste. L’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del Vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che «l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate» da diversi «fattori psichici oppure sociali» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1735).

    53. Alcuni Padri hanno sostenuto che le persone divorziate e risposate o conviventi possono ricorrere fruttuosamente alla comunione spirituale. Altri Padri si sono domandati perché allora non possano accedere a quella sacramentale. Viene quindi sollecitato un approfondimento della tematica in grado di far emergere la peculiarità delle due forme e la loro connessione con la teologia del matrimonio.
    (sole considerazioni)

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