venerdì 28 febbraio 2014

Un saluto gioioso e nostalgico, di Papa Francesco



Messaggio di Papa Francesco a Tony Palmer, vescovo dell’International Ecumenical Officer per la Comunione delle Chiese Evangeliche

Papa Francesco, martedì 14 gennaio 2014 ha ricevuto in udienza il vescovo responsabile dell’International Ecumenical Officer per la Comunione delle Chiese Evangeliche Anthony Palmer. Nel corso di quell’incontro, ha registrato un messaggio che poi lo stesso Palmer ha mandato in onda durante un recente raduno negli Stati Uniti. 
Nel video, Papa Francesco parla in italiano, anche se, come ha detto lui, è la lingua del cuore a parlare e come sempre gli accade, parla dritto negli occhi di ognuno. Citando il brano della Sacra Scrittura in cui Giuseppe ritrova i fratelli, esprime la nostalgia per quell’abbraccio che un giorno tutti i cristiani riuniti potranno finalmente darsi; e cita anche Manzoni: “non ho trovato mai che il Signore abbia cominciato un miracolo senza finirlo bene”.

:

E’ una lingua più semplice e autentica e questa lingua del cuore ha un linguaggio e una grammatica speciale, una grammatica semplice, due regole: ama Dio sopra tutto e ama l’altro perché è tuo fratello e tua sorella. E con queste due cose andiamo avanti.

Io sono qui con mio fratello, il vescovo fratello Tony Palmer, siamo amici da anni, e lui mi ha detto del vostro convegno, del vostro raduno e con piacere vi invio un saluto. Un saluto gioioso e nostalgico. Gioioso perché a me dà gioia qui, che voi siete riuniti per lodare Gesù Cristo l’unico Signore e pregare al Padre e ricevere lo Spirito, e questo dà gioia perché si vede che il Signore lavora in tutto il mondo. Nostalgico perché, succede come nei quartieri fra noi: nei quartieri ci sono famiglie che si vogliono e famiglie che non si vogliono, famiglie che si uniscono e famiglie che si separano; e noi siamo un po’, mi permetto la parola, separati: separati perché i peccati ci hanno separati, i nostri peccati, i malintesi, nella storia, una lunga strada di peccato comunitario, ma chi ha la colpa? Tutti abbiamo la colpa, tutti siamo peccatori. Soltanto uno è giusto: il Signore.

Io ho la nostalgia che questa separazione finisca e ci dia la comunione; io ho la nostalgia di quell’abbraccio del quale parla la Sacra Scrittura, quando i fratelli di Giuseppe, affamati sono andati in Egitto per comprare per poter mangiare; andavano a comprare, avevano i soldi, ma non potevano mangiare i soldi. Lì, hanno trovato qualcosa più del pasto, hanno trovato il fratello; tutti noi abbiamo dei soldi, soldi della cultura, i soldi della nostra storia, tante ricchezze culturali e anche religiose, tradizioni diverse, ma dobbiamo trovarci come fratelli  e dobbiamo piangere insieme come ha fatto Giuseppe: quel pianto che unisce, il pianto dell’amore. Io vi parlo come un fratello, e vi parlo così, semplicemente, con gioia e nostalgia. Facciamo crescere la nostalgia perché questo ci spingerà a trovarci, abbracciarci e a lodare Gesù Cristo come unico Signore della storia.

Vi ringrazio tanto per sentirmi, vi ringrazio tanto per lasciarmi parlare la lingua del cuore e vi chiedo anche un favore: di pregare per me perché ho bisogno delle vostre preghiere; io prego per voi, lo farò, ma io ho bisogno delle vostre preghiere e pregare il Signore perché ci unisca tutti. E avanti, siamo fratelli, ci diamo spiritualmente questo abbraccio e lasciamo che il Signore finisca l’opera che lui ha cominciato perché questo è un miracolo, il miracolo dell’unità è cominciato e come dice uno scrittore italiano famoso, Alessandro Manzoni, in un romanzo, un uomo semplice del popolo dice questa frase: “non ho trovato mai che il Signore abbia cominciato un miracolo senza finirlo bene”. Lui finirà questo miracolo dell’unità.
Vi chiedo di benedirmi e io vi benedico, da fratello a fratello, un abbraccio. Grazie



sabato 22 febbraio 2014

MATRIMONIO: FIDANZAMENTO E SESSUALITA'






La risposta alla chiamata di Dio nel matrimonio non s’improvvisa.  

Il matrimonio diventa solido se il periodo prematrimoniale è vissuto in preparazione di esso. Come i seminaristi si preparano al sacerdozio, così i fidanzati devono imparare ad amare Dio e il futuro coniuge con quel dono totale di se di cui abbiamo parlato, richiesto anche durante il fidanzamento.  Abbiamo, infatti detto che il Matrimonio è una vocazione,  cioè una chiamata di Dio. è, in altre parole, un dono che Dio fa ai due sposi per la loro salvezza e per il suo progetto d’amore sull’umanità. Ciò è valido per il sacerdozio ed è valido anche per il matrimonio.

Fidanzamento e sessualità

Per il cristiano la sessualità non è scindibile dal disegno d’amore di Dio sull’uomo. Anche i princìpi che devono ispirare i rapporti tra fidanzati, dunque, devono nascere dalla visione cristiana della sessualità:
1.      Questa non è mai fine a se stessa, come un bene di consumo, ma è sempre vista nel contesto della chiamata dell’uomo all'amore cristiano, cioè al dono di sé, al rispetto dell’altro, al servizio e alla promozione dell'uomo.
2.      Il matrimonio cristiano è una “chiamata” a quella forma particolare di amore cristiano tra uomo e donna, che consiste nel dono totale e reciproco di se stessi e nel servizio alla vita secondo il progetto di Dio.  In questo contesto la sessualità diventa forza da illuminare e da educare perché diventi, nel matrimonio, mezzo ed espressione  di questo amore.
3.      E' evidente, in questa prospettiva, che la vita sessuale completa può trovare il suo posto soltanto nel matrimonio, così come gli atti propri del ministero sacerdotale (come ad esempio il confessare o il consacrare l’Eucarestia) trovano posto solo dopo che il seminarista è diventato sacerdote.
Se siamo convinti, dunque, che i rapporti prematrimoniali non vanno d’accordo con l’ideale di amore cristiano, troveremo la forza, nel fidanzamento, di evitare anche tutti quei gesti che potrebbero predisporre ad essi. 
E’ comunque sempre importante sottolineare che è necessario conservare un atteggiamento di semplicità e di prontezza nel saper ricominciare, atteggiamento che scaturisce dalla consapevolezza della grande comprensione di Gesù verso la nostra debolezza e dalla sua volontà di aiutarci.  Nell’amore, si cresce, a poco a poco. (tratto da Gino Rocca, Città Nuova n. 17/1990)




Ciro Notarangelo e Clelis Perna in IL MATRIMONIO, vocazione alla santità


mercoledì 19 febbraio 2014

Dio aggiorna il nostro sistema operativo





Aggiornare il nostro sistema operativo



Insomma, lo sanno tutti - io sono un dinosauro informatico. Così quando si parla di telefonini e computer io so appena come accenderli e spegnerli. Ma pur nella mia ignoranza riesco ad apprezzare alcune cose che la Provvidenza ha fatto in modo che io usi. Come il nuovo computer avuto in dono, per esempio, che lavora molto più velocemente di quello che avevo in precedenza. Così sono in grado di aggiornare anche il sistema operativo e alcuni programmi importanti. Adesso, grazie alla maggior potenza e memoria del computer, posso fare cose che prima non mi erano possibili. Il computer è una parte importante della tua vita, e un aggiornamento nella potenza e nei programmi ti può portare a un nuovo livello di produttività.

Ben molto prima dei computer, dei programmi e delle memorie, Dio si era già messo d'impegno per aggiornare il sistema operativo che muove la vita delle persone. Quel sistema operativo è la tua mente. Dio dice in Romani 12,1-2: «Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.»

Dio qui ti chiede ti abbandonare completamente te stesso a Colui che ha dato completamente sé stesso per te. Questo abbandono comporta un passo di marcia differente nella tua vita. Senza abbandono totale a Gesù ti conformi «alla mentalità di questo secolo», basando le tue scelte e i tuoi valori su quello che il mondo dice, su quello che la tua famiglia pensa, su quello che gli altri sostengono, o seguendo i tuoi impulsi. Ma Dio vuole "trasformarti", liberarti dalla schiavitù del burattino a cui il mondo o gli altri tirano i fili.

Non sto parlando di osservare qualche regola morale o di cercare una qualche trasformazione superficiale. Dio non ti ha creato perché tu sia un bruco ma perché ti trasformi in una farfalla - una trasformazione sostanziale non appena un cambio superficiale. Dio vuole aggiornare completamente il tuo sistema operativo in una operazione che Lui chiama «rinnovando la vostra mente».

In un certo senso è come aggiornare il tuo computer e i tuoi programmi. Se ti abbandoni a Dio, Lui installerà nuovi atteggiamenti nei confronti di te stesso, nei Suoi confronti, in ciò che vuoi essere e diventare. Perché tu Gli appartieni. Vuole darti la capacità di vedere la tua famiglia come Lui la vede, le persone problematiche della tua vita come Lui le vede, e quello che ti capita come Lui lo vede. Questo è il laborioso processo di passaggio dal tuo vecchio Io al diventare ciò che la Bibbia chiama «una nuova creatura», come sta scritto in 2 Corinzi 5,17: «Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove.» Se collabori con Dio nell'aggiornamento di quel sistema operativo che è la tua mente, ti troverai a voler scegliere di fare ogni giorno la Sua volontà - il che ti fa essere figlio e figlia, ossia ciò per cui Lui ti ha creato
.
Aggiornamento interessante, non è vero? E come succede? Immergendoti ogni giorno nel modo di pensare di Dio - si chiama Bibbia! Se vuoi rinnovare la tua mente, hai bisogno di confrontarti con la Sua Parola in ogni occasione possibile. Devi crearti dei momenti di confronto con la Sua Parola! E fai in modo che questi appuntamenti di aggiornamento siano non-negoziabili all'interno della tua agenda. Ogni nuovo giorno è una nuova sfida a vivere come Lui vuole che tu viva e a pensare come Lui vuole che tu pensi. Quindi hai bisogno ogni giorno di rinnovare i tuoi programmi installando i Suoi aggiornamenti, immergendo la tua mente e i tuoi progetti nei Suoi pensieri e nei Suoi progetti.
 
Impegnati in una aggressiva e nutriente meditazione della Parola di Dio. Esamina ogni situazione, ogni relazione che hai, ogni decisione - alla luce di quello che la Parola dice. Così, giorno dopo giorno, sperimenterai quel sorprendente miracolo che Dio descrive come «rinnovando la vostra mente».
Vi accompagno con la preghiera, sempre con riconoscenza e affetto
don Luciano


Da Catechisti.it , INCONTRI CON LA PAROLA

giovedì 13 febbraio 2014

SAN VALENTINO: AUGURI AGLI INNAMORATI




Per San Valentino non il solito regalo
 Gianni Epifani, sacerdote,giornalista e regista

Sacerdote                  
Basta guardarsi intorno per capire che sta arrivando il giorno di San Valentino. I cuori rossi, che danno forma a qualunque genere di oggetto, invadono vetrine, pubblicità e pensieri di milioni di fidanzati di tutto il mondo che aspettano questa festa per scambiarsi regali e rinnovarsi promesse d’amore.
Un po’ poco, sinceramente, per celebrare un sentimento su cui si fonda una delle vocazioni umane più importanti, quella alla famiglia. Il fidanzamento è infatti momento privilegiato per scoprirsi chiamati da Dio a realizzare e fortificare la Chiesa attraverso l’unione matrimoniale.



Con questo – prescindendo dalle considerazioni di merito sull’aspetto consumistico della ricorrenza – non voglio ridicolizzare i gesti affettuosi che trovano nei doni un modo di manifestarsi. Sono sani e sono normali, ma il senso dello stare insieme va al di là di tali consuetudini.

Il fidanzamento è un cammino di maturazione della coppia, durante il quale – oltre a condividere bei momenti insieme – si  prende coscienza del significato e delle difficoltà dell’esperienza sentimentale.

Un’esperienza i cui capisaldi sono il volersi sinceramente bene, che vuol dire dare affetto e prendersi cura dell’altro, e – soprattutto – il volere il bene dell’altro, dimensione incompatibile con qualunque forma di egoismo o possessività.

Sembrano ovvietà, ma quando si analizza la portata reale di queste espressioni ci si accorge di quanto impegnative e complesse siano, ma anche di quanto edificanti se vissute nella giusta ottica. L’amore “vive di gratuità, di sacrificio di sé, di perdono e di rispetto dell’altro”, ricordava Benedetto XVI durante un dialogo con i fidanzati, avvenuto nel 2011 ad Ancona, ed è solo affrontandolo in questa prospettiva che il volersi davvero bene prende concretezza.



C’è poi l’altro aspetto che dà pienezza all’esperienza amorosa ed è quello, si diceva, del volere il bene dell’altro, fine ancora più nobile, alto e qualificante, che esprime l’essenza autentica

dell’amore.

Amare – scriveva Aristotele – significa volere per una persona le cose che si ritengono buone, a motivo di lei e non per sé stessi, ed essere pronti a compiere queste cose, secondo le

proprie possibilità”.

Sono questi i regali più belli da offrire alla persona amata, e non solo nel giorno di San Valentino.



giornalista e regista
della Santa Me
Fidanzamento: Un tempo Speciale
 Lorena Bianchetti, giornalista e conduttice
Nell’epoca dell’usa e getta dei sentimenti, il termine fidanzamento è percepito come qualcosa di antico e “troppo impegnativo”. A questa società, a volte, non piace fare le cose sul serio perché le priorità vengono date a tutto ciò che può permettere un’affermazione personale.

I sentimenti e la costruzione di relazioni fondate su verità, responsabilità, accoglienza e ascolto

dell’altro, spaventano. Il fidanzamento è un tempo speciale, un percorso da vivere con intensità e responsabilità. È un momento di prova e di conoscenza. Ecco perché, paradossalmente, vivere momenti difficili di vita dopo un po’ che si è conosciuto l’altro può essere un dono.



L’indole di una persona si comprende veramente nelle prove che la vita ci offre. L’amore vero va

al di là degli orpelli, delle fiabe e costruire una famiglia significa condividere una quotidianità

meravigliosa che però può anche essere segnata da momenti duri. Scegliere l’altra metà significa

amarla nella sua interezza, nella sua specificità.



Non sono dunque le stesse passioni, gli stessi gusti o la combinazione perfetta di segni zodiacali

a decretare un amore, ma qualcosa che va più in profondità. Il sentimento a volte è colmato con un fast food di rapporti che però ferisce dentro lasciando solo solitudine.



Bruciare le tappe, non rispettare la trepidazione dell’attesa, dell’incontro, vivere tutto con la stessa velocità con cui si macinano i social network significa togliersi opportunità. Conoscere l’altro non implica un cliccare “I like” sull’immagine che i nostri sogni hanno costruito: incontrare l’altro significa conoscerne anche le fragilità da sostenere e colmare affinché l’uno diventi complementare dell’altro.


Lorena Bianchetti , in A sua immagine
A Sua Immagine in onda
sabato e domenica su RaiUno

martedì 11 febbraio 2014

Lettera di un laico a un sacerdote...





Aspettative di un laico da parte del sacerdote:
  Cosa si aspetta un autentico Laico Cattolico dal proprio sacerdote?
“Conoscere i santi di tutti i tempi, risvegliare voglia di santità, trasmettere gli insegnamenti del Papa, suscitare il gusto della preghiera e della preziosità della vita di grazia come valore supremo”.

 
Caro Sacerdote/i, 

non mi interessano (ANCHE SE UTILI) i campetti di calcio, i cineforum, i teatrini, le conferenze, i baretti con videogiochi e biliardini, i porticati coi ping pong e il calciobalilla, le vacanze organizzate, il grest, le pizze dei sabato sera.
In una parola, tutto il ribollente attivismo che ruota intorno alle parrocchie, lo trovo anche fuori, nel freddo "mondo", e magari organizzato meglio, più nuovo, luccicante, efficiente, coinvolgente, appassionante.
Non c'è concorrenza: il "mondo" è specializzato in divertimenti, passatempi, sport, intrattenimenti vari, in cui ha profuso studi, energie e investimenti. (POSSIAMO IMPARARE DA LORO !)

Voi curatemi l'anima.

Datemi un direttore spirituale che abbia tempo e pazienza per la mia conversione.
Datemi confessori che mi permettano di riconciliarmi con Dio.
Datemi l’Eucarestia da adorare, non tenetela chiusa a doppia mandata nei Tabernacoli d'oro ad aspettare mentre brucia d'Amore.
Dissetatemi col Vangelo dei semplici, non spiegatemi troppo, sono piccolo, una cosa sola ma ripetuta, così che possa ritornarmene a casa con la perla preziosa.

Insegnatemi quel digiuno che tutti hanno dimenticato, ma che ho voglia di tentare, non come un atto di superba autodeterminazione della volontà, ma come fiduciosa invocazione della grazia dello Spirito.
Mostratemi i Santi, voglio farmeli amici. I filosofi mi hanno condotto su strade sbagliate, inquinato la mente, divorato la gioia. I Santi sono felici: ditemi il perché, fatemi scoprire quel filo segreto che li legava alla SS. Trinità. 

Parlatemi del mio Papa, (DEL MIO VESCOVO) di ciò che dice e di ciò che fa. Del Papa si parla raramente fuori dalle grandi occasioni, se voglio sapere qualcosa devo arrangiarmi con i suoi libri o qualche rivista. E' poco presente nelle omelie, nelle catechesi.
Mi parlate spesso di voi, di quello che vi sembra giusto, di quello che si dovrebbe fare, mi imponete le vostre opinioni, mentre contestate le direttive della Santa Sede.
Ma è il Papa la mia bussola, il mio porto sicuro, è lui il "dolce Cristo in terra" per favore, fatemelo gustare.
 
Incoraggiatemi nella via della carità, dell'altruismo, dell'occuparmi del prossimo, nel nome di Cristo.
Plasmate in me uno spirito missionario, inalatemi la voglia di santità.

Pregate per me qualche volta

Come sarebbe edificante per me trovarvi in ginocchio davanti al Tabernacolo e sapere che stavate pregando per me, per la mia salvezza!
Questo desidero, ma tutto insieme, e in ogni parrocchia; non scegliete quello che più vi aggrada, non discriminate tra ciò che vi sembra più o meno moderno, più o meno consono o proponibile.
Voglio tutti gli strumenti di salvezza che la Chiesa ha preparato per me, ho fame di salvezza piena, traboccante, luminosa, ho voglia di Verità.
Che abbia 4 o 100 anni, non starò con voi per il grest o il bel campetto o gli amici che ho incontrato.
Ci starò per quel banco consunto in cui mi sono inginocchiato e per quel santo sacerdote che ho incontrato. Ci starò perché Cristo, per mezzo loro, mi ha convertito. Ecco Chi mi salverà l'anima!

Ti prego, sacerdote, 

 torna ad essere nuovamente ciò che devi essere perché io, pecorella smarrita e figliol prodigo, possa tornare alla Casa del Padre.
In questo modo tu riavrai la tua dignità umana e sacerdotale, ed io mi salverò, e tutti saremo spronati a supplicare il Padrone della messe perché mandi operai, questi operai, e non assistenti sociali, ma dispensatori dei misteri di Dio.
                                


 

NB: gli appunti tra parentesi sono state aggiunte da me
Riportato da  Gloria.tv

 


martedì 4 febbraio 2014

In piedi, allora, costruttori di pace





DIRE PACE AL MONDO
Don Tonino Bello - Discorso all’Arena di Verona del 30 aprile 1989 - 4ª parte


In piedi, allora, costruttori di pace. Non abbiate paura! Non lasciatevi sgomentare dalle dissertazioni che squalificano come fondamentalismo l’anelito di voler cogliere nel “qui” e nell’“oggi” della Storia i primi frutti del Regno. Sono interni alla nostra fede i discorsi sul disarmo, sulla smilitarizzazione del territorio, sulla lotta per il cambiamento dei modelli di sviluppo che provocano dipendenza, fame e miseria nei Sud del mondo, e distruzione dell’ambiente naturale.



Fin dai tempi dell’Esodo, non sono più estranee alla Parola del Signore le “fatiche di liberazione degli oppressi dal giogo dei moderni faraoni. Coraggio!

Non dobbiamo tacere, braccati dal timore che venga chiamata “orizzontalismo” la nostra ribellione contro le iniquità che schiacciano i poveri. Gesù Cristo, che scruta i cuori e che non ci stanchiamo di implorare, sa che il nostro amore per gli ultimi coincide con l’amore per lui.



Se non abbiamo la forza di dire che le armi non solo non si devono vendere ma neppure costruire, che la politica dei blocchi è iniqua, che la remissione dei debiti del Terzo Mondo è appena un acconto sulla restituzione del nostro debito ai due terzi del mondo, che la logica del disarmo unilaterale non è poi così disomogenea con quella del vangelo, che la nonviolenza attiva è criterio di prassi cristiana, che certe forme di obiezione sono segno di un amore più grande per la città terrena...









domenica 2 febbraio 2014

Invochiamo la Pace del Signore sul mondo delirante





La pace dei profeti


Don Tonino Bello - Discorso all’Arena di Verona del 30 aprile 1989 - 3ª parte


... La pace è il contrario della garanzia. Esigere garanzie significa diffidare, e questa diffidenza genera di nuovo guerre. Cercare sicurezze significa volersi mettere al riparo. Pace significa affidarsi interamente al comandamento di Dio, non volere alcuna garanzia, ma porre nelle mani di Dio Onnipotente, in un atto di fede e di obbedienza, la storia dei popoli... Chi rivolgerà l’appello alla
pace così che il mondo oda, che sia costretto a udire?...

Solo la Santa Chiesa di Cristo può parlare in modo che il mondo, digrignando i denti, debba udire
la parola della pace, e i popoli si rallegreranno perché questa Chiesa di Cristo toglie, nel nome di Cristo, le armi dalla mano dei suoi figli e vieta loro di fare la guerra e invoca la pace di Cristo sul mondo delirante.

Carissimi amici, come per la ricerca di Dio abbiamo detto che non intendiamo svilire lo sforzo della fatica razionale, anzi la incoraggiamo e la sosteniamo, ma sentiamo anche il dovere di indicare il totalmente Oltre e il totalmente Altro di Dio, sulla base di ciò che Cristo ci ha rivelato di Lui, così per quanto riguarda il mistero della pace, col più grande rispetto per lo sforzo che il mondo laico sta compiendo, e con la gioia più grande nel vederci accomunati come credenti accanto a tanti camminatori di ogni fede, sentiamo il dovere di dare il nostro contributo specifico, originale, coraggioso!


E il nostro contributo è quello di essere segno dell’inquietudine, richiamo del “non ancora”, stimolo
dell’ulteriorità. Spina dell’inappagamento, insomma, conficcata nel fianco del mondo. Per una Chiesa coraggiosa e profetica. Riconosciamolo.
Come Chiesa siamo ancora fermi alla pace dei “filosofi”, e non ci decidiamo ad
annunciare finalmente la pace dei “profeti”. È vero, sì, che i “profeti” debbono
tenere conto delle lentezze con cui i “re” elaborano le mediazioni e le fanno camminare nella prassi quotidiana. Ma non tocca ai profeti operare riduzioni in scala. E sarebbe ben triste che a provocare cadute di tensione, per quel che riguarda l’annuncio della pace, dovessero essere proprio loro.

In certe comunità si spiano annidamenti di “discordanze” col magistero ufficiale, a ogni
svolta di frase. Talvolta, per frenare la valanga inarrestabile della profezia, si fa uso maldestro e ingeneroso perfino di estemporanee espressioni del Papa, resecate dal loro contesto e scorniciate dal genere letterario confidenziale e bonario con cui sono state pronunciate. E non si tiene conto, invece, di tutto il magistero audace e non ancora dissepolto di questo Pontefice, che ormai in
ogni suo discorso ci sprona ad “affrontare la tremenda sfida dell’ultima decade del secondo millennio”, con l’imperativo etico della solidarietà, e va denunciando in tutto il mondo, come nessun altro, le “strutture di peccato” che opprimono i poveri!