lunedì 31 gennaio 2011

Testimonanza: Non ti è lecito!!!!

Da Suor Rita e sorelle comunità di Rut


Oggi ho trovato tra le mie email una comunicazione della comunità di suor Rut con la lettera qui allegata e come donna e cristiana credo che sia il caso di darne la massima diffusione così che possa arrivare sotto gli occhi di chi permette e/o approfitta di certe situazioni.

Saluti,



Caserta, 27 gennaio 2011


Festa di Sant’Angela Merici


“Se verrete a conoscere chiaramente
che sono in pericolo la salvezza e l’onestà delle figliole,
non dovrete per niente consentire, né sopportare,
né aver riguardo alcuno, se non potrete provvedere voi,
ricorrete alle madri principali e, senza riguardo alcuno,
siate insistenti, anche importune e fastidiose” (S.Angela Merici).


Da anni, insieme a tre mie consorelle (suore Orsoline del S. Cuore di Maria), sono impegnata in un territorio a dire di molti ‘senza speranza’. Un territorio, quello casertano, sempre più in ginocchio per il suo grave degrado ambientale, sociale e culturale, dove anche la piaga dello sfruttamento sessuale, perpetrato a danno di tante giovani donne migranti, è assai presente con i suoi segni di violenza e di vera schiavitù.
Come donna, come consacrata, provocata dal Vangelo di Gesù che parla di liberazione e di speranza, insieme alle mie consorelle, ho scelto di ‘farmi presenza amica’ accanto a queste giovani donne straniere, spesso minorenni, per offrire loro il vino della speranza, il pane della vita e il profumo della dignità.


Oggi, osservando il volto di Susan chinarsi e illuminarsi nel volto del suo piccolo Francis, scelto e accolto con amore, ripensando alla sua storia, una tra le tante storie accolte, la quale ancora bambina (16 anni) si è trovata sulle nostre strade come merce da comprare, da violare e da usare da parte di tanti uomini italiani, sono stata assalita da un sentimento di profonda vergogna, ma anche di rabbia.


Ho sentito il bisogno, come donna, come consacrata e come cittadina italiana, di chiedere perdono a Susan per l’indecoroso spettacolo a cui tutti, in questi giorni, stiamo assistendo. E non solo a Susan, ma anche alle tante donne che hanno trovato aiuto e liberazione e alle tante, troppe, donne ancora schiave sulle nostre strade. Ma anche ai numerosi volontari e ai tanti giovani che insieme a noi religiose credono nel valore della persona, in particolare della donna, riconosciuta e rispettata nella sua dignità e libertà.


Sono sconcerta nell’assistere come da ‘ville’ del potere alcuni rappresentanti del governo, eletti per cercare e fare unicamente il bene per il nostro Paese, soprattutto in un momento di così grave crisi, offendano, umilino e deturpino l’immagine della donna. Inquieta vedere esercitare un potere in maniera così sfacciata e arrogante che riduce la donna a merce e dove fiumi di denaro e di promesse intrecciano corpi trasformati in oggetti di godimento.
Di fronte a tale e tanto spettacolo l’indignazione è grande!


Come non andare con la mente all’immagine di un altro ‘palazzo’ del potere dove circa 2000 anni fa al potente di turno, incarnato nel re Erode, il Battista gridò con tutta la sua voce: “Non ti è lecito, non ti è lecito!”


Anch’io oggi, anche a nome di Susan, sento di alzare la mia voce e dire ai nostri potenti, agli Erodi di turno, non ti è lecito! Non ti è lecito offendere e umiliare la ‘bellezza’ della donna; non ti è lecito trasformare le relazioni in merce di scambio guidate da interessi e denaro; e soprattutto oggi non ti è lecito soffocare il cammino dei giovani nei loro desideri di autenticità, di bellezza, di trasparenza, di onesta; tutto questo è il tradimento del Vangelo, della vita e della speranza!
Ma davanti a questo spettacolo una domanda mi rode dentro: dove sono gli uomini, dove sono i maschi? Poche sono le loro voci, anche dei credenti, che si alzano chiare e forti. Nei loro silenzi c’è ancora troppa omertà, nascosta compiacenza e forse sottile invidia. Credo che dentro questo mondo maschile, dove le relazioni e i rapporti sono spesso esercitati nel segno del potere, c’è un grande bisogno di liberazione.


E allora grazie a te Susan, sorella e amica, per aver dato voce alla mia e nostra indignazione, ora posso, come donna consacrata e come cittadina, guardarti negli occhi e insieme al piccolo Francis respirare il profumo della dignità e della libertà.


Sr. Rita e sorelle comunità Rut









sabato 29 gennaio 2011

Ancora su Catechisti anzi catechisti genitori e ,,,mettiamoci ache il Parroco

L'idea di coinvolgere i genitori nella catechesi (catechismo) dei ragazzi non è nuova, anzi da anni è auspicata dalla Chiesa.

Non sempre è applicata, e quasi sempre, quando lo si fa in incomincia male.


Per esempio un parroco che vuole imporre, dà ordini e poi gli altri che si arrangino in qualche modo.


No, Caro parroco, la catechesi, o catechismo se lo vuoi chiamare ancora così, sappi che è una cosa seria, importante e santa. Dovresti lasciare qualche altra cosa e impegnarti a preparare nuovi/e "catechisti" senza buttare dalla finestra quelle che hai già. Devi fare gruppo, comunità di chiamati dal Signore per annunciare la PAROLA, GESU'.


Tu dovresti sapere, caro parroco, che la crisi della catechesi per grandi e piccoli, deriva da molti fattori: il benessere che ci coinvolge sempre di più che non ci permette altri tempi per dedicarci alla famiglia, alla religione, all'educazione dei figli a cui spesso diamo più di quello che dovremmo.....


E poi ci sei anche tu, altri sacerdoti che non curate come si deve le vostre "pecorelle", forse perché anche voi avete sempre troppo da fare, tanto da ricevere dietro appuntamento chi desidera incontrarvi, dimenticando il dovere principale del vostro ministero sacerdotale, che non è solo l'amministrazione dei sacramenti, i lavori di uficio ma principalmente l'annuncio della Parola. I sacramenti, me lo insegni tu, sono mezzi per la nostra crescita cristiana, sono una conseguenza dell'accettazione della Parola, della persona di Gesù. sono strade che ci conducono a Lui, Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo.


Una vera catechesi deve impegnare molti della comunità parrocchiale, preparati non solo teologicamente,ma forti di una formazione pastorale, sociale, per essere profeti, testimoni nella comunità allargata.


Un consiglio per i genitori: se accettate di collaborare e sarebbe veramente bello, tenete presenti queste cose, se non tutte, almeno qualcuna e pretendete.
Chiedetevi: me la sento? sono sufficientemente preparata? sento in qualche modo questa vocazione?
Che conoscenza ho oggi della mia religione in modo da poterla trasmettere agli altri ed essere un testimone dell'esperienza di Gesù? Che aiuto posso avere dai colleghi e dal Parroco?
Qualcosa si può cambiare con tanta volontà e molta umiltà:con insistenza diplomaticamente cristiana. Ripeto: pretendete!


Oggi leggevo qualche pagina del libro " Non inganniamo i nostri bambini su Dio" di Albert Biesinger, diacono e padre di famiglia. Voglio sottoporre un brano alla vostra attenzione, visto che spesso parliamo di genitori lontani e disinteressati:


"Il desiderio di un’educazione religiosa interessante, che sostenga la vita, si scontra con l’esperienza di molti giovani genitori che hanno avuto problemi con la Chiesa e con la conoscenza della fede durante loro infanzia e giovinezza. Questi genitori spesso non se la sentono di camminare con Dio insieme ai loro figli. Chi non ha potuto sperimentare la fede in Dio in modo positivo, difficilmente è preparato ad aiutare i propri figli. È però possibile interrompere questo circolo vizioso, prendendo atto di come abbiamo vissuto la nostra fede da bambini. A volte rifletto sul modo con cui si è realizzata la mia fede, su che cosa di essa vorrei trasmettere a un altro, su quale tipo di comunicazione, di immagini e di idee mi ha aiutato da bambino, quali immagini e idee di Dio mi hanno fatto paura e mi hanno limitato. Anch’io ho vissuto determinate immagini di fede non troppo positive. Per esempio la pressione psicologica finalizzata alla pratica religiosa e la paura di un «Dio-contabile» che sa e che annota tutto è stato un impedimento allo sviluppo iniziale della mia personalità"...


"...Se coinvolgo i bambini nell’interpretazione della realtà umana, di ciò che è piacevole e di ciò che è terribile e interpreto questa realtà con loro a partire dalla mia fede cristiana, essi impareranno a credere in modo semplice e spontaneo".






Bisogna avere il coraggio di ricominciare, di cambiare, provare, riprovare, sbattere la testa,farsi male per trovare l’umiltà che Dio ci chiede per darci il suo aiuto.

venerdì 21 gennaio 2011

QUANDO TUTTO SEMBRA ARRIVARE ALLA FINE, invece è l'inizio....

Un interessante PPS inviatomi da un mio amico, Ne vale la pena!!!!!


http://www.gloria.tv/?media=124676

ALZATI, AMICA MIA! di Cesare Falletti

"Propongo questo articolo di Cesare Falleti alla riflessione di coloro che in certo modo sono vicini, mostrano qualche interesse, sono magari impegnati in qualche attività, che dicono di amare la Chiesa, comunità di credenti, ma poi lo sono veramente?


Ma penso anche a tanti altri, a coloro che chiamiamo di solito lontani, che ci hanno lasciati per poche convinzioni religiose o per altro.

Ricordo tutti coloro, uomini atei, forse laici indifferenti, ma che si interessano anche della Chiesa in certi momenti storici: vi assicuro sono tra coloro che più attaccano, più criticano, più biasimano perché, forse più di noi, meglio di noi hanno capito che ci siamo smarriti nel tempo, abbiamo scelto altre strade più facili, più comode e non quella stretta indicata da Gesù. A loro mi rivolgo anche, non per chiedere clemenza, ma per dire loro: “ Voi non lo sapete, ma siete anche voi mezzi di Dio, perché con le vostre parole svegliate la Sposa, La chiesa di Dio dal suo torpore e dal suo peccato.( enzo riili)

Cammina scalzo chi si sente libero
( riflessione del priore del monastero ci¬stercense Dominus Tecum di Pra `d MM (Bagnolo Piemonte - Cn), attraverso la sapienza della Scrittura).

"Mi sono addormentata, ma veglia il mio cuore.
Un rumore! La voce del mio amato che bussa:
"Aprimi, sorella mia,
mia amica, mia colomba, mio tutto" (...)


Mi sono tolta la veste:
come indossarla di nuovo?
Mi sono lavata i piedi; come sporcarli di nuovo? (...)
Mi sono alzata per aprire al mio amato e le mie mani stillavano mirra.


(...)


Ho aperto allora all'amato mio,
ma l'amato mio se n'era andato, era scomparso.
lo venni meno, per la sua scomparsa;
l'ho cercato, ma non l'ho trovato,
l'ho chiamato, ma non mi ha risposto.
Mi hanno incontrata le guardie che fanno la ronda in città;
mi hanno percossa,
mi hanno ferita,
mi hanno tolto il mantello le guardie delle mura. (Ct 5,2-7)




La Sposa bella, amata, cercata dal Si¬gnore eterno - che si è fatto piccolo, povero, obbediente fino alla morte per lei - è innamorata del suo Sposo, vive di Lui, per Lui e con Lui. Vive vegliando nell'oscurità della notte dei tempi, in un mondo che vive dimenticando l'Amore per correre dietro a piccoli amori che sono solo amore di se stesso.


Eppure la Sposa si addormenta. Grande mistero della fragilità umana e la Chiesa è umana, tanto umana, splendidamente umana e terribilmente umana.
Da duemila anni è innamorata perché è tanto amata, e da duemila anni si addormenta e dimentica che amare è l'unica sua missione. Amare come il suo Signore la ama.


Quante scuse e quanti ragionamenti per non correre incontro all'Amato e non lasciarsi trascinare nella follia dell'amore vero; quanto è comodo starsene tranquilla fra le coltri delle sicurezze, degli onori, dei poteri e degli averi umani, apparentemente sorda al richiamo del Salvatore. "Mi sono lavata i piedi, come sporcarli di nuovo?" È come dire: "la persecuzione l'ho già pagata, ora ho diritto a starmene regalmente nel mondo".


Ma il suo Signore amato non la lascia tranquilla, or qui or là la sveglia, la scuote e lei deve uscire e correre alla sua ricerca e sporcarsi i piedi, ritornare sulle strade del mondo senza nulla, percossa e ferita, spogliata. Nonostante la drammaticità di questo fatto, la nostra speranza si appoggia proprio su questa forza del Signore che vuole salvare tutti gli uomini e severamente scuote la sua Chiesa che ha come missione solo quella di annunciare e portare l'amore e la salvezza, la buona novella.


E la Chiesa non può portare la buona novella che a piedi nudi, correndo per le strade del mondo e rischiando beffe e maltrattamenti, ma nella gioia dello Spirito Santo che le apre le mani e fa scorrere dalle sue mani misteriosi e meravigliosi tesori di Grazia, di ogni genere. "Dio ama chi dona con gioia!".

Cosa vuoi dire scalza?


Quando qualcuno vuole affermare la sua potenza si calza bene, addirittura mette degli stivali! Quasi che a essere ben appoggiati per terra si acquistasse una solidità inscalzabile. La Chiesa non ha bisogno di questa solidità, di questa garanzia, di affermare il suo potere con tali forme di sicurezza umana, perché: "Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi.


Sulle loro mani ti porteranno. perché non inciampi nella pietra il tuo piede" (Sai 90.11-12). È vero. Una persona scalza non fa paura, non incute terrore ma può dare fiducia, non può dare calci ma può abbracciare, non ha un potere da imporre ma può servire. E Gesù andava scalzo. Può la sua Sposa seguirlo ben calzata, con scarpe grosse e solide?


Scalzo va chi non ha scarpe, chi non può pagarsi un articolo fra i più cari. Qualche straccio lo si racimola, ma delle scarpe che possano durare non sono regalate! Eppure il povero, che è colui che non ha diritti, o almeno a cui questi non sono riconosciuti, è colui che può servire, che è disponibile, che non ha fretta e può fermarsi a parlare e ad ascoltare; il vero povero capisce e sa compatire. Non ha affari da trattare né persone importanti da incontrare. Riceve la vita con meraviglia. minuto per minuto. E sa essere gioioso e dare gioia. Ecco perché strappandola dal suo comodo letto. in cui dorme e sogna grandi cose senza essere pronta a realizzarle. Gesù scuote la sua Sposa: "Alzati, amica mia!
Non sono le tante parole e i convegni fatti per i sapienti di questo mondo che sanno discutere, senza realizzare nulla. a cui Gesù invita la sua Sposa scalza. perché strappata dal letto, ma a calpestare la polvere delle strade dove incontrerà gli assetati di giustizia, i misericordiosi e i puri di cuore, coloro che piangono e i perseguitati, le vittime e gli oppressi per cui Gesù è venuto a portare la Buona Novella, coloro che non sanno usare le grosse parole tanto difficili, ma che sanno dire più con i fatti che con le parole: ti voglio bene.


Per incontrarli Gesù ha fatto tanti chilometri coi piedi nudi nella polvere della Galilea e della Giudea, cadendo stanco al bordo di un pozzo della Samaria, dove ha incontrato una donna povera se non di soldi - non ne sappiamo nulla - ma di dignità, di affetto, di capacità di dare senso alla sua vita.


E la sua Sposa può andarsene in giro con i tacchi a spillo?
Scalzo va chi si sente libero, che vuole essere agile e leggero, che vuole sentire la terra su cui si appoggia e da cui può spiccare un salto per andare oltre gli ostacoli. Nessuno lo ferma, anzi hanno paura della sua libertà, è fuori degli schemi approvati. Eppure colpisce, non passa lasciando l'indifferenza; anche se si ha paura di guardare una persona libera lo sguardo ne è attratto, forse nel cuore nasce un po' di sana invidia che spinge a liberarsi da tante corazze e difese per correre nel mondo gridando di gioia che la Vita è continua Risurrezione. Si poteva rimanere indifferenti davanti a Gesù? Anche chi disprezzandolo voleva neutralizzarlo, rimaneva scosso dal suo sguardo, dai suoi piedi nudi. Piedi che i ricchi non volevano lavare. ma che le peccatrici lavavano con le loro lacrime e ungevano con preziosi profumi, segno di una libertà dal calcolo e di una rico¬noscenza che non aveva limiti. Può la sua Sposa andare in giro con calze di seta, firmate, guardandosi bene dallo sporcarsi o che qualche malfattore, seduto alla tavola dello Sposo le tolga qualcosa di prezioso?


La Chiesa è bella perché è scalza, perché i suoi piedi liberi sanno danzare, perché è vera ed è Sposa quando non è legata, appesantita dal bisogno di imporsi fino a calpestare. Danza perché è certa di essere amata dall'Onnipotente Amore e non va in cerca di altri amori. appoggi, protezioni. Danza perché non ha da perdere tempo in intrighi, politiche e compromessi. La sua danza coinvolge l'uomo seduto nel fango e triste perché nessuna parola di libertà gli è rivolta; solo l'arroganza sembra mandare messaggi di vita ...ma che vita? La danza della Chiesa è sotto lo sguardo del suo Innamorato che danza di gioia per la salvezza dell'uomo anche sulla croce, dove l'hanno spogliato di tutto. Può la sua Sposa danzare con le scarpette a punta come una ballerina dell'Opera?


Scalzi ci si avvicina al Roveto ardente: "Togliti i calzari, perché questa terra è santa". Per avvicinarsi al suo Sposo, il Dio che è Fuoco ardente, la Chiesa deve togliere ogni calzatura. Non si prega davanti allo specchio, ma non si prega neanche seduti su un trono con dei tappeti rossi. La preghiera sale solo se è nella fiducia che posso rischiare la morte perché sono amato da Colui che è la risurrezione e la vita.

Scegliere di pregare è un rischio immenso, perché la preghiera non sale se è appesantita da tante casse di beni e di garanzie; la preghiera non sale se è rinchiusa in conti bancari, non sale sparata da un mitra o reclamizzata in uno spot. Sale se è nuda come il suo Sposo crocifisso e risorto. ∎










NB: questo articolo è stato pubblicato da NP Nuovo progetto Il mensile del Sermig di Torino, dicembre 2010

mercoledì 19 gennaio 2011

Presento una comunità di Impegno Servizio Volontariato

CISV, Comunità Impegno Servizio Volontariato,

è un’associazione comunitaria da 50 anni impegnata nella lotta contro la povertà e per i diritti umani. È una ONG riconosciuta idonea dal Ministero Affari Esteri per svolgere attività di cooperazione internazionale. Il suo impegno in Italia e nel mondo si fonda sul rispetto di principi etici e valori che sono raccolti in una Carta dei principi.


Progetti di cooperazione internazionale

CISV opera con l’obiettivo di favorire l’autosviluppo delle comunità locali, in appoggio alle organizzazioni contadine e della società civile, in diversi paesi dell’Africa - Benin, Burkina Faso, Burundi, Guinea Conakry, Mali, Niger e Senegal e dell’America Latina - Brasile, Colombia, Guatemala e Venezuela.


I settori di intervento prioritari sono:

• Infrastrutture: acqua potabile, irrigazione dei campi e lotta alla desertificazione
• Territorio: agricoltura, allevamento e conservazione ambientale
• Microfinanza: casse di risparmio e credito in aree rurali
• Sviluppo istituzionale e organizzativo: formazione, creazione di una coscienza civica, riconoscimento dei diritti politico-sociali, coordinamento tra istituzioni locali e associazioni di base


• Infanzia e diritti umani
• Turismo responsabile
Sostegno a distanza

Con il Progetto Famiglia Multietnica, CISV sostiene famiglie o comunità per minori per migliorarne le condizioni di vita. Si tratta di un sostegno collettivo e non individuale, nella consapevolezza che i problemi della povertà, le ingiustizie e la mancanza di diritti riguardano intere comunità e non singoli bambini.


Educazione alla cittadinanza mondiale

CISV promuove iniziative e campagne di sensibilizzazione locali e nazionali, propone percorsi formativi, di animazione e dialogo interculturale per le scuole, gestisce spazi e iniziative dedicati ai giovani, con proposte di volontariato e di scambi internazionali in Europa, Africa e America Latina.

Collabora con numerosi partner e con alcune Istituzioni, tra cui: Ministero Affari Esteri, Unione Europea, ECHO (Ufficio dell'Unione Europea per gli aiuti umanitari), UNICEF, PNUD (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo), CEI (Conferenza Episcopale Italiana), Regione Piemonte, Co.Co.Pa. (Coordinamento Comuni per la Pace della Provincia di Torino), Comune di Torino, ed altri Enti Locali.




Informazione
Attraverso VPS - Volontari per lo Sviluppo, pubblicazione multimediale on line e cartacea, CISV affronta con taglio giornalistico vari temi: cooperazione internazionale, stili di vita sostenibili, educazione, immigrazione, turismo responsabile. Pubblicata insieme ad altre ONG della FOCSIV, VPS ha al suo attivo il primo network di giornalisti del Sud del mondo.
Il mensile Volontari per lo Sviluppo, fondato da CISV e pubblicato dalla FOCSIV insieme ad altre ONG, sensibilizza i lettori riflettendo sui rapporti tra Nord e Sud e sugli stili di vita responsabili, anche attraverso inchieste inedite di giornalisti del Sud del mondo e testimonianze dirette dei volontari.

Nato da CISV nel 1996, Triciclo è un centro pilota per il riuso, il riciclo e l'educazione ambientale. Organizza attività di formazione rivolte a docenti e studenti, svolge attività di informazione sui consumi responsabili e di consulenza ad enti locali per la realizzazione di ecocentri. È anche impegnato nella solidarietà sociale, essendo una cooperativa di tipo B, quelle che assumono una persona socialmente svantaggiata ogni tre dipendenti e in più gestisce un mercato dell'usato.

Comunità

I soci CISV - donatori, volontari, dipendenti, partners, collaboratori, simpatizzanti – sono accomunati da valori, progetti e stile di vita. L'associazione offre la possibilità di condividere i principi fondanti - centralità della persona, ispirazione cristiana, pace e giustizia, anche attraverso l'esperienza della vita comunitaria di fraternità, famiglie che condividono la casa, la quotidianità e il cammino spirituale. La carta delle fraternità sancisce i principi di base sui cui si fonda la vita in fraternità.


Per contatti e per saperne di più:
CISV - Corso Chieri 121/6 – 10132 Torino - tel. +39 011 8993823

– fax +39 011 8994700 segreteria@cisvto.org - www.cisvto.org

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IBAN IT25 K 05018 01000 000000110668,

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martedì 18 gennaio 2011

Volontariato, c'è sempre più bisogno

Emergenza Haiti




La CISV ha un legame importante anche con Haiti, sebbene non vi abbia mai lavorato direttamente.
Alessandro Demarchi e Marco Bello sono infatti stati volontari nella perla
delle Antille. Nel maggio scorso hanno effettuato
una missione per verificare le possibili condizioni di lavoro per una ONG di sviluppo
come la nostra. Di ritorno hanno raccolto le testimonianze di haitiane e haitiani sul futuro del loro paese.


E’ nato così un libro patrocinato
da CISV, ProgettoMondo MLAL e Haititalia
(associazione di migranti). I proventi delle
vendite contribuiranno a finanziare i progetti
della CISV ad Haiti visto che la nostra associazione
sarà presto presente nel Paese insieme
a Progetto Mondo MLAL.


Per conoscere meglio i temi affrontati da questa pubblicazione, abbiamo rivolto alcune domande agli autori


Perché questo libro?


«Sui mass media italiani (ma anche stranieri) a parte rare eccezioni, non si è mai presentato il punto di vista degli haitiani di fronte alla tragedia del 12 gennaio. Le testimonianze erano sempre quelle del cooperante, del funzionario delle Nazioni Unite o del missionario.


Noi abbiamo voluto invertire questo schema.
L’idea è stata quella di mettere in luce le caratteristiche del popolo haitiano e sottrarre al lettore l’idea stereotipata di un popolo sfortunato che può vivere solo con l’aiuto delle grandi potenze.


Per far questo si presenta il punto di vista di personaggi leader della società
haitiana a diversi livelli.
Vogliamo far conoscere Haiti attraverso una lente diversa: quella di un Paese che rinasce, della popolazione locale che vi abita e ne è la linfa vitale.
Mostrarne il vero volto facendo parlare gli haitiani che vogliono essere protagonisti
di questa ricostruzione: sociologi, intellettuali,
artisti, donne impegnate nei movimenti femminili,
politici, giornalisti, religiosi,
personalità del mondo vudù, leader contadini.


In ogni capitolo si presenta un personaggio e
il suo punto di vista sulla ricostruzione e sul
futuro del paese. A livello narrativo si costruisce
il racconto intorno alla figura del personaggio
e il suo ruolo nella società haitiana».


Parlando di Haiti si pensa a terremoto, colera, uragani, calamità di ogni genere.
Non viene in mente che ci possa essere una società civile organizzata.


«Ad Haiti i movimenti sociali, sono stati fondamentali
in alcune fasi della storia. Intendiamo il movimento contadino, quello femminista
e quello operaio, le associazioni per la difesa dei diritti umani, i media indipendenti, e molti altri.


I movimenti degli anni ’70-’80 riuscirono a cacciare il dittatore Duvalier e a portare un loro membro a capo del Paese.
Fu un caso molto significativo a livello di America Latina,
di uno Stato in cui il potere era diventato emanazione
della base. Ma anche un esempio troppo “scomodo” per i vicini Stati Uniti.


Questa esperienza fu repressa nel sangue e si fece
di tutto per indebolire la società civile.


Oggi assistiamo a una tragedia dopo la tragedia.
La comunità internazionale, Usa in testa,
con la "scusa" della ricostruzione sta mettendo
l futuro del Paese sotto tutela. Gli sta, di
fatto, rubando l'indipendenza. E il popolo haitiano
rischia, ancora una volta, di restare escluso
anche dai piani per il proprio sviluppo.


Ma la società civile fa sentire la sua voce e
noi siamo andati a raccoglierla».


Una parte del libro è riservata agli haitiani
in Italia, perché?


Gli haitiani qui da noi non sono molti. Ma, per loro caratteristica, sono molto legati al Paese di origine.
In questa fase di ricostruzione, la diaspora (come la chiamano) può essere fondamentale per un appoggio economico e intellettuale.


Certo i numeri importanti sono gli haitiani di Stati Uniti, Canada e Francia. Ma
gli haitiani d’Italia si sono subito attivati con sensibilizzazioni sul Paese e raccolte fondi per dare assistenza.


È una realtà, quella dei migranti, che fa parte della nostra società, ma
allo stesso tempo ci permette di capire meglio anche Paesi lontani come Haiti.

Notiziario CISV N0VEMBRE 2010CISV - Corso Chieri 121/6 – 10132 Torino - tel. +39 011 8993823


– fax +39 011 8994700 segreteria@cisvto.org - http://www.cisvto.org/

Per donazioni con bonifico:
IBAN IT25 K 05018 01000 000000110668,

con cc postale: conto n. 26032102


Il Cisv è riconosciuto dal Ministero Affari Esteri come O.N.G. (Organizzazione Non Governativa) e O.N.L.U.S. (Organismo Non Lucrativo di Utilità Sociale).


Collabora con numerosi partner e con alcune Istituzioni, tra cui: Ministero Affari Esteri, Unione Europea, ECHO (Ufficio dell'Unione Europea per gli aiuti umanitari), UNICEF, PNUD (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo), CEI (Conferenza Episcopale Italiana), Regione Piemonte, Co.Co.Pa. (Coordinamento Comuni per la Pace della Provincia di Torino), Comune di Torino, ed altri Enti Locali.


NB: Prossimamente altre notizie su CISV,comunità di servizio di nvolontariato.

venerdì 14 gennaio 2011

Testimonianza: Dio mi cercava

testimonianza di un medico

" Questa parola è degna di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in Lui per avere la vita eterna"


(1 Timoteo 1, 1518)

"Mia madre aveva pregato molto perché fossi un vero cristiano. Tuttavia, fin dai primi anni della mia vita di studente, rifiutavo il cristianesimo; arrivai al punto di vendere, per comprarmi degli alcolici, la Bibbia che mia madre mi aveva donato. Quel libro mi dava veramente fastidio. La mia vita senza Dio fece di me un uomo dai costumi dissoluti, anche se ero stimato per le mie qualità professionali.
Quando divenni medico ospedaliero, vidi ogni tipo di disgrazia. Un giorno fu portato nel mio ambulatorio un muratore, vittima di un incidente sul lavoro. Il suo stato era disperato ed egli ne era cosciente. Ma l'avvicinarsi della morte non lo preoccupava affatto. Fui profondamente colpito dall'espressione felice sul suo viso.

Dopo la sua morte, poiché non aveva famiglia, furono esaminati in mia presenza i pochi effetti contenuti nella sua borsa. Tra le altre cose si trovava una Bibbia. Quale fu la mia sorpresa quando riconobbi che era quella che mi aveva dato mia madre! La aprii: vi era segnato il mio nome come pure un versetto scritto da lei. Chiesi ed ottenni che il libro mi fosse assegnato. L'ultimo proprietario l'aveva certamente letta molto, a giudicare dai numerosi versetti sottolineati. Ero sconvolto. Dio mi cercava. Rispondeva alle preghiere di mia madre. Non ebbi requie fino al momento in cui accettai Gesù come mio Salvatore.

Quella Bibbia è diventata per me un gran tesoro: mi ricordava mia madre, un episodio della mia vita, e soprattutto era una testimonianza della grazia del buon Pastore che continua a cercare la sua pecora perduta finché la trova.

 

mercoledì 12 gennaio 2011

«Ho compassione dei miei rapitori, poveri diavoli abbruttiti dalla povertà»

Testimonianza di Padre Giancarlo Bossi, missionario nelle Filippine.

Santo Padre, sono felice di essere con lei questa sera per dire il mio grazie: a Dio per aver ancora una volta tenuta amorosamente la mia vita nelle sue mani; a Lei per avermi portato nel suo cuore di padre durante il mio sequestro; a tutti questi giovani perché con la loro preghiera e il loro amore mi ha dato il coraggio di rimanere fedele a Cristo, alla sua Chiesa, alla mia vocazione missionaria e alla gente a cui appartengo. Grazie in nome di Dio.


Mai avrei pensato nella mia vita di trovarmi di fronte a tanti giovani. Chiedo scusa se mi vedete impacciato. La parola non è il mio forte. Sono convinto che ciascuno di noi ha un sogno da realizzare. Ciascuno di noi ha qualche cosa da dire. Non solo con le parole, c’è anche chi si esprime con gesti, chi nel silenzio solidale, chi con un sorriso. L’importante è mantenere vivo il sogno della vita. L’importante è volare! Ragazzi, fatevi rapire dai vostri ideali! Io ho iniziato a sognare quando ho deciso di entrare in seminario, ho continuato il mio sogno durante la mia ordinazione sacerdotale, l’ho vissuto nelle Filippine per tantissimi anni. L’ho toccato con mano durante i giorni del mio rapimento.


Sono un missionario, dico un povero missionario, uno delle migliaia di preti impegnati in tutti i paesi poveri del mondo. Vivo nelle Filippine da 27 anni. Continuerò a farlo. Spero. Questa storia non mi cambia, non mi cambierà. Anzi, no, qualcosa di diverso c’è: ho smesso di fumare e spero di non riprendere. La mia avventura è iniziata il 10 giugno, festa del Corpus Domini, una festa a cui tengo molto. Avevo detto Messa alle 7.00 nella chiesa di Payao, poi ero salito sulla moto per andare a un’altra celebrazione.


Ho visto questi uomini in divisa, con i mitra. Pensavo fossero dell’esercito. Poi ho capito, ma la frittata ormai era fatta. Mi avevano preso. Ricordo che quando stavo salendo sulla barca con loro il mio primo pensiero è andato alla gente della mia parrocchia in Payao. Durante il lungo viaggio in mare, coperto da un telone, mi sono chiesto che cosa il Padre mi chiedeva. E’ così sono iniziati i 40 giorni di prigionia. Ho patito la fame, tantissimo, e la fatica. Ma non ho mai avuto paura di morire. Cercavo di parlare con i miei rapitori. Ho chiesto loro: «Voi pregate come me il Dio della Pace. Com’è che lo fate col mitra alla sinistra e un sequestrato alla destra?» Mi hanno risposto che Allah è nel cuore. Il rapimento è lavoro. Pagati per eseguire un rapimento, l’hanno fatto.


Sono stato per quaranta giorni sulle montagne. Mi ci hanno portato con forza. Però ho visto attorno a me persone povere, spaventate. Persone che volevano farsi forza tenendo tra le mani un fucile. Per loro ho provato compassione. Ho cercato anche di mettermi nei loro panni. Anche in loro ho visto la bontà di Dio. Quel Dio che ti prende per mano e che non ti lascia solo. Quel Dio che ti fa superare le paure e che entra in rapporto con te chiedendoti la totale disponibilità. Durante i quaranta giorni del mio deserto nella foresta mi sono sentito rinnovare. La mia preghiera è diventata più essenziale e forte. La mia disponibilità a Dio più incisiva. Nelle difficoltà con forza si sperimenta la tenerezza di Dio. Ti fa recuperare la dimensione del tuo essere dono. In quel momento ho chiesto al Padre di mandare un prete a Payao, che sapesse amare la gente di Payao.


I miei rapitori erano tutti giovanissimi, intorno ai vent’anni. Ho capito che avevano già ucciso. Cercavo di capire con le mie domande, di fissare un dialogo con i rapitori. Mi sono reso conto che anche loro sono dei poveri diavoli, abbrutiti più dalla povertà che dalla volontà di fare del male. Dall’esterno non arrivava nessuna notizia. I giorni passavano e mi sentivo scoraggiato. Col rosario mi tenevo aggiornato sulle date, ma la conta è stata estenuante. Temevo che il rapimento sarebbe durato 3, 4 mesi, così quando mi hanno detto che mi avrebbero lasciato andare non ci ho mai creduto. Pensavo mi prendessero in giro. Invece, mi hanno liberato. Il 19 luglio.


Ho voluto telefonare subito casa, per rassicurare la mia mamma, che proprio quel giorno ha compiuto 87 anni. E’ stata una telefonata d’istinto, di pancia. Sono in Italia da qualche settimana ormai, ma voglio tornare il prima possibile dalla mia parrocchia di Payao, dai miei bambini. I poveri hanno bisogno di persone capaci di amare senza limiti o condizioni, e a Payao la gente è povera. Io sono stato sequestrato fisicamente, ma sono troppi coloro che sono sotto sequestro della povertà. La loro prigionia può durare una vita. Qui, in Italia, mi capita di sentire dei bambini o anche dei grandi che, di fronte al cibo, dicono: «Che schifo». Nelle Filippine vedo i loro coetanei frugare nella spazzatura e ringraziare Dio se trovano qualcosa. C’è una distorsione profonda in tutto questo. Qui c’è bisogno di recuperare i valori, là nelle Filippine delle condizioni di vita più umane.


Ma permettetemi un ultimo pensiero: mi sono chiesto molte volte il perché del mio rapimento, perché proprio a me, che amo lavorare nel nascondimento e mi sono detto che ci sono molte persone che non vogliono pubblicità ma che nel segreto ogni giorno si prendono cura delle persone ammalate e sofferenti. Io sono qui per loro. La loro testimonianza dà forza ai nostri sogni, perciò chiedo a voi di applaudire a queste persone. Questo applauso è per loro!




martedì 11 gennaio 2011

Giovani oggi: le nostre lamentele sono giustificabili?

Forse tutti noi, genitori, insegnanti, politici e la Chiesa stessa, per prima, dovremmo saper ascoltare di più i giovani: possiamo cercare mille cause, cento altri motivi ma è necessario l’ascolto sensibile, il dialogo, il costruire insieme, l’indirizzare la parte umana prima con i suoi valori etici universali e successivamente con la sapienza religiosa modellare l’uomo nuovo secondo il messaggio cristiano.

Un incontro della Giornata mondiale della Gioventù potrebbe essere un fasto, una manifestazione folcloristica, una festa senza anima cristiana, un entusiasmo che oggi si vede e domani si torna ad essere come prima.


Non sarà il Papa a sconvolgere una mentalità, potrebbe essere un inizio; i veri cambiamenti, i giovani nuovi che vogliamo non li troveremo nella massa ma vicino a noi: nella parrocchia, nel quartiere, per la strada. Non aspettiamo che siano loro che vengano da noi, siamo noi che non conosciamo più loro, loro ci hanno messi da parte perché sicuramente non abbiamo saputo parlare nel modo giusto, avvicinarli ascoltandoli.


Le nostre lamentele da “adulti” ( lo siamo davvero?) sono ingiustificabili.






GIOVANI

di Armando Matteo riportato da Bollettino Salesiano, gennaio 2011



LA PRIMA GENERAZIONE INCREDULA



L’attuale generazione di giovani fatica a sillabare con l’alfabeto cristiano il suo bisogno di senso e di sacro e a sintonizzarsi alla parola di Gesù per rispondere a quella domanda che ogni uomo è a se stesso, che fatica a riconoscere nella prassi liturgica il luogo dove si impara a conoscere il Dio dell’amore e l’amore di Dio.


Una generazione che non si pone
contro Dio o contro la Chiesa di Gesù,
ma che sta imparando a vivere 
e a vivere anche la sua religiosità  
senza il Dio e la Chiesa di Gesù.
E questo non perché si sia esplicitamente
collocata contro Dio e contro la Chiesa,
 mamolto più elementarmente
perché nessuno ha testimoniato
aessa la convenienza della fede,
la forza della parola delVangelo
di illuminare le soglie e le domande della vita,
la bellezza di una fraternità nella comune sequela.


La domenica senza la Messa


A prima vista un tale rapporto sembra segnato da alcune paradossali contraddizioni. I nostri ventenni e trentenni, infatti, da una parte si tengono sempre più a distanza dalle pratiche di preghiera e di formazione proposte dalla Chiesa, ma dall’altra esprimono un generale apprezzamento per il valore dell’esperienza religiosa; da una parte si riconoscono vicini a molte delle posizioni assunte dal Santo Padre e dai Vescovi in relazione alla difesa della tradizione cristiana della cultura occidentale e dei suoi segni pubblici, dall’altra però manifestano un incredibile analfabetismo biblico.
 
Ancora qualche altro paradosso che viene dal mondo di internet: quasi nessuno ama parlare di fede nella rete e spesso, nei profili con cui descrivono loro stessi, i giovani si dichiarano agnostici (qualcuno anche ateo), eppure aumentano nella galassia del web i siti dove “lasciare una preghiera”, “accendere una candela”, “trascorrere momenti di pace”.


Ma il dato più rilevante è forse il fatto che moltissimi giovani, pur essendosi avvalsi dell’insegnamento della religione a scuola e pur provenendo da ambienti vitali di larga ispirazione cattolica, disertano con grande disinvoltura l’appuntamento settimanale con il Signore Gesù: la Messa della domenica, e non sembrano per nulla interessati a cammini di approfondimento della fede cristiana. Sono sempre più rari i cosiddetti “gruppi giovani”.


I genitori dei nostri ventenni e trentenni, d’altro canto, sono proprio coloro che hanno respirato a pieni polmoni l’aria di cambiamento del ’68 e le allora imperanti istanze di rifiuto della tradizione culturale e religiosa dell’Occidente.


Questi genitori, da parte loro, con il tempo hanno rallentato la pratica di preghiera e il legame di fede e, pur non impedendo che i figli andassero a catechismo o scegliessero l’insegnamento della religione cattolica a scuola, a casa non hanno testimoniato alcuna fiducia nel Vangelo, nell’esperienza ecclesiale e nella prassi della carità. Ecco il punto o, meglio, l’anello mancante: tra i giovani di oggi e l’esperienza di fede la cinghia di trasmissione si è interrotta a causa di quella testimonianza che il mondo degli adulti ha tralasciato di offrire.


Una catechesi blanda e tiepida


L’attuale cura che la comunità ecclesiale esprime per i giovani è molto al di sotto di quanto sarebbe necessario. Se nel passato l’educazione dei giovani alla fede poteva fare affidamento a tre punti d’appoggio, la chiesa, la famiglia e la società, oggi non è più così. Per questo, allora, non possiamo più limitarci alla semplice preparazione, celebrazione e narrazione delle GMG. Non possiamo più limitare la frequenza della vita parrocchiale a una catechesi molto blanda e tiepida. Non possiamo più propriamente ritenere lo spazio ecclesiale semplice luogo di esercizio della fede.


Dobbiamo pensarlo, strutturarlo e renderlo sempre di più come luogo di generazione della fede, luogo in cui non solo si prega ma nel quale si impara anche a pregare, luogo nel quale non solo si crede ma nel quale si impara anche a credere.


Una tale società sta infatti riservando ai giovani solo le briciole dei suoi investimenti e delle sue attenzioni. Si pensi alle inique distribuzioni della spesa sociale. Questa nostra società sta lentamente consumando il suo – e a maggior ragione quello dei giovani – futuro. E quando il futuro appare più una minaccia che un orizzonte di speranza, allora sono aperte le porte al nichilismo.


Una Chiesa veramente attenta ai giovani, che prende in carico la loro incredulità e la loro situazione di disagio, riscopre così non solo il suo volto missionario ma assume anche una carica profetica in grado di orientare il cammino della città degli uomini.






IL LIBRO

Armando Matteo

La prima generazione incredula (Rubbettino)

Un libro utilissimo che mette a fuoco il rapporto che oggi intercorre tra giovani e fede, con particolare riferimento alla fascia d’età 18-29.

L’ipotesi di fondo del volume è che siamo costretti ad ammettere che per molti giovani del nostro tempo e della nostra parte del pianeta l’esperienza della fede non rappresenti un principio che qualifica la propria prospettiva sul mondo: ma solo qualcosa legato al mondo dell’infanzia, del catechismo, dell’oratorio, ma che non c’entra più nulla con le scelte, con le decisioni, con il progetto di studio e di vita.

sabato 8 gennaio 2011

Cristiani in Egitto, forse una buona notizia?

CRISTIANI IN EGITTO: LA PAURA E LA SOLIDARIETÀ



«Attorno ai cristiani si è creato un movimento di solidarietà incredibile» dice a Fides Mons. Joannes Zakaria, Vescovo dei Copti Cattolici di Luxor, in Egitto. Mons. Zakaria ha potuto testimoniare che alla celebrazione del Natale, la notte del 6 gennaio per chi - come i copti – segue il calendario giuliano,

«Hanno partecipato diversi nostri fratelli musulmani, che hanno così voluto sottolineare la loro solidarietà nei confronti dei cristiani dopo l’attentato del 31 dicembre ad Alessandria d’Egitto.
Questi nostri fratelli hanno respinto la violenza, affermando che il terrorismo non è il vero islam». «Penso ha aggiunto Mons. Zakaria - che l’appello del Santo Padre per una pacifica convivenza tra persone di fede diversa stia avendo buoni frutti».

Nello stesso giorno, presiedendo nella Cattedrale di Genova la celebrazione eucaristica in occasione della Solennità dell'Epifania del Signore, il Card. Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della CEI, si è interrogato sulle ragioni delle recenti violenze contro i cristiani.

«Forse i cristiani sono discriminati e perseguitati proprio perché – in nome di Cristo - parlano di dignità e di uguaglianza di ogni persona? Di libertà di coscienza? Perché predicano l’amore anche verso coloro che si
pongono come nemici? Perché parlano di perdono, rifiutano la violenza e operano come costruttori di pace? Perché predicano la giustizia e lo Stato di diritto? Forse è per questo che qualcuno li giudica pericolosi e inaccettabili, oggetto di intolleranza, meritevoli di persecuzione e di morte?»

Riportato da Asuaimmagine

Speriamo e preghiamo che trionfi la pace

venerdì 7 gennaio 2011

Un giorno da non buttare, preghiera

Padre, oggi come sempre
fammi trovare il tempo

per quello che più conta:
aiutarci a essere felici.


Non lasciare che si spenga in me
il desiderio
di incontrare gli altri
e di stare con loro
per rendere più abitabile,
più accogliente, più umano,
il luogo che ci hai donato
per vivere.


Aiutami a non dimenticare
che dobbiamo vivere tutti
come amici.


Fammi ricordare sempre
che non mi verrà chiesto
il conto di tante cose
ma che sarò giudicato
sull'amore.


Padre,
donami la forza
di non restare
in disparte e isolato
ma di essere interessato,
sincero,
vivace e amico di tutti.


(Tonino Lasconi, Amico Dio)

mercoledì 5 gennaio 2011

Nell’abbandono, nel dolore si può essere felice?

Felice di vivere
(Angelo Comastri, Dio è Amore)

Non molto tempo fa ho avuto un incontro indimenticabile. Erano le dieci di sera: avevo appena terminato la preghiera serale e la piazza del Santuario di Loreto si animava di voci, di saluti, di sorrisi e di "buona notte".


Mi accosto ad una culletta sostenuta dalle braccia robuste di un barelliere. Ma non vedo un bambino bensì una donna adulta: un piccolissimo corpo (58 centimetri!) con un volto splendidamente sorridente. Tendo la mano per salutare, ma l'ammalata con gentilezza mi risponde: «Padre non posso darle la mano, perché potrebbe fratturarmi le dita: io soffro di osteogenesi imperfetta e le mie ossa sono fragilissime. Voglia scusarmi». Non c'era nulla da scusare, evidentemente.
Rimasi affascinato dalla serenità e dalla dolcezza dell'ammalata e volevo sapere qualcosa di più della sua vita.


Mi prevenne e mi disse: «Padre, sotto il cuscino della mia culletta c'è un piccolo diario. E' la mia storia! Se ha tempo, può leggerla».


Presi i fogli e lessi il titolo: Felice di vivere!
I miei occhi tornarono a guardare quel mistero di gioia crocifissa e domandai: «Perché sei felice di vivere? Puoi anticiparmi qualcosa di quello che hai scritto?». Ecco la risposta che consegno alla vostra meditazione.


L'ammalata mi disse: «Anticiparmi qualcosa di quello che hai scritto? Padre, lei vede le mie condizioni... ma la cosa più triste è la mia storia! Potrei intitolarla così: abbandono! Eppure sono felice, perché ho capito qual è la mia vocazione. Si, è la mia vocazione!
Io, per un disegno d'amore del Signore, esisto per gridare a coloro che hanno la salute: "Non avete il diritto di tenerla per voi, la dovete donare a chi non ce l'ha, altrimenti la salute marcirà nell'egoismo e non vi darà la felicità!
Io esisto per gridare a coloro che si annoiano:
"Le ore in cui voi vi annoiate... mancano a qualcuno che ha bisogno di affetto, di cure, di premure, di compagnia; se non regalerete quelle ore, esse marciranno e non vi daranno la felicità".


Io esisto per gridare a coloro che vivono di notte e corrono da una discoteca all'altra: "Quelle notti, sappiatelo!, mancano, drammaticamente mancano a tanti ammalati, a tanti anziani, a tante persone sole che aspettano una mano che asciughi una lacrima: quelle lacrime mancano anche a voi, perché esse sono il seme della gioia vera! Se non cambierete vita non sarete mai felici!"».


Io guardavo l'ammalata, che parlava dal suo pulpito autorevole: il pulpito del dolore! Non osavo commentare, perché tutto era stupendamente e drammaticamente vero. L'ammalata aggiunse: «Padre, non è bella la mia vocazione?».


da Qunram.net, angolo dei ritagli