Credo di fare cosa gradita
pubblicare questo
articolo del nostro e
vostro amato vescovo
Monsignor Tonino Bello, adattabile per il periodo di
Natale che ci apprestiamo a festeggiare: Gesù è
venuto, viene ancora per
prendersi cura di noi.
Dio non è un computer. Non è il grande magazziniere dei
nostri nomi e neppure l’archivista supremo che per ogni uomo allestisce un
“dossier” riservato. Non è l’infallibile memorizzatore di fatti e misfatti, che
poi, nel giorno del giudizio, egli userà come prove di merito o come capi
d’imputazione nei nostri confronti.
Sarebbe veramente banale ridurre Dio al ruolo di controllore
dei nostri “sgarri”, o al rango di banchieri dei nostri titoli di credito. Un
Dio siffatto, che vesta l’abito del funzionario compiaciuto o che indossi la
divisa del gendarme, è quanto di più allucinante si possa pensare.
Forse proprio per allontanare da noi un modo così sacrilego
di concepire Dio, il salmo 8 ci fa sapere che il Signore non solo si ricorda
dell’uomo, ma si prende anche premura di lui: Che cosa è l’uomo perché te ne
ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi?
Dio, dunque, si prende cura. E’ provvidente. Non gli basta
darci un letto, ma la notte si alza per rimboccarci le coperte.
Ha sollecitudine, insomma. E’ inquieto per noi. Si
preoccupa. E non solo dell’uomo in generale, ma del singolo.
E’ straordinario tutto questo!
Io gli sto a cuore. Giovanni Paolo II gli sta a cuore. Ma
anche Filippo gli sta a cuore. Filippo lo scansano tutti, perché ha l’alito
pesante, sembra un cavernicolo, non si lava mai e passa la vita, taciturno,
raccogliendo ferri vecchi.
Madre Teresa di Calcutta, premio Nobel per la pace, gli sta
a cuore. Ma anche Maddalena gli sta a cuore, lei che di bello ha solo il nome e
gli anni, con quel tanfo selvatico che si porta appresso, e con uno sfregio
permanente sotto gli occhi, che la deturpa da quando suo padre la gettò nel
fuoco da bambina.
Gli sta a cuore Nicla, che ha vinto un concorso di
fotomodella e sua madre la mostra a tutti sulle copertine dei rotocalchi. Ma
gli sta a cuore anche Nella, che ha sposato un marocchino contro la volontà dei
parenti, è stata messa fuori di casa, ora ha un bambino e, da più di un anno,
l’interno di un’Alfaromeo sgangherata le fa da cucina, da soggiorno da talamo.
Gli sta a cuore il “leader” negro che si batte per il
riconoscimento dei diritti umani, parla alla televisione, e concede interviste
ai più grandi giornali del mondo. Ma gli sta a cuore anche Sabel, piccolo
bambino etiope dal ventre gonfio di fame, che trema come un cerbiatto spaurito,
all’interno di una capanna, in attesa della morte.
Gli sta a cuore Jenny, che fa la sera in un “night” per
camparsi la vita. Se ne fa carico. Ne segue, cioè, con preoccupazione la sorte.
Non chiude occhio per lei. Così come non chiude occhio per quella madre
salvadoregna che piange il figlio scomparso. Per quel vecchio vietnamita che
vegeta da mesi nella stiva di un boat people. Per quel giovane indiano, che si
aggira come un ebete tra le arterie di una metropoli europea: ha perso tutto,
anche la memoria, e il suo nome ora è segnato solo sull’anagrafe del ciel.
Qualcuno potrebbe osservare che non c’è bisogno del Salmo 8
per sapere che Dio si prende cura dell’uomo, dal momento che tutta la
Scrittura, dalla prima all’ultima parola, è attraversata da questo annuncio.
Giusto! L’osservazione è pertinente. La portata del
messaggio di questo versetto, infatti, non è proclamare la premura di Dio, ma
la grandezza dell’uomo. Non consiste nel rivelare la condiscendenza del
Creatore, ma nell’esaltare il prestigio della creatura. Non si riduce a
glorificare la tenerezza divina per ogni volto umano, ma punta a mettere in
luce il fascino di questo volto, che riesce a stregare perfino il cuore di Dio:
Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne
curi?
Un amico ateo, che avevo condotto con me al rito della
professione religiosa di Francesca, una splendida ragazza di vent’anni che
ognuno avrebbe voluto per sé come sposa, al ritorno mi disse in macchina: “Ma
che cosa è questo vostro Dio per il quale una ragazza come quella si brucia la
vita?"
Stavo per rispondergli con la stessa domanda a termini
invertiti, quando ho visto un vecchio che raspava nel cassettone della
spazzatura, e, allora, sostituendo il nome di Francesca, gli ho replicato: “E
che cosa è quel miserabile senza nome per il quale, stanne certo, Dio arde
d’incredibile amore?”.
Era difficile una risposta.
Avrei voluto osservare che, comunque, una risposta l’avremmo
potuta trovare nel Vangelo, in quella pagina in cui il Signore per ogni torto
subito dal più piccolo uomo della terra, si costituisce parte lesa davanti al
tribunale della storia.
Ma mi ero fermato, perché mi ero accorto di aver fuso. Il
cervello, non il motore.
Poi ho ripreso, mormorando all’orecchio del mio amico,
rimasto in silenzio, il versetto di un altro Salmo: Il Signore ch ha fatto
bere vino da vertigini.
Mons. Tonino Bello in “Scrivo a voi” Grafiche Dehoniane,
Bologna
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