lunedì 30 maggio 2011

Riscoprire la capacità di meravigliarsi: tu credi ai miracoli?

Riscoprire la capacità di meravigliarsi


La strada per tornare al paradiso perduto. È tragico non essere capaci di meravigliarsi. Il bambino si apre alla vita attraverso una catena di “stupori” e di meraviglie. Il compito più importante di un educatore è conservare questa capacità nei ragazzi che crescono: sarà la qualità più preziosa della loro esistenza.


«Tu credi ai miracoli?»
«Sì».
«Sì? Ma ne hai mai visto uno?»
«Un miracolo? Sì».
«Quale?»
«Tu».
«Io? Un miracolo?»
«Certo».
«Come?»


«Tu respiri. Hai una pelle morbida e calda. Il tuo cuore pulsa. Puoi vedere. Puoi udire. Corri. Mangi. Salti. Canti. Pensi. Ridi. Ami. Piangi...»


«Aaah... Tutto qui?»
Tutto qui.




È tragico non essere capaci di meravigliarsi. Il bambino si apre alla vita attraverso una catena di “stupori” e di meraviglie. Il compito più importante di un educatore è conservare questa capacità nei ragazzi che crescono: sarà la qualità più preziosa della loro esistenza.


Chi sa stupirsi non è indifferente: è aperto al mondo, all’umanità, all’esistenza. Si viene al mondo con questa sola dote: lo stupore di esistere. L’esistenza è un miracolo. Gli altri, gli animali, le piante, l’universo, ci parlano di questo miracolo. E noi siamo miracolosi come loro. Per questo dobbiamo essere attenti e rispettosi. Chi considera meravigliosa la vita, sente di amare l’umanità, la rispetta in sé e negli altri. Donando agli altri l’importanza che meritano, noi scopriamo la nostra importanza. La vita ha un valore, una dignità. Nessuno ha il diritto di deturparla.


Gli esseri umani non sono cattivi, sono tristi. E i tristi diventano cattivi. Sono tristi perché non percepiscono la bellezza dell’esistenza.


La capacità di stupore accende la volontà di lottare per il valore della vita: la vita non è per la morte e l’umanità non è solo violenza e mediocrità. Si vive pensando che val la pena vivere e val la pena l’umanità.


Il pericolo, oggi, è perdere di vista il bambino che siamo stati, assorbiti da un ritmo tambureggiante e insensato, e diventare impermeabili alla bellezza della vita. Man mano che si diventa adulti si cambia la capacità di meravigliarsi con quella di comprendere, riducendo la realtà a un concetto astratto, facile da manovrare e da sfruttare, perdendo di vista il mistero della vita. Troviamo sempre più difficile sintonizzarci con l’interiorità profonda dalla quale sgorga il mondo sconfinato delle emozioni.


Anna, 46 anni, insegnante, scrive: «La mia vita si divide in due periodi: prima e dopo il coma. A 26 anni sono stata in coma per due settimane: incidente stradale, colpo di sonno al volante. Quando ho riaperto gli occhi, nel silenzio del reparto, ho visto minuscole luci danzarmi davanti. Ero viva. Illusioni, lucciole, farfalle, non so che cosa fossero, ma è così che ho riscoperto la meraviglia. È stato come rinascere: il primo sorso di caffè, la prima passeggiata, il piacere di sfogliare una rivista, di chiedere che cosa era successo durante il mio breve letargo. Da allora ho imparato a guardare le cose con altri occhi. Dal mio risveglio, ogni cosa ha per me il valore di un dono: la meraviglia, scoperta attraverso la paura, ha reso migliore la mia vita. Non sono più una ragazza intransigente e piena di rancore. Sono cambiata, e il resto è arrivato da solo. Ogni mattina mi sveglio pensando che è stupefacente veder crescere i miei ragazzi e miei alunni, contare i tramonti, provare una ricetta, potare le mie rose. Modugno aveva ragione: “Meraviglioso / la luce di un mattino / l’abbraccio di un amico / il viso di un bambino / meraviglioso”. Peccato averlo scoperto solo vent’anni fa».


Tutto comincia con il senso. La vita ha un senso, nelle due accezioni di significato e direzione. C’è forse qualcuno che cresce i suoi figli dicendo loro che la vita è assurda e che non val la pena di essere vissuta? Sarebbe crudele e insensato. «Perché mi hai fatto nascere?» chiede ogni figlio ai genitori. Siamo stati tutti chiamati a vivere: la vita è una vocazione entusiasmante.


Saper meravigliarsi significa percepire il mondo come spazio di rivelazioni. Come quando davanti ad una montagna innevata o un bosco, ci sentiamo semplicemente immersi nella “bellezza” e non davanti ad un mucchio di pietre con un po’ di ghiaccio sopra o una serie di alberi. Anche la vita è bella, un magnifico dono, per questo tutto desidera vivere, lotta per vivere. Anche uno stelo d’erba, anche un microscopico batterio. E gli esseri umani scoprono la meravigliosa capacità di pensare, di accorgersi, di comprendere. Fantastici crocevia tra il materiale e lo spirituale.


La bellezza di tutto ci coinvolge: perché esistono le rose? Perché esistono persone che si fermano estatiche davanti ad un fiore?


Si è sorpresi dalla bontà. La vita è buona. Ad ascoltare i ragionamenti di certi ecologisti, l’uomo sembra di troppo: un essere dannoso. Il cristianesimo insegna che ogni vita partecipa all’opera della creazione.


Sgorgano di qui la contemplazione, la calma, la semplice serenità, l’entusiasmo, l’ottimismo.


La sofferenza ci spiazza e ci sconvolge proprio perché ci fa capire in modo brutale quanto sia grande la privazione. Si piange sempre per qualcosa di bello che abbiamo perso, qualcosa di essenziale.


La notte precedente la sua esecuzione, Jacques Decour, un partigiano comunista, scrive un’ultima lettera alla famiglia: «Ora che ci prepariamo a morire, pensiamo a ciò che verrà. È il momento di ricordarci dell’amore. Abbiamo amato abbastanza? Abbiamo passato molte ore del giorno a meravigliarci degli altri uomini, a essere felici insieme, a sentire il peso del contatto, il peso e il valore delle mani, degli occhi, del corpo?».


Solo dalla meraviglia sboccia la gratitudine: dire grazie significa entrare nella logica del dono e della reciprocità. L’uomo moderno si indigna, protesta, si vendica, raramente ringrazia. Eppure tutto quello che abbiamo, lo dobbiamo a qualcuno.


Dallo stupore si ritorna al Cielo: è questa la sorgente della spiritualità. C’è un filo che va dalla concretezza della vita alla concretezza della sua origine. Dio non è un’idea, ma una realtà che si è fatta vedere e toccare in Gesù di Nazaret, ed è il “Dio dei viventi” perché logicamente il Creatore della vita non può morire.


Così dalla capacità di saperci meravigliare passiamo all’adorazione. Basta tenere gli occhi aperti.


(Quaderni Cannibali) Maggio 2011 - autore: Bruno Ferrero
 da donboscolant.it
 Mov.giovanile salesiano Triveneto

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