Nel male che ci circonda è necessario cercare prospettive di luce e di speranza, risvegliare la coscienza per lottare contro il male che sembra invadere e devastare il mondo.
La coscienza morale in gioco di mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto
Tre avvenimenti recenti, di
natura molto diversa, mi inducono a proporre una riflessione che si muove fra
cronaca e storia, volta ad evidenziare gli aspetti della coscienza morale che
sono in gioco in essi e che riguardano ognuno di noi.
Il primo è la terribile
vicenda del giovane uomo di Motta Visconti che ha ucciso la moglie e i due
figlioletti, confessando poi di averlo fatto perché li sentiva come una gabbia
imposta alla sua libertà. Lo stesso assassino sembra abbia invocato il massimo
della pena per sé, mostrando di avere almeno un barlume di consapevolezza della
gravità del male compiuto. Molti hanno parlato di un "raptus" di
follia omicida, anche se lo stesso autore del delitto ha riconosciuto la premeditazione.
L'atrocità del fatto suscita immensa pietà verso le vittime, ponendo al
contempo la domanda su come sia stato possibile che nella coscienza di una
persona all'apparenza normale abbia potuto maturarsi un simile proposito.
Interrogativi come questo non trovano facili risposte: soprattutto non devono
far spazio a giudizi sommari, tanto in senso colpevolista, quanto in direzione
della pietà che lo stesso carnefice suscita per aver distrutto con le proprie
mani i beni più preziosi della propria esistenza. Un aspetto emerge da questa
vicenda, e cioè l'immane potenzialità del male che ogni essere umano è capace
di compiere, e con essa quella linea d'ombra fra luce e tenebra in cui si
muovono le scelte del libero arbitrio.
...
Sia pur in termini più temperati,
la lotta fra male e bene si affaccia in altri tristissimi fatti di cronaca
degli ultimi tempi: mi riferisco alla corruzione e al latrocinio che sono
emersi dalle inchieste sulla realizzazione di opere che avrebbero dovuto essere
fiore all'occhiello dell'iniziativa pubblica e dell'imprenditoria del nostro
Paese. Si tratta da una parte degli scandali connessi a Expo 2015, dall'altra
delle tangenti pagate ai corrotti nelle opere relative al Modulo Sperimentale
Elettromeccanico, progettato per la difesa di Venezia e della laguna dalle
acque alte. È perfino incredibile che personaggi potenti, cui non mancava
nulla, abbiano mostrato un'avidità speculare all'estendersi del loro potere.
Anche qui viene da chiedersi come sia stato possibile che l'ostentazione di
pubbliche virtù e la dichiarata volontà di servizio al bene comune potessero
collegarsi così sfrontatamente con la voracità di guadagni facili e smisurati.
È il tarlo della corruzione, male dagli effetti devastanti: la corruzione
«uccide», ha affermato Papa Francesco in diverse occasioni.
...
Un terzo evento accaduto
nelle ultime settimane, precisamente l'8 giugno, può aiutarci a riconoscere
alcune prospettive di luce e di speranza riguardo alla vittoria del male, che
sembra devastare le coscienze e dominare la scena della storia: è l'incontro di
preghiera promosso in Vaticano da Papa Francesco con la partecipazione dei
Presidenti di Israele e della Palestina, Shimon Peres e Abu Mazen. Il valore
unico di quest'avvenimento sta nel cambiamento di prospettiva che esso
introduce rispetto a ogni precedente ricerca "ufficiale" della pace
in Medio Oriente: il Vescovo di Roma non ha deresponsabilizzato nessuno
rispetto al dovere di lavorare per la pace e di combattere e vincere il male
dell'odio che avvelena tutti, ricordando che «per fare la pace ci vuole
coraggio, molto di più che per fare la guerra. Ci vuole coraggio per dire sì
all'incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al
negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni;
sì alla sincerità e no alla doppiezza». Il Il fatto, poi, che l'incontro sia
stato proposto e realizzato come momento di preghiera all'unico Dio di tutti i
credenti, introduce quel cambio di piano di cui c'era e c'è immenso bisogno:
mettersi insieme al cospetto dell'Eterno vuol dire riconoscere i propri limiti
e la propria debolezza, misurare il bene della pace da cercare non solo sul
proprio interesse, ma su quello di tutti, e specialmente dei poveri, e
impegnarsi nella profondità della propria coscienza davanti al giudizio ultimo,
cui nulla sfugge, a essere costruttori di un mondo più giusto per tutti.
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