martedì 28 settembre 2010

Ottimismo e speranza cristiana: la fede

Scritto in due tempi, così per caso


Spesso mi vengono in mente queste parole di Gesù: “Se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile” (Mt 17,20)
Ma come è possibile? Cos’è la fede? Cosa voleva dire Gesù? cosa vuole dirmi oggi?



Se avrai fede…
Eppure spesso chiedo nella mia preghiera questa fede pari a un granellino di senapa. Non è che voglia spostare le montagne ( e qui vedo che quella fede non è in me), mi basterebbe solo quella fede piccola come quel seme ( per farne cosa?), avere la coscienza apposto ( ma con chi?).


 Io dico di credere, di avere fede ( o qualcosa che si avvicina). Sono sicuro che non basta.


Spesso mi do da fare per dimostrare a me stesso e agli altri la mia fede in spirito di condivisione ( subito dopo mi chiedo “a cosa serve?”, sconsolato perché non seguito.


A questo punto torno a chiedermi: cos’è la fede?
Mi è stato insegnato che la fede è un dono da parte di Dio: non dovrebbe essere tutto più facile?
Cos’è che non va?
Da bambino non mi ponevo tante domande, era molto più semplice: perché ora tante complicazioni?


Mi vengono in mente le altre parole di Gesù: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3)


Se non ti converti…se non diventi come un bambino: è qui la chiave ai miei problemi? alla mia fede?...
Cos’è la fede?


E’ conversione, cambiamento di rotta, di pensiero, di mentalità, di modo di vivere?
E’ credere a qualcuno, a qualcosa che prima non conoscevo?…
E’ seguire qualcuno?…
E cambiare, diventare un altro, un bambino, come un bambino?…pur rimanendo adulto! Forse questo diventare bambino sarebbe la misura del mio cambiamento, della mia conversione?…


Sì, penso che la risposta a queste domande mi darà la soluzione. Provo a rispondere.


Mi sono spesso commosso al vedere come un bambino dorma tranquillo in braccio alla mamma, ovvero quando, sempre in braccio alla mamma, si divincola senza paura di cadere, felice…Perché?
Il bambino non capisce, ma sente l’affetto della mamma, avverte che di lei si può fidare, con lei si sente sicuro: cos’è tutto questo se non credere alla mamma, fede nella mamma, fiducia nella mamma, risposta alle cure della mamma? Molto semplice, no?


Sì, forse la fede è sentire vicino Qualcuno, sentire il suo affetto e dimostrargli la propria fiducia…


Faccio due passi, torno e clicco www.pensieridelgufo.it e trovo questa storiella, che mi aiuta a finire questa riflessione.

Un uomo dormiva nella sua capanna, quando improvvisamente una luce illuminò la stanza ed apparve Dio.
Il Signore gli disse che aveva un lavoro per lui e gli indicò una gran roccia di fronte alla capanna.


Gli spiegò che doveva spingere la pietra con tutte le sue forze. L'uomo fece quello che il Signore gli chiese, giorno dopo giorno. Per molti anni, da quando usciva il sole fino al tramonto, l'uomo spingeva la fredda pietra con tutte le sue forze, ma questa non si muoveva.


Tutte le sere, l'uomo ritornava alla sua capanna molto stanco e convinto sempre più che i suoi sforzi erano inutili.
Cominciò cosi a sentirsi frustrato, e Satana ne approfittò insinuandosi subito nella sua mente e mettendogli forti dubbi: "Stai sbagliando tutto! Stai spingendo quella roccia da molto tempo e non si e' mossa di un millimetro!" L'uomo pian piano cominciava a convincersi che il compito che gli era stato affidato era impossibile da realizzare e che lui era un fallito.


Questi pensieri aumentavano sempre più la sua frustrazione e delusione. Satana infierì ancora: "Perché sforzarti tutto il giorno in questo compito impossibile? Fa' solo un minimo sforzo e sarà sufficiente!".


L'uomo pensò di mettere in pratica questo consiglio, in fondo fino ad allora non aveva concluso nulla di buono, ma prima decise di elevare una preghiera al Signore confessandogli i suoi sentimenti: "Signore, ho lavorato duramente per molto tempo al tuo servizio. Ho usato tutta la mia forza per ottenere quello che mi hai chiesto, ma non sono riuscito a smuovere la roccia neanche di un millimetro. Ho lavorato per niente, sono un fallito! E' meglio che mi dia da fare dell'altro!"


Il Signore rispose con molta compassione: "Caro figlio, quando ti chiesi di servirmi e tu accettasti, ti dissi che il tuo compito era di spingere la roccia con tutte le tue forze e l'hai fatto. Mai ti ho chiesto di rimuoverla. Il tuo compito era solo quello di spingerla. Non ti dovevi preoccupare di spostarla, a quello ci avrei pensato io! Ora vieni a me senza forze a dirmi che sei fallito, ma ne sei proprio sicuro? Chi ti ha fatto pensare ad una cosa simile? Hai dato ascolto al demonio? Ricorda che è un bugiardo e un menzognero! Ma invece guardati: le tue braccia sono forti e muscolose, la tua schiena forte e abbronzata, le tue mani callose per la costante pressione, le tue gambe sono diventate dure. Nonostante le avversità sei cresciuto molto ed ora le tue abilità sono maggiori di quelle che avevi prima di fare la mia volontà. Ed ora sei in grado di fare cose che prima non eri in grado di fare! Certo, non hai mosso la roccia, ma la tua missione era ubbidire spingendola, per esercitare la tua fede in me. Io so che tu non sei capace di spostare la roccia. Per questo non te l'ho chiesto. Io non do mai pesi superiori alle forze di ognuno. Tu mi hai obbedito! Sei stato fedele e soprattutto prima di credere al demonio ti sei rivolto a me. Bravo! Ora, caro figlio, io muoverò la roccia!"



Vivere una fede con il compito di smuovere le montagne ma coscienti che è Dio che alla fine riesce a spostarle. E quando tutto ti sembra andar male "spingi" soltanto! E quando ti siedi sfinito e senza forze "spingi" soltanto! Perché chi rimuoverà gli ostacoli sarà Dio...

mercoledì 22 settembre 2010

"Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede"

 
Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Gioventù 2011:

      "Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede"
    (cfr Col 2,7)


Di seguito parte del testo del Messaggio che Papa Benedetto XVI invia ai giovani di tutto il mondo in occasione della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù, che sarà celebrata dal 16 al 21 agosto 2011 a Madrid (Spagna).





Cari amici

ripenso spesso alla Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney del 2008. Là abbiamo vissuto una grande festa della fede, durante la quale lo Spirito di Dio ha agito con forza, creando un’intensa comunione tra i partecipanti, venuti da ogni parte del mondo. Quel raduno, come i precedenti, ha portato frutti abbondanti nella vita di numerosi giovani e della Chiesa intera. Ora, il nostro sguardo si rivolge alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù, che avrà luogo a Madrid nell’agosto 2011.


In ogni epoca, anche ai nostri giorni, numerosi giovani sentono il profondo desiderio che le relazioni tra le persone siano vissute nella verità e nella solidarietà…


È parte dell’essere giovane desiderare qualcosa di più della quotidianità regolare di un impiego sicuro e sentire l’anelito per ciò che è realmente grande. Si tratta solo di un sogno vuoto che svanisce quando si diventa adulti? No, l’uomo è veramente creato per ciò che è grande, per l’infinito. Qualsiasi altra cosa è insufficiente…


…Sant’Agostino aveva ragione: il nostro cuore è inquieto sino a quando non riposa in Te. Il desiderio della vita più grande è un segno del fatto che ci ha creati Lui, che portiamo la sua "impronta". Dio è vita, e per questo ogni creatura tende alla vita; in modo unico e speciale la persona umana, fatta ad immagine di Dio, aspira all’amore, alla gioia e alla pace. Allora comprendiamo che è un controsenso pretendere di eliminare Dio per far vivere l’uomo! Dio è la sorgente della vita; eliminarlo equivale a separarsi da questa fonte e, inevitabilmente, privarsi della pienezza e della gioia: "la creatura, infatti, senza il Creatore svanisce" …
…Per questo motivo, cari amici, vi invito a intensificare il vostro cammino di fede in Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo. Voi siete il futuro della società e della Chiesa! Come scriveva l’apostolo Paolo ai cristiani della città di Colossi, è vitale avere delle radici, della basi solide! E questo è particolarmente vero oggi, quando molti non hanno punti di riferimento stabili per costruire la loro vita, diventando così profondamente insicuri. Il relativismo diffuso, secondo il quale tutto si equivale e non esiste alcuna verità, né alcun punto di riferimento assoluto, non genera la vera libertà, ma instabilità, smarrimento, conformismo alle mode del momento. Voi giovani avete il diritto di ricevere dalle generazioni che vi precedono punti fermi per fare le vostre scelte e costruire la vostra vita, come una giovane pianta ha bisogno di un solido sostegno finché crescono le radici, per diventare, poi, un albero robusto, capace di portare frutto.


Radicati e fondati in Cristo


Per mettere in luce l’importanza della fede nella vita dei credenti, vorrei soffermarmi su ciascuno dei tre termini che san Paolo utilizza in questa sua espressione: "Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede" (cfr Col 2,7). Vi possiamo scorgere tre immagini: "radicato" evoca l’albero e le radici che lo alimentano; "fondato" si riferisce alla costruzione di una casa; "saldo" rimanda alla crescita della forza fisica o morale…


…La prima immagine è quella dell’albero, fermamente piantato al suolo tramite le radici, che lo rendono stabile e lo alimentano. Senza radici, sarebbe trascinato via dal vento, e morirebbe. Quali sono le nostre radici? Naturalmente i genitori, la famiglia e la cultura del nostro Paese, che sono una componente molto importante della nostra identità. La Bibbia ne svela un’altra. Il profeta Geremia scrive: "Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti" (Ger 17,7-8). Stendere le radici, per il profeta, significa riporre la propria fiducia in Dio. Da Lui attingiamo la nostra vita; senza di Lui non potremmo vivere veramente. "Dio ci ha donato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio" (1 Gv 5,11). Gesù stesso si presenta come nostra vita (cfr Gv 14,6). Perciò la fede cristiana non è solo credere a delle verità, ma è anzitutto una relazione personale con Gesù Cristo, è l’incontro con il Figlio di Dio, che dà a tutta l’esistenza un dinamismo nuovo.
…Come le radici dell’albero lo tengono saldamente piantato nel terreno, così le fondamenta danno alla casa una stabilità duratura. Mediante la fede, noi siamo fondati in Cristo (cfr Col 2,7), come una casa è costruita sulle fondamenta. Nella storia sacra abbiamo numerosi esempi di santi che hanno edificato la loro vita sulla Parola di Dio. Il primo è Abramo. Il nostro padre nella fede obbedì a Dio che gli chiedeva di lasciare la casa paterna per incamminarsi verso un Paese sconosciuto. "Abramo credette a Dio e gli fu accreditato come giustizia, ed egli fu chiamato amico di Dio" (Gc 2,23). Essere fondati in Cristo significa rispondere concretamente alla chiamata di Dio, fidandosi di Lui e mettendo in pratica la sua Parola. Gesù stesso ammonisce i suoi discepoli: "Perché mi invocate: «Signore, Signore!» e non fate quello che dico?" (Lc 6,46). E, ricorrendo all’immagine della costruzione della casa, aggiunge: "Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica… è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene" (Lc 6,47-48)…
Saldi nella fede

…Siate "radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede" (cfr Col 2,7). La Lettera da cui è tratto questo invito, è stata scritta da san Paolo per rispondere a un bisogno preciso dei cristiani della città di Colossi. Quella comunità, infatti, era minacciata dall’influsso di certe tendenze culturali dell’epoca, che distoglievano i fedeli dal Vangelo. Il nostro contesto culturale, cari giovani, ha numerose analogie con quello dei Colossesi di allora. Infatti, c’è una forte corrente di pensiero laicista che vuole emarginare Dio dalla vita delle persone e della società, prospettando e tentando di creare un "paradiso" senza di Lui. Ma l’esperienza insegna che il mondo senza Dio diventa un "inferno": prevalgono gli egoismi, le divisioni nelle famiglie, l’odio tra le persone e tra i popoli, la mancanza di amore, di gioia e di speranza. Al contrario, là dove le persone e i popoli accolgono la presenza di Dio, lo adorano nella verità e ascoltano la sua voce, si costruisce concretamente la civiltà dell’amore, in cui ciascuno viene rispettato nella sua dignità, cresce la comunione, con i frutti che essa porta. Vi sono però dei cristiani che si lasciano sedurre dal modo di pensare laicista, oppure sono attratti da correnti religiose che allontanano dalla fede in Gesù Cristo. Altri, senza aderire a questi richiami, hanno semplicemente lasciato raffreddare la loro fede, con inevitabili conseguenze negative sul piano morale.
Ai fratelli contagiati da idee estranee al Vangelo, l’apostolo Paolo ricorda la potenza di Cristo morto e risorto. Questo mistero è il fondamento della nostra vita, il centro della fede cristiana. Tutte le filosofie che lo ignorano, considerandolo "stoltezza" (1 Cor 1,23), mostrano i loro limiti davanti alle grandi domande che abitano il cuore dell’uomo.


Per questo anch’io, come Successore dell’apostolo Pietro, desidero confermarvi nella fede (cfr Lc 22,32). Noi crediamo fermamente che Gesù Cristo si è offerto sulla Croce per donarci il suo amore; nella sua passione, ha portato le nostre sofferenze, ha preso su di sé i nostri peccati, ci ha ottenuto il perdono e ci ha riconciliati con Dio Padre, aprendoci la via della vita eterna. In questo modo siamo stati liberati da ciò che più intralcia la nostra vita: la schiavitù del peccato, e possiamo amare tutti, persino i nemici, e condividere questo amore con i fratelli più poveri e in difficoltà.


Cari amici, spesso la Croce ci fa paura, perché sembra essere la negazione della vita. In realtà, è il contrario! Essa è il "sì" di Dio all’uomo, l’espressione massima del suo amore e la sorgente da cui sgorga la vita eterna. Infatti, dal cuore di Gesù aperto sulla croce è sgorgata questa vita divina, sempre disponibile per chi accetta di alzare gli occhi verso il cielo.


Cari giovani,
…Aprite e coltivate un dialogo personale con Gesù Cristo, nella fede. Conoscetelo mediante la lettura dei Vangeli e del Catechismo della Chiesa Cattolica; entrate in colloquio con Lui nella preghiera, dategli la vostra fiducia: non la tradirà mai! …


Verso la Giornata Mondiale di Madrid


…Cari amici, vi rinnovo l’invito a venire alla Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid. Con gioia profonda, attendo ciascuno personalmente: Cristo vuole rendervi saldi nella fede mediante la Chiesa. La scelta di credere in Cristo e di seguirlo non è facile; è ostacolata dalle nostre infedeltà personali e da tante voci che indicano vie più facili. Non lasciatevi scoraggiare, cercate piuttosto il sostegno della Comunità cristiana, il sostegno della Chiesa! Nel corso di quest’anno preparatevi intensamente all’appuntamento di Madrid con i vostri Vescovi, i vostri sacerdoti e i responsabili di pastorale giovanile nelle diocesi, nelle comunità parrocchiali, nelle associazioni e nei movimenti. La qualità del nostro incontro dipenderà soprattutto dalla preparazione spirituale, dalla preghiera, dall’ascolto comune della Parola di Dio e dal sostegno reciproco.

Cari giovani, la Chiesa conta su di voi! Ha bisogno della vostra fede viva, della vostra carità creativa e del dinamismo della vostra speranza. La vostra presenza rinnova la Chiesa, la ringiovanisce e le dona nuovo slancio. Per questo le Giornate Mondiali della Gioventù sono una grazia non solo per voi, ma per tutto il Popolo di Dio. La Chiesa in Spagna si sta preparando attivamente per accogliervi e vivere insieme l’esperienza gioiosa della fede. Ringrazio le diocesi, le parrocchie, i santuari, le comunità religiose, le associazioni e i movimenti ecclesiali, che lavorano con generosità alla preparazione di questo evento. Il Signore non mancherà di benedirli. La Vergine Maria accompagni questo cammino di preparazione. Ella, all’annuncio dell’Angelo, accolse con fede la Parola di Dio; con fede acconsentì all’opera che Dio stava compiendo in lei. Pronunciando il suo "fiat", il suo "sì", ricevette il dono di una carità immensa, che la spinse a donare tutta se stessa a Dio. Interceda per ciascuno e ciascuna di voi, affinché nella prossima Giornata Mondiale possiate crescere nella fede e nell’amore. Vi assicuro il mio paterno ricordo nella preghiera e vi benedico di cuore.


BENEDICTUS PP XVI

venerdì 17 settembre 2010

Ammalata felice

Felice di vivere


(Angelo Comastri, Dio è Amore)



Non molto tempo fa ho avuto un incontro indimenticabile. Erano le dieci di sera: avevo appena terminato la preghiera serale e la piazza del Santuario di Loreto si animava di voci, di saluti, di sorrisi e di "buona notte".


Mi accosto ad una culletta sostenuta dalle braccia robuste di un barelliere. Ma non vedo un bambino bensì una donna adulta: un piccolissimo corpo (58 centimetri!) con un volto splendidamente sorridente. Tendo la mano per salutare, ma l'ammalata con gentilezza mi risponde: «Padre non posso darle la mano, perché potrebbe fratturarmi le dita: io soffro di osteogenesi imperfetta e le mie ossa sono fragilissime. Voglia scusarmi». Non c'era nulla da scusare, evidentemente.


Rimasi affascinato dalla serenità e dalla dolcezza dell'ammalata e volevo sapere qualcosa di più della sua vita. Mi prevenne e mi disse: «Padre, sotto il cuscino della mia culletta c'è un piccolo diario. E' la mia storia! Se ha tempo, può leggerla». Presi i fogli e lessi il titolo: Felice di vivere! I miei occhi tornarono a guardare quel mistero di gioia crocifissa e domandai: «Perché sei felice di vivere? Puoi anticiparmi qualcosa di quello che hai scritto?». Ecco la risposta che consegno alla vostra meditazione.


L'ammalata mi disse: «Anticiparmi qualcosa di quello che hai scritto? Padre, lei vede le mie condizioni... ma la cosa più triste è la mia storia! Potrei intitolarla così: abbandono! Eppure sono felice, perché ho capito qual è la mia vocazione. Si, è la mia vocazione!


Io, per un disegno d'amore del Signore, esisto per gridare a coloro che hanno la salute: "Non avete il diritto di tenerla per voi, la dovete donare a chi non ce l'ha, altrimenti la salute marcirà nell'egoismo e non vi darà la felicità!


Io esisto per gridare a coloro che si annoiano: "Le ore in cui voi vi annoiate... mancano a qualcuno che ha bisogno di affetto, di cure, di premure, di compagnia; se non regalerete quelle ore, esse marciranno e non vi daranno la felicità".


Io esisto per gridare a coloro che vivono di notte e corrono da una discoteca all'altra: "Quelle notti, sappiatelo!, mancano, drammaticamente mancano a tanti ammalati, a tanti anziani, a tante persone sole che aspettano una mano che asciughi una lacrima: quelle lacrime mancano anche a voi, perché esse sono il seme della gioia vera! Se non cambierete vita non sarete mai felici!"».


Io guardavo l'ammalata, che parlava dal suo pulpito autorevole: il pulpito del dolore! Non osavo commentare, perché tutto era stupendamente e drammaticamente vero. L'ammalata aggiunse: «Padre, non è bella la mia vocazione?».


inviato da: Mario Varano


data di inserimento: 20/08/2007 da Qunram.net,angolo dei ritagli



lunedì 13 settembre 2010

SERVIZIO CIVILE VOLONTARIO, USCITO IL BANDO!

AAA GIOVANI VOLONTARI CERCASI!




SERVIZIO CIVILE VOLONTARIO, USCITO IL BANDO!



Sei giovane, hai tanta voglia di impegnarti con una ONG per il Sud del mondo e non sai come fare? Noi di CISV offriamo da anni questa opportunità, per fare una esperienza di solidarietà nell ambito della cooperazione internazionale, nei nostri progetti e sedi in Italia che in quelle del Sud del mondo.

È uscito il nuovo bando, che scadrà il 4 ottobre (le domande devono pervenire in sede entro le ore 14 del 4 ottobre 2010 – attenzione! Non fa fede il timbro postale). Cerchiamo 20 volontari per i seguenti paesi:

 
•Senegal (2 volontari)

•Burundi (2 volontari)

•Mali (2 volontari)

•Benin (2 volontari)

•Guatemala (2 volontari)

•Colombia(2 volontari)

•Brasile (4 volontari)

•Venezuela (4 volontari)



Vedi i progetti CISV del servizio civile


Ulteriori info, pratiche e documentazione necessaria su www.focsiv.org/informarvi/scv_est

 
Se sei interessato, partecipa ad un incontro informativo il 23 settembre 2010 a El Barrio (strada Cuorgnè 81, Torino): sarà una occasione per illustrare più specificatamente i singoli progetti

 
- ore 10-13: progetti Africa


- ore 14-17: progetti America Latina

 
Per ulteriori informazioni ci trovi al tel. 011/2243813, e-mail: volontariato@cisvto.org


Lo sportello telefonico informativo sul servizio civile è attivo il martedì - mercoledì e giovedì mattina in orario 9,30-13.



Che cosa è il Servizio Civile Nazionale?


Il Servizio Civile Nazionale www.serviziocivile.it, che si svolge su base esclusivamente volontaria - è una esperienza di 12 mesi rivolta a giovani dai 18 ai 28 anni che vogliono dedicare un anno della propria vita a favore di un impegno solidaristico inteso come impegno per il bene di tutti e di ciascuno e quindi come valore della ricerca di pace.


CISV fa parte della Federazione Volontari nel mondo - FOCSIV, insieme a cui realizza i progetti di servizio civile.



Requisiti

Possono partecipare alla selezione tutti i giovani, senza distinzione di sesso, che alla data di scadenza dei bandi siano in possesso dei seguenti requisiti:
- abbiano compiuto il diciottesimo e non superato il ventottesimo anno di età (27 anni e 364 giorni
- siano in possesso della cittadinanza italiana
- godano dei diritti civili e politici
- non siano stati condannati con sentenza di primo grado per delitti non colposi commessi mediante violenza contro persone o per delitti riguardanti appartenenza a gruppi eversivi o di criminalità organizzata







domenica 12 settembre 2010

La Chiesa del futuro: cosa ne pensiamo?

La chiesa del futuro




In un’intervista fu fatta questa domanda a Hans Kung: “ Quale visione della chiesa ha lei per il nuovo millennio?






Risposta:






“Io l’ho spesso descritta: non una chiesa amante del passato, ma una chiesa riferita alle origini e al presente. Una chiesa non ristretta in maniera confessionalistica, bensì aperta ecumenicamente. Una chiesa non egocentrica ma universale. Una chiesa non patriarcale, ma solidale.



Per me, interamente alla luce del Nuovo Testamento, la chiesa è una comunità di persone credenti e non un apparato, non una gerarchia né una organizzazione. In certe circostanze la chiesa può anche essere un piccolo gruppo: se essa fa quello che Gesù ha voluto, è veramente la chiesa. “ Quando due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”, questo egli ci ha promesso.



Sulla chiesa locale, sulla comunità, io non ho idee romantiche. Sono però sicuro che, se fossi stato parroco, avrei lavorato affinché la parrocchia si aprisse per renderla ospitale. Dovrebbe semplicemente divenire manifesto che una chiesa, per esempio in una periferia, è un centro vitale, in cui hanno luogo gioiosi servizi religiosi, ma in cui gli spazi parrocchiali, a certe condizioni, vengono messi a disposizione anche di altri gruppi…



Chiesa e comunità devono, quindi, essere oggi trasparenti ed invitanti. Ci sono molti giovani e adulti, che suonano uno strumento, che forse suonerebbero volentieri in chiesa. Ci sono molte persone, che hanno capacità organizzative, che farebbero volentieri qualcosa per la parrocchia. Ci sono laici ben istruiti che, per loro speciale desiderio, farebbero volentieri una predica.

 
Al concilio ho abbozzato il discorso per il cardinale Suenens “ sui carismi”. Ciò è qualcosa che ha caratterizzato le comunità paoline: che ognuno abbia il suo carisma, la sua vocazione, il suo dono, che viene esercitato anche nella comunità. Paolo dice: “ L’uno ha questo dono, l’altro quell’altro”. Uno può dirigere bene e l’altro può provvedere agli ammalati, e il terzo può consolare bene. Ognuno ha il suo carisma. In fondo, la chiesa è una comunione, in cui gli uomini hanno il sentimento che essa sia arrivata là dove possono esserci uomini. Che faccia piacere vivere in questa comunità, in questa comunione.



Che ciò sia liberante e non si abbia il sentimento che uscire da questa chiesa, dai suoi servizi religiosi e dalle sue istituzioni sia ancora più difficile che entrarci”.


Hans Kung , Perché un’etica mondiale? Queriniana

sabato 11 settembre 2010

Amore è sinonimo di sesso?

LUSSURIA… LA MORTE DELL’AMORE


Di Sabino Frigato



Vocabolo difficile per un peccato diffuso che Dante, da par suo, qualifica come “luogo d’ogni luce muto” dove un vento poderoso ghermisce gli abitanti e “di qua, di là, di su, di giù li mena”.


Lussuria? Per chi è in difficoltà col vocabolario italiano vuol dire “fare sesso” e molto, non importa con chi, come e quando, purché si faccia! Ha scritto S. Blackburn che «la lussuria si realizza indifferentemente in un portone o in un taxi e il suo lessico è costituito da grugniti e suoni animaleschi». Linguaggio a parte, abbiamo a che fare con un vizio ad alta intensità sociale! Se stiamo ai discorsi e alle trasgressioni sessuali messe bene in mostra da media e pubblicità, il “fare sesso” sembrerebbe l’idolo del secolo. Le cose, però, sembrano andare diversamente. Indagini affidabili dicono che di sesso se ne parla molto, ma se ne fa molto meno. Il consumo di sesso – passi l’espressione – va molto ridimensionato. Negli USA, ad esempio, ben 4 milioni di americani vivono in “coppie bianche” per le quali i rapporti sessuali o sono rari o non hanno alcuna importanza. E in Italia? Il Censis afferma che le coppie dopo 16 anni di matrimonio vanno da zero a 4 rapporti sessuali all’anno. E i singles? Nel 2006 il 67% delle donne non avrebbero avuto alcuna vita sessuale. E il desiderio sessuale costantemente attizzato da media, internet, pornoshops e quant’altro? Decisamente in calo al punto che la passione per il lavoro e la carriera avrebbe il sopravvento su quella sessuale. Tutto vero? Difficile dirlo.


LA MORTE DELL’AMORE

 
La sessualità è uno degli aspetti più importanti e arricchenti della vita relazionale. Su questo non ci piove. E tuttavia, tutto ciò che ci appartiene come uomini è anche passibile di immaturità e di perversioni. La lussuria, infatti, è il vizio che perverte la sessualità propria di ogni persona in sesso e, più esattamente, in piacere sessuale. Il lussurioso/a riduce un uomo o una donna a corpo, o meglio, a qualcuna delle sue parti. Quando si cade nell’ossessione del “fare sesso” a rimetterci è la complessa realtà della persona. “Fare sesso”, non importa con chi, come e quando, banalizza non solo la sessualità, ma soprattutto la persona.


Lo sregolato sessualmente mette in atto un atteggiamento predatorio, utilitaristico, egoistico che appena appena maschera aggressività e disprezzo per l’altro/a. Cercando quanto più può di “fare l’amore” ammazza l’amore: ciò di cui più ha bisogno. La ricerca sregolata del piacere sessuale oltre che un comportamento moralmente inaccettabile, è il segnale di una grave carenza relazionale dagli esiti preoccupanti per la persona interessata: non sa amare, né lasciarsi amare.


Amare è perseguire l’amore dell’altro/a rispettandolo/a come persona, esercitando un necessario autocontrollo sui propri desideri e pulsioni. Al lussurioso, invece, non interessa altro che la propria gratificazione. Per chi ama esiste solo l’altro/a. Per il lussurioso non ci sono preferenze: prende al volo chi gli capita. E qui ci sta tutto: perversioni e abusi sessuali compresi. Gli innamorati si fissano dritti negli occhi. Il fanatico del sesso non va per il sottile: gli interessa solo una cosa in una sorta di catena di montaggio della libidine. La lussuria è il vizio della quantità, del numero, non dell’amore. E mentre l’amore dura, la lussuria nausea.

 
UN VIZIO DISTRUTTIVO


Il piacere sessuale scatenato, senza autocontrollo, è un fuoco che distrugge, una dipendenza, una droga; una sete che non si spegne mai. Di qui l’ossessione di sempre nuove esperienze sessuali, segno di una carenza affettiva e di una solitudine relazionale frustranti. La distruttività del vizio sta tutta nell’incapacità di amare e di ricevere amore.


Alla banalizzazione della sessualità molto contribuisce l’aumento della promiscuità che facilita le opportunità di incontri sessuali occasionali senza impegno e conseguenze. L’età dei primi rapporti si abbassa sempre più quasi che maturità biologica sia identica a maturità psicologica. Rapporti sessuali precoci ingenerano instabilità e precarietà relazionali che uno si porta dietro ben oltre l’età adolescenziale. Un’attività sessuale finalizzata unicamente al consumo di sesso indebolisce se non distrugge la fiducia nell’altro, spegne la verità di un rapporto amoroso, toglie la volontà di lasciarsi coinvolgere, di conoscere l’altro/a, di portare il peso della responsabilità di una legame sentimentale serio e duraturo come, ad esempio, il matrimonio.


C’è un tempo in cui la lussuria bussa alla porta di un uomo o di una donna? Probabilmente nelle situazioni di solitudine, di frustrazione o di immaturità relazionale è facile lasciarsi andare a dei rapporti sessuali comunque, o all’autoerotismo o all’abbuffata porno. La passione di un momento può essere percepita lì per lì come qualcosa di appagante. Di fatto, però, il senso di vuoto che, nonostante tutto, la persona sperimenta rivela una triste verità: il disordine sessuale sta all’intimità come l’acqua salata a chi sta morendo di sete.



UNA PAROLA DI SPERANZA


Dal vizio ci si può liberare? Anzitutto, facendo pulizia nella testa per guardare al mondo della sessualità con occhi nuovi. Nella sessualità di un uomo e di una donna non esiste il determinismo animalesco. La sessualità è umana quando esprime relazioni personali libere e responsabili. Giocare in modo insensato con la propria sessualità riducendola a puro sesso è ipotecare la capacità personale di amare e di farsi amare. C’è un atteggiamento che mette insieme libertà e responsabilità? Sì, la castità. Parola derisa perché incompresa! Chi altro è la persona casta se non l’uomo e la donna che sanno controllare le proprie pulsioni in vista di una relazione ben più duratura di una semplice storia? Alla fine della fiera, il lussurioso ha davanti a sé un’alternativa: o diventare adulto, capace di relazioni responsabili, durature o restare adolescente preda delle sue pulsioni e affettivamente immaturo vita natural durante. A ognuno la propria responsabilità!






Da Bollettino Salesiano, giugno 2010









giovedì 9 settembre 2010

La fede è un dono: la fiducia, come risposta è una scelta di vita

La fede come ricerca e come pace



“Alla fede ci si avvicina con timore e tremore, togliendosi i calzari, disposti a riconoscere un Dio che non parla nel vento, nel fuoco o nel terremoto, ma nell’umile voce di silenzio, come fu per Elia sulla santa montagna (cf. 1 Re 19) ed è stato, è e sarà per tutti i santi e i profeti. Credere, allora, vuol dire perdere tutto? Non avere più sicurezza, né discendenza, né patria? Rinunciare a ogni segno e ad ogni sogno di miracolo? A tal punto è geloso il Dio dei credenti? Così divorante è il suo fuoco? Così buia la sua notte? Così assoluto il suo silenzio?


Rispondere di sì a queste domande sarebbe cadere nella seduzione opposta a quella di chi cerca segni a ogni costo; sarebbe un dimenticare la tenerezza e la misericordia di Dio. C’è sempre una luce per rischiarare il cammino: un grande segno ci è stato dato, il Cristo, che vive nei mezzi della grazia e dell’amore confidati alla famiglia dei suoi discepoli, la Chiesa. In essa è offerto un cibo ai pellegrini, un conforto agli incerti, una strada agli smarriti. Se questi doni non vanno mai confusi con possessi gelosi, è pur vero che essi sono là per nutrirci; non per esimerci dalla lotta, ma per darci forza; non per addormentare le coscienze, ma per svegliarle e stimolarle a opere e giorni d’amore, in cui l’amore invisibile si faccia presente.


Testimoniare la fede non sarà, allora, dare risposte già pronte, ma contagiare l’inquietudine della ricerca e la pace dell’incontro: “Ci hai fatto per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposi in te” (Sant’Agostino, Le Confessioni, 1,1). Accettare l’invito non è risolvere tutte le oscure domande, ma portarle a un Altro e insieme con lui. A lui è possibile rivolgere con fiducia le parole della bellissima invocazione di sant’Agostino:

 
Signore mio Dio, unica mia speranza,

fa’ che stanco non smetta di cercarTi,

ma cerchi il Tuo volto sempre con ardore.


Dammi la forza di cercare,

Tu che ti sei fatto incontrare,

e mi hai dato la speranza di sempre più incontrarTi.


Davanti a Te sta la mia forza e la mia debolezza:
conserva quella, guarisci questa.


Davanti a Te sta la mia scienza e la mia ignoranza;

dove mi hai aperto, accoglimi al mio entrare;
dove mi hai chiuso, aprimi quando busso.


Fa’ che mi ricordi di Te

che intenda Te, che ami Te. Amen!”


(De Trinitate, 15, 28, 51).





DA “LETTERA AI CERCATORI DI DIO”, CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LA CATECHESI

martedì 7 settembre 2010

La Chiesa siamo noi

Una Chiesa in crisi








La Chiesa oggi è in crisi: tale grave congiuntura si è generata dall'interno non dall'esterno di essa. Il catalizzatore è stato il rapporto Murphy sulla cover-up, l’occultamento da parte di alcune autorità ecclesiastiche di abusi sessuali su bambini, commessi da certi sacerdoti. La risposta del popolo è stata prima di incredulità, poi di orrore, rabbia e sgomento. Ed è giusto che sia così. Abbiamo permesso a noi stessi di essere moralmente desensibilizzati e di aver creduto di essere immuni dal fallimento morale, e questo ci ha precipitati in uno stato di caos. Per molti la credibilità della Chiesa è finita a brandelli. In altri è subentrata una profonda tristezza, poiché hanno temuto di essere stati traditi dall’istituzione in cui avevano riposto la loro fiducia. Alcuni personaggi, che rivestono ruoli di leadership, negando l'oscurità e l'imperfezione del lato umano della Chiesa, si sono esposti a cadute spettacolari e a critiche virulente. Costoro non erano più deboli e vulnerabili di altri. Proprio per questo si deve, con dolore, chinare il capo per la vergogna. Avevano dimenticato, consciamente o inconsciamente, che i paradossi della fede - luce e tenebre, angelo e demone, grazia e peccato - allignano in tutti gli uomini. Non esiste alcuna casta perfetta tra gli esseri umani, chierici o laici pari sono. Questo non significa che la stragrande maggioranza delle persone che compongono la Chiesa, non si sforzino di vivere una vita decente e spesso eroica. Ma si deve ammettere che, negando il buio, alcuni si sono allontanati dalla protezione della luce, sicché la loro coscienza si è offuscata e macchiata.


GESÙ È CON LA SUA CHIESA


Nonostante le tenebre, la luce resta perché Gesù ha promesso di rimanere con la sua Chiesa fino alla fine dei tempi. Inoltre, sono tante le persone che si sforzano di vivere bene, di condurre una vita dignitosa e onesta, di mantenere la propria fiamma sempre accesa. Come ha sottolineato il Concilio Vaticano II, la Chiesa appartiene a tutti, non solo alla gerarchia e ai sacerdoti. Perciò, nonostante la delusione e la rabbia contro alcuni preti, occorre continuare a credere nel paradosso luce e tenebre presenti insieme in tutti e ciascuno. La nostra fede è, dopo tutto, ancorata ai misteri pasquali e non al clero, che si tratti di vescovi, sacerdoti, o religiosi. È necessario e urgente sforzarsi in ogni modo di tenere la luce e le tenebre in tensione convinti che “questa è saggezza” come direbbe Richard Rohr. Dal canto suo Elliot ci indica un'altra direzione per il futuro: "La saggezza che possiamo sperare di acquisire, è la saggezza dell'umiltà”. Solo l'umiltà ci permette di accettare la nostra condizione imperfetta.


"Il celebre scrittore Carlo Carretto era un vero esploratore. In vecchiaia ha scritto questa splendida ode alla Chiesa che può suggerire qualcosa anche a noi.






Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo!

Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo!

Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza.

Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità!

Nulla ho visto nel mondo di più oscurantista, più compromesso, più falso, e nulla ho toccato di più puro, di più generoso, di più bello.


Quante volte ho avuto la voglia di sbatterti in faccia la porta della mia anima, e quante volte ho pregato di poter morire tra le tue braccia sicure.

No, non posso liberarmi di te, perché sono te, pur non essendo completamente te.

E poi, dove andrei? A costruirne un’altra? Ma non potrò costruirla se non con gli stessi difetti, perché sono i miei che porto dentro. E se la costruirò sarà la Mia Chiesa, non più quella di Cristo.

 
L'altro ieri un amico ha scritto una lettera ad un giornale: “Lascio la Chiesa perché, con la sua compromissione con i ricchi non è più credibile”.

Mi fa pena! O è un sentimentale che non ha esperienza e lo scuso; o è un orgoglioso che crede di essere migliore degli altri. Nessuno di noi è credibile finché è su questa terra.

San Francesco urlava: “Tu mi credi santo, e non sai che posso ancora avere dei figli con una prostituta, se Cristo non mi sostiene”.

La credibilità non è degli uomini, è solo di Dio e del Cristo. Degli uomini è la debolezza e semmai la buona volontà di fare qualcosa di buono con l'aiuto della grazia che sgorga dalle vene invisibili della Chiesa visibile. Forse la Chiesa di ieri era migliore di quella di oggi? Forse che la Chiesa di Gerusalemme era più credibile di quella di Roma? (Carlo Carretto, Il Dio che viene, cap.X)
Da Bollettino Salesiano, settembre 2010

Catechisti e genitori

CATECHESI E GENITORI




Il discorso qui diventa, purtroppo, complesso: il contesto in cui viviamo nel mondo di oggi non porta gli uomini alla fede, anzi assistiamo sempre più ad un allontanamento dalla fede. Non si può dare per scontato che gli stessi che si professano cristiani siano cristiani consapevoli, lo sono per tradizione. Gli stessi fanciulli battezzati non hanno ricevuto una minima educazione cristiana nelle famiglie.



Il compito dei catechisti diventa più difficile, più arduo, non trovando spesso collaborazione nell’ambiente familiare: devono incominciare un periodo di evangelizzazione, una nuova evangelizzazione in cui inserire anche i genitori.



Il ruolo della comunità cristiana nell’attuazione di questo processo è fondamentale. Non ha senso il lavoro quasi solitario dei catechisti, se non fa parte di un dinamismo che interessa e coinvolge tutta la comunità, la parrocchia. Come non ha senso il lavoro dei singoli o dei gruppi vari se sono dei circoli chiusi e non fraternizzano, comunicano con la comunità: tutti dobbiamo costruire una comunità di fede.



Il parroco deve farsi carico di novità da proporre alla comunità, incominciando dall’esistente, dai vari gruppi, spesso sconosciuti ai più e che non incidono nella crescita della comunità chiamandoli a lavorare assieme, ascoltandoli, responsabilizzandoli; seguendo la formazione dei catechisti, che non è solamente preparazione della “lezioncina” di catechismo; dedicando tempo per motivare i genitori, sensibilizzandoli a interrogarsi sulla loro fede come componente vitale per i propri figli; offrire momenti di incontri e di conoscenza tra le famiglie e i catechisti: proporre esperienze di vita cristiana con un lavoro congiunto con i catechisti.



Una cosa è indispensabile, da tenere presente, se effettivamente amiamo la nostra chiesa comunità, popolo di Dio in cammino: avere cura della famiglia, piccola chiesa nella Chiesa.


Nella famiglia si incomincia a costruire la nuova chiesa che sogniamo e che spesso critichiamo. Nella famiglia, ne sono certo, non manca il senso religioso, bisogna riscoprirlo e coltivarlo per farlo riemergere. Riscoprire i rapporti umani e religiosi nella famiglia. Una volta in famiglia, (e chi no se lo ricorda?), si imparava il segno della croce, il Padre nostro, l’ Ave Maria, la Salve Regina, in un ambiente semplice e di una fede anch’essa semplice ma genuina.

Da numerosi decenni ogni parrocchia offre corsi di catechismo, il che spontaneamente riporta agli incontri dell'età del bambino e al massimo del ragazzo. La catechesi si rivolge anzitutto ai giovani e agli adulti cioè alle persone che liberamente dispongono della loro vita in rapporto alla chiamata alla fede. Per questo l'ordine delle voci non sale dai bambini agli adulti, ma scende dagli adulti ai bambini.


Dunque la catechesi è l'incontro di chiesa che mira ad arricchire e ad approfondire la personale adesione al Vangelo di Gesù Cristo.

 
E i bambini e i ragazzi? Il loro orientamento all'incontro col Signore deve essere mediato in modo essenziale dai genitori: sono essi i primi testimoni ed educatori dell'esperienza cristiana; sostenuti dalla chiesa,dalla comunità parrocchiale.


I genitori devono trasmettere ai propri figli soprattutto il gusto, il sapore della fede, la bellezza dell'affidare a Dio la propria vita. Dentro le esperienze quotidiane della famiglia, della preghiera, dell'amicizia, della scuola, del gioco, dell'aiuto al bambino meno fortunato o ammalato, della partecipazione alla Santa Messa, ecc.


I catechisti, operatori di catechesi, completano questa iniziazione, non limitandosi all’istruzione, cioè ad offrire nuovi elementi di conoscenza: la conoscenza deve unirsi all’amore, l’amore alla preghiera dialogo e incontro con Dio, la preghiera alla ricerca del bene nella vita quotidiana, individuale e collettiva

Significativo mi sembra questo tratto di intervista a Don Oreste Bensi di Alessio Zamboni, in occasione della pubblicazione del suo libro “Onora tuo figlio e tua figlia”, significativo perché, se anche velocemente diamo uno sguardo a molte situazioni del modo di oggi, vedremo e capiremo meglio l’importanza di impostare una nuova catechesi, valuteremo la necessità di un impegno maggiore in tutta la chiesa.


«Onora tuo figlio e tua figlia»: un titolo provocatorio, don Oreste. La scelta è stata tua o dell’editore?


«La scelta è stata mia».


Come mai? Il quarto comandamento non è più attuale?

«Ho pensato che non è più sufficiente in un’epoca in cui i genitori hanno dissacrato la famiglia. Sono 50 mila in Italia i bambini e gli adolescenti che ogni anno sono straziati dalla divisione dei loro genitori. Pensiamo poi al dilagare della prostituzione, alla confusione sui modelli di famiglia. Si sta creando una civiltà in cui i figli sono un bene di consumo di cui si può disporre a piacimento. È necessario rifondare la famiglia ripartendo dai figli, soprattutto quelli sotto i dieci anni. Sono loro che hanno la concezione vera della famiglia e a loro i politici dovrebbero affidare il compito di fare le leggi sulla famiglia».

 
Viviamo in un’epoca che esalta sempre più le libertà individuali, il diritto all’autodeterminazione della persona. C’è chi vorrebbe legalizzare l’eutanasia e tu sostieni addirittura che il divorzio non è un diritto. In che senso?

 
«Oggi i giovani sono spinti a vivere solo di emozioni; non esiste più il “del tutto” e il “per sempre”. È così perché anche i loro genitori sono eterni adolescenti. Il divorzio è una regressione dell’adulto alla fase egocentrica».

 
Parlando delle tendenze degli adolescenti di oggi, affermi un principio: ogni essere vivente si dirige verso ciò che lo attira. Perché i nostri ragazzi, dopo aver ricevuto la Cresima, si allontanano dalla Chiesa? Non c’è più niente che li attira?

 
«L’approccio a Cristo proposto oggi da molte realtà ecclesiali è incomprensibile per gli adolescenti. Il bisogno di assoluto però è presente e quando i ragazzi incontrano qualcuno che fa fare loro un incontro simpatico con Cristo rimangono affascinati. Lo dimostra l’adesione ai movimenti cattolici, come la stessa Comunità Papa Giovanni XXIII, in cui ci sono tantissimi giovani disposti a dare la vita per Cristo».


«Per fare nuova evangelizzazione – si legge nel capitolo dedicato agli “appuntamenti con Dio” – non basta scrivere nuovi libri, occorre scrivere nuove vite». Cosa intendi dire?

 
«Il 90% dei giovani non va più in chiesa, ma il senso del sacro è presente. Per questo si diffondono le sette, che danno l’illusione di rispondere a questo bisogno. Per attirare alla fede occorrono testimoni credibili ma è soprattutto necessario recuperare il senso di popolo, un popolo nuovo capace di cambiare la storia. Se c’è la devozione senza rivoluzione, i giovani se ne vanno. Anche dai gruppi giovanili».


Torniamo ai genitori. Nell’ultima parte del libro parli di allattamento, di vomito, di anoressia... non ti sembrano questioni da pediatra o da psicologo più che da prete?


«Anche un prete è un padre e quando vede questi fenomeni si chiede perché. Scopre allora che quel vomito del bambino è un vomitare anche la madre, o la maestra. E allora cerca soluzioni che vadano oltre la semplice cura del sintomo, intervenendo sulla relazione».



Una questione che da sempre cruccia i genitori: quando un figlio sbaglia è giusto punirlo? E quand’è che una punizione si può definire giusta?


«Dietro lo sbaglio di un figlio spesso si nasconde un grido: “Non ti accorgi che ci sono anch’io?”. Che si esprime magari con parole che feriscono, come quelle di Alice che urla: “Mamma, sei brutta!”. Per definire giusta una punizione, occorre prima capire cosa si intende per giustizia nell’infanzia. È ascoltando i nostri figli che scopriamo come camminare da adulti».