mercoledì 27 ottobre 2010

L’uomo contemporaneo ascolta più i testimoni che i maestri

Essere testimoni di Cristo nella propria comunità ( seconda parte)
B) Essere testimoni di Cristo risorto, consapevolezza e certezza della sua presenza.

- Testimoni dell’eternità: chi chiede nella preghiera la vita eterna per tutto il mondo?
Spesso siamo abituati a chiedere per noi e per gli altri, cose, aiuti per questa vita terrena. Abbiamo mai pensato che nella preghiera che ci ha insegnato Gesù, il Padre nostro, quel “liberaci dal male” ( malattie, sciagure, beni per i figli, ecc.) è messo come ultima cosa da chiedere? Sperare e chiedere l’eternità è prioritario: ne va della nostra e altrui salvezza.


- Testimoni del sacrificio pronti a “ dare la vita per il Vangelo”, consapevoli che l’eternità diventa presente dal momento che io agisco con e per amore: l’eternità, il Regno dei cieli è già presene in questa terra. Siamo, dobbiamo essere testimoni dell’eternità: vuol dire mettere il sigillo dell’eternità, essere manifestazione vivente della consacrazione della comunità. Ogni iniziativa deve riguardare la comunità, è dare testimonianza dell’amore e dell’eternità,
è speranza dell’eternità.


C) “Da questo sapranno che siete miei discepoli”


- Spiritualità della comunità: Presentando il vero volto di Gesù, creando la comunione, facendo della nostra Chiesa una scuola di comunione, una casa costruita sulla parola di Gesù.

- Avere uno spirito di condivisione perché Gesù è uno, la Chiesa è una: noi siamo, facciamo Chiesa perché siamo tutti di Gesù.


- Compito dei laici è mantenere, fomentare lo spirito di comunione dove non arrivano i ministri. Essere collaboratori che vedono ciò che il ministro non vede o non può vedere. Essere “ buono come buono è il mio padrone" ( Charles de Foucauld.)

- Nessuno si creda navigatore solitario, ogni inviato è voluto da Cristo, è inviato per servire…. consacrati nella verità, devono sentirsi in comunità con la Chiesa, essere e fare comunione: il mandato ricevuto da parte del parroco è una chiamata di servizio per la comunità.

- Il parroco deve demandare ai laici alcune attività che lui da solo non può portare avanti, consapevole che il lavorare insieme rafforza la comunione, dà testimonianza piena, ci unisce tutti a Gesù e al Padre.
“E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e che li ha amati come hai amato me”. (Gv 17,23)
L’impegno dunque non è un vanto, è una missione di responsabilità.

- Lavorare insieme diventa garanzia della presenza dello Spirito Santo che lavora in noi, siamo collaboratori di Dio non protagonisti.

- Insieme nella gioia e nelle difficoltà, ognuno si sente responsabile della riuscita dell’altro e di tutta la comunità. Ognuno deve sentirsi realizzato come frutto, parte dei frutti di un albero, uno di quei tanti nella Chiesa di Dio. Il nostro traguardo non è condizionato dal successo, ma dal condividere la propria esperienza con gli altri.

- Nelle difficoltà con le persone non combattiamo le persone, ma la mentalità, le critiche, il disimpegno…salvaguardiamo sempre l’uomo, perché è sull’uomo che dobbiamo costruire il cristiano

- Consapevoli che esiste la tentazione di abbandonare di fronte alle difficoltà, sentendoci a volte inadeguati, non dimentichiamo di dare valore alla comunione del corpo mistico. Siamo Chiesa in continua crescita, chiesa comunità non perfetta che impara a camminare anche dagli errori….

- Un appoggio sicuro: chiedere il sostegno, l’aiuto degli altri, la preghiera degli ammalati e dei sofferenti della comunità sapendo valutare e riconoscere la fede della loro preghiera. La potenza di Cristo si manifesta nella debolezza.
Gli ammalati sono un grande tesoro della comunità, dono che deve essere visto e apprezzato dalla comunità.

- Nei rapporti con gli altri il cristiano come prima cosa guarda l’uomo nella consapevolezza che senza uomo retto non si può avere il cristiano.

Prima uomini, dopo cristiani e poi ancora divini.

martedì 12 ottobre 2010

CATECHESI E BAMBINI

Dinamismo della personalità e apertura alla vita di fede

Ci sono catechisti che hanno studiato psicologia e forse sanno come parlare ai bambini, nel contesto religioso del programma che devono svolgere. Ma la maggior parte non hanno fatto questo percorso.

Molto spesso l’attività del catechista si esaurisce nell’incontro di catechesi, una volta alla settimana. L’incontro settimanale può bastare? Ma questo incontro può, deve essere l’inizio di ogni altra attività o iniziativa in comunione con gli altri catechisti e nella parrocchia.

Il catechista cercherà di conoscere uno per uno i suoi ragazzi, un po’ alla volta, magari usando un diario dove annotare ogni particolare di ognuno (nome per nome) della sua vita personale: preoccupazioni, compagni, sport preferito, scuola, feste di famiglia, interessi dei genitori…Sarà un modo per accoglierli meglio e meravigliarli del nostro interesse per loro. Un ragazzo accolto male non potrà accogliere nulla. Ogni ragazzo deve sentirsi accolto come persona unica, degna di attenzione.
Il bambino , già a sei anni, incomincia a riflettere, acquista la consapevolezza di saper pensare, a dubitare ( incomincia il periodo che…forse papà non sa proprio tutto!).

Trova poco a poco l’orientamento (9-11 anni) verso il mondo esterno e si apre a nuovi interessi, incomincia a delinearsi la sua identità negli incontri con i genitori e la società, altri educatori o persone significative; incomincia a stabilire un contatto più esteso con i propri coetanei, con gli adulti, maestri, educatori, catechisti.

In questo periodo diventa determinante l’influsso positivo o negativo che i genitori e la società possono avere sul bambino: i suoi atteggiamenti o risposte o reazioni possono essere positive o negative. Certi atteggiamenti impositivi, autoritari possono allontanarlo, mentre esperienze positive di accoglienza e appartenenza ad un gruppo sociale aperto possono indirizzarlo ad una integrazione di valori sociali e religiosi.

Il bambino si apre al religioso mediante l’assimilazione dei valori che l’ambiente familiare e quello sociale gli propongono.
L’operatore di catechesi può trovarsi , come si è notato, di fronte a due categorie di bambini da una parte , e di fronte a due tipi di educatori dall’altra, i genitori e la società. Per conoscere meglio i bambini diventa importante il contatto con in genitori e un occhio alla società.

L’ora di catechesi non è come a scuola. Il luogo d’incontro va curato, i bambini devono sentirsi a loro agio, devono sentire quest’ora diversa dalle solite lezioni, ogni incontro non sarà come il primo, ma ogni volta è bene dedicare qualche minuto ai convenevoli e alle notizie di una settimana trascorsa: è importante che tutti i ragazzi si sentano accolti ogni volta con bontà e senza evidenti preferenze: attenti a non far parlare solo e sempre gli stessi.

Partendo dal presupposto che la religiosità è una disposizione naturale della persona possiamo riscontrare l’incidenza dello sviluppo conoscitivo e affettivo sociale nella religiosità del bambino.
Il bambino tende a rappresentare Dio con tratti umani, in modo antropomorfico ma inizia anche ad avere una certa conoscenza del fatto che Dio è “un altro” rispetto all’uomo. Gli attributi onnipotente, onnisciente, onnipresente sono qualcosa di grande che attribuisce a Dio senza conoscerne il vero significato ( verranno compresi dopo i nove anni).

Pian piano la sua rappresentazione di Dio si distaccherà dal concreto per arrivare, verso gli 11-12 anni, ad una rappresentazione di Dio staccata dagli attributi umani e comprese nella loro espressione simbolica.

E’ importante a questo punto che chi opera nella catechesi, nel rispetto delle diverse età dei ragazzi, adotti un linguaggio adatto, facilmente comprensibile per attirare l’attenzione fin dall’inizio facendo uso anche di cartelloni ben preparati o da preparare con loro, racconti, diapositive, giochi, canti… per avvalorare il messaggio trasmesso o da trasmettere.

Non ultimo si ricordi l’operatore di catechesi che è un testimone delle cose che annuncia e tale deve apparire agli occhi e al cuore dei ragazzi: dopo aver preparato l’aspetto pedagogico e materiale dell’incontro di catechesi dedichi un po’ di tempo a se stesso riflettendo e facendo proprio ciò che deve insegnare e proporre, far scoprire e assimilare.

Ancora tre parole:

La prima: si è parlato dell’ora di catechismo. Un’ora la settimana. In molte parrocchie è proprio un’ora completa tra arrivo, convenevoli e chiusura.
Sarebbe opportuno, ideale, che i bambini, i ragazzi usufruissero di quell’ora inserita nel complesso di attività della parrocchia in modo che l’annuncio della Parola venga a far parte di una vita normale nella chiesa: saluto, incontro, gioco, scherzo, allegria, riflessione, preghiera: un tutt’uno nella vita ecclesiale.


La seconda: I catechisti pretendano la presenza del sacerdote anche di pochi minuti : non trascurate, catechiste/i il valore carismatico di questa presenza. Un sacerdote buono, affabile, amico, sorridente fa molto di più di una lezione di catechismo; sarà ricordato negli anni dal ragazzo molto più facilmente di altre cose o di altre persone.

La terza: I catechisti non dimentichino la preghiera, insegnino a pregare con pazienza e convinzione: dalla recita alla preghiera personale, dalla preghiera del gruppo a quella liturgica di tutta la comunità. Piccoli passi alla volta e con amore.



mercoledì 6 ottobre 2010

Commento al post “Cari sacerdoti, abbiamo bisogno di voi…”

Ho chiesto ad un mio vecchio amico e compagno di collegio, di fare un commento a questo post.Ve lo trasmetto così come mi è arrivato:( il commento si trova anche sul post)






Carissimo Enzo,


Mi chiedi un commento-risposta a quanto hai pubblicato sul tuo blog a proposito del post “Cari sacerdoti, abbiamo bisogno di voi…”: tutte cose legittime e tutto dovuto da chi ha ricevuto il dono del sacerdozio, ma permettimi una domanda:


Pensi che ogni credente la pensi allo stesso modo?
Credo che tutti, sacerdoti e laici cristiani, dobbiamo batterci il petto per un “mea culpa” sincero se condividiamo quanto scritto nel brano.
Ti esprimo i miei vorrei:
- Ho bisogno di laici disposti a collaborare per disegnare un ammino di santità, tracciare strade, sentieri, voli adatti ad ognuno in base alle proprie possibilità e talenti.
- Ho bisogno di credenti che sappiano ascoltare la Parola indipendentemente da chi l’annuncia in modo che il seme cada in terra buona e produca frutti buoni e abbondanti. Io come gli altri ministri abbiamo bisogno di vedere i frutti maturare.
- Ho bisogno di cristiani attenti, disponibili, volenterosi che imparino dal mio insegnamento la bellezza delle virtù per gustare una vera conversione.
- Ho bisogno di fedeli che preghino per conto proprio e assieme alla comunità e che pretendano di essere stimolati.
- Ho bisogno che i fedeli viaggino assieme a me nell’accettazione della croce e nel mistero dell’amore di Dio: tutti abbiamo da imparare dall’altro in questo cammino difficile ma non impossibile.
- Ho bisogno che voi tutti non vi aspettiate di vedermi santo, il vostro aiuto e la vostra preghiera mi aiuteranno a diventarlo per vostro vantaggio.


- Mi chiedete di saper dire ogni giorno “per loro io consacro me stesso”: vi confesso che lo dico ogni giorno. Io ci provo, ricordate sempre che sono anch’io un uomo.
- Vorrei che tutti insieme ci interessassimo della nostra chiesa locale, comunità di credenti. Noi, tutti noi siamo la chiesa, come una famiglia allargata dove il bene di uno è il bene dell’altro; la sofferenza di uno è partecipata dagli altri; la necessità dell’altro viene superata con l’apporto degli altri
- Non mi aspetto gratitudine. Vedere la comunità che vive, cresce, si mantiene unita, prega mi aiuta a vivere meglio il mio sacerdozio, mi sprona a donarmi sempre di più, mi è sollievo nei momenti di solitudine, mi conforta nella preghiera.


- Un’ultima cosa: qualche volta non esitate a cercarmi, non abbiate paura di disturbare, suonate il campanello a qualsiasi ora, non mi fate perdere l’opportunità di incontrarvi, e se qualche ministro di Dio non la pensa come me, porgete voi per primi la mano.


Con affetto di vera amicizia


g………..






lunedì 4 ottobre 2010

Non ho paura

Non ho paura



Signore,
io non ho paura

se tu sei con me.
Ho paura della notte
del tuo silenzio
del buio della fede.


Se tu non parli
io non sento la tua voce
non posso sentirti
anche se tu mi hai detto
che sei sempre con me.

Ho pauta della notte
del tuo silenzio
del buio della fede.
Dammi la forza di chiamarti
di invocarti
anche quando forza non ho.

Ho paura della notte
se non ti sento a me vicino
nel buio della notte.

Sono povero e debole
e tu sei la forza
che manca a me.

Dammi, Signore,la fede
che mi sostiene
per debbelare
il buio della notte.

Tanti, tanti atti di fede
mi terranno a te vicino
la forza per stare con te.

Allora, nel buio della notte
se non ti sento a me vicino
saprò che tu sei




domenica 3 ottobre 2010

Cari Sacerdoti, abbiamo bisogno di voi...

Riporto parte dell'intervento-meditazione di Suor Maria degli Angeli in occasione di un ritiro di sacerdoti della diocesi di Cosenza, novembre 2009.E' un appello, una richiesta di testimonianza:


"Cari Fratelli: vi dicevo all’inizio che tutti vi siamo grati, molto grati per quello che siete e per

quello che fate per noi. Adesso aggiungo che tutti ci aspettiamo tanto da voi.

Abbiamo bisogno dell’esempio della vostra santità di vita, che ci serva di testimonianza e di incoraggiamento in un mondo dove tutti si sforzano di farci pensare che la bellezza di una vita santa non esiste già e non è più possibile nel nostro mondo.

Abbiamo bisogno che voi sappiate trasmetterci fedelmente la Parola di verità che Cristo vi ha
affidato, che ci guidate a pascoli ubertosi, ad acque fresche e cristalline.


Abbiamo bisogno che ci siate maestri di vita spirituale, che ci mostriate la via della conversione e
della pratica delle virtù;

abbiamo bisogno di essere introdotti nelle vie della preghiera e stimolati a progredire verso il perfetto amore a Gesù Cristo.


Ma abbiamo sopratutto bisogno che ci siate di esempio e di testimonianza nell’accettazione della
croce e nell’amore al mistero della Croce. È qui che molti cristiani stiamo venendo meno, e mentre
proclamiamo con la bocca la fede che abbiamo ricevuto, la rinneghiamo con le nostre opere.

Abbiamo bisogno di voi. Non vi chiediamo poco, vi chiediamo tutto; vi chiediamo che, come Gesù, sappiate offrire la vostra vita per noi, perché questo, e non altro, è il prezzo della nostra salvezza.

Che voi sappiate dire, con Gesù, ogni giorno al Padre: “per loro io consacro me stesso”.


Questo esige da voi che accettiate di entrare profondamente nella sapienza della croce, che è
follia per il mondo, e che solo il Cuore sacerdotale di Gesù vi può insegnare.

Curate molto, vi prego, la vostra vita di orazione, di ascolto e meditazione della Parola, di adorazione eucaristica.

Risparmiate tempo dalle altre attività, per quanto necessarie, e dedicatelo a stare con Cristo, perché soltanto in Lui potete trovare la fonte d’acqua che zampilla per la vita eterna".

A loro volta i sacerdoti potrebbero avere qualcosa da chiedere a noi...