martedì 18 dicembre 2012

Che cosa è l'uomo perché te ne curi, di don Tonino Bello


Credo di fare cosa gradita pubblicare  questo

 articolo del nostro e vostro amato vescovo 

Monsignor Tonino Bello, adattabile per il periodo di

 Natale che ci apprestiamo a festeggiare: Gesù è 

venuto, viene ancora per prendersi cura di noi.



Dio non è un computer. Non è il grande magazziniere dei nostri nomi e neppure l’archivista supremo che per ogni uomo allestisce un “dossier” riservato. Non è l’infallibile memorizzatore di fatti e misfatti, che poi, nel giorno del giudizio, egli userà come prove di merito o come capi d’imputazione nei nostri confronti.
Sarebbe veramente banale ridurre Dio al ruolo di controllore dei nostri “sgarri”, o al rango di banchieri dei nostri titoli di credito. Un Dio siffatto, che vesta l’abito del funzionario compiaciuto o che indossi la divisa del gendarme, è quanto di più allucinante si possa pensare.
Forse proprio per allontanare da noi un modo così sacrilego di concepire Dio, il salmo 8 ci fa sapere che il Signore non solo si ricorda dell’uomo, ma si prende anche premura di lui: Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi?
Dio, dunque, si prende cura. E’ provvidente. Non gli basta darci un letto, ma la notte si alza per rimboccarci le coperte.
Ha sollecitudine, insomma. E’ inquieto per noi. Si preoccupa. E non solo dell’uomo in generale, ma del singolo.
E’ straordinario tutto questo!
Io gli sto a cuore. Giovanni Paolo II gli sta a cuore. Ma anche Filippo gli sta a cuore. Filippo lo scansano tutti, perché ha l’alito pesante, sembra un cavernicolo, non si lava mai e passa la vita, taciturno, raccogliendo ferri vecchi.
Madre Teresa di Calcutta, premio Nobel per la pace, gli sta a cuore. Ma anche Maddalena gli sta a cuore, lei che di bello ha solo il nome e gli anni, con quel tanfo selvatico che si porta appresso, e con uno sfregio permanente sotto gli occhi, che la deturpa da quando suo padre la gettò nel fuoco da bambina.
Gli sta a cuore Nicla, che ha vinto un concorso di fotomodella e sua madre la mostra a tutti sulle copertine dei rotocalchi. Ma gli sta a cuore anche Nella, che ha sposato un marocchino contro la volontà dei parenti, è stata messa fuori di casa, ora ha un bambino e, da più di un anno, l’interno di un’Alfaromeo sgangherata le fa da cucina, da soggiorno da talamo.
Gli sta a cuore il “leader” negro che si batte per il riconoscimento dei diritti umani, parla alla televisione, e concede interviste ai più grandi giornali del mondo. Ma gli sta a cuore anche Sabel, piccolo bambino etiope dal ventre gonfio di fame, che trema come un cerbiatto spaurito, all’interno di una capanna, in attesa della morte.
Gli sta a cuore Jenny, che fa la sera in un “night” per camparsi la vita. Se ne fa carico. Ne segue, cioè, con preoccupazione la sorte. Non chiude occhio per lei. Così come non chiude occhio per quella madre salvadoregna che piange il figlio scomparso. Per quel vecchio vietnamita che vegeta da mesi nella stiva di un boat people. Per quel giovane indiano, che si aggira come un ebete tra le arterie di una metropoli europea: ha perso tutto, anche la memoria, e il suo nome ora è segnato solo sull’anagrafe del ciel.
Qualcuno potrebbe osservare che non c’è bisogno del Salmo 8 per sapere che Dio si prende cura dell’uomo, dal momento che tutta la Scrittura, dalla prima all’ultima parola, è attraversata da questo annuncio.
Giusto! L’osservazione è pertinente. La portata del messaggio di questo versetto, infatti, non è proclamare la premura di Dio, ma la grandezza dell’uomo. Non consiste nel rivelare la condiscendenza del Creatore, ma nell’esaltare il prestigio della creatura. Non si riduce a glorificare la tenerezza divina per ogni volto umano, ma punta a mettere in luce il fascino di questo volto, che riesce a stregare perfino il cuore di Dio: Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi?
Un amico ateo, che avevo condotto con me al rito della professione religiosa di Francesca, una splendida ragazza di vent’anni che ognuno avrebbe voluto per sé come sposa, al ritorno mi disse in macchina: “Ma che cosa è questo vostro Dio per il quale una ragazza come quella si brucia la vita?"
Stavo per rispondergli con la stessa domanda a termini invertiti, quando ho visto un vecchio che raspava nel cassettone della spazzatura, e, allora, sostituendo il nome di Francesca, gli ho replicato: “E che cosa è quel miserabile senza nome per il quale, stanne certo, Dio arde d’incredibile amore?”.
Era difficile una risposta.
Avrei voluto osservare che, comunque, una risposta l’avremmo potuta trovare nel Vangelo, in quella pagina in cui il Signore per ogni torto subito dal più piccolo uomo della terra, si costituisce parte lesa davanti al tribunale della storia.
Ma mi ero fermato, perché mi ero accorto di aver fuso. Il cervello, non il motore.
Poi ho ripreso, mormorando all’orecchio del mio amico, rimasto in silenzio, il versetto di un altro Salmo: Il Signore ch ha fatto bere vino da vertigini.

Mons. Tonino Bello in “Scrivo a voi” Grafiche Dehoniane, Bologna



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