venerdì 29 marzo 2013
Buona e Santa Pasqua! Cristo è risorto! E' veramente risorto!
Ho ricevuto una email da un mio compagno d'infanzia, adesso sacerdote religioso per gli auguri di Pasqua. Gli stessi auguri li rivolgo a tutti voi carissimi amici :
"Per gli auguri pasquali mi ispiro a S. Agostino:
«Non è gran cosa credere che Gesù sia morto;
questo lo credono anche i pagani; tutti lo credono.
Ma la cosa veramente grande è credere che egli sia risorto»
Mi viene da parafrasarlo in questo modo: non ci vuole molto a riconoscere che spesso in noi e attorno a noi prevalgono i segni di crisi e di morte: ingiustizia, odio, materialismo, egoismo, scoraggiamento, pessimismo etc. Ma non ci vuole poco a far prevalere in noi i segni di risurrezione: ottimismo, gioia, speranza … amore! E allora?
“Aiutaci, Signore, a portare nel mondo e dentro di noi la tua resurrezione.
La tua Pasqua è l’unica forza della storia che può donare Luce, Speranza e Amore oggi!”
Tonino Bello
Auguri perciò di una Santa Pasqua! Ti arrivino dritti al cuore!"
domenica 24 marzo 2013
Omelia di Pasqua
OMELIA di PASQUA del
metropolita di Mosca Filarete Drozdow (1783-1867)
Il metropolita Filarete fu canonizzato
dalla Chiesa ortodossa russa nel 1995.
In una grossa misura grazie a S. Filarete è apparsa la
traduzione della Sacra Scrittura in russo. Il santo dimostrava che il testo
ecclesiale della Bibbia in slavo liturgico era difficile per la comprensione
anche agli stessi chierici, non parlando neanche dei laici poco educati. Nel
1816, essendo ancora arcimandrita e rettore della Accademia Spirituale di S.
Pietroburgo, Filarete stava a capo del lavoro sulla traduzione della Sacra
Scrittura, però nel 1827 è stato obbligato a interrompere i lavori. Alcuni
influenti gerarchi e attivisti statali hanno visto nel fatto della traduzione
della Bibbia in lingua popolare la profanazione delle cose sacre: soltanto
l'abituale testo in lingua slava liturgica poteva essere accettato come
unicamente sacro.
Cristo è risorto!
Quante volte abbiamo già ripetuto ora ed ancora non ci
stanchiamo di ripetere, e speriamo che anche voi non vi stanchiate di ascoltare
così spesso le stesse parole: “Cristo è risorto!”.
Che meravigliose parole! Come per loro effetto si trasforma
l’aspetto esterno di tutto ciò che esiste!
Fin’ora molti tra gli
uomini conoscevano solo la terra, sulla quale essi sono presenti per un breve
periodo di tempo, e subito dopo scompaiono non si sa dove. Alcuni già hanno
sentito parlare dell’inferno come di un abisso che minaccia di inghiottire
tutti e non restituisce nessuno.
Non molti hanno meditato sul cielo come se fosse una dimora
posta in alto alla quale porta una scala, che qualcuno ha visto solo nel sogno
e su cui si vedevano salire gli Angeli, ma non gli uomini.
Ora che il Cristo è risorto, che cosa è la terra? Essa è un
luogo da cui ci si slancia verso il cielo, una vita di breve durata e destinata
alla distruzione dell’uomo nel corpo, diremo con le parole ciò che in realtà
esprime il rito pasquale nella reciproca manifestazione di gioia.
La vita dell’uomo nel corpo è quella iniziale di un
uccellino nell’uovo, al quale, nel momento in cui si spezza il guscio, si
palesa un ambito di vita più alto e più ampio. È necessario solo che l’embrione
dell’uccellino sia abbracciato, penetrato e svegliato dal tepore del sangue
materno. In altri termini è necessario che l’embrione della vita celeste
nell’uomo sia abbracciato, penetrato e svegliato dalla forza vitale del sangue
di Cristo.
Ora che il Cristo è risorto e che a lui, in quanto Dio-Uomo “è
stato dato ogni potere sui cieli e sulla terra” (Matteo 28, 18), non solo
il cielo è giunto a nostro contatto, ma addirittura s’è unito con la terra,
tanto che è difficile trovare tra loro un confine. Poiché anche sulla terra si
manifesta la divinità ed in cielo l’umanità. Gli angeli, che Giacobbe vide salire
e scendere sulla scala celeste, ora in schiere si muovono sulla terra,
messaggeri del Figlio dell’Uomo, che domina sui cieli.
Se la parola è vita, poiché è detto che “non
di solo pane vive l’uomo, ma chi vivrà di ogni parola che esce dalle labbra di
Dio” (Deuteronomio 8, 3), così le parole che si riferiscono alla
resurrezione del Cristo, come la manna – secondo le parole del Sapiente – “sono
atte a procurare tutte le delizie ed a soddisfare tutti i gusti” (Sapienza
16, 1.20).
Sei esaurito dal peccato ed hai fame di giustizia? Vieni,
saziati: “Cristo è risorto, lui che fu consegnato ai suoi nemici per le
nostre iniquità ed è risorto per la nostra giustificazione” (Romani 4, 25).
Sei stanco per lo sconforto del giogo della legge e desideri
passare da questo stato di schiavitù alla libertà della grazia? Accostati,
gusta la Pasqua da te desiderata, “poiché il nostro agnello pasquale è stato
già sacrificato” (1 Corinzi 5, 7); “Cristo ci ha liberati per farci
vivere effettivamente nella libertà” (Galati 5, 1).
Sei turbato per la
paura della morte? “Cristo è risorto dai morti, primizia di resurrezione per
quelli che sono morti” (1 Corinzi 15, 20).
Sei esaurito nella lotta contro i nemici della tua salvezza?
“Gusta la buona parola della resurrezione” ed in essa la vittoriosa
potenza dell’età ventura: “risusciterà Dio e si disperderanno i suoi nemici”
(Salmo 77, 2).
Ti attira il gusto menzognero dell’anima e ti spinge a
cercare il nutrimento ai desideri nelle cose corruttibili e vane di questo
mondo? Correggilo partecipando alla potenza della resurrezione. “Se voi
siete resuscitati con Cristo, cercate le cose del cielo, dove Cristo regna
accanto al Padre” (Colossesi 3, 1).
Oppure “l’anima tua ha sete del Dio vero e vivo, quando
verrai e comparirai al cospetto di Dio?” (Salmo 41, 3). Viva è la speranza
della resurrezione, sazia il tormento di questa sete e conserva questa stessa
sete, poiché è sana ed apportatrice di salvezza considerando che “quando il
Cristo apparirà, lui che è la nostra vita, allora anche voi vi manifesterete
con lui nella gloria” (Colossesi 3, 4).
Vedi, Cristiano, quale abbondanza, quale varietà di cibo
spirituale ci offre la nostra Pasqua, il Cristo risorto. Si nutre di lui ora la
tua anima? Realmente “gusti quant’è buono il Signore?”. Senti nel tuo
intimo la potenza della resurrezione del Cristo, che libera dai peccati e dalla
maledizione per causa loro, resurrezione che distrugge le passioni ed i
desideri dell’uomo vecchio, crea in te un cuore puro, rinnova nel tuo animo lo
spirito di giustizia e ti rafforza nella fede e nella speranza che arde
nell’amore per il Cristo datore della vita?
Oppure alla mensa del Signore tu sei affamato ed assetato e
la tua anima non è soddisfatta ed è vuota? – Del resto attraverso questo esame
non volgiamo ridurti ad uno stato di turbamento ed avvilimento. No! Sebbene la
tristezza per Dio sia apportatrice di salvezza, ora non è il momento di
rattristarci, ma quello della gioia, la quale pure può avere una funzione
salvatrice: “Infatti la gioia del Signore è la nostra forza” (Neemia 8,
10).
E così, hai gustato la bontà del Cristo risorto? “si
rallegri la tua anima nel Signore” (Salmo 34, 9) e questa gioia ti spinga
ad una più stretta unione con lui.
Non hai ancora gustato la sua bontà? Tuttavia rallegrati,
poiché egli non ti impedisce di provarla, ma anzi ti chiama ad essa dandoti la
possibilità di udire la buona notizia della sua resurrezione e di trovarti tra
coloro che si sono raccolti in nome di Colui che è risorto, dove, secondo la
sua promessa “anche egli si troverà tra loro” (Matteo 18, 20).
Se ti senti indegno della gioia, rallegrati per quella
meravigliosa bontà che non allontana da sé neppure chi è indegno. Che la
letizia per la resurrezione di nostro Signore dia a tutti noi nel nostro intimo
anche la potenza della sua resurrezione apportatrice di vita e di salvezza!
“Poiché la letizia del Signore è la nostra
forza”. Amen!
E da parte mia che Gesù risorto porti la pace e la serenità nelle vostre case, carissimi amici che visitate questo blog
Buona e santa Pasqua
giovedì 21 marzo 2013
Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Piazza San Pietro
Martedì, 19 marzo 2013
Solennità di San Giuseppe
Martedì, 19 marzo 2013
Solennità di San Giuseppe
Cari fratelli e sorelle!
Ringrazio il Signore di poter celebrare questa Santa Messa di inizio del ministero petrino nella solennità di San Giuseppe, sposo della Vergine Maria e patrono della Chiesa universale: è una coincidenza molto ricca di significato, ed è anche l’onomastico del mio venerato Predecessore: gli siamo vicini con la preghiera, piena di affetto e di riconoscenza.
Con affetto saluto i Fratelli Cardinali e Vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose e tutti i fedeli laici. Ringrazio per la loro presenza i Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, come pure i rappresentanti della comunità ebraica e di altre comunità religiose. Rivolgo il mio cordiale saluto ai Capi di Stato e di Governo, alle Delegazioni ufficiali di tanti Paesi del mondo e al Corpo Diplomatico.
Abbiamo ascoltato nel Vangelo che «Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’Angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24). In queste parole è già racchiusa la missione che Dio affida a Giuseppe, quella di essere custos, custode. Custode di chi? Di Maria e di Gesù; ma è una custodia che si estende poi alla Chiesa, come ha sottolineato il beato Giovanni Paolo II: «San Giuseppe, come ebbe amorevole cura di Maria e si dedicò con gioioso impegno all’educazione di Gesù Cristo, così custodisce e protegge il suo mistico corpo, la Chiesa, di cui la Vergine Santa è figura e modello» (Esort. ap. Redemptoris Custos, 1).
Come esercita Giuseppe questa custodia? Con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende. Dal matrimonio con Maria fino all’episodio di Gesù dodicenne nel Tempio di Gerusalemme, accompagna con premura e tutto l'amore ogni momento. E’ accanto a Maria sua sposa nei momenti sereni e in quelli difficili della vita, nel viaggio a Betlemme per il censimento e nelle ore trepidanti e gioiose del parto; nel momento drammatico della fuga in Egitto e nella ricerca affannosa del figlio al Tempio; e poi nella quotidianità della casa di Nazaret, nel laboratorio dove ha insegnato il mestiere a Gesù.
Come vive Giuseppe la sua vocazione di custode di Maria, di Gesù, della Chiesa? Nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio; ed è quello che Dio chiede a Davide, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura: Dio non desidera una casa costruita dall’uomo, ma desidera la fedeltà alla sua Parola, al suo disegno; ed è Dio stesso che costruisce la casa, ma di pietre vive segnate dal suo Spirito. E Giuseppe è “custode”, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. In lui cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!
La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. E’ il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. E’ il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. E’ l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. E’ il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio!
E quando l’uomo viene meno a questa responsabilità di custodire, quando non ci prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce. In ogni epoca della storia, purtroppo, ci sono degli “Erode” che tramano disegni di morte, distruggono e deturpano il volto dell’uomo e della donna.
Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo “custodi” della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo! Ma per “custodire” dobbiamo anche avere cura di noi stessi! Ricordiamo che l’odio, l’invidia, la superbia sporcano la vita! Custodire vuol dire allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perché è proprio da lì che escono le intenzioni buone e cattive: quelle che costruiscono e quelle che distruggono! Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!
E qui aggiungo, allora, un’ulteriore annotazione: il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza!
Oggi, insieme con la festa di san Giuseppe, celebriamo l’inizio del ministero del nuovo Vescovo di Roma, Successore di Pietro, che comporta anche un potere. Certo, Gesù Cristo ha dato un potere a Pietro, ma di quale potere si tratta? Alla triplice domanda di Gesù a Pietro sull’amore, segue il triplice invito: pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle. Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame, sete, chi è straniero, nudo, malato, in carcere (cfr Mt 25,31-46). Solo chi serve con amore sa custodire!
Nella seconda Lettura, san Paolo parla di Abramo, il quale «credette, saldo nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4,18). Saldo nella speranza, contro ogni speranza! Anche oggi davanti a tanti tratti di cielo grigio, abbiamo bisogno di vedere la luce della speranza e di dare noi stessi la speranza. Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza! E per il credente, per noi cristiani, come Abramo, come san Giuseppe, la speranza che portiamo ha l’orizzonte di Dio che ci è stato aperto in Cristo, è fondata sulla roccia che è Dio.
Custodire Gesù con Maria, custodire l’intera creazione, custodire ogni persona, specie la più povera, custodire noi stessi: ecco un servizio che il Vescovo di Roma è chiamato a compiere, ma a cui tutti siamo chiamati per far risplendere la stella della speranza: Custodiamo con amore ciò che Dio ci ha donato!
Chiedo l’intercessione della Vergine Maria, di san Giuseppe, dei santi Pietro e Paolo, di san Francesco, affinché lo Spirito Santo accompagni il mio ministero, e a voi tutti dico: pregate per me! Amen.
lunedì 18 marzo 2013
L'amore non è una vetta conquistata
L'amore non è già fatto. Si fa! - Padre Michel Quoist
Non è un vestito già confezionato,
ma stoffa da tagliare, preparare e cucire.
Non è un appartamento chiavi in mano,
ma una casa da concepire, costruire, conservare e, spesso, riparare.
Non è una vetta conquistata,
ma scalate appassionanti e cadute dolorose.
Non è un solido ancoraggio nel porto della felicità,
ma è un levar l'ancora, è un viaggio in pieno mare.
Non è un sì trionfale che si segna fra i sorrisi e gli applausi,
ma è una moltitudine di "sì" che punteggiano la vita,
tra una moltitudine di "no" che si cancellano strada facendo.
Non è l'apparizione improvvisa di una nuova vita,
perfetta fin dalla nascita,
ma sgorgare di sorgente e lungo tragitto di fiume
dai molteplici meandri, qualche volte in secca,
altre volte traboccante,
ma sempre in cammino verso il mare infinito.
ma stoffa da tagliare, preparare e cucire.
Non è un appartamento chiavi in mano,
ma una casa da concepire, costruire, conservare e, spesso, riparare.
Non è una vetta conquistata,
ma scalate appassionanti e cadute dolorose.
Non è un solido ancoraggio nel porto della felicità,
ma è un levar l'ancora, è un viaggio in pieno mare.
Non è un sì trionfale che si segna fra i sorrisi e gli applausi,
ma è una moltitudine di "sì" che punteggiano la vita,
tra una moltitudine di "no" che si cancellano strada facendo.
Non è l'apparizione improvvisa di una nuova vita,
perfetta fin dalla nascita,
ma sgorgare di sorgente e lungo tragitto di fiume
dai molteplici meandri, qualche volte in secca,
altre volte traboccante,
ma sempre in cammino verso il mare infinito.
giovedì 14 marzo 2013
Papa Francesco e la chiesa "poverella"
L'eterna giovinezza della
Chiesa «poverella»
La Chiesa non cessa di sorprendere: come diceva uno dei
grandi Padri della fede dei primi secoli, San Giovanni Crisostomo, «essa è più
alta del cielo e più grande della terra, e non invecchia mai: la sua giovinezza
è eterna». Così ha dimostrato di essere ancora una volta, in questo
sorprendente Conclave: la pluralità delle ipotesi fatte, i diversi giochi
mediatici del "toto-Papa", facevano pensare a un Collegio
cardinalizio piuttosto disorientato, perfino diviso. E invece, in appena una
giornata, ecco il nuovo Papa.
Un segno forte di unità, un messaggio lanciato al
"villaggio globale" dall'unica realtà che lo abita dappertutto,
sapendo coniugare universalità e identità locali, globalizzazione e presenza
fedele fra la gente di tutte le latitudini e di tutte le lingue e culture: la
Chiesa cattolica. Peraltro, l'attesa del mondo intero, rappresentato dalle
migliaia di operatori dei "media" accreditati in Vaticano, che hanno
fatto partecipi in tempo reale donne e uomini di ogni angolo della terra di ciò
che accadeva nella Cappella Sistina e sulla Loggia delle benedizioni, e le
immagini eloquenti più di ogni parola della folla in attesa in Piazza San
Pietro e del nuovo Papa affacciato con semplicità e stupore su Roma e sul mondo,
fanno comprendere come ciò che è avvenuto ha un significato che va al di là
della comunità cattolica e dello stesso popolo dei credenti. Proverò allora a
guardare al nuovo Successore di Pietro muovendo da diversi angoli visuali,
lasciando che la profondità del cuore di chi è stato chiamato si riveli con i
giorni che verranno.
Il primo sguardo non può che essere quello della fede: Francesco I, Jorge Mario Bergoglio, è il prescelto da Dio! Il nome stesso che ha voluto - lui, gesuita, ha scelto il nome del Poverello di Assisi - è un programma, quello che ha ispirato lo stile di vita dell'arcivescovo di Buenos Aires eletto Papa.
Un uomo dallo stile di vita povero, austero, vicino ai
poveri, amato dalla sua gente e comunque rispettato anche da chi ne temeva la
libertà evangelica. Un Pastore che parla con semplicità e immediatezza, e
chiede che il popolo preghi su di lui, prima di dare lui, il Vescovo di Roma,
la benedizione "urbi et orbi". Nella fede, Papa Bergoglio si presenta
per quello che dal punto di vista teologicamente più corretto è anzitutto
diventato: il pastore della Chiesa di Roma, che per disegno divino presiede
nella carità a tutte le Chiese del mondo.
Bellissimo e perfino toccante questo
suo insistere sul rapporto con la concreta Chiesa locale di cui Dio lo ha
voluto vescovo! Non di meno e inseparabile da questo è lo sguardo che viene su
di lui dal mondo: è il primo Successore di Pietro che viene dall'America
Latina, il continente col più alto numero di cattolici, ma anche con situazioni
drammatiche di povertà e di disuguaglianza. Se, come ha detto, "i fratelli
Cardinali sono andati a prendere il nuovo Vescovo di Roma alla fine del
mondo", non c'è dubbio che questo fatto lancia un messaggio di luce e di
speranza a tutti i poveri della terra, a tutte le situazioni che attendono
svolte di giustizia e attenzione nuova.
Francesco sarà il Vescovo della povera gente, il servitore
degli umili, l'amico dei piccoli, che proprio così saprà contagiare pace e
speranza vera a tutti. È il Papa che aiuterà la Chiesa a dare risposta alle
domande decisive che un teologo latino americano, di grande profondità
spirituale e a lui ben noto, così poneva: "In che modo parlare di un Dio
che si rivela come amore in una realtà marcata dalla povertà e
dall'oppressione? come annunciare il Dio della vita a persone che soffrono una
morte prematura e ingiusta? come riconoscere il dono gratuito del suo amore e
della sua giustizia a partire dalla sofferenza dell'innocente? con quale
linguaggio dire a quanti non sono considerati persone che essi sono figli e
figlie di Dio?" (Gustavo Gutierrez). Papa Francesco risponde col suo
sorriso e la semplicità dei suoi gesti a queste domande, ricordandoci che Dio
raggiunge tutti i cuori e parla tutte le lingue ed è vicino a ogni dolore perché
la Sua è la lingua dell'amore!
Lo sguardo che su questo Papa verrà dagli altri cristiani,
poi, non potrà che essere di grande fiducia: come è stato chiaro sin dalle sue
prime parole, egli non si vuol presentare che come un fratello, il vescovo
della Chiesa che presiede nell'amore, deciso a evangelizzare con nuovo slancio
anzitutto il popolo della città di Roma, e proprio così a offrire un servizio
di testimonianza e di carità a tutte le Chiese. Era quanto da anni il dialogo
ecumenico e l'ecclesiologia del Vaticano II erano andati chiedendo nel pensare
a un ministero universale di unità per tutti i discepoli di Cristo: proprio
così, un'alba di luce e di speranza per chi vive la passione dell'unità fra i
cristiani. Anche i credenti di altre religioni potranno guardare a Papa
Francesco con fiducia: egli - lo ha detto dalla loggia delle benedizioni -
vuole servire la "fiducia fra noi", la "fratellanza" fra
tutti.
La Sua franchezza, il suo profondo senso di Dio toccherà tanti cuori e aprirà la strada a dialoghi e incontri veramente inediti. Anche chi non crede potrà trovare nei gesti e nelle parole di questo testimone di Gesù amico degli uomini, di questo Vescovo di Roma servo dei servi di Dio, un messaggio per la propria vita: sono certo che da lui tutti si sentiranno rispettati e accolti, capiti e amati. La Chiesa e il mondo avevano bisogno di un uomo così!
Dal veb
lunedì 11 marzo 2013
Peccato e penitenza
Da Semplicemente Dani: 10 marzo 2013: (Giovanni Paolo I)
Peccato e penitenza
(Giovanni Paolo I)
"Qualcuno dirà: ma se io sono povero peccatore? Gli rispondo come risposi a una signora sconosciuta, che s'era confessata da me molti anni fa. Essa era scoraggiata, perché - diceva - aveva avuta una vita moralmente burrascosa. Posso chiederle - dissi - quanti anni ha? - Trentacinque. - Trentacinque! Ma lei può viverne altri quaranta o cinquanta e fare ancora un mucchio di bene. Allora, pentita com'è, invece che pensare al passato, si proietti verso l'avvenire e rinnovi, con l'aiuto di Dio, la sua vita. Citai in quell'occasione S. Francesco di Sales, che parla delle «nostre care imperfezioni». Spiegai: Dio detesta le mancanze, perché sono mancanze. D'altra parte, però, in un certo senso, ama le mancanze in quanto danno occasione a Lui di mostrare la sua misericordia e a noi di restare umili e di capire e compatire le mancanze del prossimo!.
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Peccato e penitenza
(Giovanni Paolo I)
"Qualcuno dirà: ma se io sono povero peccatore? Gli rispondo come risposi a una signora sconosciuta, che s'era confessata da me molti anni fa. Essa era scoraggiata, perché - diceva - aveva avuta una vita moralmente burrascosa. Posso chiederle - dissi - quanti anni ha? - Trentacinque. - Trentacinque! Ma lei può viverne altri quaranta o cinquanta e fare ancora un mucchio di bene. Allora, pentita com'è, invece che pensare al passato, si proietti verso l'avvenire e rinnovi, con l'aiuto di Dio, la sua vita. Citai in quell'occasione S. Francesco di Sales, che parla delle «nostre care imperfezioni». Spiegai: Dio detesta le mancanze, perché sono mancanze. D'altra parte, però, in un certo senso, ama le mancanze in quanto danno occasione a Lui di mostrare la sua misericordia e a noi di restare umili e di capire e compatire le mancanze del prossimo!.
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domenica 10 marzo 2013
Gesù ci mostra il vero volto di Dio: un Padre misericordioso
Il Figliol prodigo Luca 15,1-3; 11-32
Questa parabola è forse la più bella fra tutte le parabole:
è così chiara e commovente che mi è difficile farne un commento. La vita di
ognuno di noi ha dovuto ricorrere a questo padre buono disposto a perdonare
sempre e darci la gioia di ritornare a stare, ad abitare nella sua casa. Solo
conoscendo il perdono abbiamo avuto la possibilità di parlare ad altri di
perdono; conoscendo l’amore misericordioso e disinteressato abbiamo avvicinato
tanta gente che la pensava diversamente
da noi, stare con loro, mangiare con loro, fare festa con loro, rallegrarci con
loro.
Mi vengono in mente altre due pagine del vangelo che
considero altrettanto belle: quella della Samaritana, e l’altra del buon
samaritano. Della prima cito soltanto le parole di Gesù: Se tu conoscessi il
dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa
gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Chiedere,forse
è una parola che dimentichiamo spesso perché non conosciamo il dono di Dio e
non aderiamo alla sua Parola…
Della seconda ricordo le parole di Gesù: “Chi di questi
tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?».
Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va e anche
tu fa lo stesso». Se un samaritano è stato lodato da Gesù, quanto possiamo
fare di più noi possedendo l’acqua viva che ci dona Lui? La parola di Gesù ci
deve dare la carica per migliorare la nostra vita cristiana e riconoscere Gesù
nell’altro, ricordando la misericordia del Padre.
In questa parabola, erroneamente indicata come parabola del
Figliol prodigo, in effetti Gesù svela il vero volto di Dio, ciò che Dio
veramente è: un Padre amoroso, misericordioso, che fa il primo passo verso il
peccatore, anzi gli corre incontro, gli si getta al collo, lo bacia. Sì, nel
padre della parabola Gesù vuole indicare il Padre suo, il Dio unico del popolo
d’Israele, ed anche di quei farisei e scribi che criticavano il suo modo di
fare: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Chiamiamola allora “Parabola del Padre misericordioso”.
Scribi e farisei si
ritenevano giusti, osservanti delle tante leggi che si erano date disdegnando
chiunque non le osservava o non poteva osservarle: stare con i peccatori voleva
dire rendersi impuri: nelle loro parole è implicita una condanna per quei tanti
peccatori che si avvicinavano a Gesù per ascoltare le sue parole.
La parabola è diretta a loro, al loro modo di comportarsi:
sarà lo stesso comportamento del fratello maggiore, comportamento di condanna
verso il fratello pentito, giudizio che fa più attenzione alle cose temporali
della vita e non al suo fine ultimo.
Nelle parole del figlio al padre: “Padre, ho peccato verso
il Cielo e davanti a te” possiamo ravvisare il suo vero peccato, che è un
peccato contro Dio, verso il suo rapporto con Dio con il fallimento della vita
intrapresa, una vita senza Dio. Nei suoi pensieri non si nota un vero
pentimento, una vera conversione, tornando dal Padre gli era sufficiente essere
trattato come uno dei suoi servitori, un salariato. L’atteggiamento del padre è
per lui una sorpresa: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo
indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il
vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio
figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E
cominciarono a far festa”.
“Era morto ed è tornato in vita”. Il peccato uccide, la
misericordia risuscita.
Riflettendo sul nostro rapporto con Dio spesso ci lamentiamo
della nostra debolezza, del nostro sforzo per avvicinarci a Lui, della porta
che troviamo stretta, del cammino difficile…Forse ci siamo fatti un’idea
sbagliata di Dio, di un padre-padrone come i due fratelli della parabola. Ma il
padre vedendo arrivare il figlio più giovane “gli corse incontro”, e al fratello maggiore che non voleva
entrare in casa e partecipare alla festa “uscì a supplicarlo”…
.Sì, è vero, Dio ci vuole suoi, ci vuole santi, ma conosce
il fango da cui ci plasmò, ma Lui guarda molto di più a quella parte di noi che
vuole che sia a sua immagine e somiglianza, rispetta la nostra libertà, fa il
primo passo, e quando sente un nostro “sì”
lascia alle spalle i nostri peccati disposto sempre ad usare
misericordia, e fare festa… A Dio piace fare festa…
Nei momenti di dubbio, di crisi sarebbe bello sfogliare le
pagine del vangelo, andare a rivedere le belle parole di Gesù, bere alla fonte
viva…
“ Così vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore
convertito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” Lc
15,7
“Così vi dico, c’è gioia davanti agli angeli di Dio per un
solo peccatore che si converte”. Lc15,10
..“ In verità vi dico, non c’è nessuno che abbia lasciato
casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, che non riceva
molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà”
Lc18,28.30
Per poi trovare il vero senso di appartenenza a Dio Padre e
ai fratelli per mezzo di Gesù:
«Con la misura con
la quale misurate sarete misurati» (Mt 7, 2) e «Beati i misericordiosi perché
troveranno misericordia» (Mt 5, 7).
Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da
bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua
viva”
“Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo.
Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta
frutto, lo pota perché porti più frutto…Io sono la vite, voi i tralci…Chi
rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far
nulla” Giov cap. 15
“Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo.
Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta
frutto, lo pota perché porti più frutto…Io sono la vite, voi i tralci…Chi
rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far
nulla” Giov cap. 15
Per ultimare un pensiero di Madre Teresa:
“ Il giorno della confessione ho
detto tutti i miei peccati e Gesù ha preso tutti i miei peccati. Dopo la
confessione ho sentito il mio cuore cantare.” sabato 9 marzo 2013
Lasciami dove sono
Lasciami dove sono!
Quando
si fa silenzio intorno a me,
nelle ore del giorno e della notte,
un lamento che scende dalla Croce
mi colpisce e mi fa trasalire.
nelle ore del giorno e della notte,
un lamento che scende dalla Croce
mi colpisce e mi fa trasalire.
La prima volta che l’udii uscii dalla mia
casa,
e
cercando intorno trovai
un Uomo nel terrore della Crocifissione.
"Lasciate che vi stacchi dalla Croce"
e cercai di togliere i chiodi dai suoi piedi!
un Uomo nel terrore della Crocifissione.
"Lasciate che vi stacchi dalla Croce"
e cercai di togliere i chiodi dai suoi piedi!
Ma Egli mi rispose: "Lasciami
dove sono!
Perché
Io non scenderò dalla Croce fino a quando
tutti gli uomini, tutte le donne, tutti i fanciulli
non si uniranno insieme a distaccarmi"
tutti gli uomini, tutte le donne, tutti i fanciulli
non si uniranno insieme a distaccarmi"
Gli dissi allora: "Come posso sopportare
il Vostro lamento?
Che
cosa posso fare per Voi?"
Egli mi rispose: "Và per tutto il
mondo, e dì a quelli
che
incontrerai che c’è un Uomo su una Croce"
(Fulton J. Sheen)
venerdì 1 marzo 2013
Pasqua 2013: Gocce di parole per riflettere in modo semplice in famiglia.
Pasqua 2013: CRISTO
E’ RISORTO PER NOI!
SI’, CRISTO E’ VERAMENTE RISORTO!
“Tommaso…beati quelli
che non hanno visto e
hanno creduto!” Giov 20,29
Anche quest’anno la liturgia puntualmente ci invita a
festeggiare la Pasqua, Gesù Risorto, immolato per la nostra salvezza:
festeggeremo in Chiesa e con tutta la Chiesa dei fedeli nel mondo: una
celebrazione sempre bella e suggestiva, ma festeggeremo anche in famiglia
adornando la tavola, preparando qualcosa di diverso, magari dei fiori e, ben
in vista l’immagine del Crocifisso o di Gesù risorto. E tutto questo è bello,
meraviglioso, fa piacere al Risorto vedere una comunità riunita in preghiera
e poi tante famiglie riunite per fare festa a Colui che ci ha liberati dal
peccato.
Salutiamoci con la frase:” Cristo è risorto per noi!! Rispondendo:
"Sì, è veramente risorto!”
E’ di questo passaggio, dalla festa in chiesa alla famiglia
che vorrei parlare con tutti voi che leggerete queste parole, suggerendovi
alcune gocce seminate qua e là da Gesù durante la sua vita terrena per le
strade della Palestina.
Fermiamoci per pochi minuti di riflessione, magari insieme
in famiglia per rivedere la nostra
posizione, dare un voto alla nostra fede e vita cristiana: non importa
se alla fine ci daremo un voto basso, c’è sempre tempo per ricominciare, Dio
è sempre pronto a ricevere chi bussa alla sua porta.
Si sa, si dice che ogni famiglia è una piccola chiesa, una
cellula della Chiesa universale, la speranza della Chiesa,popolo di Dio.
Nella famiglia si compiono i primi passi assieme ai figli verso l’amore a Dio
e ai fratelli. Seguendo Gesù, nostro Redentore, la famiglia dà inizio e
compimento a quell’ingresso di Dio nella storia umana che culmina con la
morte e risurrezione di Gesù.
Dopo l’Ascensione di Gesù al Cielo e con l’invio dello
Spirito Santo è compito della chiesa, tutti i fedeli riuniti, intraprendere
il cammino verso la beatitudine eterna.
Ma oggi la famiglia crede ancora tutto questo? Si adopera
per essere protagonista in questa storia?
Cos’è Gesù per me, per la mia famiglia, nella mia
famiglia? Ricordiamo la nostra religiosità di tanti anni fa quando in casa ci
insegnavano a fare il segno della croce e le prime preghiere? Quando ci si
riuniva, magari con i vicini di casa per recitare il Rosario? E quando
suonavano le campane ci si sbrigava per non fare tardi…?
Erano altri tempi, forse si viveva una religiosità povera,
fatta di poche cose ma a queste credevamo veramente. Non è forse vero che il
mondo, tutto ciò che ci circonda, ci ha coinvolti in una corsa folle verso un
benessere cercato, faticato e meritato, ma ci siamo dimenticati un po’ alla
volta di Dio, adagiati ad una pratica religiosa abitudinaria o addirittura
allontanati dalla pratica religiosa?
E’ anche vero che chi è chiamato al ministero, vescovi,
sacerdoti non ci hanno dato per anni nuovi stimoli: il Concilio ecumenico
vaticano secondo, voluto dal Papa Giovanni XXIII, che avrebbe dovuto far
rifiorire la cristianità è stato dopo pochi anni dimenticato e si è fermato a
quelle poche novità liturgiche, mentre dovremmo essere stati aiutati a saper
leggere e ad approfondire le Sacre Scritture.
Ma non pensiamo troppo a ciò che è stato e lasciamo da
parte le omissioni che ci sono state da ogni parte, ecclesiastici e laici,
per incominciare una nuova partenza cristiana, una nuova riflessione per
risvegliare la nostra fede. Presto sarà Pasqua: Gesù morto e risorto segna il
passaggio dalla morte alla Vita, alla Grazia, alla Libertà di figli di Dio.
A questo scopo propongo a me a
voi dei momenti di riflessione, delle piccole gocce di parole di Gesù per un
confronto personale e possibilmente famigliare, dandoci delle risposte alla nostra posizione cristiana. Sarà una
Pasqua diversa! Ad ogni punto diamoci un voto, sono nove punti: la
sufficienza è 6x9=54 punti: vogliamo provare?
1 - Sappiamo tutti che molta gente seguiva Gesù per
chiedere una guarigione, per ascoltare la sua parola, per assistere a qualche
miracolo, per interrogarlo, per trovare una parola di conforto e così via…
Ma dov’era tutta quella gente quando Gesù fu condannato a
morte? Molti gridavano: ”Crocifiggilo!”,
altri nascosti da qualche parte per paura di essere accusati come suoi
seguaci.
Dove ci collochiamo noi oggi?
2 - Il suo invito ad andare da lui “Venite a me
voi tutti che siete stanchi ed io vi darò completo riposo… e troverete pace
per le vostre anime” (Mt 11,28).
Siamo dei
cristiani praticanti, convinti?
3 - Gesù non era
venuto per i potenti della terra, per i saggi, sacerdoti, scribi e farisei, non
era venuto per fare politica ma dedicarsi agli afflitti e peccatori bisognosi
di comprensione, misericordia e amore.
“ Non hanno
bisogno del medico i sani (coloro che si credono tali), ma gli ammalati; non sono
venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Lc 5,31).
Come
accogliamo questo invito?
4 - Quante volte
Gesù ha potuto costatare che il popolo di Dio, il popolo ebreo, si era
allontanato dalla legge del Signore, come aveva detto il profeta Michea: "L’uomo
pio è scomparso dalla terra, non c’è più un giusto fra gli uomini:
tutti stanno in agguato
per spargere sangue;
ognuno dà la caccia al
fratello". (Michea 7,1)
Siamo soddisfatti della nostra partecipazione alle
attività religiose della nostra comunità parrocchiale?
5 - Gesù è venuto per parlarci dell’amore del Padre
affinché ci amassimo gli uni gli altri: “ Se voi amate solo quello che vi
amano, che merito ne avete? Voi invece amate i vostri nemici, fate del bene…La
vostra ricompensa sarà grande” (Lc 6,32).
Conosciamo e pratichiamo il comandamento dell’amore?
6 - “Perché osservi il bruscolo che è nell’occhio di
tuo fratello, e non scorgi la trave che è nel tuo occhio"? (Lc 6,41)
Che rapporto abbiamo in famiglia, con i nostri vicini?
7 - Gesù ha sofferto molto per noi, ma ci ha anche
avvisati che anche noi andremo incontro a sofferenze: “Beati sarete voi
quando vi oltraggeranno e perseguiteranno, e falsamente diranno di voi ogni
male per causa mia. Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra
ricompensa nei cieli”. (Mt. 5,11)
Ci gloriamo di essere cristiani?
8 - Gesù parla di ricompensa, parla del Regno dei cieli,
preparato per chi lo segue, chiedendo la nostra collaborazione per
raggiungerlo: “Il regno dei cieli è come un granello di senape, il più
piccolo di tutti i semi ma seminato sul terreno cresce e diventa il più
grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del
cielo possono mettersi al riparo della sua ombra”. (Mc 4,31-32)
Collaboriamo in qualche modo per far crescere il Regno
di Dio?
9) Gesù ci indica come fare:
“L’uomo
dabbene, dal buon tesoro del suo cuore, trae fuori il bene, mentre il perverso, dal suo
cuore pervertito,
trae cose perverse”.
(Lc 6,45).
"Il vento
spira dove vuole e ne senti la voce; ma non sai di dove viene; né dove vada;
così di ognuno che è nato dallo Spirito” ( Gv 3,8.)
Facciamo attenzione alle omelie domenicali portando a
casa un insegnamento, covinti che solo Gesù ha parole di vita eterna?
Con questi pensieri auguriamoci una Buona e serena Pasqua :
“Cristo è veramente risorto!”
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Dall’OMELIA DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
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Basilica
Vaticana
Sabato Santo, 7 aprile 2012
“A Pasqua, al mattino del primo giorno della
settimana, Dio ha detto nuovamente: “Sia la luce!”. Prima erano venute la notte
del Monte degli Ulivi, l’eclissi solare della passione e morte di Gesù, la
notte del sepolcro. Ma ora è di nuovo il primo giorno – la creazione ricomincia
tutta nuova. “Sia la luce!”, dice Dio, “e la luce fu”. Gesù risorge dal
sepolcro. La vita è più forte della morte. Il bene è più forte del male.
L’amore è più forte dell’odio. La verità è più forte della menzogna. Il buio
dei giorni passati è dissipato nel momento in cui Gesù risorge dal sepolcro e
diventa, Egli stesso, pura luce di Dio. Questo, però, non si riferisce soltanto
a Lui e non si riferisce solo al buio di quei giorni. Con la risurrezione di
Gesù, la luce stessa è creata nuovamente. Egli ci attira tutti dietro di sé
nella nuova vita della risurrezione e vince ogni forma di buio. Egli è il nuovo
giorno di Dio, che vale per tutti noi”.Sabato Santo, 7 aprile 2012
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