sabato 27 aprile 2013

Chiesa e famiglia 2 : Prima di “fare” dei cristiani, pensiamo all’uomo ancora bambino.




Carissimi Genitori, operatori di catechesi, catechisti,

spesso troviamo difficoltà a gestire i nostri ragazzi: ecco un aiuto che può venire incontro  al nostro lavoro educativo e di formazione, aiuto valido per noi che ci abitua a controllare il  nostro modo di approcciarci ai ragazzi, e i ragazzi a crescere. Ricordiamo che educare oggi non vuol dire imporre ma camminare insieme. Gli operatori di catechesi e catechisti pensino che sono collaboratori dei genitori nella formazione cristiana dei loro figli: per questo teniamo sempre presente che è necessario una stretta intesa con le famiglie.

Strategie pedagogiche di Pino Pellegrino

L’arte di educare conosce alcune strategie, alcune ‘astuzie’ pedagogiche sagge e valide. Secondo il nostro stile che non ama i gargarismi, ecco subito qualche esempio.

Strategia dell’indifferenza:



Uno dei più diffusi tormentoni delle mamme italiane è riuscire a far mangiare il bambino.

Ebbene, vogliamo che mangi? Non supplichiamolo perché mangi! Insistere tanto sul mangiare significa mettere in mano al piccolo un’arma con cui ricattarci, un’arma che il bambino saprà usare in tutti i modi, pur di attirare su di sé la nostra attenzione.

Mostrandoci indifferenti, invece, siamo noi a tenere la situazione in mano.

“Non mangi? Va bene lo stesso! Mangerai quando avrai fame!”.

Calme, mamme! Nessun pericolo che il bimbo muoia di fame! Garantito! All’istinto della fame non si può resistere!

Fino a questo momento, nessun bambino al mondo, avendo del cibo a disposizione, è morto di fame! Quando avrà fame, il bambino mangerà!

Vogliamo far arrivare qualche messaggio al figlio adolescente?

La strategia del metodo indiretto:

Tutti sappiamo che gli adolescenti fanno cortocircuito con il metodo frontale che li prende di mira in modo diretto (il maledetto metodo della ‘predica’!). Dunque, se vogliamo dire qualcosa al ragazzo (e qualcosa dobbiamo pur dirgli, per non essere genitori puramente ‘allevatori’ ma anche ‘educatori’!), parliamogli senza chiamarlo direttamente in causa.


Esempio: siamo a tavola, parliamo tra noi, madre e padre, sul programma televisivo visto ieri sera e diamo il nostro giudizio negativo sulle parolacce, sulla violenza, sul sesso sfacciato… Il figlio, mentre continua a mangiare la pastasciutta, sente e viene a conoscere qual è il nostro quadro valoriale che, forse, non collima con quello degli insegnanti e degli amici. In tal modo abbiamo parlato al figlio, senza suscitare la reazione tipica dell’adolescente!

 La strategia della chiacchierata informale:
 
molto vicina alla strategia del metodo indiretto è la strategia della chiacchierata informale.

Siamo in piazza e stiamo parlando del più e del meno con un gruppo di conoscenti ed amici.

Ad un tratto il figlio, che ha scorazzato di qua e di là, si avvicina e sente (meglio: ascolta!) le nostre opinioni sulla politica, sulla religione, sulla società d’oggi...



E’ incredibile l’influsso che possono avere sull’animo del figlio le nostre parole dette spontaneamente, senza filtro!




Ha tutte le ragioni il semiologo e scrittore Umberto Eco a dire “credo che si diventi quello che ci ha insegnato nostro padre nei momenti morti mentre non si preoccupava di educarci”.

Strategia della reazione morbida:




Il bambino strepita? La madre gli risponde con tutta calma (facile dirlo!):“Non capisco niente! Se non abbassi la voce, le mie orecchie sono sorde”.
Il bambino fa capricci? La madre resta tranquilla (anche qui, facile a dirlo!), continua a stirare calma e serena, tutt’al più una carezza sul capo.
Questa è la strategia della reazione morbida.
Dicono che, sovente, funzioni; certo è una strategia intelligente: rispondere al capriccio del bambino con una nostra escandescenza è come voler spegnere il fuoco, versandovi sopra benzina! 

Strategia dei tempi morti: forse educhiamo quando meno pensiamo di educare.

Subito la prova: il padre incontra per strada un bisognoso che chiede aiuto: gli posa due euro sulla mano tesa, mentre il figlio vede;

la madre è in chiesa: prega in silenzio, concentrata, intanto il figlio osserva.



Ecco due esempi di splendida educazione non direttamente voluta, educazione che supera di gran lunga quella realizzata con una valanga di parole sull’amore del prossimo e sulla fede in Dio.





Rientrano anche nella strategia dei ‘tempi morti’ le parole che lasciamo cadere senza preavviso, come la cosa per noi più naturale del mondo. Mentre siamo a tavola, il papà, ad un tratto, dice: “Le parolacce sono come il raglio dell’asino nel bel mezzo di un concerto!”. La madre, vedendo la reclame di un parrucchiere, esclama: “Non basta avere i capelli in ordine, bisogna anche avere le idee ordinate”…



Parlare in questo modo non offende nessuno, neanche il figlio adolescente sempre (e giustamente!) così allergico alle ‘prediche’.Non solo, ma le parole dette senza preavviso, sovente hanno un fortissimo impatto sul figlio perché rivelano i nostri pensieri più intimi, le nostre opinioni, i nostri Valori che ci portiamo dentro.



Mi ha sempre colpito la confessione del professore Leo Buscaglia il quale rivela che si è costruito la sua morale sulle parole che il padre lasciava cadere a tavola, durante la cena.
Questo dico al figlio
“Se stai solamente con chi la pensa come te, tanto vale vivere con i pappagalli!”.


“Non lasciarti imbottigliare dal vino!”.


“è meglio mostrare la testa che l’ombelico”.


“Chi vince gli altri è muscoloso. Chi vince se stesso è forte”.


“Non c’è niente d’intelligente ad esser triste”.


“Non curarti dei commenti, se in regola ti senti”.


“Grinta e coraggio ci mantengono in vantaggio”.


“Dove entra il bere, esce il sapere”.


Che ne dite?

“Se i genitori riuscissero soltanto a capire quanto annoiano i figli!” (Bernard Shaw).
“A 27 anni al massimo, buttateli fuori di casa, come ho fatto io. Un giorno vi ringrazieranno” (Maria Luisa De Rita).
“Un sorriso al bambino è meglio del pannolino ben sistemato” (Benjamin Spock).
“A volte curo la madre ed il bambino guarisce” (Marcello Bernardi).
“Come terapia indico dieci chilometri di bicicletta assieme al padre, ogni domenica. Il tempo con il padre è una cosa fondamentale!” (Giovanni Bollea).







Con qualche piccolissima modifica l’articolo è stato preso da Bollettino Salesiano Gennaio 2013

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