domenica 25 dicembre 2016

Il Natale è l’invito a farci dono, a farci prossimo



Natale: Il coraggio della gratuità, della generosità, festa del dono

di Mons.Tonino Bello


Natale è la festa del dono, dei doni.
Natale è la festa del dono di Dio, del grande dono che ci fa Dio: Dio ci regala se stesso, in Gesù di Nazareth; ci regala la sua vita divina, una vita che vincerà la morte.
A quanti però l’hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio (Gv 1,12)

E il Natale è l’invito a farci dono, a farci prossimo,
a dire meno volte “io”e più volte “tu”, “noi”.
Come ha cantato con intelligenza Giorgio Gaber:
Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire “noi”
(La canzone dell’appartenenza)

Natale è sentire, è capire che l’umanità è una sola, è unica, che tutti insieme Nord e Sud del mondo
ci salveremo o ci perderemo.
Allora il più grande dono che possiamo farci a Natale siamo noi. Dobbiamo regalarci
l’uno all’altro: questo è il segreto del Natale. Dio è felice perché ama.
L’uomo, fatto a immagine di Dio, è felice quando ama.

Tra di noi il più felice è colui che ama di più.
Natale è riscoprire la gioia del donare, è riscoprirsi fratelli cioè bisognosi l’uno dell’altro;
è la riscoperta della dignità di ogni uomo,
di ogni donna,
di ogni bambino che abita il mondo; 
è la riscoperta dell’uomo come valore assoluto, come vera immagine, in carne e ossa,
di Dio sulla terra.



E’ Natale: ricordati cioè scrivi nel tuo cuore che Dio ti ama. che Dio crede in te.
Ma ricordati anche che Natale non è e non deve essere lo stile di un giorno,
\ma di ogni giorno:
lo stile dello stupore, della gratitudine,
della fedeltà,
della gratuità, della generosità,
del donare e del donarsi.


Con tutto il cuore e l'amore di cui sono capace

auguro a tutti voi amici BUON NATALE nella pace del

Signore Gesù

sabato 17 dicembre 2016

"Ho paura che Dio passi nella mia vita e io non me ne renda conto


ECCO VIENE IL RE, IL RE DEI RE


L'annuncio della venuta del Signore, che domina l'Avvento, diventa in questa domenica, annuncio dell'incarnazione, della sua venuta nella carne, evento annunciato nella profezia di Iasia della nascita di un bambino, un discendente regale della casa di Davide.
Dal libro del profeta Isaia 7,10-14
Il Signore parlò ancora ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall'alto». Ma Acaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaia disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. “Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”.
Il re Acaz, discendente della dinastia davidica, trovandosi in grandi difficoltà con i suoi nemici vuole chiedere aiuto all'Assiria rifiutando l'invito del profeta a rivolgersi al Signore chiedendo un segno propiziatorio,un aiuto.
Isaia darà lui un segno ad Acaz, segno che si rivelerà profetico per i discendenti di Davide che non sono stati fedeli al Signore:il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”.

Il segno profetico dato da Isaia è stato sempre riferito dalla cristianità alla nascita del futuro Re messianico, manifestata anche dall'annuncio angelico a Giuseppe, che nascerà da Maria, per opera dello Spirito Santo:ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”.
Proclamato dalla confessione di fede dell'aposotolo Paolo che contiene l'annuncio del Figlio nato dalla stirpe di David secondo la carne e costituito Figlio di Dio secondo lo Spirito mediante la resurrezione (II lettura) .

Dalla lettera ai Romani 1,1-7
Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l'obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!
L'apostolo Paolo proclama la sua confessione di fede come apostolo chiamato “ad annunciare il Vangelo di Dio che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide”. In sostanza Paolo conferma ciò che Isaia aveva annuciato circa otto seccoli prima.
La predicazione degli apostoli realizza le profezie dell'Antico Testamento: Dio ha mantenuto le sue promesse, e Paolo è partecipe di questa realizzazione, come “lo siamo tutti noi, chiamati da Gesà Cristo,amati da Dio e santi per chiamata”
Dal Vangelo secondo Matteo 1, 18-24
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:
a lui sarà dato il nome di Emmanuele
, che significa Dio con noi”.
 

 
IL vangelo conferma l'avverarsi della profezia di Isaia, in modo straordinario da mettere in crisi Giuseppe prossimo sposo di Maria quando avverte che Maria attende un figlio.


Come sappiamo, un angelo del Signore chiarisce in sogno a Giuseppe quanto era avvenuto.«Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Salverà il suo popolo dai suoi peccati, non sarà un re come da molti atteso, un re liberatore.

Abbiamo visto come il re Acaz rifiuta il consiglio di Dio perché a modo suo “non voleva tentare Dio”. Isaia ha parlato a lui e alla discendenza davidica che spesso si dimenticherà dell'alleanza con Dio.

All'opposto Giuseppe, all'inizio turbato a causa della fidanzata Maria, accetta ciò che un angelo nel sogno gli rivela. Da allora farà da padre al bambino che nascerà da Maria.

In oriente il brano di questa quarta domenica di Avvento, la narrazione della nascita del Signore secondo Matteo, è chiamato “l'Annunciazione a Giuseppe”. Mi sembra giusto e doveroso.

Benedetto XVI in una domenica quarta di avvento pronunciava queste parole in Piazza San Pietro.

L’amato Papa Giovanni Paolo II, che era molto devoto di san Giuseppe, ci ha lasciato una mirabile meditazione a lui dedicata nell’Esortazione apostolica Redemptoris Custos, "Custode del Redentore". Tra i molti aspetti che pone in luce, un accento particolare dedica al silenzio di san Giuseppe. Il suo è un silenzio permeato di contemplazione del mistero di Dio, in atteggiamento di totale disponibilità ai voleri divini.
 
In altre parole, il silenzio di san Giuseppe non manifesta un vuoto interiore, ma, al contrario, la pienezza di fede che egli porta nel cuore, e che guida ogni suo pensiero ed ogni sua azione. Un silenzio grazie al quale Giuseppe, all’unisono con Maria, custodisce la Parola di Dio, conosciuta attraverso le Sacre Scritture, confrontandola continuamente con gli avvenimenti della vita di Gesù; un silenzio intessuto di preghiera costante, preghiera di benedizione del Signore, di adorazione della sua santa volontà e di affidamento senza riserve alla sua provvidenza.
 
Non si esagera se si pensa che proprio dal "padre" Giuseppe Gesù abbia appreso – sul piano umano – quella robusta interiorità che è presupposto dell’autentica giustizia, la "giustizia superiore", che Egli un giorno insegnerà ai suoi discepoli (cfr Mt 5,20).
Lasciamoci "contagiare" dal silenzio di san Giuseppe! Ne abbiamo tanto bisogno, in un mondo spesso troppo rumoroso, che non favorisce il raccoglimento e l’ascolto della voce di Dio. In questo tempo di preparazione al Natale coltiviamo il raccoglimento interiore, per accogliere e custodire Gesù nella nostra vita.
domenica, 18 dicembre 2005.
Scrive Sant’Agostino: "Ho paura che Dio passi nella mia vita e io non me ne renda conto" .

sabato 10 dicembre 2016

La Chiesa gioisce per la festa della nascita di Gesù, in attesa del Regno dei cieli





Domenica terza di avvento : 11 dicembre 2016 – Anno liturgico A


Is 35,1-6.10

Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa.
Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo.
Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron.
Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio.
Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti.
Dite agli smarriti di cuore:«Coraggio, non temete!
Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina.
Egli viene a salvarvi».
Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.
Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto,
perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa.
La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d'acqua.
I luoghi dove si sdraiavano gli sciacalli diventeranno canneti e giuncaie.
Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa...


Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo;
felicità perenne splenderà sul loro capo;
gioia e felicità li seguiranno
e fuggiranno tristezza e pianto
.

Gc5,7-10

Siate dunque costanti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l'agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore.


Dal Vangelo secondo Matteo 11,2-11

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».

Parola del Signore!


Domenica di attesa gioiosa per Colui che verrà. Il profeta Isaia parla al popolo ebreo annunciando ormai prossima la liberazione, invita alla gioia, il Signore verrà presto in loro aiuto. Gioia per il ritorno in patria, gioia per la libertà riconquistata questo è il frutto dell'intervento di Dio che salva annunciato dal Profeta Isaia.
Il ritorno dall'esilio è visto come un atto della potenza e dell'amore di Dio per il suo popolo.

Come il popolo ebreo anche noi in questa ricorrenza natalizia aspettiamo colui che viene, colui che guiderà l'umanità smarrita, sfiduciata e stanca, colui che infonde speranza per un traguardo finale, per adesso traguardo parziale che ci rimanda alla meta finale. La nostra gioia si chiama “Speranza! La nostra gioia in questa festa è rivolta ad un Bambino che “da grande”,obbediente al Padre, ha svelato il mistero da secoli nascosto. Festeggiamo il suo “compleanno” come vero uomo venuto nel tempo, inneggiamo al Figlio di Dio che ci ha salvati da morte eterna, gioiamo nell'attesa del suo ritorno come promesso.

Con il suo ritorno cesserà quella speranza che l'aposotolo Giacomo (seconda lettura) ci invita ad attendere con pazienza, quella pazienza di chi sa che il regno di Dio si costruisce lentamente, anche se i profeti lo hanno intravisto e annunciato prossimo, perché diversi sono i disegni di Dio da quelli degli uomini.

L'aposolo Giacomo si rivolge ai suoi «fratelli», i poveri, per chiedere loro la pazienza nell’attesa della venuta del Signore
Siate dunque costanti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l'agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge...
Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore”.

Sì, non chiediamoci quando verrà, noi crediamo che verrà e questo ci basta. Con gioia festeggiamo questo evento della sua incarnazione in attesa della sua seconda venuta trionfale.
Lascio adesso la parola a Mariella riportando un suo commento al vangelo della terza domenica di avvento, tre anni fa, ma sempre attuale:

Mariella:In entrambe le due prime letture c’è un costante invito a rallegrarci nel Signore, ad irrobustire le nostre mani fiacche e rendere salde le ginocchia vacillanti, a non temere e rinfrancare i cuori stanchi e delusi, a non lamentarci, non giudicare, a sopportare, ad esser lieti perché la venuta del Signore è vicina.
Ma come essere lieti, oggi, in questo nostro tempo? Guardando il mondo che ci circonda, la violenza, l'ingiustizia, la guerra, la fame, non si direbbe certo che c’è da rallegrarsi,
ma l'invito dell'Avvento è chiaro: "Rallegratevi!" non perché siano scomparse la sofferenza e le lacrime, come illudono le tante droghe di questo mondo che c’illudono spingendoci a cercare paradisi che non esistono. "Rallegratevi!" perché, come dice il profeta Isaia: "Egli viene a salvarvi". Questa è la nostra certezza!

Egli viene a salvarci, questa è la consolazione alla quale aggrapparci, per riuscire a sostenere il peso di qualunque croce dobbiamo portare.
Egli viene a salvarci, indicandoci una via che a Lui conduce, via di gioia e di felicità, dove fuggono la tristezza e il pianto. È la via dell'amore; la via santa perché accoglie tutti e porta verso il Signore
La gioia non è di coloro che vivono nella sazietà, nel benessere, nella forza fisica, nel successo e nel potere. La gioia del Signore è riservata a chi è nel pianto, piagato nella carne, oppresso dal dolore, indebolito come gli anziani e gli ammalati terminali, imprigionati ingiustamente come il Battista, ma, che nonostante la sofferenza, hanno nel cuore la consolazione della fede e la certezza di una Luce e di una meta che non delude.

Giovanni il Battista è rinchiuso ingiustamente nella prigione, ma non si abbatte, e non smette di cercare la verità, per questo manda a chiedere a Gesù : "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?".
Giovanni ha la forza di presentare a Gesù i suoi dubbi e chiede. Non crede a se stesso, ma alla parola di Gesù, è in ricerca!
Il Signore dà una risposta molto concreta: "Andate a riferire a Giovanni quello che udite e vedete: i ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti resuscitano e ai poveri è annunziata la buona novella". C'è un modo per conoscere il Signore che è vedere i segni della sua presenza.
E quando li hai visti, sperimentati non puoi che testimoniarli con amore!
Da come ci amiamo, da come viviamo, dalla nostra "testimonianza" concreta, dalle opere di amore, i segni della presenza di Dio sono nella vita di sempre, ma chiedono di essere capiti, custoditi, aiutati, rivissuti e tramandati con pazienza e fiducia.

Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Chiede Gesù alla folla. E' un interrogativo che spinge a riflettere.
Non una canna, non un uomo vestito di lusso... Avete incontrato nel deserto un profeta, il messaggero che è venuto a preparare la via, il più grande tra nati di donna, ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui
Parole un po’ misteriose forse, ma che vogliono farci riflettere sulla grandezza che ci ha regalato il battesimo, mediante il quale siamo entrati a far parte del regno di Dio
Ed in questo Regno siamo invitati ad amarci, sostenerci, confortarci, ripercorrere il cammino di amore e di fede che Gesù ci ha insegnato con la sua stessa vita e attraverso le sue opere. Questo tempo di Avvento ci aiuti a crescere in questa mirabile esperienza d'amore”.


Dai vangeli possiamo dedurre che Giovanni fu uomo giusto, irremovibile nella sua fedeltà a Dio, austero nella sua condotta di vita ma non per questo fu il più grande
La sua grandezza non deriva dal fatto che è stato scelto da Dio come precursore del Messia, ma per aver compiuto la sua missione con umiltà e costanza.
La stessa sua missione lo colloca al di sopra di tutti gli altri profeti. Giovanni ha potuto vedere il sospirato Messia, aveva ascoltato il beneplacito del Padre di Gesù e vedere lo Spirito Santo scendere su Gesù.. Tutti gli altri profeti hanno sì parlato in nome dell'Altissimo e Onnipotente, ma spesso senza capire la stessa profezia. Giovanni è un privilegiato, è il primo testimone del Messia, del Dio fatto uomo.
Giov 1,32-34: “Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come
una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui
che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai
discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”.E io ho
visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio»”.

Nonostante tutto ciò " il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui".
Giovanni non appartenne all'epoca inaugurata da Gesù: morirà prima.
Giovanni preannunzia la nuova economia: chi verrà dopo di lui "battezzerà in Spirito Santo e fuoco": ecco la novità, ecco il confronto...ecco perché Giovanni è più piccolo di chi sta già nel regno dei cieli.
Giovanni sarà incorporato a Gesù soltanto dopo la sua Risurrezione.
Ogni cristiano per mezzo del Battesimo viene incorporato a Gesù e reso partecipe della Nuova Economia, tempo decisivo della salvezza.
Come cristiani accettiamo e facciamo nostra questa salvezza?


martedì 6 dicembre 2016

La migliore accoglienza a Gesù? Accogliere gli altri come Gesù accolse noi




Domenica seconda di avvento : 4 Dicembre 2016 – Anno liturgico A


Le letture convergono nel consegnare un messaggio centrato nel Messia nella conscenza delle Scritture.

- Isaia annunncia la venuta del Messia, re di pace, su di lui si posa lo Spirito di Dio con i suoi doni. Egli è rivelato dallo Spirito.
- Secondo l'apostolo Paolo Gesù è il Messia perché secondo la parola della Scrittua, ha adempiuto le promesse di Dio fatte ai padri.
- La pagina del vangelo ci mostra Giovanni Battista che invita alla conversione in vista dell'arrivo di Colui che battezzerà in Spirito Santo e fuoco.

Dalle Scritture conosciamo la storia di Gesù, annunciato dai profeti quale Messia, Salvatore del popolo di Israele, per tenere viva la fede in Dio nel suo popolo, tramandato dagli evangelisti e dagli apostoli il suo operato per la nostra salvezza. Viviamo questa seconda domenca di avvento con spirito di testimonianza.

Ci è facile parlare ad altri di Gesù? La nostra fede è tale da essere testimonianza? Un profeta, l'apostolo e il precursore Giovanni ci invitano a gustare la bellezza di una vita vissuta nel profondo del nostro animo attraverso una conversione totale.

Dal libro del profeta Isaia 11,1-10

Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,un virgulto germoglierà dalle sue radici.
Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d'intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore.


Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l'empio.
La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi.



Il lupo dimorerà insieme con l'agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà.
La mucca e l'orsa pascoleranno insieme;i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue.


Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso.


Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare”.




Siamo attorno all'anno 735 a.C: la dinastia di Davide non è più forte come un tempo. Isaia si rende conto che nel popolo non c'è più fiducia e speranza, e nel nome de Signore garantisce al popolo che, se confida nel Signore, inizierà un'era di pace, simile a quella che esisteva nel paradiso terrestre. Il lupo dimorerà insieme con l'agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà.
Bellissimo questo brano di Isaia in cui si annuncia il futuro Messia e le sue qualità. Fermiamoci a rileggere il brano e ad assaporarne la bellezza non solo poetica ma il suo contenuto: è una profezia messianica che annuncia l'essere e l'operato, parla di un Re di pace. Un virgulto, Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse (di Davide),un virgulto germoglierà dalle sue radici,segno della vita che riprende e del rivelarsi della fedeltà di Dio alle sue promesse. Questo germglio continuerà a regnare nella dinastia di Davide, segnata da molte prove e infedeltà.
Sarà potente pur predicando la non violenza, le sue parole confonderanno l'empio e nel mondo resteranno giustizia e fedeltà. Sarà il custode per tutto il popolo e per tutto il mondo.Tutto Israele si innalzerà sul mondo come il grande segno del dono di Dio e della pace.
Sappiamo quanto il popolo di Dio abbia capito questo brano di Isaia, un nuovo re li avrebbe liberati da situazioni insopportabili con l'aiuto di Dio Onnipotente. Ma le vie del Signore erano diverse, la fragilità umana aveva bisogno di altre realtà, altri esempi, ben altri segni...



Dalla lettera ai Romani 15,4-9
Tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché, in virtù della perseveranza e della consolazione che provengono dalle Scritture, teniamo viva la speranza. E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull'esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo
Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio. Dico infatti che Cristo è diventato servitore dei circoncisi per mostrare la fedeltà di Dio nel compiere le promesse dei padri; le genti invece glorificano Dio per la sua misericordia, come sta scritto:
Per questo ti loderò fra le genti
e canterò inni al tuo nome
.

Mentre le parole di Isaia invitano alla speranza l'apotolo Paolo si rifà alle scritture, in virtù di esse terremo viva la speranza, le scritture lette con perseveeranza, approfondite con sapienza.
Poi un invito alla preghiera al Dio della pazienza e della consolazione, un invito alla concordia di sentimenti dimostrata nella comune e concorde glorificazione che la comunità eleva a Dio
come per giustificare la debolezza umana.

Paolo auspica per la comunità cristiana una omogeneità di sentimenti che devono trovare la sua espressione nell’unanime lode cultuale. La preghiera è rivolta al Dio della pazienza e della consolazione, quindi a colui che suscita la pazienza e che elargisce la consolazione. Dio conceda ai componenti della comunità di essere di un’unica idea, d’avere i medesimi sentimenti, quindi si invoca per loro ciò che da essi si esige e si spera. Una tale concordia di sentimenti può e deve dimstrarsi nella comune glorificazione che la comunità eleva a Dio.


“Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio. Dico infatti che Cristo è diventato servitore dei circoncisi per mostrare la fedeltà di Dio nel compiere le promesse dei padri...”

Quale accoglienza riserveremo a Gesù il giorno di Natale? Unità, sentimenti divisi, lotte, guerre o pace? Parlo del nostro cuore e dell'amore che riserviamo ai fratelli, al prossimo, ai poveri...Parlo di quella accoglienza gioiosa che riseviamo ai nosti cari, ai nostri amici che per una volta riversiamo a quel Bambinello che ci sorride dalla nuda paglia; di quella gioia che per sempre, una volta conosciute le Scritture e divenuti suoi discepoli con noi tutte le nazioni spereranno in Lui. t

Lodate, nazioni tutte, il Signore;
i popoli tutti lo esaltino.
Spunterà il rampollo di Iesse,
colui che sorgerà a giudicare le nazioni:
in lui le nazioni spereranno.


Dal vangelo secondo Mc 3,1-12


In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!».
Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse:

Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate isuoi sentieri!
E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico.
Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all'ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: «Abbiamo Abramo per padre!». Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell'acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».




Matteo riassume la predicazione del Battista nel deserto di Giuda con le stesse parole con le quali riassumerà più avanti, la predicazione di Gesù: “Convertitevi perché il Regno di Dio è vicino” . Come il ministero del Battista è introdotto con un riferimento a Isaia così anche il ministero di Gesù. C’è dunque una continuità fra i due personaggi e le due predicazioni.
Giovanni anticipa l'arrivo del Messia, era stato inviato per annunciare il suo imminente arrivo tra il popolo. Si preoccupa dell'accoglienza a Gesù, invita alla conversione, all'umiltà, al sacrificio, a propositi di una vita nuova. Gesù va accolto con animo aperto e puro.
Il tema della conversione, predicato dal Battista, era un’esigenza continua anche tra i farisei: la differenza stava nel modo d’intenderla. La conversione “farisaica” comportava unicamente un “cambiamento di mente”; la conversione richiesta dal Battista e da Gesù è molto di più: richiede un cambiamento radicale, totale, nella relazione con Dio; e questa relazione con Dio comprende non solo l’interno, ma anche l’esterno, tutto quello che è visibile nella condotta umana (“far frutti degni di conversione” v. 8). La retta relazione con Dio si deve tradurre nella retta condotta di tutta la vita.
La verità è illustrata con l’esempio dell’albero: se l’albero è buono, produce frutti buoni, frutti degni dell’albero stesso. Chi si converte a Dio è come una pianta del suo immenso campo, e i suoi frutti-opere devono essere buoni.

Il tema del Battista non è fuori luogo, come qualcuno potrà pensare perché al suo tempo Gesù era già un uomo maturo, cosa c'entra il Battista col natale?
Le sue parole ci interpellano prima di partecipare devotamente al ricordo della nascita del Messia. Natale è una festa speciale, è la festa del mondo intero, è anche la festa della nostra salvezza. A natale è facile sentirsi più buoni, anzi è naturale: è Gesù che ringrazia per la festa con cui l'accogliamo vedendo i nostri cuori che battono per lui, che i nostri figli inneggiano a Lui.

Per questo Giovanni ci invita alla comversione in questo periodo unendosi a tutta la Chiesa in cammino.

Quante volte anche noi pensiamo di essere giusti davanti a Dio solo perché stiamo da tanto tempo in Chiesa o facciamo parte di qualche gruppo ecclesiale. Il Signore, invece, vuole da noi: opere di penitenza, conversione quotidiana, umiltà davanti a Dio. Tutte le opere buone compiute senza umiltà e senza amore, somigliano al battesimo di acqua amministrato da Giovanni: era certamente una cosa buona, ma non produceva la grazia. Bisogna farsi battezzare da Cristo, perché il vero battesimo è cambiare ogni giorno la propria mente e il proprio cuore. Non manchiamo a questo appuntamento.



sabato 26 novembre 2016

Nell'attesa di una festa: la nascita di Gesù (1)


Attendere la festa di Natale, nascita di Gesù, come faremmo per la sua seconda venuta.



Le tre letture di questa prima domenica di avvento sono:
- un'accusa al popolo ebreo che ha abbandonato il Signore, il brano di Isaia;
- una esortazione alla fedeltà verso il Signore Gesù, l'apostolo Paolo;
- il brano di Vangelo è un invito a vegliare in attesa della venuta del Figlio dell'uomo.

DAL LIBRO DEL PROFETA ISAIA 1,1-5
Visione che Isaia, figlio di Amoz, ebbe su Giuda e su Gerusalemme al tempo dei re di Giuda Ozia, Iotam, Acaz ed Ezechia.
Accusa al popolo che ha abbandonato il Signore
Udite, o cieli, ascolta, o terra, così parla il Signore:«Ho allevato e fatto crescere figli,
ma essi si sono ribellati contro di me.
Il bue conosce il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone,
ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende».
Guai, gente peccatrice, popolo carico d'iniquità! Razza di scellerati, figli corrotti!
Hanno abbandonato il Signore, hanno disprezzato il Santo d'Israele,si sono voltati indietro.
Perché volete ancora essere colpiti, accumulando ribellioni? Tutta la testa è malata, tutto il cuore langue.



La visione di Isaia vede il popolo ebreo che ha abbandonato il Signore, lo ha sconosciuto e disprezzato voltandogli le spalle. Peggio delle bestie che conoscono sempre il loro padrone e gli sono fedeli:”Il bue conosce il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende”.

Isaia parla anche a noi in questa prima domenica di attesa in cui pensiamo già al Natale. Il solo pensiero della festa ci riempie di gioia, non turbiamo questa gioia immergendoci fantasiosamente in una festa profana perchè non lo è. Isaia ci ricorda che siamo figli di Dio, lui ci ha allevati con amorevolezza, non dimentichiamo che da Lui dipendiamo, non ignoriamo che ci ha amati per primi, ha perdonato i nostri peccati, non ci ha minacciati come ha fatto per Israele.

Nella seconda lettura Rom 13,11-14 l'apostolo Paolo, siamo nel nuovo testamento in cui Gesù ha completato la legge antica consegnata al suo popolo eletto, non abolita. Noi siamo depositari di questo completamento operato da Gesù, siamo i discepoli del Maestro Gesù. Le parole di Paolo sono per noi in modo particolare come lo furono per i primi cristiani.

E questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non lasciatevi prendere dai desideri della carne”.


L'invito dell'Apostolo a gettare via le opere delle tenebre e indossare le armi della luce completa la visione di Isaia, ci parla di conversione. Questo tempo di attesa per la venuta del Signore Gesù, è tempo di darci una mossa e svegliarci per ricevere degnamente Colui che viene.”Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non lasciatevi prendere dai desideri della carne”. Rivestirsi del mistero del Signore Gesù significa fare di esso il punto fondamentale della propria e altrui esistenza. La storia, la nostra storia di discepoli deve diventare luogo per realizzare il Regno di Dio.
Come accoglieremo Gesù fattosi uomo, celebrando il suo compleanno? Rivestiamoci del Signore Gesù Cristo e non lasciamoci prendere dai desideri della carne, da quel fascino fasullo del mondo pagano.


Dal vangelo secondo Mt 24,37-44
Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata.Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo
E questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non lasciatevi prendere dai desideri della carne.
Nel Vangelo appare chiaramente l'esortazione di Gesù alla vigilanza in attesa della sua seconda venuta, alla fine dei tempi di cui nessuno conosce il giorno e l'ora. La fine dei tempi avverrà nel quotidiano che diventerà, in un colpo d'occhio, improvvisamente “eternità”

La venuta del Signore è imprevedibile, di qui la necessità della vigilanza.
Gesù paragona gli uomini di questa generazione, cioè di coloro che vivono nella fase finale della storia (quindi anche noi) alla generazione dei tempi di Noè: essi vivevano nella spensieratezza totale delle cose che incombevano su di essi: mangiavano, bevevano, prendevano moglie e marito. Nel paragone è messa in evidenza la autocoscienza e il godimento della vita come fondamento della propria sicurezza, non la legge di Dio.
Il cristiano non deve lasciarsi sorprendere da un avvenimento così imprevisto. Egli sa molto bene quello che lo attende e che la rapidità degli avvenimenti ultimi non permette di pensare alla conversione nell’ultimo momento. La generazione di Noè passò alla storia come la più corrotta di tutte . Non si fa menzione dei suoi peccati concreti, ma si costata solo il fatto: vivevano sicuri e felici e all’improvviso li sorprese il diluvio.
Anche oggi assistiamo a certi atteggiamenti di spensieratezza e di vita facile come nella generazione del diluvio. Da notare il comportamento di Noè come condotta di uomo di fede. Egli non aveva alcun indizio per dedurre la catastrofe che si avvicinava: si fidò unicamente della Parola di Dio e portò a compimento quella costruzione assurda in un paese arido, lasciandosi guidare solo dall’ordine che aveva ricevuto da Dio.
Oggi i cristiani siano come Noè, e non come i suoi contemporanei. Infatti, quando verrà il Figlio dell’uomo, si ripeterà quello che avvenne allora: uno “sarà preso”, perché appartiene a Cristo (Mt 10, 32-33) e l’altro “sarà lasciato”. E questo, senza preavvisi, nella piena vita di ogni giorno, nel lavoro, nei campi, o in casa.
A questo punto qualcuno potrebbe obbiettare: ma il Natale non è la fine del mondo! E' vero, ma il Salvatore del mondo non merita di essere ricevuto, ricordato nei nostri cuori puri di veri discepoli e fratelli in Dio?

Gesù, dopo aver parlato degli ultimi avvenimenti e della venuta del Figlio dell’uomo, da una visione collettiva degli avvenimenti passa ad un richiamo individuale.
Gesù parla ad ognuno di noi, ad ogni uomo. Gesù ci invita a riflettere, ci invita a fare un test personale di comportamento, un esame di coscienza.
Leggendo questo brano possiamo rimanere perplessi, pensierosi…forse dubbiosi…
Ovvero indifferenti…O ancora contenti se il nostro sguardo è rivolto alle cose beate che ci attendono…

Le parole di Gesù hanno dato una sveglia al mio torpore per farmi guardare in alto e sperare nella sua bontà?

Gesù invita ad una vigilanza come attesa operosa, consapevole della propria storia e dell’aspetto finale della stessa: cosa veramente mi attende? Cosa spero, cosa faccio? Credo ad un incontro importante desiderato del profondo del cuore?...
Tutte queste domande attendono una risposta, non domani ma oggi, in questo momento e domani alla stessa maniera: vuole dirci questo Gesù quando invita a tenerci pronti?

Essere pronti caratterizzerà il discepolo di Gesù, l’essere cristiano: non importa quando verrà, noi speriamo e crediamo nella sua promessa.


Nella prima venuta fu avvolto in panni nella mangiatoia, nella seconda è circondato di luce come d`un mantello. Nella prima subì la croce, subì disprezzi e vergogna; nella seconda viene sulle schiere degli angeli che l`accompagnano, pieno di gloria. Non fermiamoci dunque alla prima venuta solamente, ma aspettiamo anche la seconda”.
Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimali, 15,1-4

martedì 19 luglio 2016

Tempo di vacanze, ricordiamoci di Dio




Siamo in periodo di vacanze, pensiamo al riposo, a divertirci, visitiamo luoghi nuovi e non senpre il
nostro pensiero è indirizzato al Creatore delle meraviglie che incontriamo. Questo articolo di don Luciano
ci invita alla riflessione, a scoprire le bellezze che ci circondano: a guardare attorno, in alto, lontano fino
all'orizzonte sia al mare che in montagna, per lodare le opere stupende che scopriamo, il prodigio di noi stessi nel mondo, creature di Dio.

La montagna sulla valle, di Don Luciano


In uno dei tanti campeggi in montagna disseminati durante la mia giovinezza, il cappellano si era
mosso in ritardo e aveva dovuto affittare sull'unico terreno rimasto. Avevamo messo le tende in una
lunga, stretta valle delle Dolomiti - pensavo fosse uno uno dei posti peggiori mai capitatomi.
Il sole penetrava in quella valle soltanto dopo le 10 di mattina e alle 4 del pomeriggio già spariva -
così era umido per gran parte del giorno. Persino la piccola contrada di quella valle mi sembrava
diroccata - uno di quei posti che ti mettono sentimenti di depressione. Ma un paio di giorni dopo
il nostro arrivo facemmo la prima lunga camminata - su per la montagna che sovrastava la valle.
E da lì ebbi la visione d'insieme. La valle era proprio bella - e persino quel pugno di case della
contrada non era poi male!

Quando riesci a vedere la valle dall'alto, quella visione panoramica fa sembrare diversa ogni cosa.
Devi tenerlo ben presente se in questo periodo della tua vita ti trovi a vivere dentro la valle.
E c'è una semplice parola di quattro lettere che rappresenta quella visione panoramica che cambia
l'aspetto di ogni cosa.

È scritta nel Salmo 138, al versetto 14: «Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere, | tu mi conosci fino in fondo.»

Indovinata qual è la parola che cambia l'aspetto delle cose? La lode - cioè concentrare la tua
attenzione sulla grandezza del tuo Dio invece che sulla dimensione dei tuoi problemi, ricordando a te stesso le grandi cose
che il Signore ha fatto nella tua vita, celebrando Colui che controlla davvero ogni avvenimento.
«Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato
davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti
passeri» (Luca 12,6-7).

La lode ha il potere di farti uscire dalla valle oscura. Se la tua valle oscura è una tentazione sappi
che nessuna tentazione resiste quando ti metti a lodare il tuo Signore: "Ti lodo e ti benedico Padre,
perché sto sperimentando la mia debolezza. Quando sono debole è allora che sono forte, perché
mi abbandono a Te. Lode a Te Maria, per avermi donato Gesù!"
La lode ti toglie di dosso i sentimenti negativi e lo scoraggiamento su cui spesso il diavolo
ama lavorare.

Scoraggiamento e depressione sono spesso le due montagne che rinchiudono la valle.
E il buio prolungato che esse provocano ostacolando il sole - spesso fanno emergere il tuo lato
oscuro, la paralisi spirituale, oppure ti causano il lasciarti andare. Fino a quando non ti decidi a
salire sulla montagna che ti porta più in alto - la Montagna della Lode.

Forse non ti senti di lodare il Signore, anzi non ne hai proprio voglia - significa allora che ne hai
davvero bisogno!
È una scelta cosciente, deliberata quella di cominciare a cantare le lodi di Dio invece dei tuoi l
amenti.

Comincia celebrando i modi in cui Dio si è fatto presente nei mesi scorsi e negli anni passati.
Guarda al progresso che hai fatto - da dove sei venuto, e non solo a quanta strada ti resta da fare.
Ringrazia Dio per le cose che non sono successe e che avrebbero potuto capitare. 

LodaLo per come Lui si è fatto presente nelle ultime 24 ore, nonostante le tue difficoltà. Comincia a elencare le cose che ti piacciono del Tuo Dio, le Sue promesse sulle quali fai affidamento e sulle quali confidi per andare avanti.

Quando sei dentro la valle e guardi a quello che ti sta intorno, ti senti sopraffatto e ti scoraggi. Ma se cominci a guardare la tua valle dalla Montagna della Lode, tutto cambia aspetto. E puoi avere quel rasserenante sguardo panoramico ogni volta che scegli di salire su quella Montagna.

Vi accompagno con la preghiera, sempre con riconoscenza e affetto

  don Luciano


martedì 28 giugno 2016

Quel fuoco che ti ha portato via così tanto ti darà anche nuova vita...

Il fuoco non è per distruggere l'oro ma per «raffinare» l'oro... toglierli le impurità... e aumentare il suo valore.


  

Ho già pubblicato alcuni articoli di don Luciano. Oggi, spulciando tra i suoi numerosi scritti, questo mi ha colpito e fatto riflettere più di altre volte. Spesso pensando al comportamento di una vita normale diamo più importanza alla creudeltà dei fatti che ci fanno soffrire, dimenticando di volgere lo sguardo verso Colui  che avendoci dato la vita, è sempre presente in noi pronto a spegnere il fuoco che ci tormenta e ridarci nuova vita. Questo è il senso di questo articolo di don Luciano: ci aiuti a risollevarci nei momenti bui con un fuoco che purifica e infiamma l'anima.

Brucio!  (1 Pietro 1, 6-7)

Il mese scorso - come capita ormai quasi ogni anno qui a Nakuru - una parte del Parco Nazionale è andata in fiamme. Dalle colline davanti a Boys Ranch e al Calabrian Shelter il fuoco divorava il bosco e il fumo intossicava l'aria. Di notte poi la visione del Parco che bruciava era dantesca. Quelle fiamme non erano certo una bella cosa. Ma in mezzo a quel disastro c'era pure una nota positiva. È  vero che decine di ettari di bosco andavano perduti - ma è anche vero che, alla lunga distanza, quel fuoco dava spazio a nuova vita. In qualche modo la natura si rinnovava attraverso quel fuoco - vecchi tronchi morti e alberi secchi venivano eliminati, e una nuova vita prendeva il posto della vecchia, più rigogliosa perché concimata dalle ceneri.

Dio sembra usare lo stesso principio nel Suo mondo - il fuoco che distrugge nello stesso tempo anche rinnova. Se ora stai attraversando un periodo di fuoco, è importante che tu faccia memoria di come Dio usa il fuoco. Se non lo fai, tutto quello che riesci a vedere è solo il danno, e finisci col perdere ogni speranza.

Può darsi che un incendio sia scoppiato recentemente nella tua famiglia... forse nella tua comunità... magari in parrocchia... nel tuo lavoro... nelle tue relazioni... o nella tua salute. Ed è fuori di dubbio che quel fuoco ha distrutto parecchio. Non si può non vedere o tacere il danno e la sofferenza che quell'incendio ha causato, ma la storia non è tutta lì.

In 1 Pietro 1, 6-7 Dio ci dice di come Lui vede l'azione del fuoco nella nostra vita. Dio dice: «Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po' afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell'oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo».

Dio descrive le nostre prove come «fuoco». E continua dicendo che Lui applica quel fuoco solo a qualcosa che ha veramente valore - l'oro. Inoltre quel fuoco non è per sempre - è per «un po'». E fai attenzione a che cosa serve quel fuoco - non è per distruggere l'oro ma per «raffinare» l'oro... toglierli le impurità... e aumentare il suo valore.

Questo è come Dio vede il fuoco attraverso il quale stai passando in questo periodo. Per Lui sei così prezioso che ti vuole purificare, migliorare, e prepararti per grandi cose. Ma prima c'è il fuoco. Quel fuoco che ti ha portato via così tanto ti darà anche nuova vita, se stai vicino a Dio durante la prova e non ti allontani da Lui.

Che tipo di vita nuova Dio fa emergere dalle fiamme? Per prima cosa, Lui ti aiuta a focalizzare il resto della tua vita sulle cose che veramente contano. Ogni cosa nella vita va in una di queste due colonne - le cose che valgono davvero e quelle che non valgono. E molte volte noi confondiamo le due colonne. I momenti di lotta e di perdita ci aiutano a rimettere le cose nella giusta colonna. Ed è per questo che molte persone emergono dal fuoco ben temprate, più concentrate su Dio che su qualunque altra cosa al mondo.

In secondo luogo il fuoco spesso ti aiuta a capire su cosa hai fondato davvero la tua vita - non sul tuo lavoro, non sulla tua posizione, non sulle tue capacità, non sulla tua apparenza, ma sulla tua "imperdibile" relazione con Gesù. Le altre cose le puoi perdere, quella relazione no! Le fiamme spesso ti portano ad avere un rapporto nuovo con le persone che ami...
a volte tolgono croste che gli anni avevano fatto accumulare... e ti possono portare a una intimità col Signore che mai ti saresti persino immaginato di poter avere.

Sì, il fuoco distrugge. Ma, grazie a Dio, quella non è la fine della storia. Il fuoco anche rinnova!

Vi accompagno con la preghiera, sempre con riconoscenza e affetto


  don Luciano


da 
www.incontriconlaparola.com

giovedì 9 giugno 2016

Pregherò per te

Ci stanno a cuore i problemi degli altri?


Pregherò per te!
Questo è il titolo che ho dato io a questo articolo di don Luciano. Pregherò per te, vuol dire che c'è stato un incontro con qualcuno e prima con Qualcuno con lettera maiuscola: Dio. Potrebbe essere la fine di un incontro ovvero l'inizio di una nuova relazione, amicizia. Ma ascoltiamo don Luciano..
In Africa c'è un certo pudore a mostrare i propri sentimenti, è una questione culturale. Ma se c'è una cosa che non ho mai avuto paura di fare con i miei bambini è stato mostrar loro che li amavo veramente, a fatti e a parole - e loro hanno capito e ricambiato. Ogni giorno, a uno a uno, non mancavo mai di dire loro: "Ti voglio bene!" E loro me lo ridicevano. Quotidianamente c'era per tutti un abbraccio, una carezza, un bacio. C'era una intensa relazione di affetto tra noi - e chiunque veniva la percepiva chiaramente!

Quei gesti e quelle parole di affetto tra me e i miei bambini non erano manifestati per impressionare. Esprimevano invece il rapporto che c'era tra noi, e questo toccava il cuore delle persone. C'è qualcosa di potente che si scatena quando mostriamo alle altre persone il rapporto che abbiamo con qualcuno. Specialmente quando si tratta della relazione più importante della nostra vita - il tuo rapporto con Gesú. È una relazione di cui hanno disperatamente bisogno molte persone che ti circondano. La loro vita dipende da quella relazione.
Anche la Parola di Dio ha qualcosa da dirti a questo riguardo. In Atti degli Apostoli 16, 25 e seguenti, abbiamo un luminosissimo esempio di cosa succede quando mostriamo la nostra relazione con Gesú - altre persone vogliono anche loro conoscere Gesú. Dopo che Paolo e Sila sono stati picchiati e buttati in carcere per la loro testimonianza cristiana, sta scritto: «Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i carcerati stavano ad ascoltarli». Poco dopo, quando arriva la crisi sotto forma di un violento terremoto, sta scritto: «Il carceriere si precipitò dentro [la cella] e tremando si gettò ai piedi di Paolo e Sila; poi li condusse fuori e disse: "Signori, cosa devo fare per esser salvato?". Risposero: "Credi nel Signore Gesú e sarai salvato tu e la tua famiglia"». Li aveva sentiti cantare inni a Dio e pregare nella crisi della cella - ossia esprimere davanti a tutti la relazione che avevano con Gesú - e ha capito che doveva rivolgersi a quei due testimoni quando è sopraggiunta la sua crisi.

 
In tutti questi anni ho visto gente poco vicina alla Chiesa reagire con gioia a una promessa che quelli "di Chiesa" considerano scontata - "Pregherò per te!". Se hai a cuore il bene di chi ti sta intorno allora sai anche capire quando arriva la loro crisi, il terremoto che scombussola la loro vita. Forse sono venuti a raccontarti la preoccupazione che hanno per una persona della loro famiglia, un problema di salute, una sconfitta, una ferita, un problema economico. 
Quello è per te il momento di promettere loro che parlerai a Dio del loro problema.
E se fortunatamente sei da solo con loro, chiedi se non vorrebbero che cominciaste subito a pregare Dio insieme. Si tratta solo di chiedere gentilmente: "Vi dispiace se comincio a pregare subito, mentre siamo insieme?" L'ho fatto molte volte con chi si riteneva "lontano" dalla Chiesa. Nessuno mi ha mai detto no. Anzi, succede spesso che mentre prego vedo i loro occhi bagnarsi di lacrime.

Quella persona con cui stai pregando probabilmente non ha mai sentito nessuno in vita sua pregare per lui. Non ha mai sentito il suo nome portato davanti a Dio in preghiera. E, come Paolo e Sila, quando stai portando in preghiera quel loro problema davanti a Dio - stai annunciandogli che è possibile avere una relazione con Gesù. Dio può persino accenderti il semaforo verde dello Spirito Santo, e ispirarti a dire le parole giuste per quel momento.

Quando le ferite sono scoperte e fanno male c'è molta più gente disposta che si preghi per loro, che non noi a pregare per loro. A chiedere di pregare con loro non si perde niente, anche se l'altro ti risponde no. In ogni caso, tu hai mostrato che il loro problema ti sta a cuore. E inoltre hai testimoniato che hai una relazione di amore con Dio, quella stessa relazione che tu vorresti che abbia anche chi ami.

Vi accompagno con la preghiera, sempre con riconoscenza e affetto. don Luciano .