domenica 21 giugno 2015

Quelli che cercano il Signore «gioiscono», sono proprio contenti!




Abbiamo provato qualche volta a giocare con Dio?

 Vedere il Padre di Don Luciano, in incontri con la PAROLA

Una delle cose che più mi rendono felice è quando entro nel Calabrian Shelter, la casa delle nostre bambine, ossia le mie figlie. Apro il cancello e loro sono lì che stanno giocando... lavando i panni... cucinando. Insomma stanno facendo qualcosa che a loro piace o un'attività di cui sono responsabili. Ma appena mi vedono, lasciano tutto - giochi, scopa, scure per tagliare la legna, e mi corrono incontro felici. Anche il loro gioco passa in secondo piano! Perché vedere il loro papà è meglio di qualsiasi altra cosa! A volte anch'io faccio finta di correre loro incontro, ma appena la prima bambina si avvicina, io scappo. E loro tutte a corrermi dietro - ma il fatto è che io voglio che mi prendano, capito?!
 

E' bello vedere che le mie figlie mi corrono incontro appena mi vedono, perché vogliono le coccole del loro papà. E' vero, quando vedo mio papà o la persona che più amo al mondo - ogni cosa passa in secondo piano. Il Salmo 36,4 parla di che cosa dovrebbe incendiare il tuo cuore di figlio o di figlia di Dio. «Cerca la gioia del Signore, | esaudirà i desideri del tuo cuore». Rallegrati ogni volta che vedi presente il Signore... come certe bambine che io conosco sono felici ogni volta che vedono quello che per loro è il papà. Poter stare col Padre anche solo per un poco fa diventare secondaria ogni altra cosa. «Mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14,8).

Nel primo libro delle Cronache 16, 10-11 il Signore ti dice come poter vedere continuamente la presenza del Signore.
«Gloriatevi sul suo santo nome;
gioisca il cuore di quanti ricercano il Signore.
Cercate il Signore e la sua forza,
 ricercate sempre il suo volto».
Quelli che vedono sempre il Signore sono quelli che Lo cercano sempre.... cercano la Sua volontà ogni giorno... tutti i giorni. E quelli che cercano il Signore «gioiscono», sono proprio contenti!


Il fatto è che Dio ti sta sempre lavorando intorno - creando cose belle di cui tu possa gioire... inventando opportunità per te... mettendo al tuo fianco la persona giusta al momento giusto... trattenendoti da qualcosa che ti potrebbe far male... mandandoti il Suo incoraggiamento... rimuovendo gli ostacoli... dandoti quello di cui hai bisogno... spalancandoti una porta quando tutto sembrava ormai chiuso - la lista è infinita. Il Padre ti ama persino più di quanto tu possa immaginare... ha investito tutto il Suo capitale su di te - la vita di Suo Figlio Gesù... e sta riversando ogni giorno il Suo amore su di te... anche quanto tutto sembra buio pesto.

Ricordati che «le misericordie del Signore non sono finite,  
non è esaurita la sua compassione;
esse son rinnovate ogni mattina,  
grande è la sua fedeltà» (Lamentazioni 3,22-23).

Il tuo Padre celeste sta entrando dal cancello ogni giorno. Riesci a vederLo? O sei così occupato con le tue attività, così preso dai tuoi problemi, così concentrato su te stesso, che non ti accorgi nemmeno che Lui è lì davanti a te? Non Lo vedrai mai se non Lo cerchi. Questo significa che ti svegli ogni mattina dichiarando che quel giorno hai aperto la caccia a Dio. Comincia sempre la tua giornata dicendo: "Buon giorno Gesù! Oggi, per favore, dammi occhi per vederTi nella mia vita - anche nelle cose che non mi piacciono o non capisco... tanto nelle grandi quanto nelle piccole".

La tua capacità di vedere Dio deve diventare il cuore della tua preghiera e della tua lode... deve costruire la tua confidenza in Lui e ricordare al tuo cuore che - comunque ti stiano andando le cose - tuo Padre è in pieno controllo della situazione.

Io non potrò mai dimenticare le mie figlie che corrono incontro al loro papà, gridando felici. Così devo essere io e tu nelle 24 ore di questa giornata, di ogni altra giornata. "Che bello! Anche oggi ho visto mio Papà!"


Vi accompagno con la preghiera, sempre con riconoscenza e affetto

don Luciano

mercoledì 17 giugno 2015

Spesso obblighiamo Dio a metterci di fronte ad una scelta obbligata




Non costringerLo alla "scelta obbligata"
di don Luciano in Incontri con la Parola

Fare i genitori non è una scienza esatta. Non è come mischiare insieme certi ingredienti e sai che ti verrà fuori sempre lo stesso prodotto. Fare i genitori è una scienza molto imprecisa. Ma dopo un po' si impara a essere creativi nell'inventare le maniere per far fare ai propri figli le cose giuste. Si possono scegliere varie metodologie: quella dell'urlare, o del minacciare, o dell'intimidire - oppure puoi optare per il metodo che io chiamo della "scelta obbligata".

La "scelta obbligata" consiste nel pilotare il proprio figlio a fare la cosa giusta. Potremmo anche chiamarlo "metodo del scegli tu prima che lo faccia io". Tale metodo consiste nell'offrire a tuo figlio due possibilità di scelta, ma una è così pesante che non gli resta che scegliere l'altra. Per capirsi: "Molto bene, puoi pulire il cortile oggi pomeriggio con il mio aiuto o fartelo tutto da solo tra sabato e domenica". Oppure: "O ti fai da solo un programma di studio durante queste 3 settimane di vacanze, oppure te lo faccio io. Scegli tu". E' sorprendente vedere come il metodo della "scelta obbligata" di solito aiuta tuo figlio a fare quello che dovrebbe fare o a essere quello che dovrebbe essere.

A volte anche Dio è costretto a usare con noi il metodo della "scelta obbligata". Prima della sua ascensione al cielo Gesù aveva dato delle istruzioni ben precise ai Suoi discepoli, in Atti 1,8: «Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra». Qual è stata la parte del discorso che più è piaciuta ai discepoli? Ovvio, Gerusalemme. Era casa. Era muoversi a proprio agio.

C'è da chiedersi se e quando avrebbero lasciato Gerusalemme se a un certo punto Dio non li avesse buttati fuori da quella città, applicando il metodo della "scelta obbligata". Atti 8,1 ci dice cosa è successo. «In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme e tutti, ad eccezione degli apostoli, furono dispersi nelle regioni della Giudea e della Samaria». Il vangelo è stato annunciato fuori dalla Palestina e nel mondo intero perché Dio ha in qualche modo spinto quei primi cristiani fuori dalla loro zona di sicurezza. Dio ha permesso che il loro spazio sicuro diventasse improvvisamente molto insicuro.

E' come se Dio avesse detto: "Molto bene. Hai due possibilità. Puoi rimanere dove sei soffrendo terribilmente oppure puoi andare dove sto cercando di farti arrivare, prendendoti tutti i rischi connessi". Insomma, noi siamo come quei primi cristiani. Ci siamo adagiati in un certo modo di fare le cose. Ci siamo adattati alla situazione in cui viviamo, non necessariamente perché essa sia la migliore ma perché ci è comoda, familiare. Allora Dio è costretto a usare la "scelta obbligata".

Forse in questo periodo ti stai chiedendo perché mai Dio abbia permesso certe cose nella tua vita, perché le cose stiano andando storte. Non può essere che Dio ti stia chiedendo un cambiamento? Puoi, testardamente, scegliere di continuare a vivere e a fare le cose sempre nello stesso modo - oppure puoi obbedirGli e scegliere di fare quello che Lui sa essere il tuo maggior bene. Forse ti può sembrare rischioso, ma Lui vuole portarti là - ecco perché ti sta spingendo in quella direzione.

Se le cose non stanno andando bene non è perché Dio ti ha dimenticato. Invece è perché ha in mente qualcosa di meglio per te. Vuole che tu esca dalla tua zona di conforto e di sicurezza e scelga il rischio di andare verso il meglio. Ma se tu sei come la maggior parte dei bambini - o come i primi cristiani - allora Dio deve metterti davanti alla "scelta obbligata" perché tu finalmente Gli obbedisca.

Vi accompagno con la preghiera, sempre con riconoscenza e affetto

don Luciano

sabato 13 giugno 2015

Anche Dio ti sta tessendo in uno dei Suoi tappeti…




  Il tappeto di don Luciano


DA INCONTRI CON LA PAROLA
No. 322





I conventi di clausura non cessano mai di stupire. Mi è capitato di visitarne uno in cui le monache si tramandavano da non so da quanto tempo l'arte del creare tappeti. Nel piccolo negozio a cui i visitatori avevano accesso ce n'erano di bellissimi e di tutte le fatture. Lì mi fu spiegato che il problema più grande che si incontra nella tessitura del tappeto è che tende a sfaldarsi. Tutti quei fili che le monache abilmente mettono insieme creando dei piccoli capolavori di artigianato per natura tendono a sfaldarsi, rovinando mesi e anni di duro lavoro. Come fanno allora a tenere insieme tutti quei fili? Mettendo una cornice attorno al tappeto, e con tutto il tappeto tenuto insieme da quella cornice, è possibile continuare a lavorarci senza che esso si sfaldi.

Anche Dio ti sta tessendo in uno dei Suoi tappeti - la tua famiglia, la tua parrocchia, la tua comunità. Perché sono questi i tappeti che Lui costruisce. I tappeti di Dio sono le reti di relazioni - le persone con cui collabori nel tuo gruppo, la comunità cristiana a cui appartieni. Nel capolavoro di Dio i fili sono i Suoi figli che, come in ogni tappeto, sono molto diversi l'uno dall'altro. Ci sono quelli tutta razionalità, quelli tutto cuore, i buoni, i ruvidi, i saggi, i calmi, quelli che si adattano a tutto, quelli che vogliono avere tutto sotto controllo, i cavalli da corsa e quelli da tiro.

In Efesini 4,15-16 Dio descrive la Sua famiglia come un corpo pieno di salute: «Cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità». Dio vuole che quello che ci lega sia la carità. Ma, come in ogni tappeto, c'è la tendenza a sfasciarsi, e forse è quello che sta accadendo al tappeto a cui appartieni. Ci sono tensioni, incomprensioni, negatività, critiche, forse vendette o pugnalate alle spalle. Manca la pace, ci sono discorsi spazzatura, incomprensioni che crescono, colpi di spillo sugli altri, blocchi, muri tra le persone.

Dio sa bene che tendiamo a sfasciarci gli uni dagli altri. Ecco perché lui ci dà il telaio per tenere il tappeto insieme. Lo troviamo in Efesini 4, 1-3: «Vi esorto dunque [...] a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace». Quella frase «cercando di conservare» nell'originale greco vuol dire "mettere tutta l'energia nel voler stare uniti".

Se il tappeto in cui sei inserito sembra in qualche modo sfaldarsi, perché non cerchi di essere tu colui che fa tutto il possibile per fermare lo sfascio? Forse dovrai fare da tessitore di pace o forse sarai chiamato a essere colui che affronta con carità ma decisione la causa del problema. O magari devi essere tu colui che fa il primo passo e perdona, in modo che si inneschi la guarigione. Se dentro di te c'è della rabbia o del risentimento, se stai coltivando la mormorazione e la critica, se stai permettendo che si sviluppi in te durezza o il tagliare le relazioni, allora stai contribuendo allo sfascio del tappeto che Dio con grande amore ha tessuto insieme. Se vuoi che il tappeto stia insieme devi essere tu quella persona che parla e agisce «con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza», sopportando con amore.

E se il tuo sopportare con amore non sta dando i frutti sperati, medita su questa frase di san Giovanni Calabria: «Ricordiamoci che la divina Provvidenza è una tenera Madre che tutto ordina per il nostro bene, anzi per il nostro maggior bene; dobbiamo sentirci portati dalle sue materne mani; è vero, molte volte dobbiamo soffrire, e la natura può provarne talvolta quasi sgomento; non meraviglia­moci; anche Gesù conobbe la tristezza, il tedio e la paura, giungendo a pregare il Pa­dre di allontanare da Lui l'amaro calice, soggiungendo però che si rimetteva alla sua paterna Volontà. Adesso noi vediamo solo l'orditura del lavoro e il rovescio del ricamo, potrà sembrare che tutto sia confusione, ma quando potremo vedere il lavoro finito e il di­ritto del ricamo, allora essi ci appariranno in tutta la loro magnifica e meravigliosa fattura».

Non permettere che crescano muri e che ferite restino incurate. Fai tutto il possibile perché ognuno fissi gli occhi su Gesù, la cornice che ci tiene insieme per sempre. Siamo stati tutti colpevoli della Sua croce, e siamo stati tutti da Lui perdonati. Siamo abitati tutti dallo stesso Spirito santo. E Lui ci vuole tutti insieme in Paradiso. Tutti ci inchiniamo allo stesso nome, il nome di Gesù. Gesù ha pagato a caro prezzo la tessitura del tappeto di cui sei parte. Vi ha messo tanta passione e sofferenza. Non essere tra quelli che lo sfasciano.

Vi accompagno con la preghiera, sempre con riconoscenza e affetto

don Luciano



mercoledì 10 giugno 2015

Noi giovani e il Decalogo




Noi giovani e il Decalogo
XXV Giornata Mondiale della Gioventù

 

1 NON AVRAI ALTRO DIO
«Il mio centro? Guardo in alto»
La fedeltà all’unico Dio di Gesù agli occhi dell’uomo d’oggi può apparire come un impoverimento. L’abbandono all’amore del Padre, invece, ci restituisce a noi stessi più veri e umani. Lo sperimento di persona nel lavoro, negli impegni, nelle amicizie e nella vita coniugale. Quando ci siamo sposati, mia moglie e io abbiamo scritto sugli inviti un versetto di Matteo: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» per esprimere una scelta ma, soprattutto, per ribadire il centro 'alto' della nostra vita (Patrizio Righero, Pinerolo).

2 NON NOMINARE...
«Senza sciupare il volto dell’Amore»
Essere vigilanti nel «non nominare il nome di Dio invano» mi pare ci richiami oggi a restituire autenticità alla nostra relazione con Dio. Anche il nostro impegno di vita cristiana chiede di essere evangelizzato, perché il «parlare di Dio» scaturisca da un cuore innamorato, radicato nell’ascolto profondo della sua Parola che ci chiama alla conversione. Rischiamo altrimenti di diventare degli «osservanti» che non amano, dei «credenti» non amanti: anche questo è sciupare il nome e il volto dell’Amore (Luca Sardella, Chiavari).

3 SANTIFICA LE FESTE
«Domenica da vivere in comunità»
Quando pensiamo al «dovere» di santificare le feste, viene alla mente il precetto domenicale che spesso ruba qualche ora di sonno al nostro riposo, dopo una settimana di studio o lavoro. Riflettiamo invece su come il settimo giorno è stato il riposo di Dio dopo la fatica della creazione e, come attraverso quel giorno, possiamo vivere il nostro rapporto con Cristo che si fa uomo.
La domenica ci aiuta a riscoprire che non siamo soli nel nostro cammino, ma siamo inseriti in una comunità di «salvati» da Cristo (Carlo Salati, Fidenza).

4 ONORA PADRE E MADRE
«Per loro uno sguardo di gratitudine»
« Onora il padre e la madre»: anche questo comandamento va riletto come «via dell’amore autentico». Onorare i genitori significa rivolgere a entrambi uno sguardo rispettoso, pieno di gratitudine, colmo d’affetto. Anche i figli come il giovane del Vangelo di Marco hanno ricevuto per primi un’attenzione amorevole. È vero, siamo orientati verso la vita eterna e in questo orizzonte che non corrisponde alla logica umana di una felicità terrena, brilla il legame profondo con i genitori che già vivono in cielo (Lucia Giallorenzo, Teggiano).

5 NON UCCIDERE
«Solo Dio può disporre della vita»
Non abbandoniamoci alla violenza e non uccidiamo l’entusiasmo giovanile.
Impegniamoci perché il mondo adulto, con le sue leggi, non spenga nei giovani cristiani l’idea che ogni uomo debba godere di pieno rispetto come creatura di Dio che solo può disporre della sua vita. Combattiamo ogni forma di emarginazione verso chi è meno fortunato e viviamo la vita pienamente, portando avanti ideali e sogni senza che gli ostacoli ci inducano all’indifferenza, causa prima della morte lenta della società (Giulia Grondona, Genova)

6 NO AGLI ATTI IMPURI
«Credo all’amore per sempre»
Il sesto comandamento lo traduco così: credo al sogno dell’amore per sempre, quindi accetto di vivere la purezza. Ovvero, una virtù che significa amare, guardandosi attraverso occhi limpidi. Il concetto di fedeltà, purtroppo, viene ogni giorno smantellato, ma è ancora possibile viverlo, anche con sacrificio. Nei ragazzi che seguo come formatrice vedo la lotta per vivere castamente un rapporto; ma vedo anche che l’affrontano con la gioia e la consapevolezza di sapere che stanno costruendo le fondamenta di un amore stabile e profondo (Anna Sartea, Milano)

7 NON RUBARE
«Io mi spendo per il bene comune»
Quando pensiamo al settimo comandamento (non rubare) ci sentiamo esentati, non colpevoli: siamo persone per bene. Invece riguarda tutti, se pensiamo al tempo che sprechiamo, che «rubiamo» agli altri e soprattutto a quello che di buono si può fare e non facciamo.
Abbiamo però l’occasione per uscire dal silenzio e divenire protagonisti nella costruzione della società. Alla scoperta di come servire il bene comune. Così intendo il mio impegno nella politica della mia città (Alessia Cambi, Prato).

8 FALSA TESTIMONIANZA
«Sfidati a essere sinceri e autentici»
Sincerità... autenticità... essere se stessi...: una bella sfida per me e per i miei coetanei, soprattutto al giorno d’oggi, in cui tutto è il contrario di tutto e niente sembra vero. Voler «accordare» testa, cuore, bocca e mani è difficile ma allo stesso tempo avvincente: la Verità in cui crediamo va vissuta ogni giorno pienamente e con semplicità. Questo non significa essere perfetti ma essere coerenti, riconoscendo le proprie potenzialità e i propri limiti, per vivere la propria vita intensamente, spendendosi a piene mani (Maria Salvatore, Sora).

9 LA DONNA D’ALTRI
«Un cuore fedele anche agli amici»
Se l’amore è adesione totale di cuore, testa e corpo, nella mia vita declino il nono comandamento con l’espressione «amo per davvero». Che vuol dire faccio una scelta, un dono libero e totale all’altro. Così superare le tentazioni, magari momentanee, implica fare i conti con la propria autenticità. Non è solo questione di «rispetto» dell’altro. È qui che la fragilità diventa opportunità: quando scegliamo anche l’amicizia come relazione franca, leale e coraggiosa, che trasforma quel desiderio in vere scelte d’amore (Salvatore Scolozzi, Lecce).

10 LA ROBA D’ALTRI
«Il creato in “prestito” a tutti noi»
Rimango spesso senza fiato. Quando magari sono con il mio gruppo scout, quando mi spingo più in là della strada sicura e con gli scarponi consumati e il fazzolettone al collo, me ne vado sui sentieri e all’improvviso mi trovo davanti a paesaggi da favola. Così non posso che ringraziare il buon Dio per le meraviglie che ci dona. Percepisco che rispettare il creato è solo un dovere: le cose che ci «presta» un altro si trattano meglio delle proprie (Elisabetta Marraccini, Avezzano).

Avvenire, 16 marzo 2010

sabato 6 giugno 2015

DARE UN NOME A Dio nel nostro quotidiano



Un nome che è tutta una storia
 (Salmo 21, 23)




Il Signore mi ha regalato il privilegio di vivere in Africa e di venire a contatto con le svariate culture tribali di questo meraviglioso continente. Per esempio alcune tribù hanno in grande considerazione l'uso dei nomi. A un bambino viene imposto il nome a seconda di qualche avvenimento importante successo in quel giorno o in quel periodo. Così una mia amica è stata chiamata "Colei che porta la pioggia" tra i Karimojong dell'Uganda perché qualche ora dopo il suo arrivo venne la pioggia, dopo mesi di siccità. Un missionario tra i Taitha è stato chiamato "Dono di Dio" per la sua grande carità. Questo uso africano di imporre un nome a seconda delle cose importanti che sono successe è lo specchio di quanto già accadeva nella Bibbia. Anche lì, quando si faceva esperienza di una persona, la si celebrava imponendogli un nome.

Per le dodici tribù dell'antico popolo di Dio, Israele, i nomi erano molto importanti. Specialmente quelli che essi davano a Dio basandosi sui momenti in cui avevano sperimentato il Suo amore, la Sua potenza e la Sua santità. Nel Salmo 21, viene chiesto anche a te di imparare a celebrare il Signore: «Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, | ti loderò in mezzo all'assemblea». Chi ha camminato con il Signore nelle diverse situazioni della vita e ha imparato a celebrarLo, sa cosa significa annunziare «il Tuo nome».

Come alcune tribù qui dell'Africa, anche chi ha sperimentato Dio può darGli un nome che condensa l'esperienza che ha fatto di Lui. Pensa ad esempio al Salmo 23, dopo che per anni uno è stato guidato dal Signore e nulla di necessario gli è mai mancato, allora può dire: «Il Signore è il mio pastore». Quando Mosè vide che il Signore aveva sconfitto l'esercito dei loro nemici più pericolosi, chiamò il Signore «il mio vessillo» (Es 17,15). La bandiera rappresenta un popolo. Quando qui in Kenya vedo esposta su un edificio la bandiera italiana ne sono orgoglioso. Per Mosè, dal giorno della vittoria contro gli Amaleciti, Dio era per lui la sua bandiera.

Se tu dovessi riassumere e celebrare il tuo cammino quotidiano con il Signore, dandoGli un nome che condensa l'esperienza che oggi hai fatto di Lui, come lo chiameresti? E' un modo molto efficace per lodarLo, per sentirLo vicino, per animare la tua preghiera al tuo potente Salvatore.

Qualche tempo fa, in uno dei nostri incontri di preghiera, ho rivolto ai nostri collaboratori di Welcome to the Family questa domanda: "Se tu dovessi dare a Dio un nome basandoti su come Lo hai visto ieri presente nella tua vita, che nome Gli daresti?" Uno mi ha detto: "Il Medico divino" e mi ha spiegato che aveva suo figlio malato e finalmente è guarito. Un altro mi ha risposto: "Il Mio Protettore" perché tornando a casa lo ha protetto da un brutto incidente. Un altro ancora mi ha detto: "Il Mio Aiuto" perché aveva un problema apparentemente senza sbocco e la preghiera gli ha aperto una strada.

E tu? Se tu dovessi concentrare in un nome quello che Dio ieri ha fatto nella tua vita, come Lo chiameresti?

Pensaci... diGlielo... e lodaLo per quello che Lui è stato per te.

Cammina alla Sua presenza, annunzia il Suo nome a chi incontri e lodalo per come agisce nella tua vita. Quando alcune tribù africane vogliono onorare una persona e esprimere in una parola il suo modo di essere, lo onorano imponendogli un nome. Anche il nostro Dio lo merita. LodaLo ogni giorno con un Nome che dica come Lui sia stato Dio oggi per te.

Vi accompagno con la preghiera, sempre con riconoscenza e affetto

don Luciano
INCONTRI CON LA PAROLA No. 320