mercoledì 19 settembre 2012

S.O.S dal volontariato Ong piemontesi




Il Piemonte a fianco delle popolazioni del Sahel
Consorzio Ong Piemontesi e Coordinamento Comuni per la Pace sostengono


6 Ong del Piemonte lanciano una raccolta fondi per l’emergenza alimentare in Africa.

La vita di 15 milioni di persone, donne e bambini, contadini e allevatori, messi in ginocchio
dalla siccità che sta colpendo il Sahel, è a rischio. L’80% della popolazione vive in ambiente
rurale e si trova alle prese con una drammatica crisi alimentare. La situazione è aggravata
da prezzi alle stelle e conflitti come quello scoppiato di recente nel nord del Mali.
In tale contesto, 6 storiche associazioni del Piemonte aderenti al COP, Consorzio Ong Piemontesi,
e sostenute dal Coordinamento Comuni per la Pace della Provincia di Torino -
CISV, ENGIM, LVIA, MAIS, MSP, RETE - hanno deciso di unire le forze per far fronte
all’emergenza» spiega Umberto Salvi, presidente del COP. «Tra gli interventi più urgenti,
la distribuzione di cibo a decine di migliaia di famiglie, la fornitura di sementi e foraggio ai
contadini, la realizzazione di pozzi e strutture idriche».
Per far questo «ci siamo dati l’obiettivo di raccogliere 840.000 Euro entro il mese di luglio
2012: un obiettivo ambizioso, che potremo realizzare solo se al nostro appello risponderanno
tutte le realtà della società civile cui chiediamo oggi un sostegno concreto: istituzioni,
enti pubblici, fondazioni ma anche privati cittadini possono aiutarci a raggiungere
la meta e a intervenire con prontezza ed efficacia nei paesi saheliani» dice Sandro Bobba,
presidente dell’LVIA, associazione capofila dell’iniziativa.
«Le nostre Ong sono impegnate da anni in progetti di cooperazione nel territorio saheliano,
dove lavorano per promuovere lo sviluppo durevole. Ora i nostri volontari in loco ci chiedono
con insistenza di intervenire per fronteggiare l’emergenza alimentare, e noi non intendiamo
restare a guardare» dice Piera Gioda, presidente di CISV, Ong della cordata attiva in Mali,
Burkina Faso, Niger e Senegal.
«Siamo consapevoli che chiedere un sostegno ai nostri connazionali in questo momento
critico, dove l’attenzione e le energie sono giustamente rivolte al dramma dei terremotati,
può sembrare difficile da comprendere» aggiunge Umberto Salvi, «ma la sofferenza e le
difficoltà di casa nostra non ci autorizzano a dimenticarci degli altri. Facciamo tutti parte
di una stessa umanità, sempre più alle prese con fenomeni naturali di inaudita violenza,
nel Nord come nel Sud del mondo. E queste emergenze, ovunque si verifichino, non possono
lasciarci indifferenti».

Per dare il proprio contributo alla raccolta fondi per i progetti CISV:
Causale: “SOS Sahel” su conto corrente bancario Banca Etica intestato a CISV
IBAN IT25 K050 1801 0000 0000 0110 668
Il Piemonte a fianco delle popolazioni del Sahel
Consorzio Ong Piemontesi e Coordinamento Comuni per la Pace sostengono

Tratto da Notiziario CISV, luglio 2012
Corso Chieri, 121/6 10132Torino

                                                             telefono 011 899 3823

 


martedì 18 settembre 2012

La nuvola e la duna






 Una nuvola giovane giovane 
(ma, è risaputo, la vita delle nuvole è breve e movimentata) faceva la sua prima cavalcata nei cieli, con un branco di nuvoloni gonfi e bizzarri.




Quando passarono sul grande deserto del Sahara, le altre nuvole, più esperte, la incitarono: «Corri, corri! Se ti fermi qui sei perduta».
La nuvola però era curiosa, come tutti i giovani, e si lasciò scivolare in fondo al branco
delle nuvole, così simile ad una mandria di bisonti sgroppanti.

«Cosa fai? Muoviti!», le ringhiò dietro il vento.
Ma la nuvoletta aveva visto le dune di sabbia dorata: uno spettacolo affascinante. E planò leggera leggera. Le dune sembravano nuvole d’oro accarezzate dal vento.
Una di esse le sorrise. «Ciao», le disse. Era una duna molto graziosa, appena formata dal vento, che le scompigliava la luccicante chioma.
«Ciao. Io mi chiamo Ola», si presentò la nuvola.
«Io, Una», replicò la duna.
«Com’è la tua vita lì giù?».
«Bè... Sole e vento. Fa un po’ caldo ma ci si arrangia. E la tua?».
«Sole e vento... grandi corse nel cielo».
«La mia vita è molto breve. Quando tornerà il gran vento, forse sparirò».
«Ti dispiace?».
«Un po’. Mi sembra di non servire a niente».
«Anch’io mi trasformerò presto in pioggia e cadrò. È il mio destino».
La duna esitò un attimo e poi disse: «Lo sai che noi chiamiamo la pioggia Paradiso?».
«Non sapevo di essere così importante», rise la nuvola.
«Ho sentito raccontare da alcune vecchie dune quanto sia bella la pioggia. Noi ci copriamo di cose meravigliose che si chiamano erba e fiori».
«Oh, è vero. Li ho visti».
«Probabilmente io non li vedrò mai», concluse mestamente la duna.
La nuvola rifletté un attimo, poi disse: «Potrei pioverti addosso io...».
«Ma morirai...».
«Tu però, fiorirai», disse la nuvola e si lasciò cadere, diventando pioggia iridescente.
Il giorno dopo la piccola duna era fiorita.

Una delle più belle preghiere che conosco dice: «Signore, fa’ di me una lampada. Brucerò me stesso, ma darò luce agli altri».

Da Bollettino Salesiano, Settembre 2012


domenica 16 settembre 2012

I genitori servono ancora?



 “E' forse colpa della sorgente se il corso del torrente si perde nel pantano?”.

Alcuni anni fa la psicologa Judith Rich Harris ha messo in circolazione un libro (“Non è colpa dei genitori”, Mondadori, Milano, 2000) che continua a far discutere. In esso la psicologa americana sostiene che, ormai, i figli imparano più fuori casa che in famiglia, più dai coetanei che dai genitori. Insomma, i genitori conterebbero sempre meno: la crescita buona o meno buona dipenderebbe non già da essi, ma dal codice genetico dei figli e dai compagni. Che dire? Ha ragione la Harris?

Non c’è dubbio che nella formazione della persona umana intervengono più fattori: due di questi sono, appunto, il fattore ereditario e l’ambiente in cui ci si viene a trovare.
Nell’adolescenza, in particolare, il fattore ‘gruppo’ è fondamentale: in esso il ragazzo si sente protetto, deresponsabilizzato, fino a perdere, talora, la propria identità e ad assumere un ‘io’ collettivo.
Dunque il libro di cui stiamo parlando ha, indubbiamente, una funzione positiva: serve a liberare i genitori da sensi di colpa, quasi che un eventuale fallimento educativo dipenda totalmente da essi. Il che non è affatto vero: ogni essere umano dipende anche dalla propria libertà, dalla propria coscienza! Persino alla scuola del massimo educatore Gesù, vi è stato un Giuda!

Il cardinale Carlo Maria Martini si domanda:“è forse colpa della sorgente se il corso del torrente si perde nel pantano?”.
Fin qui, perciò, possiamo essere d’accordo con il libro“Non è colpa dei genitori”.
Però in esso vi è un risvolto che può essere grave e pericoloso.
Può essere grave e pericoloso perché può portare i genitori a smettere di fare i genitori; può fornire un comodo alibi ai padri ed alle madri per cessare di riflettere sul loro ruolo. Secondo noi, ancor oggi, i genitori lasciano una traccia nella vita del figlio: i genitori formano o deformano il figlio che non può sottrarsi ad essi soprattutto nei primi anni della vita che impiantano lo zoccolo duro della nostra personalità.

E'vero, ripetiamo: la libertà, l’eredità e l’ambiente hanno una loro incidenza, ma il primo ambiente, il primo gruppo con cui il bambino viene a contatto è quello familiare: questo è il contatto-radice che ha il potere di costruire o demolire, in modo indelebile, l’io del bambino.
Dello stesso nostro parere era Marcello Bernardi, uno dei massimi competenti in materia del secolo scorso.
Bernardi metteva in guardia i genitori dal “cercare facili scappatoie” fornite da libri come quello della Harris che possono portare alla rinuncia dell’educazione stessa!

Quale la conclusione del poco detto?
La più razionale sembra questa: ammesso pure che le dotazioni native e le influenze ambientali abbiano il loro peso, da parte nostra cerchiamo di fare tutto il possibile per educare al meglio i figli.
Fino a questo momento non si è ancora trovata una strategia migliore per educare un uomo che una coppia di bravi genitori.
Sono essi che – lo vogliano o non lo vogliano, lo sappiano o non lo sappiano – ‘firmano’ i figli.
Anche il genitore che decide di non educare, lascia la sua impronta.
Insomma, all’educazione non si scappa!
Avere un figlio significa essere incastrati!
Ancor oggi continua ad avere ragione lo psicologo-pedagogista americano John Powell quando dice: “In certi casi può sembrare spaventoso, ma il nostro destino è nelle mani dei genitori”.
Nelle mani dei genitori perché (è ancora lo stesso studioso che prosegue): “Al termine dei primi sette anni di vita, il bambino è già formato in maniera pressoché definitiva”.

Altro che inutili i genitori!


I genitori patentati
Prima di parlare chiedono il permesso all’esempio.
Sono presenti, ma non pesanti.
Tacciono o setacciano.
Si divertono anche ad educare.
Non rigano l’anima del figlio con parole invalidanti.
Danno più calore che calorie.
Non mandano il bambino a letto: lo accompagnano.
Sono il 50% testa e il 50% cuore.
Non forzano mai la mano.
Sanno che il loro nervosismo aumenta il volume delle urla del bambino.

Citazioni d’autore

“I bambini d’oggi sembra sappiano tante cose, e le sanno, ma sotto il bambino tecnologico c’è
quello eterno che non può vivere senza l’affetto e l’amore di qualcuno” (Mario Lodi,maestro).

“Un sorriso fa fare il doppio di strada di un brontolio” (Baden Powell,fondatore dello scautismo).

“Saper parlare è un dono di molti. Saper tacere è saggezza di pochi. Saper ascoltare è generosità di pochissimi” (Nino Salvaneschi,scrittore).

“La cosa più importante che un uomo possa fare per i suoi figli è amare la loro madre” (Winston Churchill,uomo politico inglese).

“Quando gli uomini smettono di dire cose belle, smettono anche di pensarle” (Oscar Wilde,scrittore inglese).
“I genitori troppo morbidi sono quelli che fanno le peggiori ingiustizie ai figli” (Gaspare Barbiellini Amidei,scrittore).
“Tutte le volte che fate al figlio una cosa che lui può fare da solo, gli rubate un pezzo di vita” (Jean Piaget,psicologo svizzero


Ci guardano
I figli ci guardano quando predichiamo acqua e poi beviamo vino.
I figli ci guardano quando diciamo di essere pacifisti e poi, per una stupidaggine, litighiamo con il vicino.
I figli ci guardano quando diciamo di amare la loro madre e poi ci sentono urlare perché la bistecca è dura.
I figli ci guardano quando compriamo le riviste ecologiche e poi gettiamo a terra il pacchetto di sigarette vuoto.
I figli ci guardano quando esaltiamo la sincerità e poi ci vendiamo per la carriera.
I figli ci guardano andare in chiesa la domenica e poi ci sentono bestemmiare il lunedì.
I figli ci guardano quando diciamo che nella vita conta solo l’amore e poi viviamo per il sesso e il denaro.


Teniamo presente lo sguardo muto dei figli, il loro muto giudizio: ci può risparmiare tante nefandezze

Il Bollettino Salesiano - Luglio / Agosto 2012
PINO PELLEGRINO

Un uomo che aveva la mano destra inaridita...




È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?”




Dal Vangelo secondo Luca 6,6-11
Un sabato, Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. Ora c’era là un uomo, che aveva la mano destra inaridita. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva di sabato, allo scopo di trovare un capo di accusa contro di lui.
Ma Gesù era a conoscenza dei loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano inaridita: “Alzati e mettiti nel mezzo!”.
L’uomo, alzatosi, si mise nel punto indicato.
Poi Gesù disse loro: “Domando a voi: È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?”. E volgendo tutt’intorno lo sguardo su di loro, disse all’uomo: “Stendi la mano!”. Egli lo fece e la mano guarì.
Ma essi furono pieni di rabbia e discutevano fra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

 

Gesù entrava spesso nelle sinagoghe per insegnare e di questi insegnamenti gli evangelisti riportano soltanto pochi brani,ma singolari. Nel brano di oggi è Gesù che prende l’iniziativa , interroga scribi e farisei.
Luca ci parla di una guarigione, di un uomo che aveva la mano destra inaridita, posto al centro dell’attenzione e ben in vista da Gesù.
Gesù entra nella sinagoga, si guarda attorno e vede quell’uomo ammalato, vede i farisei che lo scrutano e legge nei loro cuori: lo osservavano per vedere se lo guariva di sabato allo scopo di trovare un capo di accusa contro di lui.

Singolare l’intervento di Gesù che interpreta e prende spunto dai fatti della vita per parlare agli uomini ed annunciare il Regno di Dio con dei segni miracolosi: non era venuto in questo mondo per vivere come uomo tra gli uomini, per indicarci la Via, per insegnare la Verità, per donare la Vita?

Quell’uomo era al centro dei pensieri di quei personaggi e della gente, quella malattia non era solo un problema di un povero uomo, forse colpa dei suoi genitori come si credeva, ma diventava quel giorno un problema della collettività, soprattutto per gli scribi e i farisei.
Gesù stava travolgendo il loro modo di vivere, ledendo anche la loro autorità perché la gente, il popolo umile, semplice, in altre occasioni, in molte altre occasioni aveva osannato Gesù credendo in Lui, nel Messia che doveva arrivare. Era credibile e nessuno aveva parlato come Lui prima, era uno che faceva prodigi, guariva molti…uno che voleva bene al popolo, ai poveri… E in questa occasione quale sarebbe stato il comportamento di Gesù era lecito chiederselo.

Gli scribi e i farisei la sapevano molto lunga sulle leggi e il  modo di interpretarle… fino a travolgere le parole e l’operato di Gesù.

Gesù in questa situazione ha pensato anche a quegli intellettuali e dotti uomini di legge, ha voluto dare loro una possibilità, quella di leggere nel cuore della legge oltre a presenziare la guarigione fisica di un uomo provato dalla malattia e dalle dicerie degli altri che lo qualificavano peccatore…

 Gesù dopo aver ordinato all’uomo di alzarsi e di mettersi nel mezzo chiede a quei signori della legge: : È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?”.
Forse pochi attimi di silenzio e, senza attendere risposta, Gesù guarisce la mano di quell’uomo e sicuramente assieme ad una mano guarita dona anche  la fede e una completa fiducia in Lui. I  miracoli, le guarigioni hanno sempre un duplice scopo…

Ogni pagina dei vangeli è stata scritta e tramandata per tutte le generazioni future: non fu Gesù che disse “ Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto?... Quanto grande è la nostra fiducia in Lui?

Altre volte abbiamo visto Gesù guarire nel giorno di sabato: oggi assistiamo ad un confronto diretto: Gesù opera, parla e i suoi interlocutori non rispondono… ma tramano contro di lui: da arrabbiati, perché impotenti di fronte all’evidenza, discutevano fra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

Per capire meglio la domanda di Gesù e il pensiero degli scribi e farisei confrontiamo le due versioni con quanto si legge nella Bibbia a proposito del sabato:

Deut 5,12-15
Osserva il giorno del sabato per santificarlo, come il Signore, tuo Dio, ti ha
comandato. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro;ma il settimo giorno è il
sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né
tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo asino, né il tuo
bestiame, né il forestiero che dimora presso di te, perché il tuo schiavo e la tua
schiava si riposino come te. Ricordati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto e che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore, tuo Dio, ti ordina di osservare il giorno del sabato.

Es 31,16-17: “ Gli Israeliti osserveranno il sabato, festeggiando il sabato nelle loro generazioni come un’alleanza perenne. Esso è un segno perenne fra me e gli Israeliti: infatti il Signore in sei giorni ha fatto il cielo e la terra, ma nel settimo ha cessato e ha preso respiro”.

Non è da Dio prendersi cura dell’uomo? Un Dio che si prende cura anche del riposo del bue e dell’asino, della schiava e del forestiero può negare che in giorno di sabato si possa fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?”.

Che fine ha fatto per i farisei e gli scribi il comandamento dell’amore? Forse c’è un tempo stabilito per fare del bene o del male, salvare una vita o perderla? Forse Dio, con la sua mano potente e braccio teso vieta di fare del bene nel giorno a lui dedicato?

Il giorno del Signore è un giorno di festa, di lode, di benedizione, di ringraziamento, di riposo, ricordo della nuova alleanza, celebrazione della Pasqua, ma è anche un giorno della comunità, un giorno di fraternità, di comunione, di amore.

Gesù incontrando i farisei non ha voluto forse anche guarire la loro cattiva fede? Guarendo la mano di quell’uomo, non  ha forse voluto richiamare alla loro mente la potenza del Dio degli Ebrei, lo stesso che li ha salvati dalla schiavitù d’Egitto e guarire il loro atteggiamento sbagliato, distorto, nell’osservare la legge del riposo sabatico? Non era un invito serio a credere in lui?

Ci ricorda l’apostolo Giacomo nella sua lettera 4,17 “Chi dunque sa fare il bene e non lo fa, commette peccato".

Ci sentiamo coinvolti nelle parole di Gesù? Chi è l’altro per noi? Siamo capaci di creare condizioni migliori per l’altro anche in un  giorno di festa? Amiamo perché siamo cristiani o perché, come cristiani siamo chiamati ad amare? Amiamo perché come cristiani abbiamo ricevuto il dono d’amore di Dio? Siamo convinti che non possiamo dire di amare Dio se nell’amore che professiamo per i fratelli poniamo dei se, dei ma, dei distinguo?...

Anche noi possiamo rischiare di mettere la norma, la legge al di sopra della vita degli altri e di non cogliere il senso vero, il cuore del messaggio evangelico. Ricordiamocelo spesso: la prassi dell’amore supera ogni legge scritta…


sabato 15 settembre 2012

Cercare Gesù, di don Tonino Bello



Lc 6,12-19
Erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti.
Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.

Innamorarsi di Gesù Cristo, come fa chi ama perdutamente una persona
e imposta tutto il suo impegno umano e professionale su di lei,
attorno a lei raccorda le scelte della sua vita, rettifica i progetti, coltiva gli interessi, adatta i gusti, corregge i difetti, modifica il suo carattere, sempre in funzione della sintonia con lei.

Cosa non fa ad esempio un uomo per la sua donna, perché ha impostato la sua vita su di lei?

Osservando la vita di tanti nostri amici, dei nostri compagni di studi,
ci accorgiamo come l'amore totalizzante investe non soltanto l'aspetto della loro affettività,
ma trascina nel suo vortice i giorni, le notti, il riposo, il lavoro, la gioia, il dolore, le delusioni,
le speranze.
È un investimento totale.

Quando parlo di innamoramento di Gesù Cristo voglio dire questo: un investimento totale della
nostra vita.
Per noi il Signore non è una fascia, una frangia, un merletto, sia pure notevole,
che si aggiunge al panneggio della nostra esistenza.
L'amore per Cristo, se non ha il marchio della totalità, è ambiguo.

Il Part-time, il servizio a ore, magari col compenso maggiorato per lo straordinario, con
Cristo non è ammissibile, un servizio a ore saprebbe di mercificazione.

Innamorarsi di Gesù Cristo vuol dire: conoscenza profonda di lui, dimestichezza con lui,
frequenza diurna nella sua casa, assimilazione del suo pensiero, accoglimento senza
sconti delle esigenze più radicali del Vangelo.

Vuol dire centrare davvero la vita intorno al Signore Gesù, perché la nostra esistenza,come diceva Dietrich Bonhoeffer, diventi una esistenza teologica.

Don Tonino Bello, Cirenei
della Gioia - esercizi spirituali
predicati a Lourdes.

martedì 4 settembre 2012

Ricordando il Card.Carlo Maria Martini


 Sì, anche noi vogliamo ricordare il cardinale Carlo Maria Martini con  un suo pensiero, 

a stimolo per una vita migliore, 

per una scelta di vita che ci impedisca di vivere nella banalità.





"Vivere è convivere con l'idea che tutto prima o poi finirà. 

La morte è come una sentinella che fa da guardia al mistero. 

E' la roccia che ci impedisce d'affondare nella superficialità".

LA VITA IN DUE, preghiera


La vita in due (San Giovanni Crisostomo – IV sec.)

Grazie, Signore,
perché ci hai dato l’amore
capace di cambiare
la sostanza delle cose.


 


Quando un uomo e una donna
diventano uno nel matrimonio
non appaiono più come creature terrestri
ma sono l’immagine stessa di Dio.

Così uniti non hanno paura di niente.
Con la concordia, l’amore e la pace
l’uomo e la donna sono padroni
di tutte le bellezze del mondo.

Possono vivere tranquilli,
protetti dal bene che si vogliono
secondo quanto Dio ha stabilito.

Grazie, Signore,
per l’amore che ci hai regalato