martedì 29 marzo 2016

Al terzo giorno Lei si avvicina e Gesù le dice: "Perché piangi?


La Pasqua continua ogni giorno dell'anno, ogni volta che ci riuniamo per celebrare l'Eucaristia. Ritengo allora di essere in clima paqsuale proponendo queste parole di Don Tonino Bello. Buona lettua!

 Il Calvario tre giorni dopo (e...non solo!)

Di donTonino Bello



I Vangeli ci raccontano numerose apparizioni del Risorto avvenute nel giorno di Pasqua. Se è lecito esprimere delle preferenze, quella che mi commuove di più è l'apparizione a Maria di Magdala, piangente accanto al sepolcro vuoto.

Le si avvicina Gesù e le dice: "Perché piangi?". Donna, le tue lacrime non hanno più motivo di scorrerti dagli occhi. A meno che tu non pianga per gioia o per amore. Vedi: la collina del Calvario, che l'altro ieri sera era solo un teschio coperto di fango, oggi si è improvvisamente allagata di un mare d'erba. I sassi si sono coperti di velluto. Le chiazze di sangue sono tutte fiorite di anemoni e asfodeli. Il cielo, che venerdì era uno straccio pauroso, oggi è limpido come un sogno di libertà. 

Siamo appena al terzo giorno, ma sono bastate queste poche ore perché il mondo facesse un balzo di millenni. No, non misurare sui calendari dell'uomo la distanza che separa quest'alba luminosa dal tramonto livido dell'ultimo venerdì. Non è trascorso del tempo: è passata un'eternità. Donna, tu non lo sai: ma oggi è cominciata la nuova creazione.

Cari amici, nel giorno solennissimo di Pasqua anch'io debbo rivolgere a ciascuno di voi la stessa domanda di Gesù: "Perché piangi?". Le tue lacrime non hanno più motivo di scorrerti dagli occhi. A meno che non siano l'ultimo rigagnolo di un pianto antico. O l'ultimo fiotto di una vecchia riserva di dolore da cui ancora la tua anima non è riuscita a liberarsi. Lo so che hai buon gioco a dirmi che sto vaneggiando. Lo so che hai mille ragioni per tacciarmi di follia. Lo so che non ti mancano gli argomenti per puntellare la tua disperazione. Lo so.

Forse rischio di restare in silenzio anch'io, se tu mi parli a lungo dei dolori dell'umanità: della fame, delle torture, della droga, della violenza. Forse non avrò nulla da replicarti se attaccherai il discorso sulla guerra nucleare, sulla corsa alle armi o, per non andare troppo lontano, sul mega poligono di tiro che piazzeranno sulle nostre terre, attentando alla nostra sicurezza, sovvertendo la nostra economia e infischiandosene di tutte le nostre marce della pace.

Forse rimarrò suggestionato anch'io dal fascino sottile del pessimismo, se tu mi racconterai della prostituzione pubblica sulla statale, del dilagare dei furti nelle nostre case, della recrudescienza di barbarie tra i minori della nostra città.
Forse mi arrenderò anch'io alle lusinghe dello scetticismo, se mi attarderò ad ascoltarti sulle manovre dei potenti, sul pianto dei poveri, sulla miseria degli sfrattati, sulle umiliazioni di tanta gente senza lavoro.

Forse vedrai vacillare anche la mia speranza se continuerai a parlarmi di Teresa che, a trentacinque anni, sta morendo di cancro. O di Corrado che, a dieci, è stato inutilmente operato al cervello. O di Lucia che, dopo Pasqua, farà la Prima Comunione in casa perché in chiesa, con gli altri compagni, non potrà andarci più. O di Nicola e Annalisa che, dopo tre anni di matrimonio e dopo aver messo al mondo una creatura, se ne sono andati ognuno per la sua strada, perché non hanno più nulla da dirsi.

Queste cose le so: ma io voglio giocarmi, fino all'ultima, tutte le carte dell'incredibile e dire ugualmente che il nostro pianto non ha più ragione di esistere.

La Resurrezione di Gesù ne ha disseccate le sorgenti. E tutte le lacrime che si trovano in circolazione sono come gli ultimi scoli delle tubature dopo che hanno chiuso l'acquedotto.
Riconciliamoci con la gioia. La Pasqua sconfigga il nostro peccato, frantumi le nostre paure e ci faccia vedere le tristezze, le malattie, i soprusi e perfino la morte, dal versante giusto: quello del "terzo giorno". 

Da quel versante, il luogo del cranio ci apparirà come il Tabor. Le croci sembre ranno antenne, piazzate per farci udire la musica del Cielo. Le sofferenze del mondo non saranno per noi i rantoli dell'agonia, ma i travagli del parto.

E le stigmate lasciate dai chiodi nelle nostre mani crocifisse, saranno le feritoie attraverso le quali scorgeremo fin d'ora le luci di un mondo nuovo!

                 Buona Pasqua tutto l'anno!





lunedì 28 marzo 2016

Non ci sono tutti, però. Mancano l'asino e il bue



Il paradiso degli animali

San Rocco percorreva le strade del mondo e guariva la gente e le bestie dalla rabbia. Si portava sempre dietro un cane che si chiamava Rocchetto, e gli voleva molto bene perché una volta quell'animale gli aveva salvato la vita. Il cane era santo anche lui, a modo suo.
Un giorno san Rocco morì, perché muoiono tutti, anche i santi. E quando fu morto, il cane si mise a ululare e poi morì anche lui.

Il cane aveva una piccola anima leggera, tanto che arrivò alla porta del paradiso nello stesso momento di san Rocco. San Pietro, gran portinaio del paradiso, si affrettò ad aprire il portale, ma spalancò subito gli occhi dietro le lenti degli occhiali. «Alto là! Non c'è posto per i cani in paradiso!».
«Bisognerà pur trovargli un posto, a questo cane», rispose san Rocco. «Siamo inseparabili».

II Padre Eterno sorrise e disse: «Lascerete entrare l'uomo e il cane. Faccio un'eccezione».

Fu una festa deliziosa. Il cane fu festeggiato e accarezzato da tutti. Ma san Pietro: «Signore, se vuoi che tenga io le chiavi, devi far entrare il mio gallo: sta su tutti i campanili e chiama i peccatori a far penitenza. È anche quello un modo d'esser santi!».

«Facciamo entrare il gallo», disse allora il buon Dio senza smettere di sorridere. «Sarà un'altra eccezione!». A questo punto ci fu un po' di subbuglio. Tutti i santi che avevano voluto bene a qualche animale si misero a protestare e a perorare la loro causa.

«E la mia colomba?», diceva Noè. «La mia colomba che m'ha portato il ramoscello d'ulivo?».
«E il corvo che mi ha nutrito nel deserto?», replicò Elia.

«E il mio cane che mi ha accompagnato?», gemeva Tobia.
«E l'asina che ha profetizzato per me?», diceva Balaam.

«E la balena che mi ha ospitato tre giorni nella sua pancia?», diceva Giona.
«E il porcello che mi faceva compagnia?», diceva sant'Antonio.

«E il cervo», diceva sant'Uberto, «che portava la croce sulla testa?».
«E il fratello lupo e i fratelli uccelli e i fratelli pesci?», diceva san Francesco.

«E la mula che s'è inginocchiata davanti all'ostia?», diceva sant'Antonio da Padova.

Si vide allora una strana processione. Bestie a quattro e a due zampe, bestie con il pelo e bestie da penna, uccelli e pesci, avanzavano lentamente verso il trono di Dio. E c'era una grande bontà in tutti quegli animali, che rendeva più luminoso lo splendore del paradiso.

Gesù abbassò allora lo sguardo che tutto vede su quella moltitudine raccolta che l'adorava in silenzio e disse: «Non ci sono tutti, però. Mancano l'asino e il bue che m'hanno scaldato con il loro fiato quand'ero piccolo».
E l'asino e il bue vennero quasi subito. Perché erano già dietro la porta ad aspettare il loro turno. E Gesù li carezzò sorridendo.

Tutte le creature, grandi e piccole devono essere rispettate. È il Signore che le ha create. Sono un regalo della sua bontà e della sua fantasia. Esse rispettano le leggi della creazione che invece gli uomini spesso trascurano e dimenticano.
Da Bollettino Salesiano marzo 2016

domenica 27 marzo 2016

Pasqua 2016

Cristo è risorto. Allelluia! Alleluia" 

A tutti gli amici e loro famiglie auguro una serena e gioiosa Pasqua cristiana.

martedì 22 marzo 2016

La morte già festeggiava quando, inatteso, venne un uomo...

Pensieri del Gufo
Un giorno, la pietra disse: «Sono la più forte!». Udendo ciò, il ferro disse: «Sono più forte di te! Lo vuoi vedere?». Subito, i due lottarono fino a quando la pietra fu ridotta in polvere.
Il ferro disse a sua volta: «lo sono il più forte! Udendolo, il fuoco disse: «lo sono più forte te! Lo vuoi vedere?». Allora i due lottarono finché il ferro fu fuso. 

Il fuoco disse a sua volta: «lo sì che sono forte!». Udendo ciò, l'acqua disse: «lo sono più forte di te! Se vuoi te lo dimostro». Allora, lottarono fin quando il fuoco fu spento.
L'acqua disse a sua volta: «Sono io la più forte!». Udendola il sole disse: «lo sono più forte ancora! Guarda!».    I due lottarono finché il sole fece evaporare l'acqua.

Il sole disse a sua volta: «Sono io il più forte!». Udendolo, la nube disse: «lo sono più forte ancora! Guarda!».    I due lottarono finché la nube nascose il sole.
La nube disse a sua volta: «Sono io la più forte!». Ma il vento disse: «lo sono più forte di te! Te lo dimostro». Allora i due lottarono fin quando il vento soffiò via la nube ed essa sparì. 

ll vento disse a sua volta: «lo sì, che sono forte!». I monti dissero: «Noi siamo più forti di te! Guarda!». Subito i due lottarono fino a che il vento restò preso tra le catene dei monti.
I monti, a loro volta, dissero: «Siamo i più forti!». Ma sentendoli, l'uomo disse: «lo sono più forte di voi! E, se lo volete vedere ... ». L'uomo, dotato di grande intelligenza, perforò i monti, impedendo che bloccassero il vento. Dominando il potere dei monti, l'uomo proclamò: «lo sono la creatura più forte che esista!».

Ma poi venne la morte, e l'uomo che si credeva intelligente e tanto forte, con un ultimo respiro, morì.

La morte già festeggiava quando, inatteso, venne un uomo e, dopo soli tre giorni dalla morte, risuscitò, vincendo la morte.

Questo Gesù è la pietra che, scartata da voi, costruttori è diventata testata d'angolo… Buona Pasqua!

martedì 8 marzo 2016

Apprezza ciò che nella tua esistenza c'è, non sottolineare ciò che manca. E ringrazia di cuore.




IL GIUBILEO IN FAMIGLIA
di BRUNO FERRERO - ANNA PEIRETTI, da Bollettino salesiano, gennaio 2016

La riconoscenza

Esiste un sentimento che è costruttivo e indispensabile per la famiglia, i rapporti umani, l'educazione e la vita. Sembra una cosa da niente. È la fibra dell'amore e quasi nessuno ci pensa. La chiamano “gratitudine” e con un sinonimo molto bello “riconoscenza”. Per don Bosco era importantissima. Aveva perfino inventato una festa apposita.

Era vicino l'inizio della stagione dei monsoni e un uomo assai vecchio scavava buchi nel suo giardino.
«Che cosa stai facendo?» gli chiesero.
«Pianto alberi di mango» rispose.
«Pensi di riuscire a mangiarne i frutti?»
«No, io non vivrò abbastanza, ma gli alberi sì. Ho pensato che per tutta la vita ho gustato manghi piantati da altri. Questo è il modo di dimostrare la mia riconoscenza». 


Ringraziare

L'uomo moderno s'indigna, protesta, si vendica, raramente ringrazia. Eppure tutto quello che abbiamo, lo dobbiamo a qualcuno. Cominciando dalla vita. Una bellissima preghiera che un tempo conoscevano anche i bambini comincia così: «Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato».
Dovremmo guardarci allo specchio ogni mattina e ogni sera ringraziando per ciò che siamo, ciò che abbiamo raggiunto, le gioie che abbiamo vissuto, i dolori che abbiamo superato e le lezioni che abbiamo appreso. Dovremmo “riscoprire” ogni giorno il miracolo dell'esistenza.




Meravigliarsi

«Sì».
«Sì? Ma ne hai mai visto uno?»
«Un miracolo? Sì».
«Quale?»
«Tu».
«Io? Un miracolo?»
«Certo».
«Come?»
«Tu respiri. Hai una pelle morbida e calda. Il tuo cuore pulsa. Puoi vedere. Puoi udire. Corri. Mangi. Salti. Canti. Pensi. Ridi. Ami. Piangi...»
«Aaah... Tutto qui?» 


Tutto qui. È tragico non essere capaci di meravigliarsi. Il bambino si apre alla vita attraverso una catena di “stupori” e di meraviglie. Il compito più importante di un educatore è conservare questa capacità nei ragazzi che crescono: sarà la qualità più preziosa della loro esistenza. Perché chi sa stupirsi non è indifferente: è aperto al mondo, all'umanità, all'esistenza. Si viene al mondo con questa sola dote: lo stupore di esistere. L'esistenza è un miracolo. Gli altri, gli animali, le piante, l'universo, ci parlano di questo miracolo. E noi siamo miracolosi come loro. Per questo dobbiamo essere attenti e rispettosi.
Chi considera meravigliosa la vita, sente di amare l'umanità, la rispetta in sé e negli altri. Donando agli altri l'importanza che meritano, noi scopriamo la nostra importanza. La vita ha un valore, una dignità. Nessuno ha il diritto di deturparla. 


Sentirsi amati
 
Alessio, tre anni, chiede alla sorellina: «Raccontami la storia del lupo cattivo».
Lisa, dieci anni, risponde: «Ma no, non esistono lupi cattivi, ci sono solo lupi infelici».
Non esistono uomini cattivi. Gli esseri umani non sono cattivi, sono tristi. E i tristi diventano cattivi. Sono tristi perché non percepiscono la bellezza dell'esistenza.
La gratitudine è una virtù che nasce dalla gioiosa umiltà di sentirsi amati e di lasciarsi amare. Non è merce di scambio e non è “dovere”, ma purissimo, gratuito amore. 


È il segreto della famiglia. Significa dirsi a vicenda “Grazie perché esisti!” Si tratta soprattutto di imparare a “vedere”, accorgersi del valore delle persone che vivono con noi, di ciò che ci è accaduto o di qualcosa che magari già era nostro e non sapevamo quanto meraviglioso fosse.
In questo modo si formano due qualità essenziali dell'amore familiare. La prima è la stima. La seconda è il rispetto. Di qui nasce il vero collante della famiglia: il piacere di stare insieme


Diventare persone riconoscenti

Per coltivare la gratitudine nella quotidianità è necessario viverla come un allenamento. Occorre iniziare con piccoli pensieri quotidiani che vanno poi tradotti in parole, che conseguentemente si trasformano in azioni. Ecco alcuni semplici esercizi quotidiani.

I tuoi genitori ti hanno donato quanto di più bello, importante e anche impegnativo esista: la vita. Prenditi cura di loro con piccoli gesti quotidiani (una telefonata, un sms, una sorpresa, ...) e sii loro grato per tutto ciò che hanno fatto per te, anche se e quando hanno commesso errori.
Non invidiare chi consideri essere più fortunato, solo perché ritieni che abbia o sia di più di te. Apprezza ciò che nella tua esistenza c'è, non sottolineare ciò che manca. E ringrazia di cuore.


Ogni persona che incontri sta combattendo contro dolori di cui tu non sai niente. Sii gentile, offri il tuo contributo e fa' in modo che la tua presenza sia sempre migliore della tua assenza. Sii grato anche per chi non ti piace o per chi ti fa arrabbiare: è proprio grazie a loro che puoi imparare, crescere, migliorare e mettere in pratica un po' di pazienza, compassione.
La notte precedente la sua esecuzione, Jacques Decour, un partigiano francese, scrive un'ultima lettera alla famiglia: «Ora che ci prepariamo a morire, pensiamo a ciò che verrà. È il momento di ricordarci dell'amore. Abbiamo amato abbastanza? Abbiamo passato molte ore del giorno a meravigliarci degli altri uomini, a essere felici insieme, a sentire il peso del contatto, il peso e il valore delle mani, degli occhi, del corpo?».

Preghiera del grazie
 
Grazie è la preghiera felice
Di chi fa quel che dice.
Grazie è la preghiera forte
Di chi del cuore apre le porte.
Grazie è la preghiera grata
Di chi risponde con la risata.
Grazie è la preghiera quotidiana
Di chi fa una vita buona e sana.
Grazie è la preghiera migliore
Di chi è capace d'amore.