lunedì 28 novembre 2011

Se mi fosse concesso la notte di natale...aggirarmi per le strade...





Buon Natale: da uno scritto di don Tonino Bello





Se mi fosse concesso di lasciare nella mezzanotte il trasognato rapimento della liturgia, e aggirarmi per le strade della città, e bussare a tutte le porte, e suonare a tutti i campanelli, e parlare a tutti i citofoni, e dare una voce sotto ogni finestra illuminata, vorrei dire semplicemente così:

Buon Natale, gente! Il Signore è sceso in questo mondo disperato. E all'anagrafe umana si è fatto dichiarare con un nome incredibile: Emmanuele! Che vuol dire: Dio con noi. Coraggio! Ai tempi di Adamo, «egli scendeva ogni meriggio nel giardino a passeggiare con lui» (Gn 3,8). Ma ora ha deciso di starsene per sempre quaggiù, perché non si è ancora stancato di nessuno e continua a scommettere su di noi.


                    Mi chiedo, però, se questi auguri,
                     formulati così, magari all'interno di un piano-bar,
                     o di una sala-giochi, o di una discoteca,
                     o di un altro tempio laico dove la gente,
                      tra panettoni e champagne e luci psichedeliche
 sta trascorrendo la notte santa, siano capaci di reggere il fastidio degli atei, lo scetticismo degli scaltri, il sorriso dei furbi, la praticità di chi squalifica i sogni, il pragmatismo di chi rifiuta la poesia come mezzo di comunicazione.
Mi domando se gli auguri di Natale formulati così, magari all'interno della Stazione Centrale dove tanta gente alla deriva trova riparo dal freddo notturno nella sala d'aspetto (ma senza che aspetti più nulla e nessuno)..., faranno rabbia o tenerezza, susciteranno disprezzo o solidarietà, provocheranno discredito o lacrime di gioia.
Mi interrogo come saranno accolti questi auguri dalla folla dei nuovi poveri che il nostro sistema di vita ignora e perfino coltiva. Dagli anziani reclusi in certi ospizi o abbandonati alla solitudine delle loro case vuote. Dai tossico-dipendenti prigionieri di una insana voluttà di autodistruzione. Dagli sfrattati che imprecano contro il destino. Dagli ex carcerati che non trovano affetto. Dai dimessi degli ospedali psichiatrici che si aggirano come larve. Dagli operai in cassa integrazione senza



prospettive.
Dai disoccupati senza speranze.
Da tutta la gente, insomma, priva dell'essenziale: la salute,
la casa, il lavoro,
l'accesso alla cultura, la partecipazione.

Mi domando che effetto faranno gli auguri di Natale, formulati così, su tanta gente appiattita dal consumismo, resa satura dallo spreco, devastata dalle passioni. Sulla moltitudine di giovani incerti del domani, travagliati da drammi interiori, incompresi nei loro problemi affettivi. Sulle folle di terzomondiali che abitano qui da noi e ai quali ancora, con i fatti, non abbiamo saputo dimostrare di esser convinti che Gesù Cristo è venuto anche per loro.

Mi chiedo per quanti minuti rideranno dinanzi agli auguri di Natale, formulati così,
coloro che si sono costruiti idoli di sicurezza:
 il denaro, il potere, lo sperpero, il tornaconto,
 la violenza premeditata, l'intolleranza come sistema,
il godimento come scopo assoluto della vita.


E allora? Dovrei abbassare il tiro? Dovrei correggere la traiettoria e formulare auguri terra terra, a livello di tana e non di vetta, a misura di cortile e non di cielo?
No. Non me la sento di appiattire il linguaggio. Sono così denutrite le speranze del mondo, che sarebbe un vero sacrilegio se, per paura di dover sperimentare la tristezza del divario tra la formulazione degli auguri e il loro reale adempimento, mi dovessi adattare al dosaggio espressivo dei piccoli scatti o dovessi sbilanciarmi sul versante degli auspici con gli indici di prudenza oggi in circolazione.



Andiamo fino a Betlemme
Anzi, se c'è una grazia che desidero chiedere a Gesù che nasce, per me e per tutti,
è proprio quella di essere capace di annunciare,
con la fermezza di chi sa che non resteranno deluse,
speranze sempre eccedenti su tutte le attese del mondo.





Andiamo fino a Betlemme, come i pastori. Il volto spaurito degli oppressi,
la solitudine degli infelici, l'amarezza di tutti gli uomini della Terra,
sono il luogo dove Egli continua a vivere in clandestinità.
A noi il compito di cercarlo.
Mettiamoci in cammino senza paura. L'importante è muoversi.
E se invece di un Dio glorioso, ci imbattiamo nella fragilità
di un bambino, non ci venga il dubbio di aver sbagliato il percorso.
Il volto spaurito degli oppressi, la solitudine degli infelici,
l'amarezza di tutti gli uomini della Terra, sono il luogo dove Egli continua
a vivere in clandestinità.
A noi il compito di cercarlo.
Mettiamoci in cammino senza paura.
( Mons, Tonino Bello)

martedì 22 novembre 2011

BUON NATALE, amici miei!!

 Aspettando il Natale, incominciamo a creare un'atmosfera in noi e attorno a noi: che sia veramente un BUON NATALE!!


http://youtu.be/LEunxYlJbWc



lunedì 21 novembre 2011

Per cui ci vien quasi la voglia di dire: «Basta, Signore!


 Natale con don tonino bello

Gli uomini moriranno

per la paura

e per l’attesa di ciò

che dovrà accadere sulla terra?

Potrebbe sembrare a prima vista che il Vangelo faccia da cassa di risonanza per le nostre paure.
Per cui ci vien quasi la voglia di dire:
«Basta, Signore!
Adesso ti ci metti anche tu.
Perché mai aumenti la nostra angoscia parlandoci di stelle che precipitano,
di soli che si spengono,
di lune che non danno più luce?
Perché mai amplifichi i nostri incubi collettivi,
quando dici testualmente che gli uomini moriranno per la paura
e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra? (cfr. Lc 21,25-26).

Gli uomini moriranno per la paura!
Come se già non bastassero le nostre paure. Ma ne abbiamo già tante, per conto nostro! Oh, no! Non la paura del buio, del lampo, del tuono, dei terremoti, delle tempeste.
Lo sappiamo, oggi le paure hanno traslocato.
Si sono trasferite dalla fascia cosmica, per così dire, alla fascia antropologica.
Non si articolano più attorno al cuore della natura: si articolano attorno al cuore dell’uomo.
Oggi, cioè, non si ha più paura della carestia provocata dall’avarizia della terra, ma della carestia prodotta dall’avarizia dell’uomo.




È dal cuore umano

che nasce e si sviluppa

la nube tossica

delle paure contemporanee.




Paura dell’AIDS. Paura della droga. Paura di Cernobil. Paura dell’Enichem. Paura del grano radioattivo. Paura delle scorie tossiche. Paura dello squilibrio dell’ecosistema. Paura delle manipolazioni genetiche. Paura del proprio simile. Paura del vicino di casa. Paura di chi mette in crisi le nostre polizze di assicurazione. Di chi mette in discussione, cioè, i nostri consolidati sistemi di tranquillità, se non di egemonia. Paura dello zingaro. Paura dell’altro. Paura del diverso. Paura dei Marocchini. Paura dei Terzomondiali.

Paura di questi protagonisti delle invasioni moderne, che se non chiamiamo barbariche è soltanto perché ci viene il sospetto che questo aggettivo debba spettare a noi cosiddetti popoli civili, che, dopo duemila anni di cristianesimo, siamo ancora veramente incapaci di accoglienze evangeliche.

Paura di uscire di casa. Paura della violenza. Paura del terrorismo. Paura della guerra. Paura dell’olocausto nucleare. Paura di questa apocalisse a rate che ci viene somministrata dalla produzione crescente delle armi e dal loro squallido commercio, clandestino e palese.

Paura di non farcela.
Paura di non essere accettati.
Paura di non essere più capaci di uscire da certi pantani nei quali ci siamo infognati. Paura che sia inutile impegnarsi.
Paura che, tanto, il mondo non possiamo cambiarlo.
Paura che ormai i giochi siano fatti.
Paura di non trovare lavoro.
Quante paure!


                                              Paura? Frustrazione? Disperazione?






   

Ebbene, di fronte a questo quadro così allucinante di paure umane, che cosa ci dice oggi il Signore? Intinge anche Lui il pennello nei barattoli neri dello scoraggiamento per aiutarci a dipingere questa nuova, tragica tela di Guernica?
Certamente no. Non è così.
Anzi il Vangelo di oggi è proprio il Vangelo dell’antipaura. Sì, perché il Signore rivolge a ciascuno di noi la stessa esortazione che l’angelo rivolge alla Vergine dell’Avvento e dell’attesa:


  

“Non temere , Maria”


Paura ha la stessa radice di pavimento. Viene dal latino pavére; significa: battere il terreno per livellarlo. Anche terrore ha la stessa radice di terra.
Paura, quindi, è la conseguenza dell’essere battuto, appiattito, livellato, calpestato..
Ora, che cosa dice il Signore di fronte a queste paure? Rimani lì steso sul pavimento? Rimani appiattito, atterrato? No! Mi dice la stessa cosa che ha detto a Maria: “Non temere!”
E adopera due verbi bellissimi:

Alzatevi e Levate il capo.

 

Alza gli occhi al cielo

solo li troverai

qualcosa più grande

di te.

Sono i due verbi dell’antipaura. Sono i due verbi dell’Avvento. Sono le due luci che ci devono

accompagnare nel cammino che porta al Natale.
Alzati significa credere che il Signore è venuto sulla terra duemila anni fa, proprio per aiutarci a vincere la rassegnazione.

Alzarsi significa riconoscere che se le nostre braccia si sono fatte troppo corte per abbracciare tutta intera la speranza del mondo, il Signore ci presta le sue.
Alzarsi significa abbandonare il pavimento della cattiveria, della violenza, dell’ambiguità, perché il peccato invecchia la terra.
Alzarsi significa, insomma, allargare lo spessore della propria fede.
Ma alzarsi significa anche allargare lo spessore della speranza, puntando lo sguardo verso il futuro, da dove Egli un giorno verrà nella gloria per portare a compimento la sua opera di salvezza.

E allora non ci sarà più pianto, né lutto, e tutte le lacrime saranno asciugate sul volto degli uomini.

Levare il capo significa fare un colpo di testa. Reagire, muoversi. Essere convinti che il Signore viene ogni giorno, ogni momento nel qui e nell’ora della storia, viene come ospite velato. E, qui, saperlo riconoscere: nei poveri, negli umili, nei sofferenti.
Significa in definitiva: allargare lo spessore della carità. Ecco il senso di questo Avvento di solidarietà, ben espresso dall’augurio fortissimo che san Paolo ci ha formulato:


«Il Signore vi

faccia crescere nell’amore

 vicendevole e verso tutti»

 (1 Ts 3,12).


Verso tutti. Magnifico il lavoro di tanti gruppi e associazioni che si mettono accanto ai malati cronici, agli handicappati, agli anziani, ai malati terminali, ai dimessi dal carcere e dai manicomi per condividere tempo, gioie e speranze.

Verso tutti. Splendido ciò che fanno tante comunità cristiane a favore dei Terzomondiali, non soltanto dando loro un letto e la buona notte, ma incalzando soprattutto le pubbliche istituzioni perché i provvedimenti di legge siano meno disumani delle norme vigenti.

Verso tutti. Incredibile quel che stanno facendo tanti movimenti di volontariato per promuovere una maggiore giustizia sulla terra, per combattere quelle che il Papa ha chiamato coraggiosamente le strutture di peccato, per aiutare i popoli che soffrono la fame nell’Eritrea e nel Sudan, per difendere i diritti umani dei Palestinesi, per coscientizzare la gente sui discriminati dalle leggi di segregazione razziale nel Sudafrica, per diffondere una nuova coscienza di pace, per smilitarizzare non solo le coscienze, ma anche i territori.

Coraggio. Alzatevi e levate il capo. Muovetevi. Fate qualcosa, il mondo cambierà. Anzi, sta già
cambiando. Non li vedete i segni dei tempi? Gli alberi mettono già le prime foglie. E sul nostro
cielo il rosso di sera non si è ancora scolorito.
Vissuto così, l’Avvento non sarà il contenitore delle nostre paure, ma l’ostensorio delle nostre speranze.

domenica 20 novembre 2011

Proposte per aiutare il volontariato internazionale


Volontariato Internazionale ANNO 2012


PROPOSTE PER I SOCI CISV e per chi vuole diventarlo




               


I modi per aiutare CISV sono molti
e diventano ancora di più aprendo la mente alla fantasia
e ai contatti che ciascuno di noi ha.
Il modo più diretto per aiutare CISV è senz’altro quello di fare una donazione
on line su www.cisvto.org
su cc postale n. 26032102, intestato a CISV
su cc bancario di BANCA ETICA IBAN IT25 K 05018 01000 000000110668
con assegno bancario non trasferibile intestato a CISV - Torino
ma a volte, facendosi i conti in tasca, la donazione non è sostenibile. Allora chiediamoci: c’è
qualcuno che conosco sensibile ai valori CISV che potrebbe donare? Se sì, parlagli della CISV o
proponigli di partecipare a qualche attività CISV che potrebbe interessargli. Dai piccoli contatti
possono nascere grandi donatori.

Ci sono molti altri modi per donare. Eccone alcuni:
Dona il 5x1000
Anche quest’anno è possibile devolvere il 5x1000 del proprio reddito a CISV. Le modalità di
donazione sono molto semplici, basta scrivere il codice fiscale CISV 80101280016 nell’apposito
spazio del modello 730,740, Unico e CUD, e firmare, in occasione della dichiarazione dei redditi.
Non ti costa nulla.
Ma puoi fare di più: suggerisci ad amici, famigliari e conoscenti di devolvere il loro 5x1000 a CISV,
oppure contatta il tuo commercialista, presentategli la CISV, chiedigli se può tenere in studio i
volantini del 5x1000 CISV.
O ancora aiutaci a distribuire in più luoghi possibile i nostri volantini: in ufficio, in negozio, nel
locale preferito, nello studio medico. Manda email ai tuoi contatti e convinci chi non dà alcuna
preferenza a scegliere CISV.

Hai un’azienda?
Sei un imprenditore, un libero professionista, hai un negozio o lavori in un’azienda? Ci sono tanti
modi per sostenere i progetti CISV o per coinvolgere dipendenti e colleghi in attività di raccolta
fondi e sensibilizzazione: proponi un appuntamento faccia a faccia o presenta CISV alla Direzione
attraverso una lettera, suggerisci per Natale di fare una donazione o di scegliere i regali aziendali
dal catalogo dei regali solidali CISV.
Ospita un messaggio della CISV sulla newsletter aziendale o l’house organ, distribuisci volantini
CISV attraverso il tuo punto vendita, proponi alla dirigenza di sviluppare insieme iniziative di comarketing.
Hai un sito?
Se hai un sito tuo personale o gestisci un sito aziendale, hai un blog o una pagina facebook,
pubblica un banner CISV istituzionale o mirato ad una campagna (es. Natale Solidale, 5x1000, …)
così da creare una vetrina promozionale ed essere testimone di solidarietà. I nostri contatti
aumenteranno grazie a te a sarà più facile trovare nuove persone interessate a sostenerci.
Hai tanti amici?
Se ti sembra che i tuoi amici siano il tuo tesoro, se sei una persona di compagnia o se hai un buon
motivo per radunarli tutti, dedica una cena o un aperitivo alla CISV: devolvi una quota su quanto
raccolto (5, 10 € a testa oltre alla quota della cena, oppure raccogli cifre tonde) per sostenere un
progetto in Africa o America Latina a tua scelta.
Parrocchie
Se sei legato alla tua parrocchia o se conosci preti e suore, chiedi loro di sostenere la CISV:
presenta i progetti ad una delle funzioni domenicali e chiedi che quanto raccolto vada a sostegno
della CISV; coinvolgi i gruppi parrocchiali e organizza un banchetto di beneficienza o una vendita
torte o altre attività.
Ma soprattutto durante la Quaresima, presenta i progetti CISV, approvati dalla Quaresima di
Fraternità della Diocesi, alle parrocchie, che possono così scegliere di sostenerli, tra i tanti presenti
nel catalogo QDF 2011 (nel 2011 CISV presenta il Guatemala, il Benin e il Burundi, vedi il sito
www.sdtm.it).
Stai per vivere un momento importante? Battesimo, cresima, laurea…
CISV propone bomboniere non tradizionali, realizzate in carta pregiata e stampate con testi e
grafica personalizzata a seconda delle tue esigenze: un regalo simbolico, al posto del tradizionale
oggettino, che attesta la donazione. Se non sei tu a vivere questo momento di festa in prima
persona, puoi sempre suggerire questa modalità di regalo alternativo: trovi tutte le informazioni
nella sezione “fare insieme” del sito www.cisvto.org
Ti sposi o ti hanno chiesto di fare da testimone ad un matrimonio?
Scegli CISV per una lista nozze non tradizionale. Oggi molte coppie non devono più affrontare le
spese per l’arredamento di una nuova casa, pertanto è possibile adottare un progetto CISV
devolvendo una quota intera o parziale della lista nozze, per dare un significato davvero concreto
ad un momento di festa tanto importante.
E se sei testimone? Suggerisci agli sposi questa modalità o prenditi come incarico la realizzazione
delle bomboniere o della gestione della lista nozze solidale CISV, sollevando gli sposi da
un’incombenza e regalando un dono che va lontano.
Fai una festa?
Fortunatamente nella vita ci sono un sacco di motivi per festeggiare. Non servono regali, carte da
pacchi, biglietti d’auguri preconfezionati: basta invitare i propri amici alla festa ed esplicitamente
chiedere loro di non fare regali, ma di trasformare quanto avrebbero speso per il regalo in una
donazione. Una cassetta nella sala della festa può essere sufficiente, il resto verrà da sé.
Cerchi un regalo?
Ci sono mille occasioni per fare regali. Oltre alla possibilità del regalo alternativo, CISV ha sempre
qualche oggetto particolare che i cooperanti di ritorno in Italia portano dal paese in cui lavorano. O
ancora, per Natale soprattutto, CISV propone una serie di regali solidali (cesti biologici, vino,
prodotti di bellezza ecosostenibili, libri, cartoline animate digitali), da donare agli amici o per la tua
azienda.

La musica o il teatro sono la tua passione?
Metti a disposizione il tuo talento artistico per CISV: musica, arte… L’ufficio promozione seguirà gli
aspetti organizzativi e di comunicazione, tu avrai la possibilità di esibirti, CISV raccoglierà fondi
grazie ad una quota sui biglietti d’ingresso. O se ti interessi di ricamo, cucina, pittura, artigianato o
sei esperto in un ambito specifico puoi mettere a disposizione la tua professionalità e il tuo talento,
organizzando uno spettacolo, una cena o una mostra con i tuoi lavori.
Oppure preferisci lo sport?
Organizza una gara per CISV: se vuoi, potremo occuparci di tutti gli aspetti organizzativi,
chiedendo a te di coinvolgere il tuo circolo e i tuoi compagni sportivi, così da realizzare un torneo,
una gara, una maratona facendovi sponsorizzare per CISV.
Volontariato
Se hai tempo e voglia di fare qualcosa per gli altri o ti interessa il mondo della cooperazione,
diventa volontario CISV.
Ci sono molte occasioni in cui CISV ha bisogno di volontari: sia per gli eventi di raccolta fondi in cui
si richiede qualche ora di mansioni pratiche (aiuto carico/scarico, presenza al banchetto,
allestimento sale, distribuzione volantini) solitamente in eventi piacevoli, come concerti, spettacoli,
fiere, cene, ecc, sia per aiuto in consulenza, principalmente grafica, di comunicazione, di
ampliamento contatti.
Oppure se sei un notaio, avvocato, ragioniere, tecnico informatico, giardiniere, cuoco, imbianchino:
lasciaci il tuo numero, sapremo a chi chiedere quando ci troveremo in difficoltà.
Sostenere la raccolta fondi CISV
significa sostenere le attività portate avanti da CISV in Italia, Africa e America Latina:
tu che sei socio sai quanto è importante.
Può essere anche un’occasione divertente, quindi perché aspettare?
Contatta l’ufficio promozione:
scrivi a promozione@cisvto.org
o telefona allo 011 8993823, chiedendo di Marta o Sara
Grazie di cuore,
noi cisv t’amo.





(Riprodotto dal Notiziario CISV)


Si avvicina il Santo Natale: facciamo un gesto di solidarietà verso chi ha meno di noi…

venerdì 18 novembre 2011

don Tonino Bello: Uscì il seminatore


USCI’ IL SEMINATORE A SEMINARE


Le tre esse: la strada, i sassi, le spine.




In attesa di pubblicare alcuni scritti di Mons. Tonino Bello riguardanti l’Avvento,
questo  commento al vangelo di Marco ci aiuti a prepararci fin d’ora
ad accogliere la Parola
in preparazione al grande evento
della Natività di Gesù.






Vangelo di Marco 4,3-8
"Ascoltate. Ecco, uscì il seminatore a seminare.  Mentre seminava, una parte cadde lungo la
strada e vennero gli uccelli e la divorarono.] Un'altra cadde fra i sassi, dove non c'era molta terra, e subito spuntò perché non c'era un terreno profondo; ma quando si levò il sole, restò bruciata e, non avendo radice, si seccò. Un'altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto.  E un'altra cadde sulla terra buona, diede frutto che venne su e
crebbe, e rese ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno".

Il seminatore esce a seminare e il seme cade sulla strada, tra i sassi e tra le spine.

Sulla strada: cosa volete? Non fa manco in tempo a germogliare; vengono gli uccelli, beccano e portano via. Se poi cade sull’asfalto, non produce nulla.
Non vorrei che appartenessimo proprio a questa categoria.

Altro seme cadde tra i sassi. Tra i sassi c’è sempre un po’ di terriccio e allora il seme fa appena in tempo a germogliare, mette qualche radichetta, spunta una fogliolina; ma il sole cocente brucia la pianticella proprio sul fiorire. Non c’è l’humus, non può crescere. Allora viene distrutta, secca subito.
Sono coloro che ascoltano la Parola di Dio; si lasciano scuotere un momento, finché la sentono.
Dicono: “ Oh, che bello! Come dovremmo seguire di più questa Parola!. Ma poi tutto passa, come passano tante emozioni…

…Altro seme cade tra le spine.
Tra le spine c’è la terra e il seme si spacca, germoglia, viene la pianticella, cresce. Però le spine sono più potenti della pianta buona, che ad un certo punto si sente soffocata e alla fine non se ne ricava nulla.
Sono coloro che sentono la seduzione della Parola di Dio, amano anche il Signore sinceramente, però non si sentono staccare dal contesto difficile in cui vivono; frequentano egualmente le compagnie non sempre raccomandabili; vivono situazioni da cui non si sanno dissociare… Insomma vogliono mettere insieme il diavolo e l’acqua santa. Un po’ di Signore, un po’ di preghiere, un po’ di giaculatorie e poi anche bestemmia, disonestà, ingiustizia. Facciamo un tutt’uno. Si va in chiesa, la domenica si ascolta la Messa, si fa anche il proposito di cambiare. Poi…no! Forse il Signore si può accontentare a metà?...

…Io credo che questa sia la categoria in cui forse noi ci troviamo di più. Perché la Parola del Signore la ascoltiamo; al Signore vogliamo bene, però non ci sappiamo staccare da lì…da quell’amicizia, da quella compagnia, da quell’abitudine, da quella critica, da quella violenza, da quella fonte di guadagno non proprio lecita, da quella struttura perversa in cui siamo protagonisti. Insomma siamo gli uomini dell’accomodamento, gli uomini che non prendono una decisione, gli uomini che lasciano germogliare la Parola di Dio ma che si lasciano inesorabilmente soffocare dalle spine.
Le tre esse: la strada, i sassi, le spine.
Dobbiamo fare un forte esame di coscienza. Non vorrei che quando ci presenteremo davanti al Signore ci dicesse: “ Ah, tu sei quello dei sassi. Tu sei quello delle spine. E tu sei quello della strada!”.
Quanto grano gettato al vento!...

…E c’è però anche il seme che cade nel terreno buono e che al momento opportuno germoglia e produce il trenta, il cinquanta, addirittura il cento per uno…Ecco il terreno buono: te bambina, te uomo, te donna…
…Speriamo che non ci siano mai sassi nel vostro terreno, mai spine. Che non passi mai sul vostro cuore il cilindro che getta catrame.
Che la parola di Dio possa crescere in voi, dare frutti a tal punto che la gente accanto a voi si senta consolata.
Ascoltiamo la Parola del Signore! Ascoltiamola! E’ una parola che ci provoca: E non è in linea con la logica umana. Ricordatevelo sempre!



sabato 5 novembre 2011

Non voglio più andare al Catechismo!


BRUNO FERRERO

Non voglio più andare al Catechismo!

 

«Non c’è più la mia catechista!» «I miei compagni dell’anno scorso non ci sono più!» «Non ne ho più voglia!»
Che fare in questi casi? Obbligarli? Lasciar perdere? Aspettare un altro momento?
Quando un bambino si rifiuta di fare ciò che si attendono da lui, gli adulti si rifugiano istintivamente in alcuni comportamenti piuttosto comuni. Il primo è la fuga. Significa evitare di affrontare il problema, fingere che non esista e sperare che tutto alla fine in qualche modo si sistemi. Altri impongono risolutamente la loro volontà, a volte in termini brutali; se il bambino resiste, lo trascinano sul terreno del confronto aggressivo. Sanno di essere più forti di lui e non hanno dubbi su chi vincerà. Altri adottano una condotta seduttrice. Blandiscono, promettono ricompense, tentano con dolcezza, ma spesso finiscono per lasciar perdere. Nessuna di queste soluzioni è veramente soddisfacente. La fuga trasmette il messaggio: «Non si interessano a me», il conflitto «Non mi rispettano» e la seduzione «Sono deboli». Il bambino ha bisogno invece di contare per gli adulti, di sentirsi rispettato e di avere accanto qualcuno forte che garantisca la sua sicurezza. L’errore più frequente consiste nel credere che dire “no” sia respingere.
La maggioranza dei “no” sono invece atti d’amore. Sono i fari che indicano la rotta sicura.
Per una reazione sana è importante coniugare due atteggiamenti che a prima vista potrebbero apparire contradditori: la dolcezza e la forza. Se il bambino deve sentirsi compreso e amato, deve anche sapere che non potrà manipolare i genitori.
La prima cosa è lasciarlo parlare. Il rifiuto può avere cause molto differenti, che il più delle volte i genitori non immaginano neppure. Il bambino deve poter esprimere ciò che ha nel cuore, sentire che i suoi sentimenti sono compresi con l’intensità giusta.
Il secondo passo consiste nello sdrammatizzare, non con le solite banalità: «È una cosa da niente! Ma cosa vuoi che sia! Non fare lo sciocco!» e così via. Bensì aiutando il bambino a distinguere tra ciò che è soggettivo e ciò che è oggettivo.

Crescere è essere coraggiosi
Così un problema apparentemente di scarsa entità può trasformarsi in uno dei momenti cardine dell’educazione.
Si può dire: «Capisco che la nuova catechista non ti piaccia. Maria Rosa era veramente gentile e carina. Ma sei un bambino simpatico, farai subito amicizia», «Mi rendo conto che dopo la scuola preferiresti startene un po’ per conto tuo a giocare o guardare la tv e spesso il catechismo è noioso. Ma tu e i tuoi amici siete ricchi di fantasia: ci metterete un po’ di vivacità». Il tutto accompagnato da gesti di affettuosa solidarietà.
Il messaggio che in qualche modo deve passare, utile in questo caso e soprattutto per la vita, è che nella realtà ci sono tante cose che non ci piacciono, ma sono inevitabili e dobbiamo solo imparare a “fare i conti” con esse. Non si elimina un ostacolo scappando, ma trovando una soluzione valida. Qualche volta basta pensare: «È veramente una difficoltà così insormontabile o, in fondo, con un piccolo sforzo riesco a sopportarla? Non è quello che mi aspettavo, ma posso trarne qualcosa di buono, se voglio».
È importante suggerire al bambino che sta crescendo e che “diventare grandi” significa essere coraggiosi davanti alle difficoltà.
La mossa successiva è la più delicata. Il bambino deve essere aiutato a distinguere e valutare, sulla base di una scala di valori, ciò che è più importante da ciò che lo è meno. Il bambino, per esempio, dovrebbe superare il “guscio” esterno del catechismo e gustare il giusto valore del contenuto.
E quest’ultima importantissima cosa non si può fare con predicozzi pieni di buona volontà. A questo punto ciò che conta di più è la testimonianza degli adulti, il loro reale modo di vedere e vivere il rapporto con la Chiesa e soprattutto la concreta consistenza della loro vita di fede.
È proprio questo il nocciolo della questione: i genitori sono protagonisti del catechismo, non spettatori. I bambini non “si mandano” a catechismo! Il catechismo non è un lontano parente della scuola. La famiglia cresce nella Chiesa con i propri figli.

I bambini imparano solo quello che vivono
Anche per la religiosità vale il principio generale: i bambini imparano solo quello che vivono. L’apprendimento religioso passa attraverso l’osservazione e l’imitazione. La religiosità però viene acquisita non solo in base a un modello, ma anche attraverso l’insegnamento e l’accompagnamento. I bambini hanno il diritto di sapere e capire, di conoscere la storia di Gesù, le sue parole, la riflessione e la tradizione della comunità dei credenti. E poi di essere “iniziati” ad una vita “con Dio dentro”.
La terza via importante per imparare la religiosità passa attraverso il rafforzamento che viene dall’approvazione degli altri e la conferma sociale. La sicurezza interiore necessaria e l’autentica conoscenza e comprensione del comportamento religioso crescono non solo attraverso i genitori, ma anche attraverso la relazione dei bambini con la comunità dei credenti e con le sue attività.
In questo contesto sociale la Chiesa ha la sua elevata importanza in qualità di comunità credente: senza le tante altre persone che percorrono la strada verso Dio insieme a Gesù, la fede cristiana non è sperimentabile né può crescere. La conferma sociale derivante dalla preghiera e dalla celebrazione in comune nella chiesa o anche in gruppi, all’oratorio, fa apparire plausibile e degno di essere vissuto tutto ciò che viene trasmesso al bambino dai genitori e dai catechisti.

Da Bollettino Salesiano, ottobre 2011