Con i piedi per terra, ma non
troppo
I giovani del terzo millennio sono spesso rinunciatari,
disillusi, realisti fino alla rassegnazione. Partono già sconfitti prima ancora
di cominciare a fare progetti e a fantasticare sul loro futuro.
"Tieni i piedi
per terra. Non perdere di vista la realtà. Non fare progetti al di fuori della
tua portata. Non sognare troppo in grande, se non vuoi rischiare di rimanere
deluso!".
La paura di
scottarsi e di andare incontro ad una delusione cocente, il timore di illudersi
e di dover poi fare i conti con una realtà che è sempre più avara di
opportunità e di spazi di realizzazione spingono molti giovani a fare di un
esasperato realismo il loro imperativo di vita, foriero di fatalismo e di
disincanto.
I giovani del terzo
millennio sono, spesso, rinunciatari, disillusi, realisti fino alla
rassegnazione. Partono già sconfitti prima ancora di cominciare a fare progetti
e a fantasticare sul loro futuro. Scelgono a quale facoltà iscriversi o quale
percorso di formazione intraprendere in funzione della richiesta e della
"spendibilità" sul mercato di determinati profili professionali,
anche a costo di sacrificare sull'altare di un disincantato pragmatismo i loro
interessi e le loro aspirazioni più profonde.
Rinunciano a priori
ad inseguire un sogno che gli sembra troppo grande e con scarsi margini di
realizzazione, per convogliare le loro energie e i loro investimenti
esistenziali in progetti che mostrano un più alto grado di fattibilità. Si
auto-convincono sin da adolescenti - o, forse, si lasciano convincere - che
sognare troppo fa male, perché distoglie dal raggiungimento di obiettivi
concreti e di immediata utilità.
Sono così bravi a
calcolare costi e benefici di ogni loro scelta, a confrontare opzioni diverse
per scegliere quella più "vantaggiosa", a schivare possibili rischi e
delusioni sulla strada della loro realizzazione professionale, affettiva ed
esistenziale che, a volte, perdono di vista i loro interessi, i loro sogni, le
loro passioni più autentiche, accontentandosi di traguardi magari meno
gratificanti, ma più sicuri e a più breve scadenza.
Volano basso per non
rischiare di cadere e, intanto, vivono a metà, con il freno a mano tirato,
rinunciando a fare di più, a investire maggiori energie nella costruzione del
loro futuro, ma soprattutto mortificando la loro innata vocazione ad osare e a
mettersi in gioco per realizzare qualcosa di grande.
È l'eterno dilemma
tra il certo e l'incerto, tra la logica utilitarista e calcolatrice del massimo
risultato con il minimo sforzo e quella, ben più rischiosa, della scommessa,
tra un realismo spinto fino al disincanto e allo scetticismo più radicali e il
desiderio mai sopito di volare più in alto e realizzare i propri sogni.
Forse, come spesso
accade, anche in questo caso in medio stat virtus. Pur facendo tesoro
della prudenza e del pragmatismo cui li sollecita la presente fase storica, i
giovani hanno bisogno di riappropriarsi della capacità di sognare, di
rischiare, di scommettere sul proprio futuro, che ormai appare come atrofizzata
e prigioniera di un troppo lucido cinismo.
Pur mantenendo i
piedi ben piantati per terra, hanno bisogno di tornare ad alzare lo sguardo,
per accorgersi delle piccole e grandi occasioni che la vita offre loro, per
lasciarsi di nuovo affascinare dalla bellezza del mondo, per ricominciare a
scrutare speranzosi l'orizzonte di un futuro che non riserva loro solo
difficoltà e potenziali fallimenti, ma anche stimoli costruttivi e opportunità
di crescita. E forse così ritroveranno anche quel coraggio e quell'audacia che
soli possono aiutarli a spiegare le ali e a spiccare il volo e si rammenteranno
che vale la pena correre il rischio di essere felici.
(Negrita, Il giorno
delle verità, 2011)
Donboscoland.it
(Quaderni Cannibali) Luglio 2014 - autore: Alessandra
Mastrodonato
Nessun commento:
Posta un commento