venerdì 30 gennaio 2015

Scuola di religione: in difesa della propria identità




L’ora di religione

Viviamo in un periodo storico in cui è d’obbligo parlare di integrazione sociale a causa di spostamenti di intere popolazioni, e di conseguenza di uomini di culture e religioni diverse. Spesso si sottolinea la religione a discapito delle culture invece di cercare di comprendere le diversità per una sana convivenza. L’Europa per prima, parlando di civiltà, ha ignorato le sue origini, tralasciando così un confronto col culto e con l’etica delle altre religioni.
Spero che questo articolo di padre Gianni Epifani, Sacerdote rogazionista, giornalista e regista della Santa Messa di RaiUno ci aiuti a chiarire le nostre idee a riguardo.



In difesa della propria identità


Da quando, nel 1984, è stato sottoscritto il nuovo accordo tra Stato e Chiesa, condizionato dal presupposto di matrice costituzionale della laicità del primo, l’insegnamento della religione cattolica nella scuola è diventato opzionale.
La ragione di tale previsione è ovvia: uno Stato aconfessionale non impone lo studio di alcuna specifica religione, nel rispetto della libertà di credo di ciascuno, che anche papa Francesco ha più volte definito un diritto umano fondamentale.
Nulla quaestio

Tuttavia, questo principio è sacrosanto nel caso in cui l’insegnamento in questione si presentasse come un indottrinamento, uno strumento propagandistico e apologetico, discriminatorio nei confronti di chi cattolico non è. Non certo quando tale disciplina scolastica abbia tra i suoi obiettivi di apprendimento – ne cito alcuni testualmente –:
- “Evidenziare la risposta della Bibbia alle domande di senso dell’uomo e confrontarla con quella delle principali religioni”,
- “confrontare spiegazioni religiose e scientifiche del mondo e della vita”,
- “evidenziare gli elementi specifici della dottrina, del culto e dell’etica delle altre religioni, in particolare dell’Ebraismo e dell’Islam”,
- “rintracciare nei documenti della Chiesa gli atteggiamenti che favoriscono l’incontro, il confronto e la convivenza tra persone di diversa cultura e religione”,
“riconoscere in opere artistiche, letterarie e sociali i riferimenti biblici e religiosi che ne sono all’origine e decodificarne il linguaggio simbolico”.

Insomma, molti ed evidenti sono gli aspetti che fanno di questo un insegnamento storico, sociale, culturale, pur nel segno della tradizione e dei principi cristiani, che sono irrinunciabili in un paese cattolico.

Perché studiare gli dei e l’Iliade e non Gesù e la Bibbia? Perché imparare la storia, tralasciando quella del cristianesimo?
Come comprendere la letteratura -si pensi alla Divina Commedia – la storia dell’arte, la filosofia senza un adeguato bagaglio di conoscenze religiose cattoliche?

Ma non è solo questo. La nostra storia affonda le sue radici nella cultura cristiana; è giusto preservarla, valorizzarla, difenderla e presentarla come la nostra carta d’identità, che permette agli altri di conoscerci, capirci e di avvicinarsi a noi con rispetto e coscienza.

Nel 2004, l’allora cardinale Ratzinger, durante una lezione tenuta presso la biblioteca del Senato italiano, ha affermato:
“L’Occidente tenta sì, in maniera lodevole, di aprirsi pieno di comprensione a valori
esterni, ma non ama più se stesso. La multiculturalità [...] non può sussistere senza [...] punti di orientamento offerti dai valori propri [...] È nostro dovere nutrire in noi stessi il rispetto davanti a ciò che è sacro e mostrare il volto di Dio che ci è apparso”.

Dieci anni dopo, papa Bergoglio ha ribadito che “senza identità non può esistere dialogo”.
È doveroso dunque trasmettere questo ricco ed importante patrimonio identitario alle giovani generazioni e difendere quell’ora di lezione che fortemente vi contribuisce, anche attraverso la scelta di avvalersi dell’insegnamento di religione cattolica, a scuola.

Editoriale A SUA IMMAGINE N,108, 31 gennaio 2015
 Di Padre Gianni Epifani Sacerdote rogazionista, giornalista e regista della Santa Messa
di RaiUno.


Religione e scuola: una ricchezza, un'opportunità



RELIGIONE E SCUOLA

Non se ne parla quasi più: soltanto nelle prossimità di qualche festa come Natale e Pasqua qualche voce stonata si fa avanti. Sì, stonata, perché di parte e non informata. Questo articolo della giornalista e presentatrice televisiva Lorena bianchetti vuole essere una testimonianza di come andavano le cose qualche anno fa,motivazioni e sentimenti ancora validi per i nostri giorni

L’ora della scelta: Origine, specificità e rilevanza di questa disciplina scolastica 
Una ricchezza un’opportunità

Secondo alcune statistiche, l’ora di religione nelle scuole è scelta da 88 ragazzi su 100. Nonostante un negativo e strumentale bombardamento mediatico-culturale, negli ultimi vent’anni c’è stato solo un calo del cinque per cento delle adesioni; un dato significativo che va a confermare la comprensione di uno strumento importante dal punto di vista della formazione di una persona e la motivazione di una scelta dettata non solo da un’appartenenza religiosa.

Sono passati ormai tanti anni dal tempo in cui frequentavo il liceo ma ricordo che fu proprio durante lo svolgimento di questa materia che studiai storia delle religioni. Fu durante quelle elezioni che cominciai a capire il significato delle parole “dialogo interreligioso” o“ecumenismo” e fu proprio in quegli anni che cominciai ad aprire la mente e il cuore al rispetto di quelle specificità che non potevano essere motivo di divisione, ma che erano solo ricchezza e opportunità. Ecco, se dovessi definire che cosa ha rappresentato per me l’ora di religione durante il periodo scolastico, userei proprio questo termine: opportunità.

Non so se i cambiamenti che la scuola ha vissuto negli ultimi anni hanno portato
rivoluzioni particolari ma, ai miei tempi, nella scuola media, durante l’ora di religione si
poteva respirare. Questo non significava che non si lavorasse o non ci si impegnasse, bensì
che in quell’ora l’ansia dell’interrogazione era sostituita dalla bellezza dello scambio. Il
professore, un sacerdote, aveva un registro di classe che non utilizzava come minaccia
attraverso il quale addomesticarci. Lo poggiava sulla cattedra cominciando spesso a girare tra i banchi per rubare domande di vita da noi studenti sulle quali riflettere.

Era un’ora “leggera” anche dal punto di vista dei compiti a casa, ma intensa sul piano umano. Ricordo con nitidezza la possibilità di parlare, di porre domande liberamente, di sviscerare argomenti che toccavano la quotidianità a 360 gradi. Era un’ora di grande crescita umana, un tempo
in cui il confronto insegnava innanzitutto ad ascoltare. Tanti erano gli argomenti, argomenti
che ritrovai poi durante il liceo, periodo in cui compresi anche che le radici cristiane
della nostra cultura sono storia, verità cioè da rispettare e accettare al di là di ogni tentativo di illuministica laicizzazione della società.

Lorena Bianchetti giornalista e conduttrice della trasmissione A Sua Immagine

A Sua Immagine  N, 108 del 31 gennaio 2015





giovedì 29 gennaio 2015

LA MISSIONE SOCIALE E UNIVERSALE DEGLI SPOSI



UNA LUCE NELLA NOTTE


Da un’omelia di don Zeno per il 

matrimonio di due figli di 

Nomadelfia, 20 ot tobre 1963




Pubblico questo articolo ripreso dalla rivista  NOMADELFIA E' UNA PROPOSTA, ritenendo ancora valido quanto allora detto dal fondatore Don Zeno e ancora vissuto dalla sua comunità. Nomadelfia è una comunità di famiglie che vivono insieme, anche adottando ragazzi che trovano qui genitori, fratelli, sorelle. Qui tutto è im comune, nessuno possiede qualcosa di suo , ma tutto è di tutti per il bene di tutti, come le prime comunitàè cristiane. Potete trovare ulteriori notizie su internet, www.nomadelfia.it


La fraternità nella Chiesa

Nomadelfia cammina il corso della Chiesa, perché la fraternità cristiana è sorta coi primi cristiani, i
quali tentarono subito di fraternizzarsi, condividendo la vita: l’uno di sostegno all’altro. E negli
Atti degli Apostoli leggiamo che tra loro non c’era il povero, il bisognoso: tentarono una società
nuova, ma si sono dispersi come forma fraterna. E allora cominciarono altre forme, tentativi di comunità, ma nella Chiesa questo spirito sempre si rinnova. Quindi il fatto a cui assistiamo oggi è una cosa di venti secoli, è l’aspirazione della Chiesa: che gli uomini si fraternizzino fra di loro.

Il matrimonio e l’apostolato

Nella storia di questi secoli, pareva impossibile che i matrimoni potessero far parte della vita cristiana apostolica, così da poter vivere un apostolato, in modo che la famiglia non fosse tale da assorbirli e da impedire ad essi di essere nella vita degli apostoli.
Quando, da giovane, mi interessavo dell’Azione Cattolica, vede vo che i miei amici, finché erano giovani, mi aiutavano, erano liberi, ma appena sposati non si concludeva più niente. 


Col matrimonio, anziché aumentare la forza e la possibilità di far delle opere di bene, si chiudevano in questa piccola cerchia.
E sempre più la famiglia, nella storia, sta rimpicciolendosi.
È già radicata l’idea, propria della vita umana non soprannaturale, che l’uomo e la donna, quando sono sposati, non possono più dedicarsi ad opere di apostolato e di redenzione umana. Ciò ha fatto sorgere gli ordini religiosi, i quali hanno tentato e hanno fatto cose meravigliose, ma non erano un popolo. Si sono dedica ti individualmente e insieme come fratelli, e hanno fatto opere giganti,
mentre i laici si sono conservati, pratica mente, pagani nel loro sistema di vivere.

Nel popolo non esiste una concezione fraterna, ci si aiuta qual che volta con opere assistenziali, ma
proprio l’abbraccio fraterno non esiste: l’uno non può contare sull’altro. E allora è lo squallore del
paganesimo. Che un uomo possa contare sul l’altro uomo, in tutte le sue sofferenze, in tutte le sue angustie, in tutte le sue gioie, questo non avviene, in quanto ognuno è un mondo a sé.

Come si devono fraternizzare gli individui, così si devono fraternizzare le famiglie

C’è da piantare nel mondo un colpo come questo, e dire: “No, non è così, avete torto, bisogna che il matrimonio moltiplichi la potenza dei giovani per essere apostoli nel mondo e fraternizzarsi tra di loro”. Mentre la  storia sociale e politica del mondo sta minacciando dei grossi guai, e solo gli illusi possono vedere roseo, la Chiesa pianta di questi semi: matrimoni che si legano fraternamente tra di loro. Essi sono più forti, apostoli più di prima, in quanto l’uno sostiene l’altro nella vita di apostolato e di amore fraterno verso tutti. Un matrimonio così si sente sorretto dall’altro, perché come si devono fraternizzare gli individui, così si devono fraternizzare le famiglie.
Se il mondo non si piega a Cristo, il mondo va alla deriva.

Siete il ritorno a Cristo, il ritorno alla vita


Voi vi sposate: siete cresciuti qui, siete stati amati, avete imparato ad amare. Tutti quelli che sono qui vi
amano e voi dovete amare. Voi amate. Voi siete forti, se volete siete una potenza, nessuna forza può
riuscire a spezzarvi, contro di voi non c’è forza mondana che riesca, non ci sono i potenti, non c’è
niente: tutto si spezza, perché vi amate di un amore fraterno. Voi rappresenta te il ritorno a Cristo, il ritorno alla vita.


Rinnovare il mondo

Ricordatevi che uscite da questa chiesa con un’idea preci sa: “Abbiamo una missione da compiere, rinnovare il mondo”. E non dovete aver paura. Una volta, a scuola di teologia, un professore, perché ho fatto certe obiezioni, mi dice: “Non vorrà mica salvare il mondo, lei?”.
Battendo i pugni sul tavolo ho detto: “Sono qui solo per questo”.

 Con Cristo salvatori del mondo Con Cristo dobbiamo essere salvatori del mondo, quindi uscendo da
questa chiesa dovete pensare: “Ci siamo sposati per realizzare il piano di Dio nel matrimonio, e, nello
stesso tempo, con il matrimonio ci assumiamo davanti al popolo la missione di portare nel mondo il
rinnova mento della famiglia e della società umana”. Questa è la vostra missione.
Dei difetti non preoccupatevi, perché ci saranno sempre: tutti li hanno, e più ne avete meno paura dovete avere. Quello che vi deve premere è di amarvi molto, ma in questo amore sentire in voi questa missione: essere rinnovatori della vita umana, della società umana.
Questo è un grande fatto, un fatto di Dio. Essere un seme
La società umana si affronta moltiplicando il seme. Il regno dei cieli è simile a un grano di senape che,
buttato nel terreno, creerà una pianta sulla quale gli uccelli dell’aria andranno a riposare. Questo è il seme di senape, simile al regno dei cieli, e sulle cose che farete, gli uomini sfiniti, stanchi di tutti gli errori che stanno commettendo, correranno a riposare dalle loro fatiche e a fare i nuovi nidi.