venerdì 5 settembre 2014

I sacramenti ai divorziati: Rileggiamo il vangelo...


Matrimonio e sacramenti

Quarta  puntata:” L’eucaristia non è un meccanismo premiale o di esclusione”



In questa ultima puntata affrontiamo il problema degli sposi separati o divorziati e i sacramenti. Sappiamo come il regolamento ecclesiale in questi casi è molto rigido anche se si parla di misericordia divina, ma non ci sarà un’altra via da seguire, o quei “poveretti” saranno sempre dei lontani? Le domande che ci facciamo sono molte, e i Padre sinodali dovranno dare una risposta.
Nel frattempo è anche giusto che noi riflettiamo e cerchiamo di capire quali possono essere le nuove vie per permettere  a quei fratelli di usufruire della grazia dei sacramenti, in modo particolare penitenza e ed eucaristia

Ci aiuterà come al solito Raniero La Valle. Ecco le sue riflessioni che ci aiuteranno a capire qualcosa di più, fermo restando che l’ultima parola in questo ce la darà il Papa e in vescovi del Sinodo.

“La riflessione pastorale sull’eucaristia ai divorziati dovrebbe soffermarsi su altri punti egualmente cruciali per il dibattito.

Il primo è quello del significato dell’eucaristia: l’ha già detto papa Francesco nella “Evangelii Gaudium” al n. 47: le porte dei sacramenti non si dovrebbero chiudere per una ra­gione qualsiasi, e l’eucaristia non è un pre­mio per i perfetti ma un rimedio e un alimento per i deboli. Soprattutto, noi diremmo, non dovrebbe essere usata come un meccanismo di esclusione, come il vaglio che separa i regolari dai sans papier, gli ammessi dagli scomunicati, le Chiese in comunione da quelle private dell’intercomunione, per cui il sacramento finisce per essere uno strumento di controllo e di potere. Su questo scoglio è andato a sbattere l’ecumenismo.

Il secondo punto è naturalmente una rilettura del Vangelo nelle condizioni di oggi sapendo, come disse Giovanni XXIII, che “non è il Vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio”.
Qui il primo testo è naturalmente quello della risposta di Gesù sul ripudio, su cui viene fondata l’indiscutibilità della dottrina dell’indissolubilità matrimoniale, come voluta dallo stesso Signore: “L’uomo non separi ciò che Dio ha congiunto”, dice Gesù, e se Mosè aveva disposto diversamente era stato per la “durezza di cuore” degli israeliti. Ma intanto bisogna notare che la durezza di cuore denunciata da Gesù era quella del ripudio della donna da parte dell’uomo, non quella del divorzio, che non esisteva nella società di Israele, e che almeno avrebbe avuto il carattere della reciprocità.

 Ma al di là di questo, in una sua omelia a Santa Marta il 28 febbraio papa Francesco ha detto che Gesù non entra nella casistica nella quale i farisei volevano farlo cadere e riporta il discorso all’essenziale, al principio, all’ordine della creazione. “Dietro il pensiero casistico - ha detto il Papa - c’è sempre una trappola. Sempre! Contro la gente, contro di noi e contro Dio, sempre!”
 Invece quello che fa Gesù è di riportare il rapporto tra uomo e donna al “capolavoro della creazione”, all’averli Dio creati maschio e femmina, a non volere l’uomo da solo, ma “con la sua compagna di cammino”. Ora se in tal modo si torna “all’inizio della rivelazione”, si vede che in quel quadro descritto dalla Genesi ed evocato da Gesù non c’è una comunità umana di uomini e di donne in cui possa darsi fedeltà o infedeltà, adulterio, divorzio o ripudio. Lì ci sono solo un uomo e una donna, prototipo degli universi maschile e femminile che avrebbero abitato la terra, e il problema antropologico che da lì avrebbe attraversato tutti i luoghi e tutti i tempi non era che l’uomo non scegliesse un’altra donna che non c’era, ma che l’uomo non ripudiasse la donna come aiuto simile a lui, e che mai si rompesse l’alleanza tra l’uomo e la donna in tutto il corso della storia a venire, perché se questo fosse avvenuto l’ordine della creazione ne sarebbe stato sconvolto, e la catastrofe umanitaria sarebbe sopravvenuta fin dal principio. Ciò che tiene in piedi il mondo è infatti l’unità indissolubile, in una sola carne, della donna e dell’uomo.
  
Il richiamo evangelico all’unità ontologica tra l’umanità maschile e femminile

Il detto di Gesù è stato interpretato dalla Chiesa come una prescrizione giuridica dell’indissolubilità del matrimonio di ogni singola coppia umana, contro il venir meno di rapporti durevoli. Ma oggi c’è un’urgenza ancora maggiore. La dignità femminile è ancora negata nella società maschilista e patriarcale, le donne subiscono ancora violenza, il “principio femminile” è in vari modi e in molti luoghi oltraggiato.
C’è il rischio di una reazione di separazione, di un’ideologia dell’autosufficienza che estremizzi la differenza di genere; c’è da un lato il rischio del sesso indifferenziato del mercato, come fu denunciato da Ivan Illich, dall’altro di un genere o “gender” che produca una vera spaccatura nell’unità umana.
Con una lettura ancora più decisiva per il destino umano, le parole di Gesù possono perciò essere lette non tanto come un vincolo imposto al singolo matrimonio monogamico, ma come il divino appello a non rompere l’alleanza ontologica tra uomini e donne, a non sciogliere l’intreccio tra maschile femminile tenuto insieme, nella differenza, dalla forza dell’Eros e da quella dell’ Agápe, e come tale veramente figura del rapporto indissolubile tra Dio e l’umanità tutta intera.

Un altro testo meraviglioso da rileggere è quello dell’incontro di Gesù con la donna di Samaria al pozzo di Sichem. Non c’erano buone relazioni tra Giudei e Samaritani e non ci si doveva mettere a parlare con una donna ma, come ha detto Francesco all’ “Angelus” della terza domenica di quaresima, Gesù non si fa fermare dai pregiudizi: “la misericordia è più grande del pregiudizio”. E il pregiudizio poteva essere tanto più grande perché Gesù sa, e dice alla donna, che ella aveva avuto cinque mariti e che quello con cui stava non era suo marito; e questo è un particolare che di solito viene ignorato dai fedeli perché nella “lectio brevis” del vangelo domenicale queste parole sono tolte dalla bocca di Gesù. La cosa sorprendente è che proprio a questa donna dai cinque mariti, che certo oggi non avrebbe la comunione, Gesù si presenta come il messia, e fa la rivelazione decisiva sul rapporto che gli uomini devono avere con Dio: “E’ giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Ed è a seguito di questa rivelazione di Gesù che la donna abbandona la sua brocca sul pozzo, corre a dare la notizia ai Samaritani, e questi sono i primi a proclamare che Gesù è “veramente il salvatore del mondo”.
                                                                              
 Raniero La Valle




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