Gesù
entra a Gerusalemme acclamato dalla folla tra canti di gioia
Domenica
delle Palme Anno A – 9 aprile 2017
Con
questa domenica inizia la settimana santa, settimana che chiude il
tempo di quaresima e ci chiama alla riflessione e adorazione della
passione e morte di Gesù. Contemporaneamente ci prepara a gioire per
la Risurrezione di Gesù.
Non
ci sarà un commento alla lettura del Vangelo di Matteo ma delle
riflessioni che riporto da un commento con amici in una serata di
quaresima del 2014.
Le
letture:

Il
profeta Isaia parla del comportamento del servo, di un servo che
umilmente in silenzio obbedisce, lavora, accetta la persecuzione. In
realtà Isaia anticipa le sofferenze di Gesù, servo di Jahvè,
inviato dal Padre per la salvezza dell'uomo, sua creatura
speciale.
Egli viene destato ogni mattino da una
parola divina che lo raggiunge e gli apre l'orecchio, cioè lo pone
ogni giorno nella situazione di colui che liberamente si fa servo di
un altro e si fa forare l'orecchio quale segno di tale appartenenza.
Da questo incontro con la Parola del Signore, scaturisce la sua forza
per affrontare le posizioni agguerrite. L'esperienza di persecuzione
non vede il servo lamentarsi con il Signore, come fanno a volte i
profeti, ma piuttosto riaffermare la fedeltà nonostante tutto e
tutti.
E' una persecuzione che il Servo affronta proprio perché è
certo della propria innocenza e assieme dell'assistenza divina, che
non gli lascerà mancare l'aiuto, anzi lo sosterrà nella prova più
estrema: "Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto
svergognato..." Quando subisce gli sputi in faccia, la barba
strappata, non reagisce: qui si evidenzia la vicinanza di Dio al
servo maltrattato e percosso che crede che Dio non lo deluderà, che
custodisce la parola divina.
Is
50,4-7
“Il
Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia
indirizzare una parola allo sfiduciato.
Ogni
mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i
discepoli. 5Il
Signore Dio mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.6Ho
presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che
mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia agli insulti e
agli sputi. 7Il
Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo
rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare
confuso”.
Fil
2,6-11
L'apostolo
Paolo in questo inno
“sembra
rispondere alla necessità di spiegare come vedere nell'uomo Gesù
crocifisso il Salvatore e il Signore, così come lo riconosce la fede
cristiana. Più che un modello Gesù Cristo in questo testo impersona
la logica che presiede il progetto salvifico di Dio e che deve
reggere anche l'agire della comunità credente. (G. Barbaglio).
In
un certo senso Paolo spiega la profezia di Isaia, profezia del Servo
obbediente.
L'inno
dunque ci presenta Gesù come l'uomo che non ha tradito il progetto
originario di Dio e con la sua obbedienza si è fatto solidale con
tutta l'umanità; per questo il Padre lo ha esaltato al di là della
morte e lo ha costituito Signore del mondo, realizzando il suo piano
di salvezza per tutti noi. Paolo ricorda così ai cristiani di
Filippi e a noi che siamo inseriti vitalmente nella vicenda di Gesù
e dunque nella logica del progetto del Padre, che diventa così anche
indicazione per il nostro
agire
concreto nella storia.
“Abbiate
in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella
condizione di Dio,
non ritenne un privilegio l'essere come Dio,ma
svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando
simile agli uomini.
Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò
se stesso facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di
croce.Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di
sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si
pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra,e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!, a gloria di Dio Padre”.
Vangelo
secondo Matteo 26,14-27,66 (
vedi vangelo).
Mariella:
Siamo giunti
alla domenica delle Palme, in cui si celebra l'ingresso trionfale di
Gesù in
Gerusalemme,
ma anche domenica in cui la liturgia ci invita a contemplare la
Passione del Signore.
Siamo
davanti al mistero della Croce, Gesù avrebbe potuto sfuggire a
quell'orribile violenza e
sofferenza,
eppure non lo ha fatto.
Avevamo
visto come anche lui temesse quell'ora, perché era fuggito in
Galilea sapendo che i giudei volevano lapidarlo.
Ma
appena seppe della morte di Lazzaro, tornò in Giudea superando la
paura e mettendo a repentaglio la propria vita, pur di fare la
volontà del Padre.
Nella
sua vita Gesù non aveva mai dimenticato la sua missione, non si era
mai sottratto al suo dovere di figlio, non aveva mai trattenuto nulla
per sé, aveva speso tutto per il bene degli altri, per la salvezza
dell'umanità che accorreva a Lui per sentirLo, toccarlo, chiederGli
aiuto: Gesù donava oltre alla salute la fede.
L'ora
più difficile era giunta, non era certo un momento facile per Gesù.
Egli però decise di entrare a Gerusalemme anche se questo gli
sarebbe costato la morte. Ne era ben consapevole. Più volte l'aveva
detto, scandalizzando anche i più vicini a lui.
Nel
tempio lo ripete a tutti i presenti, sotto forma di parabola: "Se
il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece
muore, produce molto frutto".
Non
gli era bastato venire sulla terra per insegnare, servire, guarire,
perdonare e restituire dignità a quanti l'avevano perduta. Non era
venuto sulla terra per "rimanere solo", ma per portare
"molto frutto".
E
l'unica via per portare frutto, ossia per raccogliere i dispersi Gesù
la descrive così: "Chi ama la sua vita la perde e chi odia la
sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna".
Certo
questo discorso può apparire incomprensibile a molti, infondo tutti
amiamo conservare la vita, custodirla, preservarla, risparmiarla
dalla fatica; nessuno è portato a spenderla senza misura come invece
sembra suggerire Gesù, il quale ha vissuto tutta la sua vita amando
gli uomini più di se stesso.
La
morte in croce rappresenta l'ora in cui questo amore si manifesta
nella sua pienezza: è certamente il punto più alto d'amore che il
Figlio dell’uomo ha potuto esprimere. E come resistere ad un amore
così grande al punto di dare tutta la vita fino a morire in croce?
Ecco
perché Gesù può dire: "Quando sarò innalzato da terra
attrarrò tutti a me!" Con la sua morte Egli veramente può
dimostrare a tutti gli uomini di ogni tempo che l'amore vince l'odio,
vince la morte, vince la divisione.
Gesù
attira a sé per condurci al Padre, non siamo figli del nulla, siamo
opera di Dio, da Lui veniamo, a Lui torniamo per mezzo di Gesù che
ci ha riaperto le porte del Regno.
Esserne
consapevoli è la nostra unica salvezza, è la grazia che chiediamo
in questi giorni per ciascuno di noi e per tutte le comunità
cristiane.
E’
la grazia che chiediamo anche per il mondo perché gli uomini,
guardando quel volto crocifisso, si commuovano e possano scoprire che
l'amore è più forte di ogni presunta forza umana, di ogni potere
violento
A
quel volto insanguinato, umiliato, incoronato di spine, dobbiamo la
redenzione dei nostri peccati e la salvezza eterna.
Se
il peccato è stato un atto di sfiducia in Dio e ci ha allontanato
per sempre da Lui, il suo opposto è un atto d'amore e di fiducia
totale, senza compromessi, con il quale Gesù ci riconcilia per
l'eternità. Possiamo non renderGli grazie?
Ci
viene anche spontaneo ricordare i tanti martiri cristiani, quanti
laici o religiosi, da duemila anni a questa parte, hanno messo a
repentaglio la propria vita, pur di testimoniare con coerenza e
coraggiosa fermezza la loro fede in Cristo, eroi non per caso, ma per
amore!
Si
potrebbe anche negare l'esistenza di Dio, ma nessuno può negare che
Cristo ha avuto milioni di discepoli, che nel corso dei secoli
l'hanno seguito proprio sulla strada più difficile che ci sia:
quella della Croce.
Questo
Cristo che tanti hanno combattuto, osteggiato, deriso ed ucciso,
altri l'hanno seguito, l'hanno amato, l'hanno ospitato nel loro cuore
e l'hanno accompagnato fin sul calvario
In
questa settimana è bene che troviamo tempo ogni giorno per leggere e
meditare una parte della passione, per poter comprendere i pensieri,
i sentimenti e l'amore di Gesù. È un momento di grazia per ciascuno
di noi.
Enzo: La
Domenica delle Palme è il giorno ricordato come “l’entrata
trionfale” di Gesù a Gerusalemme, una settimana prima della Sua
resurrezione.
450-500
anni prima il profeta Zaccaria aveva profetizzato: “Esulta
grandemente, o figlia di Sion, manda grida di gioia, o figlia di
Gerusalemme; ecco, il tuo re viene a te; Egli è giusto e vittorioso,
umile, in groppa a un asino, sopra un puledro, il piccolo
dell'asina”, (Zaccaria 9:9).
La
profezia si realizza, Matteo 21: 7-9. «Osanna al Figlio di Davide!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto
dei cieli!»”.
Gesù
aveva occultato la sua dignità messianica, aveva proibito ai
discepoli di parlarne; ora, entrando a Gerusalemme come re mansueto e
pacifico, conforme alle predizioni delle Scritture, ne dà un chiaro
segno ai giudei. Egli prese possesso simbolicamente della Città
santa, entrò nel tempio e lo purificò, scacciando i profanatori.
Questa
Domenica “delle Palme”, per noi cristiani è davvero importante:
ci fa rivivere gli ultimi momenti della vita di Gesù. Accogliamo con
gioia il nostro Re che abbiamo conosciuto e amato, è giusto che
gioiamo: Gesù è il dono meraviglioso del Padre. Le sue sofferenze
sono la nostra salvezza: la nostra gioia è ringraziamento alla
promessa e volontà del Padre.
Il
nostro tempo è sempre tempo di salvezza, ma chi è Gesù per ognuno
di noi? Lo riconosciamo come Re della nostra vita? Lo amiamo come
nostro amico speciale?
“Vogliamo
muovere i nostri passi entrando con Gesù a Gerusalemme fino al
Calvario?
Vogliamo
vedere dove finiscono i passi del nostro Dio, vogliamo essere con Lui
là dove Lui è?
Solo
così sarà la nostra gioia della Pasqua”. (Maria S.)
Siamo
coscienti che solo Lui dona salvezza, pace, amore, oppure cerchiamo
altrove tutto ciò?
Noi,
come la folla a Gerusalemme, agitiamo festosamente quei rami d’ulivo,
avvertiamo che la soluzione vera ai problemi nella nostra esistenza,
al senso profondo delle nostre inquietudini, dei nostri dubbi, viene
offerta solo dal Vangelo di Gesù.
Il
Dio che è venuto a rivelarci Gesù è un Dio che non usa la forza,
il potere, non è venuto per sottometterci al suo volere, ma usa la
debolezza dell'Amore, ci lascia liberi di scegliere Lui o chiunque
altro. Come il padre misericordioso ci lascia andare, liberi di fare
la nostra vita lontano da lui, ma tiene sempre lo sguardo fisso sulla
strada sperando di vederci tornare per poterci riabbracciare senza
chiederci niente, pronto a fare festa per noi in questa Pasqua di
Risurrezione.
Giuseppe, il
nostro poeta
Cantare
con gioia
Cantare
festosi del Signore l’arrivo,
cantare
con gioia la gloria del Padre.
Cantare,
cantare con gioia.
E’
l’inno del bene,
trionfa
sul male,
glorifica
l’Uomo.
Cantare,
cantare con gioia.
Una
festa di bimbi,
che,
garruli corrono
incontro
a quell’Uomo.
Cantare,
cantare con gioia.
Felici
essi corrono
a
dire di sì,
e
vedono, sentono,
capiscono,
loro,
ma
i grandi non so.
Cantare,
cantare con gioia.
Il
tempo ora corre,
destino
feroce,
che
corre veloce.
Cantare
non più
or
presto
il pianto che arriva,
il
buio che incombe
nel
ciel burrascoso
Cantare
non più,
pregare
rimane
a
chi ama Gesù.

Lo
Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi.
Quinta
domenica di quaresima -Anno A- 2 aprile 2017
Cristo:
risurrezione per la nostra vita
I
temi delle precedenti domeniche convergono in felice sintesi
nell’odierna celebrazione: Gesù, sorgente dell’acqua viva
(III dom.) e della luce (IV dom.), è colui che conferisce la
vita a chi crede in lui. Le tre letture sottolineano la medesima
realtà: solo la forza dello Spirito fa rifiorire la speranza,
scioglie i legami della morte e restituisce la vita.
Lapostolo
Paolo nella lettera ai Romani affronta alcuni argomenti molto
importanti, quali il legame tra la legge, la fede e la
giustificazione e il cammino dell'uomo giustificato, la salvezza di
Israele che non ha creduto al Cristo, il significato del culto a Dio.
Coloro
che credono in Cristo non vengono più giudicati dalla legge di Mosè,
ma seguono lo Spirito. Nei versetti che leggiamo questa domenica
vediamo appunto descritta la vita nuova in Cristo, data dallo
Spirito. Poiché in questa domenica si parla della risurrezione, le
parole di Paolo ci aiutano a comprendere come avverrà in noi la
risurrezione.
Dal
libro del profeta Ezechièle 37,
12-14
Farò
entrare in voi il mio spirito e rivivrete.
Da una visione che ebbe
il profeta riferendosi al popolo d'Israele deportato e prigioniero,
visione chiamata visione delle ossa aride, ossa che Ezechiele vede
sparse dappertutto. Ezechiele alle parole di Dio “Figlio
dell'uomo, queste ossa sono tutta la casa d'Israele. Ecco, essi vanno
dicendo: <>. Perciò profetizza e annuncia
loro:
“Così
dice il Signore Dio: «Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio
uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra
d’Israele.
Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò
le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo
mio.
Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò
riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho
detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio”.
Dalla
lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8,
8-11
Lo
Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in
voi.
Coloro
che credono in Cristo non vengono più giudicati dalla legge di Mosè,
ma seguono lo Spirito. Nei versetti che leggiamo questa domenica
vediamo appunto descritta la vita nuova in Cristo, data dallo
Spirito. Poiché questa domenica si parla della risurrezione, queste
parole di Paolo ci aiutano a comprendere come avverrà in noi la
risurrezione. Quindi i credenti sperimentano due tipi di vita nuova.
Una già ora che è libertà dal peccato e una che si realizzerà con
la risurrezione alla fine dei tempi. E' lo stesso Spirito che ha
riportato in vita Gesù che rialzerà a vita nuova tutti coloro che
lo seguono.
“Fratelli,
quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a
Dio.
Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello
Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno
non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene.
Ora, se Cristo è
in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è
vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato
Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai
morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo
Spirito che abita in voi.
Ora,
se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo
Spirito è vita per la giustizia.
Con il battesimo i credenti sono
diventati dimora dello Spirito e di Cristo. Il loro corpo è morto al
peccato. Lo Spirito che abita in loro diventa fonte di vita e di
giustificazione. Non la giustificazione che veniva dalla Legge, ma
quella che viene dall'appartenenza a Dio.
E se lo Spirito di Dio,
che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha
risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi
mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi”.
Vangelo
Gv 11, 1-45
Nella
terza domenica di quaresima abbiamo incontrato il segno dell'”acqua”,
la samaritana, domenica scorsa il segno della “luce”, il cieco;
in questa quinta domenica di quaresima un altro segno, “la vita”,
che sintetizza tutto il cammino del cristiano, come un continuo esodo
dalla morte alla vita. Dice Gesù: “
Io
sono la resurrezione e la vita”.
1
Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua
sorella, era malato. 2Maria
era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi
con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le
sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami
è malato».4All'udire
questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è
per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio
venga glorificato». 5Gesù
amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando
sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si
trovava. 7Poi
disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I
discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di
lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù
rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di
giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma
se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
11Disse
queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è
addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli
dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si
salverà». 13Gesù
aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse
del riposo del sonno. 14Allora
Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e
io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi
crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora
Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo
anche noi a morire con lui!».
Gesù
incontra Marta e Maria
17Quando
Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel
sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre
chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria
a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì
che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in
casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato
qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che
qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù
le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose
Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno».
25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi
crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e
crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli
rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio
di Dio, colui che viene nel mondo».
28Dette queste
parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse:
«Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si
alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel
villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata
incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a
consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono,
pensando che andasse a piangere al sepolcro.
32Quando
Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi
piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non
sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere,
e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse
profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo
avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù
scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda
come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che
ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non
morisse?».
Gesù
risuscita Lazzaro
38Allora
Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro:
era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse
Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del
morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro
giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se
crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la
pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo
grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai
sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché
credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a
gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i
piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario.
Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Congiura
dei capi contro Gesù
45Molti
dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli
aveva compiuto, credettero in lui.
Nella
terza domenica di quaresima abbiamo incontrato il segno dell'”acqua”,
la samaritana, domenica scorsa il segno della “luce”, il cieco;
in questa quinta domenica di quaresima un altro segno, “la vita”,
che sintetizza tutto il cammino del cristiano, come un continuo esodo
dalla morte alla vita.
Questo
brano di vangelo è simile, nel susseguirsi, a un dramma che ci tiene
sospesi. La drammatizzazione dell’episodio è al servizio di un
insegnamento profondo e articolato.
Gesù
alla notizia della malattia di Lazzaro non sembra preoccuparsi molto
:”, «Questa
malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio,
affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato».Gesù
vuole preparare i discepoli a comprendere il miracolo come un
“segno”, affinché credano, e nella fede incontrino la vita.
Seguono
“due scene”: la prima narra il dialogo di Gesù con Marta (vv.
17-27) e con Maria (vv. 28-37), sorelle di Lazzaro: Marta crede che
“qualunque
cosa Gesù chiederà a Dio, Dio gliela concederà”.Marta
è condotta da Gesù di fronte a un nuovo appuntamento della fede:
viene da lui provocata ad una fede più grande nella sua persona (vv.
25-26). Si tratta di credere in lui già ora, al presente e non
soltanto al futuro: “Gesù è la risurrezione e la vita” .
Gesù offre a Marta la più grande rivelazione cristologia che si
possa immaginare quando, con quel “Io
sono la risurrezione e la vita”
(v. 25), pone se stesso sullo stesso piano dell’Io
sono di Dio Io
nella teofania a Mosè: “Io
sono colui che sono”
(Es 3,14).
La
seconda (vv. 38-44) vediamo Gesù che dinanzi alla tomba di Lazzaro
comanda: “Lazzaro, vieni fuori!”: La voce imperativa di Gesù a
Lazzaro, cadavere da quattro giorni, è la voce di colui che già
ora rivolge ai suoi la parola di Dio, chiamandoli alla vita. Perciò
i morti “dormono soltanto” (v. 11), “vivono anche se muoiono”
(v. 25), e “morire” non è più morte (v. 26). Gesù chiama alla
vita non soltanto Lazzaro, ma tutti noi perché mediante la fede
veniamo alla vera vita: “Chi
ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita
eterna…” (5,
24).
Crediamo,
noi questo? Per bocca di Marta, la comunità di Giovanni confessa la
sua fede: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio
di Dio che deve venire nel mondo” (v. 27).
Questo
annuncio di Gesù “io sono la resurrezione e la vita” vuole
riportare vita in me oggi, in noi che come singoli e comunità ci
confrontiamo continuamente con la morte.
E
non pensiamo solo alla morte fisica di una persona, ma pensiamo anche
alla morte della speranza quando qualcosa va male nella vita (prima
lettura), pensiamo alla morte che ci avvolge quando siamo soli e
siamo abbandonati, pensiamo alla morte quando qualche malattia arriva
a limitarci e a farci apparire la vita come senza futuro di felicità,
seconda lettura. Pensiamo in quelle occasioni alle parole di Gesù:
«Io
sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore,
vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi
questo?»
La
Redenzione si avvicina! Rallegriamoci arriva la luce!
Quarta
domenica di quaresima – Anno A -26 marzo 2017
La
liturgia di questa domenica, chiamata domenica della letizia, invita
a rallegrarci, a gioire. La ragione profonda di questa gioia è il
Vangelo, è Gesù stesso, accanto a noi come luce e salvezza. Ha
scritto papa Francesco: "La
gioia
del Vangelo riempie
il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù.
Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato,
dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall'isolamento.
Con
Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia".
La
nostra tristezza diventerà gioia
Rallégrati,
Gerusalemme,
e
voi tutti che l’amate, riunitevi.
Esultate
e gioite, voi che eravate nella tristezza:
saziatevi
dell’abbondanza.
Nella
prima lettura tratta dal profeta Samuele si anticipa profeticamente
quello che Gesù rivelerà compiutamente: il Signore non guarda le
apparenze, ma guarda il cuore. Israele ha voluto a tutti i costi un
re per rispondere in modo efficiente ai vari attacchi armati dei
popoli vicini.
Nella
lettera agli Efesini l'apostolo Paolo afferma che con il
battesimo, in seguito alla conversione, generata in noi dalla Parola
del Vangelo, il cristiano è divenuto luce in Cristo Luce.
Nel
Vangelo di oggi Gesù guarisce un uomo cieco dalla nascita. La
domanda che il Signore Gesù rivolge a colui che era stato cieco
costituisce il culmine del racconto: "Tu credi nel Figlio
dell'uomo?". Quell'uomo riconosce il segno operato da Gesù
e passa dalla luce degli occhi alla luce della fede: "Credo,
Signore!"
“Le
tre letture pongono il problema del discernimento.
Si tratta del difficile discernimento
di
Samuele per scegliere colui che Dio ha eletto tra i figli di Iesse.
Per discernere occorre
guardare
come Dio stesso guarda, nella coscienza che se «l’uomo vede
l’apparenza,
ma
il Signore vede il cuore» (1 Sam 16,7), o, come recita l'antica
versione siriaca: «l'uomo
guarda
con gli occhi, il Signore guarda con il cuore». Nella seconda
lettura il discernimento
è
richiesto al battezzato che, nella situazione in cui è «luce nel
Signore», è chiamato
a
discernere ciò che è gradito a Dio (Ef 5,10-11). Il brano
evangelico si apre con il diverso
sguardo
di Gesù e dei discepoli su un cieco, e prosegue con il percorso che
porta il
cieco
guarito a discernere la vera qualità di Gesù e a confessare la fede
in lui, mentre altri
protagonisti
dell'episodio si chiudono a tale discernimento e restano nella cecità
spirituale”(cfr. Gv 9,39-41).(Lectio domenicale, fonte
Emanuel Jesus Garcia, Catechista 2.0)
1
Samuele 16,1.4.6-7.10-13
L’ultimo
e più grande giudice fu Samuele, profeta e creatore di re.
Quand’egli invecchiò, il popolo volle un re alla propria testa,
non sopportando la propria diversità dai popoli vicini. Samuele lo
avvertì che avere un re significava arruolamento militare
obbligatorio, lavoro forzato e oppressione, ma gli Ebrei
insistettero, e alla fine egli li accontentò sapendo che Dio avrebbe
accolto la rivendicazione chiarendo che il re che guiderà Israele
dovrà essere secondo il suo cuore.
Il
primo re fu un beniaminita alto e bello di nome Saul. Il potere gli
diede presto alla testa, ed egli cominciò a trasgredire le
istruzioni di Dio. Per la sua disobbedienza il figlio Gionata non
ereditò il trono. Al suo posto Dio ordinò a Samuele di ungere
Davide nuovo re d'Israele.
Samuele
con l'aiuto della parola di Dio sceglierà il più piccolo dei sette
figli di Iesse, Davide, come re di Israele. Gesù
è il discendente di Davide, il germoglio che spunta dal tronco di
Iesse, su cui, secondo Isaia, si posa lo Spirito del Signore. Dio
sceglie la piccolezza, per fare cose grandi, “perché nessuno, dirà
poi l'apostolo Paolo, “possa gloriarsi davanti a Dio” (1Cor
1,28).
In
quei giorni, il Signore disse a Samuele: «Riempi d’olio il tuo
corno e parti. Ti mando da Iesse il Betlemmita, perché mi sono
scelto tra i suoi figli un re». Samuele fece quello che il Signore
gli aveva comandato.
Quando
fu entrato, egli vide Eliàb e disse: «Certo, davanti al Signore sta
il suo consacrato!». Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare
al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché
non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza,
ma il Signore vede il cuore».
Iesse
fece passare davanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a
Iesse: «Il Signore non ha scelto nessuno di questi». Samuele chiese
a Iesse: «Sono qui tutti i giovani?». Rispose Iesse: «Rimane
ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge». Samuele
disse a Iesse: «Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola
prima che egli sia venuto qui». Lo mandò a chiamare e lo fece
venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto.
Disse
il Signore: «Àlzati e ungilo: è lui!». Samuele prese il corno
dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del
Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi.
Dalla
lettera di Paolo apostolo agli Efesini 5, 8-14
Con
il battesimo, in seguito alla conversione, generata in noi dalla
Parola del Vangelo, il cristiano è divenuto luce in Cristo Luce.
Questa la sua nuova realtà.
La
luce è Cristo, solo Lui. Non ci sono altre luci nel mondo, né
piccole, né grandi. Quanti partecipano della luce lo fanno perché
sono inseriti vitalmente in Cristo Gesù. Non basta essere stati
immersi nel battesimo per essere luce nel Signore. Il battesimo ci ha
costituiti luce, figli della luce, ma in Cristo Gesù.
Si
è luce nel Signore se si rimane in Cristo. Se non si è in Cristo,
neanche si può essere luce nel Signore. Ma come si rimane ancorati
vitalmente al Signore?
La
risposta di Paolo è perentoria: si rimane ancorati nel Signore
attraverso il comportamento, l’azione, le opere che si fanno.
Non
sono i pensieri, le idee, i buoni propositi, le dichiarazioni di
intenzioni, neanche la conoscenza della verità che ci fa essere
figli della luce.
Siamo
stati fatti figli della luce nel battesimo, cresciamo come figli
della luce negli altri sacramenti. Viviamo però come figli della
luce, se compiamo le opere della luce.
“Fratelli,
un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi
perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in
ogni bontà, giustizia e verità.
Cercate di capire ciò che è
gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non
danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. Di quanto viene
fatto in segreto da [coloro che disobbediscono a Dio] è vergognoso
perfino parlare, mentre tutte le cose apertamente condannate sono
rivelate dalla luce: tutto quello che si manifesta è luce. Per
questo è detto: «Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e
Cristo ti illuminerà».
Dal Vangelo secondo
Giovanni: 9, 1-4
In
quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi
discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi
genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha
peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate
le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha
mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può
agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».
Detto
questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il
fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella
piscina di Sìloe», che significa “Inviato”.
Quegli andò, si
lavò e tornò che ci vedeva.
Allora
i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un
mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere
l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No,
ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora
gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?».
Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me
lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e
làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la
vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

Condussero
dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in
cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i
farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista.
Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono
lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo
non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece
dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?».
E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu,
che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli
rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che
fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non
chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li
interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato
cieco? Come mai ora ci vede?».
I
genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e
che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli
abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha
l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori,
perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già
stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse
espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha
l’età: chiedetelo a lui!».
Allora
chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’
gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello
rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco
e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti
ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non
avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse
diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo
discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a
Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia».
Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non
sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio
non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua
volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai
sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se
costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli
replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo
cacciarono fuori.
Gesù
seppe che l’avevano cacciato fuori; quando
lo trovò, gli disse:
«Tu, credi nel Figlio dell’uomo?».
Egli rispose: «E chi è,
Signore, perché io creda in lui?».
Gli disse Gesù: «Lo hai visto:
è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si
prostrò dinanzi a lui.
Gesù
allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo
mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono,
diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono
queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù
rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma
siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».
La
redenzione si avvicina, arriva la Luce.
Il
contenuto teologico del racconto è interamente incentrato sul
mistero della persona di Gesù, che causava un giudizio di condanna
per coloro che non credevano nella sua parola e l’illuminazione di
coloro che l’accoglievano con fede. La vera cecità non era quella
del cieco guarito, ma l’incredulità dei giudei e dei farisei,
persuasi di possedere la verità persistendo nel rifiuto dell’Inviato
di Dio.
Gesù
si presenta come “la luce del mondo”. Egli era stato mandato dal
Padre per irradiare la luce della “verità”. Finché durava la
sua vita terrena (“finché è giorno”), doveva compiere le opere
del Padre insieme con i suoi discepoli, coinvolti nella sua missione:
“Bisogna che noi operiamo le opere di Colui che mi ha mandato…”.
Non
lo fa forse anche oggi Gesù assimilandoci a Lui nella sua opera?
La
sua presenza nel mondo rappresentava un giorno luminoso: le sue gesta
manifestavano il disegno salvifico di Dio.
La
“notte” si riferisce alla fine della sua vita, determinata dal
rifiuto di Gesù-Luce da parte dei capi dei giudei increduli,
avviluppati dalle tenebre di morte.
Questo
brano ci consente di immedesimarci con il cieco nato. Se noi non
siamo più ciechi è solo perché siamo stati gratuitamente
illuminati da Gesù, la luce vera che illumina ogni uomo. Siamo,
dobbiamo essere luce nel nostro ambiente elevando i nostri cuori
verso Dio che ci guida dallo stato di disagio (peccato), causato
dalle tenebre, allo splendore della luce e della fede (misericordia).
Ciò comporta prima la consapevolezza della propria cecità e poi
l'accettazione del dono della fede, significata dalla luce di Cristo
che ci rende figli della Luce. Siamo sulla scia della volontà del
Padre?
Il
dialogo che segue tra Gesù e il cieco nato, la volontà espressa da
coloro che che non credevano alle parole di Gesù vanno interpretate
con con quel dono di discernimento da figli della luce: non
sono i pensieri, le idee, i buoni propositi, le dichiarazioni di
intenzioni, neanche la conoscenza della verità che ci fa essere
figli della luce.
«Lo
hai visto: è colui che parla con te». Come il cieco
rispondiamo: «Credo, Signore!», tu sei la Parola del Padre.
Noi
non abbiamo conosciuto Gesù di persona, sappiamo che vive nel nostro
cuore, dobbiamo fare lo sforzo di conoscere meglio la Parola per, (ma
senza assillo) ,adeguare il vivere al credere, la morte alla vita,
il peccato al perdono misericordioso di Dio, la paura alla gioia, la
gioia , tanta gioia in vista della felicità eterna. Gesù parlerà
con noi!
“Forse
potrà accadere anche a noi di non essere compresi come accadde a
quel cieco, che dopo aver riacquistato la vista, non viene creduto e
suscita perplessità tra coloro che da tempo lo conoscevano.
Ma
proprio mentre gli altri lo cacciano, Gesù non lo abbandona, lo
cerca e parla ancora con lui. Gli domanda: “Tu, credi nel Figlio
dell’uomo?” e l'uomo risponde: “E chi è, Signore, perché io
creda in lui?”
Gesù
afferma: “Lo hai visto: è colui che parla con te”. E
prostrandosi dinnanzi il cieco grida:”Credo, Signore!” Vogliamo
fare anche un po' nostra questa certezza?” (Mariella)
“Fratelli,
giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del
Signore nostro Gesù Cristo”
Terza
domenica di quaresima – Anno A – 19 marzo 2107
Ci
avviciniamo ogni domenica col pensiero e con sano comportamento
cristiano alla Pasqua guidati dalla Parola. In questa domenica terza
di quaresima siamo invitati a riflettere sulla nostra vita non in
senso ampio ma sul nostro vivere giornaliero cristiano. Ci
soffermeremo nella nostra riflessione sull'incontro di Gesù con la
Samaritana, un brano bellissimo, in cui una semplice richiesta di un
po’ di acqua genera una discussione che causa un profondo e
salutare coinvolgimento e contemporaneamente un cambiamento di vita,
uno sconvolgimento vero e proprio.
La
prima lettura ci esorta ad assisstere alla nascita e alla
ristrutturazione d'Israele come popolo, alle difficoltà sostenute a
credere e avere fiducia nell'iniziativa di Dio, mal sopportando la
vita da schiavi.
Dal
libro dell'Esodo 17, 3-7
In quei
giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo
mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire
dall'Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro
bestiame?».
Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa
farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!».
Il
Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te
alcuni anziani d'Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai
percosso il Nilo, e va'! Ecco, io starò davanti a te là sulla
roccia, sull'Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il
popolo berrà».
Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani
d'Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della
protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore,
dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».
L'
apostolo Paolo scrivendo ai Romani conferma che la certezza della
nostra fede è radicata nell'amore di Dio nei nostri confronti per
mezzo della morte del Figlio Gesù. Dio non abbandona chi crede in
Lui, e vedendolo operare in noi, alimenta la speranza che ci porta
alla tranquillità e serenità nella nostra vita terrena.
Dalla
lettera di san Paolo apostolo ai Romani 5, 1-2. 5-8
Fratelli,
giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del
Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante
la fede, l'accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci
vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio.
La speranza
poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri
cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Infatti,
quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per
gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto;
forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra
il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora
peccatori, Cristo è morto per noi.
La
pagina del Vangelo cambia la vita di una donna samaritana in un
incontro di amore e di amicizia, dove l'indigente chiede un gesto di
amicizia e di riconciliazione. Il messaggio che ci vuol fare arrivare
Gesù è che attraverso la Sua parola possiamo conoscere la Sua
potenza e la Sua autenticità e con l'incontro con Lui cambierà la
nostra vita abbeverandoci all'acqua viva che ci darà la vita eterna.
La
nostra fede è legata strettamente non alle nostre forze ma nella
fiducia in Dio, perché anche una sconfitta, un dubbio possono essere
passaggi obbligati per giungere alla vittoria, alla serenità del
nostro vivere cristiano.
Dal Vangelo
secondo Giovanni 4, 5-42
In
quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar,
vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui
c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio,
sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna
samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I
suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi.
Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo,
chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei
infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Gesù
le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti
dice: "Dammi da bere!", tu avresti chiesto a lui ed egli ti
avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un
secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua
viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci
diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo
bestiame?».
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest'acqua
avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non
avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà
in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna».
«Signore - gli dice la donna –, dammi quest'acqua, perché io non
abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua».
Le
dice: «Va' a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la
donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: "Io
non ho marito". Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai
ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».
Gli replica
la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno
adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il
luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna,
viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il
Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che
conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l'ora - ed
è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e
verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo
adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in
spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il
Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni
cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
In
quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che
parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?»,
o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua
anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo
che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?».
Uscirono dalla città e andavano da lui.
Intanto
i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro:
«Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si
domandavano l'un l'altro: «Qualcuno gli ha forse portato da
mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di
colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse:
ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico:
alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la
mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita
eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo
infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l'altro miete. Io
vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno
faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti
Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della
donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E
quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro
ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua
parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che
noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che
questi è veramente il salvatore del mondo».
Nel
Vangelo Gesù ha fatto molti incontri che hanno cambiato la vita a
molte persone: ricordiamo i tanti miracoli che attraverso l’incontro
della fede in Gesù hanno stravolto la vita dei miracolati, lebbrosi,
zoppi, ciechi… o uomini e donne peccatori come Matteo, l’adultera,
la Maddalena, Zaccheo…
C'
è un incontro vicino ad un pozzo, luogo di incontro di persone che
semplicemente si recavano lì per attingere acqua e spesso facevano
anche due chiacchiere.
La
semplice richiesta di un po’ di acqua genera una discussione che
causa un profondo e salutare coinvolgimento e contemporaneamente un
cambiamento di vita, uno sconvolgimento vero e proprio. Pertanto Gesù
incontra la samaritana in un luogo del quotidiano, non strettamente
religioso anche se l’incontro presso un pozzo si concludeva spesso
con un matrimonio, scena tipica che ricorre spesso nella Bibbia..
Non
sappiamo se questo brano fa parte delle parabole di Gesù, riportato
poi da Giovanni come veramente accaduto per dare più risalto
teologico alla manifestazione messianica di Gesù e al rapporto che
l’uomo deve avere con Dio.
Nell’incontro
con Gesù la samaritana preferisce mantenere il discorso su luoghi
comuni, fa finta di non capire, non vuole impegnarsi in discorsi
troppo seri. Ma un po’ alla volta Gesù le fa intuire che l’acqua
che Lui, Gesù, ha da offrirle può davvero dissetarla per sempre.
Gesù si manifesta un po’ alla volta, non imbottisce di parole
quella donna, vuole arrivare al suo cuore.
Questo
incontro della Samaritana con Gesù è un incontro speciale dove
assistiamo ad una conversione particolare, veramente nuova, forse
unica nei vangeli, un cammino di fede guidato da Gesù stesso, ma
assecondato da una donna prima e poi da altri, i suoi connazionali.
Questa samaritana infine si rivela così a Gesù, non cerca più di
nascondere gelosamente i suoi secreti: si arrende a Gesù di fronte
all’evidenza delle parole del Maestro. La sua fede non sarà alla
fine imperfetta come quella dei Giudei basata sulla vista dei segni,
guarigioni e miracoli, o come quella di Nicodemo pronto a riconoscere
in Gesù un inviato di Dio ma incapace di aderire alla fede totale in
Lui.
La
samaritana vede per primo in Gesù un giudeo, un nemico che osa
chiedere a lei da bere; successivamente gli domanda se si credeva più
grande di Giacobbe, chiamando Gesù Signore; poi lo chiama profeta
perché le ha svelato la sua vita privata; infine Gesù stesso le
dichiara di essere il Cristo. Successivamente dalla bocca dei
samaritani giunge il riconoscimento di Gesù come Salvatore del
mondo. Bel cammino!
La
fede passa attraverso la conoscenza reciproca, togliendo eventuali
pregiudizi,la samaritana riconosce la sua vita privata non corretta,
Gesù le dimostra di avere una conoscenza soprannaturale e questo
induce la donna a riconoscerlo come profeta e infine come Messia dopo
la dichiarazione di Gesù: “ Sono io che ti parlo”. Come diventa
importante la Parola, ascoltata e interiorizzata!
La
samaritana al culmine dell’incontro è profondamente sconvolta,
capisce l’annuncio di Gesù, il dono di Dio, felice del dono
ricevuto, arriva al termine della sua esperienza spirituale. Ha
seguito Gesù quando le ha annunciato il dono dello Spirito, quando
le ha rivelato la sua verità interiore, quando ha chiarito il suo
rapporto con la religione. Vede in Gesù il rivelatore in un tempo
nuovo, il Messia,e così aderisce ad una persona, perché fede è
fiducia, adesione a Gesù.
Ma
la fede in Gesù non può rimanere nascosta: la samaritana lascia la
brocca vicino al pozzo e corre ad annunciare a tutti quello che le
era successo, di avere incontrato Gesù: “Non sarà forse il
messia?,dirà, stuzzicando la curiosità dei suoi paesani. Ed è
anche brava nell’annuncio.
.
Rimane così come esempio di vero seguace di Gesù: ha conosciuto, si
è confidata, ha creduto, ha dato fiducia, e ha annunciato e
testimoniato la propria conversione. La samaritana è la prima
missionaria del Vangelo.
Spesso
mi viene da pensare a quanto siamo inefficaci noi con le nostre
catechesi con i nostri incontri, con le nostre parole.
Forse
perché noi stessi non abbiamo ancora incontrato Gesù. Lo cerchiamo,
ne parliamo ma in realtà non lo conosciamo, almeno non con una
conoscenza intima che solo Lui può svelarci, e successivamente,
lasciando da parte noi stessi annunciare soltanto Lui, come la
samaritana, perché soltanto la Parola comunica la Verità e suscita
una fede autentica che porta alla salvezza. Se ogni cristiano
annunciasse veramente Gesù, chi ci ascolta capirebbe subito la Meta,
e come i samaritani crederebbero per aver sentito vibrare nella
loro mente e nel loro cuore il Salvatore del mondo
Risulteremo
efficaci e credibili esclusivamente se la nostra testimonianza sarà
efficace e credibile in virtù di un nostro reale incontro con Gesù.