lunedì 28 gennaio 2013

Don Antonino Bello, la sua malattia, il suo calvario



Questa è una testimonianza di don Tonino Sofferente, la sua malattia, il suo calvario che diventano

 speranza e opera di salvezza ,

 sorgente della fede, luogo della fede.




Il calvario, testo di un’omelia dettata e fatta leggere durante la messa crismale del giovedì santo, 8 aprile 1993.

Il calvario è lo scrigno nel quale si concentra tutto l’amore di Dio.

Quando io sento dire che la croce, manifestazione suprema dell’amore di Dio, è una crudeltà che ha inventato il Signore… quando sento dire che non deve il Signore far soffrire coloro che ha creato per amore… quando sento dire che il Signore è duro con noi… io mi sento male, perché non è così.
La croce è la manifestazione, è l’epifania più alta dell’amore di Dio per noi. Ha mandato il Suo Figlio sulla croce perché ci togliesse tutti i nostri peccati, ci redimesse, ci rendesse puri.
Anche noi sulla croce rendiamo più pura l’umanità e più buono il mondo.

Anche il letto del nostro dolore dovrebbe essere fontana di carità. Ognuno dovrebbe dire: “Signore, io non soltanto mi affido a te e sono felice di partecipare a questa operazione della carità in cooperative con te, ma Ti ringrazio di questo privilegio". Perché tra gli operai scelti, tu hai preso proprio me. Mi hai chiamato per nome perché io collabori con la tua opera di salvezza…
…Coraggio! La nostra sofferenza non è inutile. Il nostro dolore alimenta l’economia sommersa della grazia…

…Il calvario non è soltanto la fontana della carità, ma anche la sorgente della speranza…
…Speranza significa forza di rinnovare il mondo, forza di cambiare le cose… E’ proprio dal calvario che si diparte la speranza. Il mondo può cambiare. E noi che siamo ammalati o che siamo vittime di tante sofferenze morali, noi possiamo contribuire a cambiare il mondo. Con grande fiducia, appoggiando il nostro capo sul capo di Gesù che rantola sulla croce…
…Riconciliamoci con la speranza!...

…Il Calvario non è soltanto la fontana della carità. Non è solo l’acquedotto della speranza, ma è anche la sorgente della fede…Fede vuol dire abbandono…
…Il Calvario è il luogo della fede. Ma anche il nostro piccolo calvario, quello che si racchiude nel perimetro di quattro pareti, deve essere il luogo della fede, della fiducia, del nostro abbandono in Dio.
C’è una preghiera molto bella di Charles de Foucault, che traduce questo abbandono. Io avevo paura quando stando in buona salute, ogni sera la ripetevo. Adesso che sto ammalato la dico con gioia.


“Padre mio, io mi abbandono a Te,
fa' di me ciò che ti piace.
Qualunque cosa tu faccia di me,
ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto,
purché la tua volontà
si compia in me
e in tutte le tue creature.
Non desidero niente altro, Dio mio;
rimetto l'anima mia nelle tue mani
te la dono, Dio mio,
con tutto l'amore del mio cuore,
perché ti amo.
Ed è per me un'esigenza d'amore
il darmi,
il rimettermi nelle tue mani,
senza misura,
con una confidenza infinita,
poiché Tu sei il Padre mio”.

E’ una preghiera che sa di gioia, di luce, di pace, di conforto non soltanto per noi, ma anche per coloro che stanno bene e non hanno problemi…
…E quando la gente viene da noi e ci dice, come le vergini stolte, "on abbiamo più olio" noi possiamo rispondere:
“ Non vi preoccupate, venite nel nostro frantoio, ne abbiamo a quantità per voi e per tutti”.

Don Antonino Bello in “Ti voglio bene” ed. la meridiana.





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