mercoledì 30 giugno 2010

La fede è un dono: la fiducia, come risposta, è una scelta di vita

La fede come ricerca e come pace

“Alla fede ci si avvicina con timore e tremore, togliendosi i calzari, disposti a riconoscere un Dio che non parla nel vento, nel fuoco o nel terremoto, ma nell’umile voce di silenzio, come fu per Elia sulla santa montagna (cf. 1 Re 19) ed è stato, è e sarà per tutti i santi e i profeti. Credere, allora, vuol dire perdere tutto? Non avere più sicurezza, né discendenza, né patria? Rinunciare a ogni segno e ad ogni sogno di miracolo? A tal punto è geloso il Dio dei credenti? Così divorante è il suo fuoco? Così buia la sua notte? Così assoluto il suo silenzio?

Rispondere di sì a queste domande sarebbe cadere nella seduzione opposta a quella di chi cerca segni a ogni costo; sarebbe un dimenticare la tenerezza e la misericordia di Dio. C’è sempre una luce per rischiarare il cammino: un grande segno ci è stato dato, il Cristo, che vive nei mezzi della grazia e dell’amore confidati alla famiglia dei suoi discepoli, la Chiesa. In essa è offerto un cibo ai pellegrini, un conforto agli incerti, una strada agli smarriti. Se questi doni non vanno mai confusi con possessi gelosi, è pur vero che essi sono là per nutrirci; non per esimerci dalla lotta, ma per darci forza; non per addormentare le coscienze, ma per svegliarle e stimolarle a opere e giorni d’amore, in cui l’amore invisibile si faccia presente.

Testimoniare la fede non sarà, allora, dare risposte già pronte, ma contagiare l’inquietudine della ricerca e la pace dell’incontro: “Ci hai fatto per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposi in te” (Sant’Agostino, Le Confessioni, 1,1). Accettare l’invito non è risolvere tutte le oscure domande, ma portarle a un Altro e insieme con lui. A lui è possibile rivolgere con fiducia le parole della bellissima invocazione di sant’Agostino:

Signore mio Dio, unica mia speranza,

fa’ che stanco non smetta di cercarTi,

ma cerchi il Tuo volto sempre con ardore.

Dammi la forza di cercare,

Tu che ti sei fatto incontrare,

e mi hai dato la speranza di sempre più incontrarTi.

Davanti a Te sta la mia forza e la mia debolezza:

conserva quella, guarisci questa.

Davanti a Te sta la mia scienza e la mia ignoranza;

dove mi hai aperto, accoglimi al mio entrare;

dove mi hai chiuso, aprimi quando busso.

Fa’ che mi ricordi di Te,

che intenda Te, che ami Te. Amen!”

(De Trinitate, 15, 28, 51).

Da “Lettera ai Cercatori di Dio”, Conferenza Episcopale Italiana, Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi

Pensieri tristi, ma è sempre con me

Che triste giornata!

Signore,
Saperti accanto a me
e non sentire la tua presenza.
Mi hai donato la fede
e non la curo.
La speranza?
la dimentico per strada.
Mi hai amato fino a morire per me
e rimango indifferente.
Che triste giornata!

Ma a sera,
ogni sera
sei lì che mi attendi,
al nostro appuntamento
e tu arrivi per primo.
Non manchi mai
sai che ho bisogno di te:
mi consigli, consoli,
perdoni.
Grazie Signore!
Ti prometto...

" Non promettere:incomincia domani..."

Buona notte Signore!

domenica 27 giugno 2010

Il catechista ha un solo annuncio da fare: Gesù di Nazaret

Il catechista, operatore di catechesi deve Annunciare Gesù

La catechesi deve portare a conoscere Gesù e a decidersi per lui, aderire alla sua persona: è lui che plasma la nostra vita, la riempie e ne diventa la ragione attraverso la conoscenza, l’interiorità del suo messaggio, la docilità della fede attraverso l’amore.

Evangelizzare Gesù significa anzitutto presentarlo nella sua esistenza concreta e nel suo messaggio, quale fu trasmesso dagli Apostoli e dalle prime comunità cristiane. Egli appare come “l’Uomo perfetto”, che “ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo”. “Nessun uomo ha mai parlato come parla costui”, con autorità, con libertà e dolcezza, indicando le vie dell’amore, della giustizia, della sincerità. Nessuno ha parlato agli uomini del mistero di Dio, come Lui, rendendo ad essi possibile un’alta esperienza del Padre, che è nel segreto e vede nel segreto, che è pronto alla misericordia.(Rinn.Catechesi 59)

- Presentare Gesù nella sua esistenza concreta e nel suo messaggio

I vangeli sono la storia e la vita di Gesù: in essi troviamo l’insegnamento per la nostra vita cristiana nella Parola del Figlio di Dio e contemporaneamente l’esempio dell’uomo Dio. Non possiamo insegnare ad altri senza una conoscenza dei vangeli, senza possedere un discernimento dei messaggi che ci arrivano, senza avere fatti nostri i sentimenti di Gesù.

Pertanto:

- E’ necessario l’ascolto: “ le parole non sono tutte uguali, come le voci che esistono dentro di noi. Tra loro c’è una regina: la Parola. La parola è luce, pane: illumina, riscalda, nutre. Se l’accogli dissipa la tua oscurità. Tu dici chi sei, cosa fare, dove andare”.

- Nutrirsi è d’obbligo: la lettura. Al Libro, la Bibbia, come alla terra, chiediamo un supplemento di vita, un duplicato di identità. La lettura è speculare. Quando non sei felice, chiedi al testo davanti a te di dartela. Quando non hai amore, chiedi amore.

- Confrontarsi: è consegnarsi come fa il seme con la terra. “Per un giovane in cammino è pane avere un sacerdote saggio come guida. Il seme non è l’albero. Il seme deve accettare la sfida del terreno, deve scomparire e vivere nell’oscurità. Ha fiducia che dalla sua morte, nascerà qualcosa”.(don Carlo Terraneo, bollettino salesiano febbraio 2010)

Gesù attende la risposta della nostra parola alla sua Parola, la parola che abbiamo assorbito, la vita che lui ha vissuto tra noi, ha dato per noi.

- Presentare Gesù quale fu trasmesso dagli apostoli e dalle prime comunità cristiane

I Padri nelle loro catechesi fanno ampi riferimenti all’Antico e Nuovo Testamento: In questo modo da una parte si afferma che le promesse del Primo Testamento trovano attuazione nel Secondo, dall’altra che c’è un’unica storia di salvezza. Il primo trova compimento nel secondo, ma anche il Nuovo è illuminato dall’Antico. Il costante riferimento alle Scritture fa conoscere il Volto di Dio, suscita una risposta di fede, rende partecipi alla storia della salvezza; la preghiera ci fa desiderare, ci spinge a cercare il Volto di Dio.

Durante la nostra catechesi bisogna annunciare la salvezza, fare risuonare la Parola come primo annuncio.

Gradualmente esporre una rielaborazione dei fatti, non citare letteralmente, sottolineando la portata salvifica. Gli eventi dell’antico testamento, i personaggi devono man mano trovare significato e piena attuazione in Cristo e nella chiesa. Il racconto dei fatti deve evidenziare l’amore di Dio per gli uomini e la risposta degli uomini all’amore di Dio.

In questo modo la catechesi è un servizio alla Parola che segue il primo annuncio, accompagna nella crescita, rafforza durante la maturità cristiana:

“ Eri chiamato catecumeno ed eri come avvolto da un suono che riecheggiava esternamente; udivi la Scrittura, ma senza comprenderne la profondità. Quel suono ora, che sei accolto tra gli illuminandi, non ti avvolge più, ma riecheggia dentro di te, perché lo Spirito, dimorando in te, fa della sua mente una dimora divina”. ( Cirillo di Gerusalemme)

“ Quando si tratta dei santi e divini misteri della fede, non bisogna presentarne neppure la minima particella senza l’appoggio delle Sacre Scritture”. ( Cirillo di Gerusalemme)

La catechesi deve introdurre i credenti nella pienezza dell’umanità di Cristo, per farli entrare nella pienezza della sua divinità. Lo può fare in molti modi, muovendo da premesse e da esperienze diverse, seguendo metodi diversi, secondo l’età, le attitudini, la cultura, la problematica, le angosce e le speranze di chi ascolta. (Rinnov. Catech. 60)

Il vangelo fu annunciato all’uomo: Gesù ha per ognuno una parola di salvezza, conforto, speranza, amore. Seguendo Gesù si diventa uomo giusto.

“Chiunque segue Cristo, l’Uomo perfetto, si fa lui pure più uomo” Questa catechesi su Cristo è già una prima risposta ai problemi umani, anche per coloro che non hanno il dono della fede. Essa poi vuole abilitare i credenti a riferirsi costantemente alla vita e alla parola di Cristo, nel quale trovano la pienezza di ogni grazia e verità”.(id.61)

Gesù, Figlio di Dio ci chiama all’amore divino per avvicinarci alla sua divinità.


Questo Gesù, infatti, “Dio lo ha costituito Signore”. Egli stesso si è proclamato Figlio di Dio e si è appropriato il nome di Dio. È’ il “Figlio proprio” di Dio, “l’immagine del Dio invisibile ; “inabita in Lui corporalmente tutta la pienezza della divinità”. È il Verbo di Dio che si è fatto carne e che abitò tra noi; è il Dio unigenito che ci ha fatto conoscere il Padre”.(id.62”


Gesù è il Risorto...

“L’annuncio più completo e possente, che contiene ogni altra verità su Gesù Cristo, è quello sempre proclamato dagli Apostoli: “questo Gesù, Dio lo ha veramente risuscitato, e noi tutti ne siamo testimoni”. È la pasqua di Cristo: essa riprende e compie la pasqua del vecchio testamento; costituisce il centro dell’economia di salvezza del nuovo testamento, fondamento della Chiesa, primizia delle nuove terre e dei nuovi cieli”. (ib.67)

- Il catechista deve camminare insieme a Gesù

Il catechista è un chiamato speciale di Dio e come tale diventa un operatore di catechesi, un annunciatore, ma non un annunciatore qualsiasi, ma uno che fa risuonare, riecheggiare, rivivere la Buona Novella di Gesù, anzi Gesù stesso, è Gesù che ha posto la sua dimora presso di lui.

Parlare con cuore e intelligenza al cuore e alla mente di chi ascolta, in modo da mostrare che è l’amore di Gesù che spinge, che manda avanti il messaggio di vita eterna.

Nella preghiera fare rivivere la presenza di Gesù in noi in questo momento e nella vita: Gesù deve camminare assieme, vicino, come per i discepoli di Emmaus, ai quali spiegava le Scritture che si erano avverate, per poi farsi riconoscere al momento di spezzare il pane.

Gesù lascia ai suoi discepoli, il compito di diffondere il meraviglioso annuncio: tra questi ci sono, non ultimi, gli operatori di catechesi, i catechisti che insegneranno come cercare Gesù, come amare Gesù, come testimoniare Gesù. Seguire Gesù anche nel modo di annunciare il suo Vangelo perché chi meglio di lui poteva farlo?

Attenzione! “Non sono i vari inviti che educano e fanno sì che i ragazzi vengano da noi, ma è la curiosità sorta nel loro cuore che li spinge a venire e vedere dove abita il Maestro. Se il Maestro è l padrone del mio cuore, certamente i ragazzi ( e non solo loro) saranno incuriositi.
Ad ognuno spetta solo di testimoniarlo, di vivere la verità del nostro cuore. Lo stesso vale anche per le associazioni, i movimenti, gruppi ... congregazioni religiose. Se la loro vita non effonde la Verità, tanto da suscitare la meraviglia, vani sono gli inviti a farne parte”
( Ady, da forum di netcrim.org “I ragazzi e la fede”).



Silenzio, solitudine e amore nel sacerdozio

Preghiera Il sacerdote la domenica sera, silenzio, solitudine, preghiera

(Michel Quoist Preghiere)

Signore, stasera, sono solo.
A poco a poco, i rumori si sono spenti nella chiesa,
le persone se ne sono andate,
ed io sono rientrato in casa,
solo.

Ho incontrato la gente che tornava da passeggio.
Sono passato davanti al cinema che sfornava la sua porzione di folla.
Ho costeggiato le terrazze dei caffè, in cui i passanti,
stanchi, cercavano di prolungare la gioia di vivere una domenica di festa.
Ho urtato i bambini che giocavano sul marciapiede,
i bambini o Signore,
i bambini degli altri, che non saranno mai i miei.

Eccomi, Signore
solo.
Il silenzio mi incomoda,
la solitudine mi opprime.

Signore, ho 35 anni,
un corpo fatto come gli altri,
braccia nuove per il lavoro,
un cuore riservato all'amore,
ma ti ho donato tutto.
È vero, tu ne avevi bisogno.
Io ti ho dato tutto ma è duro, o Signore.

È duro dare il proprio corpo: vorrebbe darsi ad altri.
È duro amare tutti e non serbare alcuno.
È duro stringere una mano senza volerla trattenere.
È duro far nascere un affetto, ma per donarlo a Te.
È duro non essere niente per sé per esser tutto per loro.
È duro essere come gli altri, fra gli altri, ed esser un'altra.
È duro dare sempre senza cercare di ricevere.
È duro andare incontro agli altri, senza che mai qualcuno ti venga incontro.
È duro soffrire per i peccati degli altri, senza poter rifiutare di accoglierli e portarli.
È duro ricevere i segreti, senza poterli condividere.
È duro sempre trascinare gli altri e non mai potere, anche solo un istante, farsi trascinare.
È duro sostenere i deboli senza potersi appoggiare ad uno forte
È duro essere solo,
solo davanti a tutti,
Solo davanti al Mondo.
Solo davanti alla sofferenza,
alla morte,
al peccato.

Figlio, non sei solo,
io sono con te,
Sono te.
Perché avevo bisogno di un'umanità in più
per continuare la Mia Incarnazione e la Mia Redenzione.
Dall'eternità Io ti ho scelto,
ho bisogno di te.

Ho bisogno delle tue mani per continuare a benedire,
Ho bisogno delle tue labbra per continuare a parlare,
Ho bisogno del tuo corpo per continuare a soffrire,
Ho bisogno del tuo cuore per continuare ad amare,
Ho bisogno di te per continuare a salvare,
Resta con Me, Figlio mio.

Eccomi, Signore;
ecco il mio corpo,
ecco il mio cuore,
ecco la mia anima.
Concedimi d'essere tanto grande da raggiungere il Mondo,
tanto forte da poterlo portare,
tanto puro da abbracciarlo senza volerlo tenere.
Concedimi d'essere terreno d'incontro,
ma terreno di passaggio,
strada che non ferma a sé,
perché non vi è nulla di umano da cogliervi
che non conduca a te.

Signore, stasera, mentre tutto tace e nel mio cuore sento
duramente questo morso della solitudine,
mentre il mio corpo urla a lungo la sua fame di piacere,
mentre gli uomini mi divorano l'anima ed io mi sento incapace di saziarli,
mentre sulle mie spalle il mondo intero pesa con tutto il suo peso di miseria e di peccato,
io ti ripeto il mio sì, non in una risata, ma lentamente, lucidamente, umilmente.
Solo, o Signore davanti a te,
nella pace della sera.

I fedeli sono esigenti verso il loro prete. Hanno ragione. Ma devono sapere che è duro essere prete. Chi si è donato nella piena generosità della sua giovinezza rimane un uomo, ed ogni giorno in lui l'uomo cerca di riprendere quel che ha donato. È una lotta continua per restare totalmente disponibile al Cristo e agli altri.
Il prete non ha bisogno di complimenti o di regali imbarazzanti: ha bisogno che i cristiani, di cui ha in modo speciale la cura, amando sempre più i loro fratelli, gli provino che non ha dato invano la sua vita. E poiché rimane un uomo, può aver bisogno una volta d'un gesto delicato di amicizia disinteressata... una domenica sera in cui è solo.

Seguitemi ed io vi farò pescatori di uomini. (Mc 1,17)

Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho destinati ad andare a portare frutto, un frutto che rimanga. (Gv 15,16)

Dimentico del cammino percorso, mi protendo in avanti, corro verso la meta, per conseguire lassù il premio della vocazione di Dio nel Cristo Gesù. (Fil 3,13-14)

Anna Barbi in Angolo dei ritagli Qunram.net

giovedì 24 giugno 2010

Osiamo dire, ovvero siamo sempre convinti di dire Padre nostro?...

Osiamo dire: Padre nostro?...

(Alessandro Pronzato, L'uomo riconciliato. Pellegrinaggio nel quotidiano per celebrare la festa della vita, Ed. Gribaudi)

Ricordo una Messa celebrata all'ergastolo di Porto Azzurro.
Sentivo avvicinarsi questo momento con un senso di paura.
"...Padre nostro!".
Mi sono fermato. Li ho guardati in faccia, a uno a uno. Oltre cinquecento uomini, a cui avevano ucciso la speranza, condannati a vita. Loro dicono, con un'espressione incisiva: "Ci hanno fermato l'orologio!".


Ho detto:
"Scusatemi, ma io non riesco a continuare.

Se non mi aiutate voi, io, da solo, a questo incrocio pericoloso della Messa, non ce la faccio ad andare avanti. Sarei costretto a dire una parola che, se prima non si realizza qualcosa di importante tra di noi, suonerebbe come una bestemmia: "Padre nostro...".


"Ho bisogno che mi accettiate come uno di voi, un fratello, niente altro.
Soltanto se mi fate questo regalo, se ci scambiamo questa fraternità, se ammettiamo da ambo le parti questa parentela, se mi considerate come uno dei vostri, oseremo dire insieme "Padre nostro!".
Altrimenti io non ho il coraggio di pronunciare quella frase.


Dio non è soltanto 'mio' Padre. Lui vuol esserlo di tutti. E se non mi presento davanti a lui insieme a tutti voi, nessuno escluso, mi sento un traditore, un illegittimo... E se voi non mi riconoscete come fratello, Dio se ne va. Non si fa trovare...".


Mai come in quel momento ho scoperto la forca sconvolgente dell'espressione: "Osiamo dire".


Sì, soltanto adesso che ci siamo riconosciuti, accettati come fratelli, possiamo dire, senza paura di bestemmiare: "Padre nostro" (anzi: "Papà", Abbà!).


Siamo mal ridotti, Papà, ma siamo insieme.
Laceri, sporchi, non troppo presentabili, ma ci riconosciamo fratelli.
Ci sentiamo colpevoli "insieme".
Abbiamo tutti qualcosa da farci perdonare.
Nessuno di noi è giudice dell'altro.
Nessuno di noi condanna le colpe dell'altro.
Siamo uniti da una comune solidarietà di miseria.
Soltanto per questo "osiamo dire".
E tu, siamo sicuri, ci guardi con benevolenza. Perché noi ci guardiamo senza durezza.
Tu, abbiamo la certezza, ci accetti. Perché noi ci accettiamo vicendevolmente.
Tu non ti vergogni di noi, nonostante tutto. Perché noi non rifiutiamo nessuno.
Ecco, Signore, soltanto dopo che ci siamo caricati sulle spalle questo colossale peso di tutti i nostri fratelli, osiamo dire "Padre nostro!".
E, stavolta, è preghiera
.

mercoledì 23 giugno 2010

Spirito Santo: mai letto una spiegazione così chiara e convincente

Discernimento nello Spirito Di Padre Augusto Drago

Nei miti antichi troviamo uno spunto che può aiutarci a capire che cosa significhi discernimento nello Spirito.
Si narra che in un’isola vivessero delle favolose creature, per metà animali e per metà umane. Erano le sirene. Abili nel canto e nella musica, chiunque avesse avuto la sventura di farsi ammaliare dalle loro soavi ed incantevoli melodie, non poteva fare a meno di raggiungerle e, affascinato, perdeva il controllo della nave, finendo miseramente contro gli scogli.

L’incanto si trasformava in tragica sciagura: le sirene divoravano senza pietà gli sventurati marinai. Apollonio di Rodio racconta che, in vista dell’isola “bella dove le melodiose sirene incantano ed uccidono”, gli argonauti furono salvati da un canto così sublime da superare e vincere quello delle sirene. Era il canto di Orfeo, intonato con la sua meravigliosa ed epica cetra.


Il discernimento è proprio questo: intonare un canto che ammutolisce la confusione e il richiamo delle cose, spesso così frastornanti e che faccia apparire quale è la vera luce che viene da Dio, per poi seguirla con coraggio e senza incertezze.

Cosa sarà mai questo canto? Chi vuole rappresentare nell’ambito del discernimento? Certamente è il canto, più forte e più melodioso che possa immaginarsi: il Canto dello Spirito, quello che proviene dal paese trinitario, là dove tutto è canto e danza d’Amore e di Luce.

Per discernere nello Spirito, in altre parole, per sapere che cosa sia per noi, ora adesso, la Volontà di Dio e quindi che cosa sia meglio per noi scegliere o fare, non possiamo prescindere dalla presenza del Consolatore.

E quando abbiamo fatto le nostre scelte, in che misura possiamo essere certi che siamo guidati dallo Spirito?

Per rispondere a queste domande importantissime per il nostro cammino spirituale, dobbiamo vedere prima di tutto, come lo Spirito si dona a noi ed opera in noi.

Ci sono tre modi, che a loro volta determinano una triplice fedeltà.

Il primo modo con cui lo Spirito opera in noi, è quello dell’illuminazione interiore o ispirazione. E’ per esempio, il caso delle profezie, del formarsi nel cuore e nella mente una parola interiore, o altro di simile.

Il secondo modo è quello della mozione, o come la chiamano i teologi spiritualisti, “grazia di forza” che ti spinge ad agire in modo spirituale.

Questi primi due modi sono di per sé inseparabili. Nella vita spirituale, prima di agire, occorre aver ricevuto la divina ispirazione o illuminazione interiore. Poi si agisce sotto la spinta della forza dello Spirito, il quale infonde all’anima il coraggio e la determinazione a fare ciò è chiamata a compiere. Se si dovesse agire solo con l’illuminazione interiore, senza aspettare la grazia della mozione, cadremmo nella fretta, nella precipitazione e quindi, potremmo rovinare l’opera di Dio in noi. Senza contare poi il fatto che, nell’agire, i protagonisti saremmo noi e non lo Spirito. Questi due modi pertanto devono rimanere l’uno consequenziale dell’altro.

Il terzo modo è quello in cui lo Spirito opera mediante delle grazie mistiche, anche con segni visibili: basti pensare a quei santi che hanno ricevuta la grazia della stigmatizzazione, apparizioni, o altro di simile. Si tratta di anime che hanno ricevuto favori straordinari da parte di Dio.

Occorre saper ben distinguere questi tre modi.


Parliamo prima di tutto dell’ispirazione o illuminazione interiore.
Spesso si sente dire: “Lo Spirito Santo mi dice che…” , “Sento che lo Spirito mi stia donando queste parole…”. E’ importante a questo punto, sia per chi pronuncia una Parola come detta dal Signore, sia per la persona a cui tale Parola è rivolta, avere le idee chiare per non cadere nelle sempre pur facili illusioni che generano tanto male e sconforto in molte persone.

Anzitutto l’ispirazione o illuminazione interiore non è un istinto.

L’impulso è qualcosa di naturale, una disposizione, una spinta interna che appartiene all’indole, all’inclinazione abituale del proprio modo di essere e che sfugge alle volte al controllo della ragione e della mente, come quando si agisce o si parla d’istinto. Insomma è una disposizione umana, dove lo Spirito Santo non c’entra per nulla. Appartiene al mondo delle emozioni.

L’ispirazione o illuminazione, è qualcosa di più profondo e di luminoso, che non può provenire dalla semplice natura umana, perché porta in sé il carattere di una realtà che non è nell’uomo.

Ma anche qui occorre un sano discernimento. La Parola del Signore ci dice: “Siete figli della Luce” (1Tessalonicesi 5, 5). La Luce è “Lui” Cristo Gesù. Ora, come in natura c’è la luce artificiale e quella naturale, così le luci che provengono dall’istinto, dalle immaginazioni, dal maligno sono luci artificiali. Hanno qualcosa di abbagliante e più di una volta, mettono nel cuore una specie di turbamento.

Quando la Luce viene dallo Spirito è molto luminosa, sì, ma non abbagliante. Il suo contenuto non è mai, o è raro che lo sia, preciso e dettagliato. Per esempio, è raro che una profezia molto precisa ed accuratamente molto esatta nei suoi particolari, venga dallo Spirito santo, perché in questo caso viene ad abolire la fede teologale e la speranza, e crea una esasperata ed esasperante attesa che poi viene delusa a danno delle anime. Le ispirazioni, le profezie, vengono date dallo Spirito non per abolire la fede e la speranza, ma per sostenerle.

La luce dello Spirito è luminosa, ma non sempre chiara in tutti i suoi elementi. Diventa chiara adagio adagio, secondo i tempi di Dio e la forza della preghiera che ci aiuta a sapere attendere che il Signore ci dia il significato pieno della sua ispirazione, e di ciò che essa significa per noi e per la nostra vita interiore.

Le idee troppo chiare spesso non sono ispirazioni o illuminazioni interiori. Quando in una ispirazione c’è troppa chiarezza, o troppa illuminazione, non si può mai essere sicuri che ci troviamo davanti ad un dono dello Spirito.

La vera luminosità è interiore. Produce pace e pazienza. Per questo diventa importante saper vigilare, spogliare il proprio cuore e la propria mente da ogni tentativo di volere spiegazioni, di volere comprendere tutto e subito. Il “tutto e subito” non appartiene a Dio!

Quando si riceve una luce interiore da parte dello Spirito Santo, di solito il cuore e l’anima sono inondati di gioia e di pace. Non c’è tempo di chiedere né il come, né il perché, né il cosa significa.

Come prima conseguenza l’illuminazione interiore genera la danza interiore della gioia che con Maria e come Maria, con il Magnificat, ci fà cantare a Dio un inno di lode, senza nulla chiedere o domandare. Si adora e si ringrazia lodando.

Sono tre, in genere, i segni, che danno la sicurezza circa la provenienza dell’Ispirazione o dell’illuminazione. Essi provengono dallo Spirito Santo quando comunicano la Pace, la libertà interiore, l’interiorità.


La Pace prima di tutto.
Intendo la Pace come messa in “sonno” o in stato di “riposo” di tutte le potenze che interagiscono con l’immaginazione. Quando queste potenze tacciono, allora lo Spirito ci mette in stato di quiete interiore, di gioia davanti alla presenza del Signore ed entriamo in uno stato di Amore che ama da sé quasi senza la nostra personale partecipazione. Diventiamo “inattivi”: è solo Dio che agisce per mezzo dello Spirito perché ha preso tutto lo spazio del cuore.

Quando siamo dentro questa Luce interiore, la Pace dona una fede che diventa subito confidenza e fiducia.

Faccio un esempio. Mi metto in preghiera di profonda adorazione e mentre sto pregando ricevo una “visita” da parte del Signore. E’ una sua illuminazione. Egli si rende presente in me. A questo punto, se mi fermo, quasi estaticamente, lodo, adoro, ringrazio, canto. Ma se apro le porte all’immaginazione comincio a chiedermi: “Che cosa avrà voluto dirmi il Signore? E adesso cosa devo fare? Come devo agire?...”, e subito comincio ad agitarmi, perdo la pace, mi viene addosso una strana frenesia per mettere in pratica o cercare di fare quello che il Signore mi ha detto, insomma perdo la pace e con essa il frutto dell’illuminazione e della ispirazione.

La libertà interiore
L’ispirazione dello Spirito ci lascia interiormente liberi. Quando un’idea viene dall’istinto, invece, essa ci lascia impazienti, smaniosi di fare, alla ricerca di come fare presto e bene. Non ci si ferma, non si sta tranquilli, bisogna realizzarla al più presto. Ma Dio non ha fretta di solito, o se ce l’ha, la sua è diversa, molto diversa da quella degli uomini. Ciò che caratterizza l’istinto è l’urgenza di essere soddisfatto. La libertà interiore libera da ogni costrizione istintuale.

L’interiorità
Ogni ispirazione che proviene dallo Spirito, conferisce ed accresce il bisogno di una vita interiore più robusta e più solida. L’ispirazione prima di tutto rimane “dentro” prima di essere data agli altri. Rimane dentro perché la grazia dello Spirito Santo la faccia maturare e la faccia divenire vita vissuta.

Essa prima di tutto non ci fa “perdere la testa”.
Se rimaniamo dentro quest’ordine divino, tutto quello che dallo Spirito ci viene donato, viene anche conservato ed il cuore dell’uomo, visitato da tanta grazia, diviene come un grande serbatoio di Amore, che a null’altro serve che a lodare il Signore e a dare agli altri il frutto di tante grazie: l’Amore.

Pubblicato da Pastorale&Spiritualità

lunedì 21 giugno 2010

Risposta di Dio al Padre nostro recitato dagli uomini

Figlio mio!

"Figlio mio, che stai nella terra

e ti senti preoccupato,

confuso, disorientato,

solo,

triste e angosciato.

Io conosco perfettamente il tuo nome

e lo pronuncio benedicendolo,

perché ti amo,

e ti accetto così come sei.


Insieme costruiremo il mio Regno,

del quale tu sei mio erede

e in esso non sarai solo

perché Io sono in te,

come tu sei in me.

Desidero che tu faccia sempre la mia volontà,

perché la mia volontà è la tua felicità.

Avrai il pane quotidiano...

Non ti preoccupare.
Però ricorda, non é solo tuo.

Ti chiedo di dividerlo sempre con il tuo prossimo,

ecco perché lo do a te,

perché so che sai che é per te e per tutti i tuoi fratelli...

Perdono sempre le tue offese,

anzi ti assolvo prima che le commetta,

so che le commetterai,

però so anche che a volte

è l’unico modo che hai per imparare,

crescere e avvicinarti a me.

Ti chiedo solo, che

in egual modo,

perdoni te stesso e perdoni coloro che ti feriscono...

So che avrai tentazioni

e sono certo che le supererai...
Stringi la mia mano, aggrappati sempre a me:

io ti darò il discernimento

e la forza perché ti liberi dal male...


Non dimenticare mai che TI AMO

da prima che tu nascessi,

e che ti amerò oltre la fine dei tuoi giorni,

PERCHÉ SONO IN TE... COME TU SEI IN ME...

Che la mia benedizione scenda e rimanga su di te sempre
e che la mia pace e l’amore eterno

ti accompagnino sempre...

Solo da me potrai ottenerli e solo io posso darteli perché...

Io sono l'amore e la Pace!"

Di Anonimo portoghese pubblicato da Pastorale & Spiritualità

La nostra preghiera non è completa se non sa ascoltare la risposta di Dio per mezzo dello Spirito Santo che è in noi.

Preghiera per sospetta infedeltà del coniuge

Signore, dove è andato il mio amato?

Signore, si è allontanato da me,
non voglio che egli soccomba sotto un dolore troppo forte.
Signore, in te
“né la donna è senza l’uomo,
né l’uomo è senza donna”,
ci hai fatti per l’amore:
dov’è andato il mio amato,
a chi
a cosa si è rivolto?

Ci dicevamo dialogando:
“ Quanto sei bella, amata mia, quanto sei bella!
Gli occhi tuoi sono colombe.
Come sei bello, amato mio, quanto grazioso!
Erba verde è il nostro letto,
di cedro sono le travi della nostra casa,
di cipresso il nostro soffitto”.

Signore,
Dov’è andato il mio amato?
Perdona, Signore, non sa quello che fa,
anch’io perdono soffrendo
e soffrendo l’amo ancora.

Signore,
“le gradi acque non possono spegnere l’amore,
né i fiumi travolgerlo,
forte come la morte è l’amore”.

Una parola, Signore, mostrami,
una parola ch’io posa dirgli
e lui tornare a me
nella nostra casa, un giorno felice,
ora muta e vuota
senza amore.

Signore un gesto mostrami
un segno dammi
una parola suggerisci nel suo orecchio
Lui, mio amato, ritornerà da me.

Io attendo, in te spero, Signore:
quando tornerà
le mie braccia aperte troverà
il mio cuore non fermare,
e,
se batterà troppo forte,
Signore,
non farlo scoppiare
dovrò ancora amare
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sabato 19 giugno 2010

Il Catechista e l'annuncio di Gesù e il suo amore per l'uomo



Non sono i vari inviti che educano e fanno sì che i ragazzi vengano da noi, ma è la curiosità sorta nel loro cuore che li spinge a venire e vedere dove abita il Maestro.

La catechesi deve portare a conoscere Gesù e a decidersi per lui, aderire alla sua persona: è lui che plasma la nostra vita, la riempie e ne diventa la ragione attraverso la conoscenza, l’interiorità del suo messaggio, la docilità della fede attraverso l’amore.

“ Evangelizzare Gesù significa anzitutto presentarlo nella sua esistenza concreta e nel suo messaggio, quale fu trasmesso dagli Apostoli e dalle prime comunità cristiane. Egli appare come “l’Uomo perfetto”, che “ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo”. “Nessun uomo ha mai parlato come parla costui”, con autorità, con libertà e dolcezza, indicando le vie dell’amore, della giustizia, della sincerità. Nessuno ha parlato agli uomini del mistero di Dio, come Lui, rendendo ad essi possibile un’alta esperienza del Padre, che è nel segreto e vede nel segreto, che è pronto alla misericordia”. (Rinnovamento della Catechesi 59)


- Presentare Gesù nella sua esistenza concreta e nel suo messaggio

I vangeli sono la storia e la vita di Gesù: in essi troviamo l’insegnamento per la nostra vita cristiana nella Parola del Figlio di Dio e contemporaneamente l’esempio dell’uomo Dio. Non possiamo insegnare ad altri senza una conoscenza dei vangeli, senza possedere un discernimento dei messaggi che ci arrivano, senza avere fatti nostri i sentimenti di Gesù.

Pertanto:

- E’ necessario l’ascolto: “ le parole non sono tutte uguali, come le voci che esistono dentro di noi. Tra loro c’è una regina: la Parola. La parola è luce, pane: illumina, riscalda, nutre. Se l’accogli dissipa la tua oscurità. Tu dici chi sei, cosa fare, dove andare”.

- Nutrirsi è d’obbligo: la lettura. Al Libro, la Bibbia, come alla terra, chiediamo un supplemento di vita, un duplicato di identità. La lettura è speculare. Quando non sei felice, chiedi al testo davanti a te di dartela. Quando non hai amore, chiedi amore.

- Confrontarsi: è consegnarsi come fa il seme con la terra. “Per un giovane in cammino è pane avere un sacerdote saggio come guida. Il seme non è l’albero. Il seme deve accettare la sfida del terreno, deve scomparire e vivere nell’oscurità. Ha fiducia che dalla sua morte, nascerà qualcosa”.(don Carlo Terraneo, bollettino salesiano febbraio 2010)

Gesù attende la risposta della nostra parola alla sua Parola, la parola che abbiamo assorbito, la vita che lui ha vissuto tra noi, ha dato per noi.

- Presentare Gesù quale fu trasmesso dagli apostoli e dalle prime comunità cristiane

I Padri nelle loro catechesi fanno ampi riferimenti all’Antico e Nuovo Testamento: In questo modo da una parte si afferma che le promesse del Primo Testamento trovano attuazione nel Secondo, dall’altra che c’è un’unica storia di salvezza. Il primo trova compimento nel secondo, ma anche il Nuovo è illuminato dall’Antico. Il costante riferimento alle Scritture fa conoscere il Volto di Dio, suscita una risposta di fede, rende partecipi alla storia della salvezza; la preghiera ci fa desiderare, ci spinge a cercare il Volto di Dio.

Durante la nostra catechesi bisogna annunciare la salvezza, fare risuonare la Parola come primo annuncio.
Gradualmente esporre una rielaborazione dei fatti, non citare letteralmente, sottolineando la portata salvifica. Gli eventi dell’antico testamento, i personaggi devono man mano trovare significato e piena attuazione in Cristo e nella chiesa. Il racconto dei fatti deve evidenziare l’amore di Dio per gli uomini e la risposta degli uomini all’amore di Dio.

In questo modo la catechesi è un servizio alla Parola che segue il primo annuncio, accompagna nella crescita, rafforza durante la maturità cristiana:

“ Eri chiamato catecumeno ed eri come avvolto da un suono che riecheggiava esternamente; udivi la Scrittura, ma senza comprenderne la profondità. Quel suono ora, che sei accolto tra gli illuminandi, non ti avvolge più, ma riecheggia dentro di te, perché lo Spirito, dimorando in te, fa della sua mente una dimora divina”. (Cirillo di Gerusalemme)

“ Quando si tratta dei santi e divini misteri della fede, non bisogna presentarne neppure la minima particella senza l’appoggio delle Sacre Scritture”. ( Cirillo di Gerusalemme)

Gesù uomo si presenta come Maestro e modello: la sua umanità vissuta nelle gioia e nella sofferenza, nella morte.

“La catechesi deve introdurre i credenti nella pienezza dell’umanità di Cristo, per farli entrare nella pienezza della sua divinità. Lo può fare in molti modi, muovendo da premesse e da esperienze diverse, seguendo metodi diversi, secondo l’età, le attitudini, la cultura, la problematica, le angosce e le speranze di chi ascolta.
La catechesi mette particolarmente in luce i lineamenti della personalità di Gesù Cristo, che meglio lo rivelano all’uomo del nostro tempo: la sua squisita attenzione alla Sofferenza umana, la povertà della sua vita, il suo amore per i poveri, i malati, i peccatori, la sua capacità di scrutare i cuori, la sua lotta contro la doppiezza farisaica, il Suo fascino di capo e di amico, la potenza capovolgitrice del suo messaggio, la sua professione di pace e di servizio, la sua obbedienza alla volontà del Padre, il carattere profondamente Spirituale della sua religiosità.
In questa presentazione di Gesù Cristo, non si lasci mai pensare che Egli è Soltanto l’uomo, per quanto perfetto: sempre si dia risalto agli inquietanti interrogativi, che hanno una risposta esauriente solo nella scoperta e nell’accoglimento della sua divinità”.( Rinnovamento della catechesi. 60)


Il vangelo fu annunciato all’uomo: Gesù ha per ognuno una parola di salvezza, conforto, speranza, amore. Seguendo Gesù si diventa uomo giusto.

“Chiunque segue Cristo, l’Uomo perfetto, si fa lui pure più uomo” Questa catechesi su Cristo è già una prima risposta ai problemi umani, anche per coloro che non hanno il dono della fede. Essa poi vuole abilitare i credenti a riferirsi costantemente alla vita e alla parola di Cristo, nel quale trovano la pienezza di ogni grazia e verità”.(id.61)



Gesù, Figlio di Dio ci chiama all’amore divino per avvicinarci alla sua divinità.

“Questo Gesù, infatti, “Dio lo ha costituito Signore”. Egli stesso si è proclamato Figlio di Dio e si è appropriato il nome di Dio. È’ il “Figlio proprio” di Dio, “l’immagine del Dio invisibile ; “inabita in Lui corporalmente tutta la pienezza della divinità”. È il Verbo di Dio che si è fatto carne e che abitò tra noi; è il Dio unigenito che ci ha fatto conoscere il Padre”.(id.62”


Gesù è il Risorto...

“L’annuncio più completo e possente, che contiene ogni altra verità su Gesù Cristo, è quello sempre proclamato dagli Apostoli: “questo Gesù, Dio lo ha veramente risuscitato, e noi tutti ne siamo testimoni”. È la pasqua di Cristo: essa riprende e compie la pasqua del vecchio testamento; costituisce il centro dell’economia di salvezza del nuovo testamento, fondamento della Chiesa, primizia delle nuove terre e dei nuovi cieli”. (id.67)


- Il catechista deve camminare insieme a Gesù

Il catechista è un chiamato speciale di Dio e come tale diventa un operatore di catechesi, un annunciatore, ma non un annunciatore qualsiasi, ma uno che fa risuonare, riecheggiare, rivivere la Buona Novella di Gesù, anzi Gesù stesso, è Gesù che ha posto la sua dimora presso di lui.

Personalmente manderei in pensione il nome di catechista, vecchio da quando si insegnavano a memoria delle verità che non si capivano, si insegnava la “dottrina”, a sottolineare l’aspetto di acquisizione dei contenuti della fede cristiana. Si trasmettevano contenuti per l’intelligenza che non erano essenziali per risvegliare l’adesione alla persona di Gesù, alla sua vita, al contenuto del suo messaggio. Noi cristiani cattolici per molto tempo abbiamo trascurato le Sacre Scritture facendo prevalere un insegnamento moralistico, dottrinale a scapito di scelte di una appartenenza al nostro Redentore, preferendo una predicazione di pentimento per il peccato, seppure necessario, ad una comunicazione della conoscenza dell’amore di Dio che stimola a decidersi per Lui.

Parlare con cuore e intelligenza al cuore e alla mente di chi ascolta, in modo da mostrare che è l’amore di Gesù che spinge, che manda avanti il messaggio di vita eterna.
Nella preghiera fare rivivere la presenza di Gesù in noi in questo momento e nella vita: Gesù deve camminare assieme, vicino, come per i discepoli di Emmaus, ai quali spiegava le Scritture che si erano avverate, per poi farsi riconoscere al momento di spezzare il pane.

Gesù lascia ai suoi discepoli, il compito di diffondere il meraviglioso annuncio: tra questi ci sono, non ultimi, gli operatori di catechesi, i catechisti che insegneranno come cercare Gesù, come amare Gesù, come testimoniare Gesù. Seguire Gesù anche nel modo di annunciare il suo Vangelo perché chi meglio di lui poteva farlo?

Attenzione! “Non sono i vari inviti che educano e fanno sì che i ragazzi vengano da noi, ma è la curiosità sorta nel loro cuore che li spinge a venire e vedere dove abita il Maestro. Se il Maestro è l padrone del mio cuore, certamente i ragazzi ( e non solo loro) saranno incuriositi.
Ad ognuno spetta solo di testimoniarlo, di vivere la verità del nostro cuore. Lo stesso vale anche per le associazioni, i movimenti, gruppi ... congregazioni religiose. Se la loro vita non effonde la Verità, tanto da suscitare la meraviglia, vani sono gli inviti a farne parte” ( da forum di netcrim.org, I ragazzi e la fede).

venerdì 18 giugno 2010

Catechista, ogni tanto fai una pausa, rifletti!

Quali sono gli obiettivi del catechista?

Personale:

- Conoscenza della propria fede non ignorando che “fede è conoscenza di Dio, del suo disegno d’amore, della sua volontà di salvezza” in modo che si acquisisca una vera mentalità di fede cioè la capacità di comprendere e di interpretare tutte le cose secondo il pensiero di Gesù”. Conoscenza della propria fede vissuta in tutti i suoi aspetti, rivolta verso una vita con Gesù in modo da esporre, insegnare, comunicare chiaramente la Rivelazione di Gesù, la sua vita, morte e risurrezione, nel rispetto delle esigenze e della capacità recettiva dei ragazzi. Non camminare davanti a Gesù, segui i suo passi.

- Assiduità nella preghiera personale e comunitaria con un contatto particolare con lo Spirito Santo, come aiuto voluto dal Padre e da Gesù.

- Un’attenzione particolare ai cambiamenti del mondo contemporaneo, situazioni familiari, condizioni personali dei ragazzi, rapporti col Parroco, colleghi, genitori.

- Procedere con un insegnamento non dispersivo con una serie interminabile di nozioni e informazioni frammentarie, ma in modo progressivo, organico, adeguato.

- Vivere nella comunità e per la comunità: oggi diventare cristiani, veri credenti, si impara vivendo nella comunità cristiana. Il contatto personale e la partecipazione alle attività della parrocchia, l’informazione alla comunità e la collaborazione con i genitori, non vadano trascurati, pena il fallimento del nostro lavoro.

Comunicare:

- La fede come adesione a Dio, alla sua parola che chiama gli uomini alla comunione e alla salvezza, facendo attenzione alle peculiarità umane del vissuto di ognuno. Sviluppare la capacità di annuncio, a leggere i segni di Dio e immedesimarsi e fare propria la volontà di Dio.

- L’appartenenza a Gesù nella Chiesa, comunità dei cristiani uniti nella fede per amare Dio, tutti assieme celebrano le lodi di Dio nella liturgia sacramentale, in modo particolare l’eucaristia, fonte e culmine di tutta la vita cristiana. Messaggio evangelico e liturgia devono viaggiare assieme.

- Promuovere la carità come virtù della maturità cristiana che si manifesta nelle opere amando Dio e il prossimo.

“ Il disegno di Dio è di stabilire la pace in Gesù Cristo: di portare, in Gesù Cristo, tutti gli uomini al dialogo e alla comunione con Sé, di realizzare tra loro, prima disgregati dal peccato, una fraterna comunione, riunendoli nel Corpo Mistico del Figlio suo. Di dialogo, di comunione, di pace, gli uomini del nostro tempo sentono profondamente l’esigenza. Anche per questo, la catechesi deve avere il suo centro vivo nel “mistero di Cristo”.(id.70)

- Comunicare Gesù Cristo crocifisso e risorto, la sua persona e la sua divinità: nucleo centrale della catechesi è Gesù Cristo, vivo “ ieri, oggi, nei secoli”.


Il centro vivo della fede è Gesù Cristo. Solo per mezzo di Lui gli uomini possono salvarsi; da Lui ricevono il fondamento e la sintesi di ogni verità; in Lui trovano “la chiave, il centro e il fine dell’uomo nonché di tutta la storia umana”.

Cristiano è chi ha scelto Cristo e lo segue. In questa decisione fondamentale per Gesù Cristo, è contenuta e compiuta ogni altra esigenza di conoscenza e di azione della fede. La Chiesa, quindi, deve predicare a tutti Gesù Cristo e fare in modo che ogni cristiano aderisca alla sua divina persona e al suo insegnamento, sino a conoscere e vivere tutto il suo “mistero”. Come appare chiaramente dal libro degli Atti, dalle tradizioni evangeliche, dalle lettere di san Paolo e di san Giovanni, il lieto annuncio di ogni catechesi è Gesù”.(idem 57)

- Portare a scelte concrete di vita: la vita del cristiano è come salire su una scala di cui ogni gradino è un passo avanti per raggiungere la meta prefissata; o meglio è come un seme che deve morire per portare frutto.

Fare accettare la sofferenza come mezzo di redenzione e partecipazione alle sofferenze di Gesù, non ignorando quei momenti scuri della vita che devono preparare ad una conversione continua., superando quegli scogli difficili da accettare perché scomodi.

Usare i mezzi di santificazione cioè i sacramenti in modo particolare la partecipazione attiva all’Eucaristia, punto centrale del culto che la comunità rende a Dio e mezzo di sostentamento della nostra vita spirituale.

Scegliendo Gesù Cristo come centro vivo, la catechesi non intende proporre semplicemente un nucleo essenziale di verità da credere; ma intende soprattutto far accogliere la sua persona vivente, nella pienezza della sua umanità e divinità, come Salvatore e Capo della Chiesa e di tutto il creato. Questa prospettiva ha una importanza pastorale di prim’ordine.

L’uomo di oggi sente l’esigenza di riavvicinare il Vangelo alla vita, non tanto in termini morali, dogmatici, dottrinali, quanto come possibilità di dare significato alle esperienze umane, essere preso dall’amore di Dio.

“Quando un messaggio viene dalla persona e la persona consacra per esso la vita, gli uomini del nostro tempo sono particolarmente disposti a farlo proprio e a dargli testimonianza. Si tratta di un aspetto molto caratteristico della sensibilità odierna, dal quale la catechesi può trarre grandissimo profitto”. (id.58)

- Educare alla Universalità: il cristiano non può isolarsi dagli altri, è parte integrante di un popolo, il popolo di Dio, parte di un corpo mistico, la Chiesa di Gesù. E’ parte del mondo anche non cristiano, anch’esso fratello. La catechesi non si pone al centro della formazione cristiana, quasi fine a se stessa, ma guarda al termine di un percorso, al raggiungimento di una tappa assieme ad altri.

“ Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra”.1Cor, 12,27)

Inoltre “oggi assumono particolare importanza tre problemi della vita della Chiesa, che la catechesi deve attentamente considerare: il movimento ecumenico, l’attività missionaria, i rapporti con coloro che non hanno alcuna fede”. (id.49)

- Non ultimo il fine ultimo dell’uomo: la speranza dell’incontro col Padre. E’ naturale per tutti noi voler vivere in salute e il più lungo possibile, ma, come cristiani, non possiamo perdere di vista la meta del Regno dei cieli. La catechesi non può dimenticare questo aspetto, tacere o sminuire questa realtà nemmeno di fronte alla tragica realtà della morte. Abbiamo una vita per credere, per sperare, desiderare, prepararci adeguatamente con tutta la Chiesa per il giorno del Signore per entrare nella pienezza di Dio, considerare Gesù come inizio, centro e fine della storia della salvezza.

Gesù, che è all’inizio e al centro della storia della salvezza, ne è dunque la conclusione e il fine. La Chiesa, sua Sposa, mossa dallo Spirito Santo, ne attende e ne invoca il ritorno: “Vieni, Signore Gesù”. Chi fa catechesi alimenta instancabilmente quest’attesa e questa preghiera, che predispone, nella carità dello Spirito, al “nostro adunarci con Cristo beatificante possesso finale di Dio. ( Rinn.Catechesi,101