sabato 28 gennaio 2017

Le Beatitudini rispecchiano la vita del Figlio di Dio

Debolezza e grandezza della comunità abbracciare la sofferenza per essere una cosa sola con Gesù e il Padre.
Quarta domenica del T.O.- Anno A- 29 gennaio 2017
In questa quarta domenica le tre letture ci danno dei suggerimenti di vita, di fronte alla malizia umana un invito alla conversione e all'obbedienza divina, a volgere lo sguardo verso Dio, confidare in Lui in vista del Regno dei cieli. E' un invito alla responsabilità personale e comunitaria, è un invito speciale rivolto ai “poveri della terra”, a quello che è stolto per il mondo”.
Dal libro di Sofonia 2,3,12-13
Cercate il Signore
voi tutti, poveri della terra,
che eseguite i suoi ordini,
cercate la giustizia,
cercate l'umiltà;
forse potrete trovarvi al riparo
nel giorno dell'ira del Signore.
Lascerò in mezzo a te
un popolo umile e povero».
Confiderà nel nome del Signore
il resto d'Israele.
Non commetteranno più iniquità
e non proferiranno menzogna;
non si troverà più nella loro bocca
una lingua fraudolenta.
Potranno pascolare e riposare
senza che alcuno li molesti.
Si hanno poche notizie sul profeta Sofonia: si suppone che il profeta fosse nativo di Gerusalemme, per la sua buona conoscenza della città. L'epoca della predicazione di Sofonia coincide con gli inizi del ministero di Geremia, al tempo del re Giosia.
Il libro di Sofonia contiene oracoli di minaccia e di giudizio ma anche promesse di conversione e di salvezza. Il giudizio è presentato come un intervento di Dio nella storia umana, con l'immagine del "giorno del Signore", giorno di giudizio, giorno potremmo dire, del rendiconto di vita.
La profezia di Sofonia vuole soprattutto affermare che Dio certamente interviene nella storia degli uomini: non si può pensare, come fanno alcuni contemporanei del profeta, che Dio sia lontano e indifferente! Destinatari del messaggio di Sofonia furono principalmente i responsabili politici e religiosi del popolo.
A ribadire tale certezza si offre una descrizione del giorno del Signore in cui alcuni termini chiave, come appunto la parola "giorno", sono ripetuti con insistenza. Un tratto originale del libro è l'intreccio che si crea fra il destino dei popoli e quello d'Israele.
Il brano scelto per questa domenica è perfettamente coerente con quello del Vangelo.
Sofonia è il profeta del “giorno del Signore”, il giorno del giudizio divino, che riguarda il castigo per gli empi, la loro scomparsa e la promessa di protezione per coloro che confideranno nel Signore, coloro che Gesù chiamerà “beati”.
Sofonia annuncia un mondo giusto:  
Non commetteranno più iniquità
e non proferiranno menzogna;
non si troverà più nella loro bocca
una lingua fraudolenta.
Dalla prima lettera dell'aapostolo Paolo: Cor 1,26-31
Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore.
Abbiamo visto come il profeta Sofonia incita il popolo, la parte povera, umile del popolo, ad un comportamento sano in vista del giorno del Signore.
L'apostolo Paolo dopo il richiamo ai cristiani della chiesa di Corinto affronta il problema delle loro divisioni, a cominciare dalla chiamata ricevuta da ognuno al seguito del Maestro, chiamata per tutti uguale che rende tutti uguali in una missione comunitaria: Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili»
Per loro è sufficiente considerare la propria «chiamata» , cioè guardare a se stessi in quanto oggetto della chiamata divina per cose più grandi, anche se non sapienti, non potenti, nobili. Dio sceglie per confondere i forti “quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio” Dio ha capovolto i criteri di questo mondo e ha realizzato la salvezza dichiarando l’impotenza e il fallimento di tutti i progetti umani basati sull’esercizio del potere, dell'egosimo umano.

Dal vangelo secondo Mt 5,11-12
Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.

Le otto Beatitudini aprono in modo solenne il “Discorso della Montagna”. In esse Gesù definisce chi può essere considerato beato, chi può entrare nel Regno dei cieli. Sono otto categorie di persone, otto porte di ingresso per il Regno, per la Comunità. Non ci sono altre entrate! Chi vuole entrare nel Regno dovrà identificarsi almeno con una di queste otto categorie.
In questa occasione, dall'alto della montagna Gesù può guardare la moltitdine che lo segue.Lo sguardo di Gesù sulle folle, le sue parole che scandiscono delle verità svelano che il vero discepolo è designato non da un'appartenenza esteriore,ma da una realtà intima fatta di mitezza, purezza di cuore, povertà in spirito, misericordia.
L'evangelista Matteo riporta le otto beatitudini all'inizio del capitolo quinto mentre proseguirà dal capitolo 5 al capitolo 7 spiegando le opere e il comportamento dei veri beati.
Riflettendo, leggendo i tre capitoli attentamente, possiamo entrare nello spirito delle beatitudini. Entrare nello spirito delle beatitudini significa entrare nello sguardo di Dio sulla realtà umana e scoprire che, anche in situazioni di afflizione o persecuzione, queste possono essere vissute come beatitudine. 
 
Sicuramente abbiamo notato che ogni beatitudine ha due parti: enunciazione, e motivazione: Nella prima Gesù ci dice chi è beato, nella seconda ci spiega l'enunciato: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

La beatitudine offerta è la gioia intima della comunione con il Signore sperimentata in situazioni concrete in cui anche Gesù si è trovato e, soprattutto, che ha vissuto come occasione di amore e di dedizione. È la gioia del servo che si trova là dove anche il suo Signore è stato. È la gioia di chi partecipa al sentire e al volere di Gesù..
Le beatitudini non sono una nuova ideologia, ma un insegnamento che viene dall’alto e tocca la condizione umana, proprio quella che il Signore, incarnandosi, ha voluto assumere per salvarla.
Il discorso della montagna è diretto a tutto il mondo, nel presente e nel futuro e può essere compreso e vissuto solo nella sequela di Gesù, nel camminare con Lui.
Le Beatitudini sono un nuovo programma di vita, per liberarsi dai falsi valori del
mondo e aprirsi ai veri beni, presenti e futuri.Esse rispecchiano la vita del Figlio
di Dio che si lascia perseguitare, disprezzare fino alla condanna a morte, affinché agli
uomini sia donata la salvezza.
Il Vangelo delle Beatitudini si commenta con la storia stessa della Chiesa, la storia della santità cristiana, perché come scrive san Paolo «quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono».
Il brano di vangelo termina con questa frase di Gesù: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia”. Ancora un invito a seguire Gesù, come attaccamento totale a Lui, abbracciare la sofferenza per essere una cosa sola con Lui e il Padre.
Giovanni Paolo Secondo a Toronto, nella la GMG 2002).
«Cari amici, la Chiesa oggi guarda a voi con fiducia e attende che diventiate il popolo delle beatitudini. “Beati voi, se sarete come Gesù poveri in spirito, buoni e
misericordiosi; se saprete cercare ciò che è giusto e retto; se sarete puri di cuore, operatori di pace, amanti e servitori dei poveri. Beati voi!”. E’ questo il cammino percorrendo il quale, si può conquistare la gioia, “quella vera!”, e trovare la felicità.
Un cammino da percorrere ora, subito, con tutto l’entusiasmo che è tipico degli anni giovanili: Non aspettate di avere più anni per avventurarvi sulla via della santità! La santità è sempre giovane, così come eterna è la giovinezza di Dio.
Comunicate a tutti la bellezza dell'incontro con Dio che dà senso alla vostra vita. Nella ricerca della giustizia, nella promozione della pace, nell'impegno di fratellanza e di solidarietà non siate secondi a nessuno!”.
Fermiamoci a riflettere :Quali sono i momenti nella nostra vita in cui si siamo sentiti veramente felici?
Era una felicità come quella che fu proclamata da Gesù nelle beatitudini, o era di un altro tipo?

domenica 22 gennaio 2017

Nessuno si può sostituire a Gesù: convertirsi vuol dire accettarlo e donarlo.


Gesù inizia ad annunciare la Buona notizia in Galilea, terra pagana

Terza domenica del T.O Anno A: 22 gennaio 2017
Sono quattro le parti che costituiscono la liturgia della parola in questa terza domenica del Tempo ordinario.
Anzitutto, con una citazione del profeta Isaia viene introdotta l'attività di Gesù in Galilea ;
l'apostolo Paolo preoccupato perché la luce del vangelo che aveva brillato a Corinto era stata oscurata dal peccato;
poi c'è il racconto della vocazione dei primi quattro discepoli vv. 18-22);
infine, in una frase, è riassunta l'attività di Gesù : Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
Possiamo sintetizzare che Isaia annuncia liberazione dalle tenebre dalla schiavitù del popolo ebreo, Paolo esorta i cristiani di Corinto ad uscire da uno stallo di discordie.
Dopo la conclusione della missione del Battista, da Nazaret Gesù si trasferisce a Cafàrnao che diviene il centro della sua attività per quasi tre anni.
Cafarnao era un villaggio di pescatori e agricoltori che si estendeva per circa trecento metri lungo la riva occidentale del lago di Genesaret, detto anche lago di Tiberiade
o mar di Galilea, Qui Gesù invita a seguirlo i primi apostoli.
Dal libro del profeta Isaia 8,23b-9,3
In passato umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano e il territorio dei gentili:
Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce;
su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse.
Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia.
Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete
e come si gioisce quando si spartisce la preda.
Poiché il giogo che gli pesava e la sbarra sulle sue spalle,
il bastone del suo aguzzino tu hai spezzato come al tempo di Madian.
Il profeta ripensa inorridito alle invasioni degli eserciti orientali e alle deportazioni che gli ebrei del nord, probabilmente dopo l'occupazione assira di Tiglat-Pileser IlI del 732 a.C., hanno subito, disperdendosi nella immensa regione della Mesopotamia. Egli però, come profeta del Signore, sa di dover portare la speranza al suo popolo. Perciò è sicuro che l'umiliazione non sarà definitiva: Dio non lascia al male l'ultima parola. La drammatica situazione è presentata da Isaia come un'umiliazione, permessa dal Signore, come un trionfo dell' oscurità sulla luce.
Così il profeta Isaia garantisce al suo popolo:
- Nel luogo più compromesso per la presenza di popolazioni pagane, Dio porterà la sua vittoria e infonderà coraggio e luce.
- la gioia di una presenza e di una luce fedele anche nelle tenebre per il popolo, che cammina senza perdersi d'animo;
- la prospettiva di un mondo dove viene abbattuta ogni violenza perché il povero ritrova la sua dignità;
- l'abbondanza del raccolto che viene goduto da un popolo in festa e non nella chiusura di un egoismo particolare.
Insomma il profeta gioioso annuncia una primavera di vita che ha in Dio la sua origine.
1 Corinzi 1,10-13.17
Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire. Infatti a vostro riguardo, fratelli, mi è stato segnalato dai familiari di Cloe che tra voi vi sono discordie. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo, «Io invece sono di Apollo, «Io invece di Cefa, «E io di Cristo.
È forse diviso il Cristo? Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete stati battezzati nel nome di Paolo?
Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo.
A Corinto la vita della comunità è penosa: ci sono discordie scandalose, sono sorti partiti che si richiamano al nome di un apostolo (qualcuno si gloria di appartenere a Pietro, altri ad Apollo, altri a Paolo...); sui comportamenti morali ci sono dissolutezze di cui si vergognerebbero persino i pagani; nelle celebrazioni eucaristiche ogni gruppo si isola e si disinteressa degli altri; non parliamo poi delle invidie, delle critiche, delle mormorazioni...
Deluso e preoccupato, Paolo forse pensa al fallimento di tutta la sua missione evangelizzatrice, ma poi si riprende e decide di scrivere ai cristiani di Corinto. E così che è nata la lettera che ci viene proposta oggi e nelle domeniche successive.
Il primo argomento che affronta riguarda i dissidi, i contrasti, la nascita di partiti in quella comunità ed è il brano ripreso nella lettura di oggi. «Cristo è stato forse diviso? Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati?» (v. 13). Sono parole dure che rivelano la gravità della situazione e le fazioni che dividono la giovane chiesa e rischiano di vanificare l'annuncio del Vangelo di Cristo.
A provocare discordie erano, allora come oggi, gli egoismi, il desiderio di dominare, di prevalere, di imporsi agli altri. Paolo chiarisce: gli apostoli non sono dei padroni, ma dei servi; non sono loro i salvatori, il Salvatore è uno solo, Cristo. Il loro compito è quello di annunciare il Vangelo.
Dal vangelo di Mt 4,12.23
Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,
sulla via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti!
Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
una luce è sorta.
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
L'evangelista Matteo non si limita ad annotare il cambiamento di resi­denza di Gesù, accompagna l'informazione con il richiamo a un testo della Scrittura, (prima lettura). Per comprenderne il significato va tenuto presente che la Galilea era abitata da israeliti considerati da tutti come dei semipagani, perché nati dall'incrocio di vari popoli. I giudei di Gerusalemme li disprezzavano perché li ritenevano poco istruiti, ignoranti della legge, corrotti nei costumi e poco osservanti delle disposizioni rabbiniche. Erano guardati con diffidenza anche a causa delle loro tendenze sovversive in campo politico.
In questa regione situata ai margini della terra santa, in questa «Galilea dei pagani» (v. 15), Gesù inizia la sua missione e, con questa sua scelta, indica chi sono i primi destinatari della sua luce, non i giudei puri, ma gli esclusi, i lontani.
Mi ha colpito leggendo e rileggendo questo brano il movimento di Gesù in questo inizio del suo apostolato:
si ritirò nella Galilea, scelta per un popolo odiato e disprezzato
lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, si avvera la profezia di Isalia;
Da allora Gesù cominciò a predicare, non perde tempo;
Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, sceglie alcuni pescatori che lo seguiranno subito;
Andando oltre, vide altri due fratelli, si ripete la scena;
Gesù percorreva tutta la Galilea insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
Sembra che Gesù non si fermi un istante, sente la necessità di annunciare il Regno di Dio, chiamare alla conversione:«Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Dirà più avanti che il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo, non pensa a se stesso, ma alla missione affidatagli dal Padre.
Convertitevi, Gesù vuole cambiare radicalmente modo di pensare e di agire, chi è nelle tenebre deve volgersi verso la luce, la Luce che è arrivata sulla terra.Con le stesse parole di Giovanni Battista, dando un senso di continuità, inizia a richiamare l’attenzione del popolo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Convertitevi! Il pentimento è la prima condizione per potere ascoltare e ricevere la Parola nell’umiltà che diventa devozione, riflessione, testimonianza.
Nella seconda parte del brano è raccontata la vocazione dei primi quattro discepoli.
Non è il resoconto della chiamata dei primi apostoli ma è un brano di catechesi che vuole far comprendere cosa comporta per il discepolo dire sì a Cristo che invita a seguirlo.
Chi è chiamato deve rendersi conto che non gli sarà concesso alcun riposo, che non ci sarà alcuna sosta lungo il cammino. Gesù vuole essere seguito giorno e notte e per tutta la vita, non ci sono momenti in cui si è dispensati dagli impegni assunti.
La risposta poi dev'essere pronta e generosa come quella di Pietro, Andrea, Giovanni e Giacomo che “subito, lasciate le reti, la barca e il padre lo seguirono”.
Termino rubando a Mariella parte del suo commento nel 2014 del brano di vangelo:
La persona di Gesù emanava veramente un fascino straordinario, assolutamente unico, capace di far vibrare le corde nascoste del cuore umano.
Incontrando il Suo sguardo, quei primi discepoli, capirono sicuramente di essere infinitamente amati, e sentirono che valeva la pena di lasciare tutto per continuare a incontrare quello sguardo e sentire quella voce.
Ecco Dio entra anche nella nostra personale storia, a noi discepoli di oggi, per rinnovare il suo invito, Egli chiama ancora e anche oggi chiede una risposta generosa e immediata.
Non vuole tentennamenti, non vuole compromessi, non vuole mezze misure. Vuole la nostra disponibilità a lasciarci trasformare dal suo amore, per poter noi stessi trasformare il mondo
La conversione, alla quale siamo invitati, ci introduce in uno stile di vita singolare, in una nuova mentalità dove le cose vengono viste con gli occhi della fede e non con quelli della carne, con lo spirito di chi "appartiene" a "Qualcuno" e che non si vive in maniera isolata.
Il tempo del silenzio, dell'individualismo e del nascondimento è terminato, inizia il tempo dell'amore fraterno, dell'unità.

sabato 14 gennaio 2017

E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio»


« Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra».
15 febbraio 2017 – ANNO A - 2da Domenica T.O.
Giovanni il Battezzatore, che ha accompagnato la nostra attesa del Messia durante l’Avvento e che domenica scorsa abbiamo incontrato al battesimo di Gesù, oggi si manifesta quale "testimone di Gesù ,Agnello, Servo di Dio e Figlio di Dio.
Il profeta Isaia parla ancora del Servo di Dio, rivolgendosi a Israele sul quale Dio ha manifestato la sua gloria.Sappiamo che il Servo del brano, in realtà, è il Figlio di Dio
L'apostolo Paolo, ormai nel pieno del suo apostolato augura alla Chiesa di Corinto “grazia e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!”
Possiamo affermare che la liturgia di oggi, seconda domenica del Tempo ordinario, ci invita ancora una volta a riflettere sul mistero del Messia. Isaia annuncia protezione al Servo di Dio, luce delle nazioni. L'apostolo Paolo augura grazia e pace alla chiesa di Corinto, mentre l'evangelista Giovanni presenta la testimonianza di Giovanni Battista: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo». E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio”.
Le profezie di Isaia trovano conferma nella testimonianza di Giovanni Battista e di Giovanni apostolo. L'apostolo Paolo è la voce della vita nella fede dei primi cristiani, “coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù”: a questi augura grazia e pace.
Dal libro del profeta Isaia Is 49,3,5-6

Il Signore mi ha detto:
«Mio servo tu sei, Israele,
sul quale manifesterò la mia gloria».
Ora ha parlato il Signore,
che mi ha plasmato suo servo dal seno materno
per ricondurre a lui Giacobbe
e a lui riunire Israele
– poiché ero stato onorato dal Signore
e Dio era stato la mia forza –
e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo
per restaurare le tribù di Giacobbe
e ricondurre i superstiti d’Israele.
Io ti renderò luce delle nazioni,
perché porti la mia salvezza
fino all’estremità della terra».
 
In questo periodo di gioia e di feste forse non abbiamo pensato molto alle difficoltà dell'annuncio del Regno di Dio. Abbiamo visto e parlato di luce e ci ritorniamo ancora oggi per sottolineare che esistono anche le tenebre, spesso nascoste, da superare con tanta speranza, fede e amore. Le tenebre dividono, nascondono, non amano la luce; le tenebre non vogliono conoscere la luce. Israele è stato un servitore infedele, non ha riconosciuto Gesù, luce delle nazioni.
È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe ...”, ci dice Isaia, non basta uno spiraglio di luce quando un grido si leva dall'oscurità, dal deserto delle nostre esistenze: "Dio, Dio, dove sei...? o peggio negare la sua esistenza.
Ricordiamo il grido di Gesù nella sua desolazione durante la passione: “Padre, perché mi hai abbandonato?”
I vers. 5 e 6, ci assicurano che, malgrado questo fallimento apparente, Gesù vedrà il frutto del travaglio dell'anima sua.
Il «servo del Signore» è stato plasmato da lui fin «dal seno materno» ; Dio gli ha affidato una missione nei confronti di Israele e verso le genti. Tale missione comporta fatica, sofferenza, morie, ma Dio non lo ha abbandonato come sembra ad uno sguardo superficiale, ma è con lui proprio nel momento della sofferenza, mentre il successo è sì promesso, ma differito ad altro tempo.
La luce non mancò a Gesù, reso luce delle nazioni dal Padre al posto del popolo eletto infedele, porterà la salvezza fino alle estremità della terra: Gesù è la Luce, che dà vita e fa crescere, dona pace. Soltanto Gesù ci dà sicurezza e salvezza.
Il profeta l'aveva preannunciato: Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra”.
Dalla prima lettera ai Corinzi : 1Cor 1,1-3
Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!
Ai cristiani di Corinto Paolo augura anzitutto, come in tutte le sue lettere, “grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo” (v. 3).
Augurare la pace, che nell'orizzonte biblico è un bene grande comprensivo di tutti gli altri beni donati da Dio, è un modo tipico di salutare ebraico che si e mantenuto dai tempi biblici fino ad oggi. Gesù risorto appare ai suoi augurando loro la pace.
Grazia è il favore di Dio assolutamente libero da ogni condizionamento, favore strettamente legato alla sua misericordia.
Mediante questo adattamento e la fusione di due diversi modi di salutare, Paolo esprime la pienezza dei doni messianici, che consistono nella grazia di Dio e nella pace personale e universale. Egli invoca questi doni anzitutto da parte di Dio Padre, e poi dal Signore Gesù Cristo per la Chiesa di Corinto e oggi a noi, uomini e donne del ventunesimo secolo: Dio è la fonte di ogni grazia che dispensa mediante il suo Figlio Gesù.
Dal vangeleo secondo Gv 1,29-34
Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: «Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me». Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi disse: «Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo». E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
Questo brano è stato preso dal vangelo dell'apostolo ed evangelista Giovanni. Per capire meglio il significato di quanto riportato conviene leggere tutto il brano, capitolo 1,19-34. Il giorno prima Giovanni aveva incontrato alcuni sacerdoti e leviti inviati dai Giudei e dai farisei per interrogarlo.
I due Giovanni testimoniano e riconoscono il Cristo annunciato dai profeti: l'agnello, il servo di Jahvè, l'agnello condotto al macello, la pecora muta di fronte ai suoi tosatori, la vittima dell'espiazione che si fa carico del peccato del mondo per vincere il male del mondo.
L'uomo può combattere e vincere il male che è nel mondo solo in parte, ma per vincere il male che è del mondo ci vuole una potenza superiore. Lo aveva annunciato Isaia: “È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele” riferendosi al popolo ebreo. Ci vuole un intervento divino che rompendo le tenebre riempie il mondo di Luce: è stato possibile al Padre.
Io ti renderò luce delle nazioni,
perché porti la mia salvezza
fino all’estremità della terra».
 

In realtà Gesù non "toglie" il peccato, ma lo assume su di sé, accetta di entrare nel progetto di redenzione per tutti, ma proprio tutti.
La testimonianza del Battista si conclude con la proclamazione di Gesù «Figlio di
Dio». Tale riconoscimento non è frutto di conoscenza umana, ma è conseguenza del
dono dello Spirito. Infatti Giovanni dichiara di non aver conosciuto la persona di Gesù nella profondità del suo mistero di Figlio di Dio, se non dopo aver vistolo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui”.

Se imparassimo a leggere il Primo Testamento alla luce del Nuovo saremmo colti anche noi, come il Battista, dall'emozione per un Dio che ama talmente l'essere umano da assumerne su di sé il peccato, per togliere il velo, svelare la violenza, le tenebre che ci avvolgono.
Saremmo capaci come il Battista, con l'aiuto dello Spirito Santo di additare Lui, il Cristo e la sua Liberazione al popolo di Israele, a tutte le nazioni, saremmo come l'apostolo prediletto da Gesù testimone di Giovanni e delle Scritture antiche.

Noi Chiesa, la Chiesa dei due Giovanni, del Battezzatore e dell'Evangelista, dobbiamo additare il Cristo come necessità della nostra anima. Non additare noi stessi, la nostra cultura, i segni esteriori ed effimeri del nostro potere, non la preoccupazione per la difesa delle forme storicamente acquisite dell'istituzione... ma additare Lui, il Cristo, che ci ha rivelato l'amore tenero e infinito del Padre, nell'ascolto dello Spirito come Giovanni:
«Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: «Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me». Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Noi dobbiamo essere Chiesa di salvezza che addita il Cristo agli uomini e alle donne con la propia testimonianza e la presenza in noi dello Spirito Santo.

Enzo Bianchi così descrive in un commento “l'agnello di Dio”:
Nella letteratura giovannea “agnello di Dio” è un titolo relativo a Gesù, che nell’innocenza di chi non ha peccato, nella mitezza di chi non ha mai commesso violenza, prende su di sé e quindi toglie da noi il peso del nostro cattivo operare, l’ingiustizia di cui tutti siamo responsabili. Questa la liberazione radicale che ci ha portato Gesù, l’Agnello della Pasqua unica e definitiva, l’Agnello che ci riconcilia con Dio per sempre.

martedì 10 gennaio 2017

«Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio".


In quel giorno nel Giordano era presente tutta la Santissima Trinità.
 
8 gennaio 2017 – Anno A - BATTESIMO DEL SIGNORE




La domenica successiva all’epifania è dedicata al battesimo di Gesù.  La liturgia natalizia passa direttamente dall''infanzia di Gesù al suo battesimo, un battesimo, come sappiamo, di penitenza e di conversione; un battesimo che non ha il valore di quello che ci tramanderà poi Gesù, battesimo in Spirito Santo e fuoco.
Gesù inizia con il battesimo nel Giordano la sua vita pubblica tra gli uomini, come uno di loro, attraversando praticamente nel tempo la storia umana: Gesù non ha peccati da confessare, ma vuole testimoniare tutta la sua decisione nell'avviare una nuova e definitiva tappa del popolo di Dio. Giovanni battezzava nel fiume Giordano , strumento di purificazione e di preparazione all'era messianica.

Inoltre Gesù, accettando il battesimo di Giovanni, riceve ufficialmente l’investitura messianica. Lui è “il profeta”che non solo annuncia la salvezza in nome di Dio, ma è l’uomo-Dio, che la realizza. Lo Spirito santo scende su di lui e lo consacra con unzione sacerdotale, profetica e regale, per la sua azione di salvezza. Gesù è dunque l'eletto di Dio, il Figlio prediletto nel quale il Padre trova la sua compiacenza. In quel «servo», così lo annuncia Isaia, gli uomini devono riconoscere il vero messia.
La celebrazione pertanto del battesimo di Gesù è l'inizio di una celebrazione di un mistero di salvezza.

Il formulario liturgico di questa parte permette una approfondita catechesi sul contenuto del mistero in relazione al sacramento del battesimo e alla missione profetica del cristiano.

Le letture di questa domenica hanno la finalità di presentare Gesù ormai adulto, nella profezia di Isaia leggiamo le qualaità del Servo di Dio, Gesù, di cui il Padre si compiace; nella seconda è l'apostolo Pietro che conferma Gesù come Parola del Padre e Signore di tutti; l'evangelista Matteo racconta l'episodio del Battesimo di Gesù: una voce dal cielo ripeteva: Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento”.

Ricordiamo oggi una nuova rivelazione dopo quelle ai pastori del popolo ebreo, ai re magi rappresentanti di tutti i popoli: nel battesimo di Giovanni ci è svelata la rivelazione divina di Gesù, Gesù è Dio.
Quanto profondi e belli, se ci pensiamo, sono queste tre manifestazioni! Noi crediamo che Maria è la madre di Gesù-uomo-Dio, venuto al mondo non solo per il popolo eletto Israele ma per tutti i popoli. In quel giorno nel Giordano era presente tutta la Santissima Trinità.
 
Dal libro del profeta Isaia: Is 42, 1-4. 6-7



Così dice il Signore:
1 «Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio.
Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni.
2 Non griderà né alzerà il tono,non farà udire in piazza la sua voce,
3 non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta;
proclamerà il diritto con verità.
4 Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, le isole attendono il suo insegnamento...
...6 Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano;
ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni,
7perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri,
dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre».

Questi primi versetti fanno parte del primo dei 4 brani, conosciuti come "canti del servo del Signore" in cui il profeta Isaia ispirato da Dio presenta questo servo come un profeta, oggetto di una missione, animato dallo Spirito che rivolge la sua parola ad un mondo per compiere la liberazione in favore di Israele e...di tutte le nazioni.
Isaia mette fortemente in luce l'origine divina della missione del Servo. Egli è l'eletto chiamato, sostenuto continuamente da Dio. Il suo compito è quello di manifestare la giustizia, cioè la fedeltà a Dio, a un popolo che si era allontanato da lui e per questo motivo si trovava in esilio. Libererà il popolo dalla schiavità, proclamerà il diritto con verità, ricondurrà Israele in quella terra che JHWH aveva promesso ai loro padri.

L'esortazione di Isaia al suo popolo è un annuncio che va oltre il rientro del popolo di Israele nella terra promessa. La liberazione di carattere politico presuppone una profonda liberazione interiore da tutte le idolatrie.

Il Servo di Dio è inviato “perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri,
dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre”.

 

Dagli Atti degli Apostoli: 10, 34-38

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga.
Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti.
Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui».

Il racconto di Luca negli atti degli apostoli presenta Pietro al quale non doveva essere stato facile comoprendere che il Vangelo era proprio destinato a tutte le genti. Il problema era conciliare le rigide norme di purezza rituale degli ebreo e i contatti con i pagani. Altrove Paolo (Gal 2,11-16) rinfaccerà a Pietro di incontrare i pagani di nascosto dagli ebrei proprio a causa della fatica di conciliare questi due gruppi di cristiani. Ricordo che siamo nei primi anni del cristianesimo, e le difficoltà a capire esaurientemente la volontà, le parole gli esempi e i segni di Gesù.

Le sue parole ci indicano un ripensamento, comprende che Dio non fa preferenze di persone, che accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. La giustizia non viene da un diritto di nascita (nobiltà, ricchezza) ma dalla disponibilità ad accogliere e seguire la parola di Dio.


Con un lungo salto nel tempo, ci lasciamo alle spalle il bimbo appena nato che i Magi hanno adorato domenica scorsa, e ci spostiamo sulle rive del fiume Giordano. Già da tempo, proprio qui, Giovanni, il cugino di Gesù, figlio di Elisabetta e Zaccaria, sta predicando il suo invito alla conversione. Tante persone rispondono al richiamo di Giovanni Battista e vanno da lui, al Giordano, per ricevere il Battesimo.
Arriva anche Gesù e si unisce agli altri pellegrini che chiedono di essere battezzati. Sta insieme a tutti, uno fra i tanti, senza farsi notare. Un piccolo diverbio con Giovanni che poi cede e battezza Gesù. Il battesimo che Gesù riceve da Giovanni non è per il perdono o per la rinuncia al male, ma è il segno del completo cambiamento che sta cominciando nella vita di Gesù, dopo trenta anni di vita umile e silenziosa.
Un battesimo nel Giordano, un giorno qualunque, un uomo speciale è il battezzato. Ha un Padre meraviglioso che lo segue, lo guida, lo riempie di gioia e di amore, apre i cieli come in un giorno d'estate, chiaro e limpido, dirige il volo di una colomba sopra Gesù, colombra-Spirito di Dio. IL PADRE, dall'alto dei cieli fa sentire la sua voce presentando al popolo presente il suo unico Figlio a cui ha affidato una grande missione e che “Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra.


Dal vangelo secondo Matteo 3,13-17

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.
Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.
Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».