domenica 6 marzo 2011

Cecità spirituale: Ecco, il malvagio concepisce ingiustizia

C E C I T A’ S P I R I T U A L E








“ Le nubi a volte nascondono le stelle
ma le stelle sono sempre lì che brillano per te…
Basta aspettare che passi il temporale” Romano Battaglia



Dio creando l’uomo a sua immagine e somiglianza ha lasciato nella sua creatura una traccia della sua divinità, come una piccola luce pronta a diventare molto luminosa se attivata, curata, accarezzata, amata.


Questa piccola luce fa parte inseparabile dell’uomo: è un dono di Dio, una spia divina, un soffio magico, è la legge di Dio nel cuore dell’uomo, l’amore di Dio che sempre ama e vuole essere amato.


Dio creando l’uomo volle fare una creatura speciale, essere intelligente e libero, proprio come lui, “ a sua immagine e somiglianza”, e lo volle signore del creato.


Libero, capace di accettare e rifiutare, scegliere, decidere, prendere o lasciare, dare usando la sua emotività,la sua fisicità, la sua relazionalità, la sua intelligenza, la sua povertà o ricchezza,il suo odio o il suo amore.

Sappiamo come andarono le cose con Adamo ed Eva: prima disobbedienza, primo peccato e conoscenza del bene e del male: un dualismo che per i secoli l’uomo si porterà con sé, un contradditorio che sarà la sua salvezza o la sua rovina.

Scrive l’apostolo Paolo: “ In me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compirmi bene che voglio, ma il male che non voglio” (Rom 7,18-19).


Questa la situazione dell’uomo: una scelta continua, stare dalla parte del bene o del male, una scelta del relativo o dell’Assoluto.


In ogni momento l’uomo esprime e sperimenta la sua profonda natura nel piano materiale e in quello spirituale prendendo così consapevolezza di quello che è, della sua coscienza e del suo potere decisionale. Le sue decisioni buone o cattive, le sue azioni, i suoi sentimenti, i suoi rapporti con gli altri esseri umani vanno rapportati alla legge divina, a leggi universali e valori etici comuni.

Il bene è luce, il male è tenebra. La luce brilla, mostra la bellezza della vita, del creato; il male è la negazione, è oscurità o bene passeggero che presto passa e non dura.

Chi pensa di potere fare tutto ciò che vuole e si adopera in questo senso, rimuove i suoi lati oscuri creando una personalità, una mentalità, un comportamento obbligato, un agire anomalo che diventa abitudine: “ so di voler fare il bene , ma il male mi appaga subito”; il non fare il bene fa perdere la consapevolezza di potere fare il bene allontanandoci da quel barlume di divina sapienza che è dentro di noi.

Qui inizia la cecità spirituale: fare l’abitudine a tutto ciò che utile, possesso, piacere, ricchezza, disprezzo, appagamento egoista del proprio istinto; disinteresse per Dio e per il prossimo; sempre divisi tra l’ideale e la realtà dell’operato.

“ Nel suo orgoglio il malvagio disprezza il Signore:
Dio non ne chiede conto, non esiste,
questo è il suo pensiero. (Sal 10)


Ecco, il malvagio concepisce ingiustizia,
è gravido di cattiveria, partorisce menzogna.
Egli scava un pozzo profondo
e cade nella fossa che ha fatto” Sal 7,15-16

Cecità spirituale è anche quella di cui parla il profeta Isaia, 29,13


“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.

A queste parole fa eco Gesù:


Non chiunque mi dice “ Signore, Signore”, entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli (Mt 7,21).

L’apostolo Paolo, citato prima, ci vuole invitare a vedere noi stessi realisticamente con i nostri lati luminosi e con quelli oscuri. Solo allora il nostro impegno spirituale porterà frutto.


Spesso la cecità spirituale è come una malattia, spesso temporanea più o meno lunga se riusciamo a trovare la medicina giusta: desiderio, volontà, preghiera, consiglio, coraggio di incominciare ogni qualvolta ci “rilassiamo” rompendo con i ritmi di vita che avevamo imposto alla nostra vita: la coerenza segna l’inizio della guarigione, della salvezza, l’uscita dalla cecità.


Per tante persone il ricorso ad un amico, il farsi aiutare da persone veramente devote può significare l’inizio di un cammino nuovo, il ritrovare quella fede, forse creduta persa o molto debole, quella fede che Gesù poneva come condizione per fare dei prodigi, guarire, perdonare.


Per tutti, per non cadere nella cecità spirituale importante è la preghiera, il dialogo con Dio, il mettersi nudi davanti a Lui sapendo che Dio ci conosce a fondo, incontrarlo per chiedere aiuto, ringraziare, lodare, adorare.


Tutti sappiamo che la fede è un dono di Dio che riceviamo nel Battesimo: non basta averla, bisogna conoscerla perché conoscendola possiamo farla crescere e soprattutto dare le risposte che Dio si attende da noi, chiederla e chiederla con insistenza specialmente nei momenti in cui ci sentiamo lontani da Dio, svogliati o perché non avvertiamo la sua presenza. Dio spesso è silenzioso, sa attendere, è paziente, ci ama, vuole salvarci ma non senza di noi.

Uscire dalla cecità spirituale vuol dire trasformarsi: adesso vediamo, capiamo, comprendiamo , siamo rinati: “Prima ero cieco e ora ci vedo” (Giov 9,25) testimoniava il cieco nato guarito da Gesù.

Dalle tenebre alla luce, dalla luce alla testimonianza: "Rispose loro quell'uomo"Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha perto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto dire nulla" (Giov 9,30-33).


Chiediamoci spesso: Chi è Dio per me?
                               
                                                 Ho veramente incontrato Dio?

                                                 Come vivo?


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