lunedì 31 maggio 2010

Dall'aiuto alla solidarietà, anni 80

Riporto un articolo di Mario Fornero scritto alcuni anni fa in una serie di approfondimenti sul volontariato dal 1980 al 2004. ( ne seguiranno altri di aggiornamento)


Di fronte ai problemi dei paesi poveri si è incominciato ad operare ormai da un quarto di secolo con "la lotta contro la fame" per passare poi all'azione per lo sviluppo; ora si è ritornati alla lotta contro la fame. Si è passati dall'elemosina all'impegno per la giustizia; si è sognato un Nuovo Ordine Economico Inernazionale e siamo ricaduti nell'aiuto alimentare.
Ci troviamo ancora una volta di fronte alla sfida di passare dall'aiuto alla solidarità, una strategia da realizzare sul piano pratico. Dobbiamo passare dalle enunciazioni di principio alle strategie d'intervento, alle metodologie, agli strumenti che utilizziamo. La prova che noi viviamo la solidarietà ci deve venire da quello che noi facciamo e come lo facciamo.

Quando parliamo di malsviluppo non vogliamo fare della teoria, intendiamo parlare dei problemi che toccano milioni di persone che nel mondo soffrono la fame, la malnutrizione, la mancanza di libertà, la tossico-dipendenza, la disoccupazione, la contaminazione dell'aria e dell'acqua.
Il malsviluppo è presente anche da noi, nelle nostre società industrializzate; il malsviluppo ha dimensioni planetarie e ne siamo tutti coinvolti.
E' su questa piattaforma comune che si devono basare i rapporti Nord-Sud e Est/Ovest; è da questa piattafroma comune che si deve sviluppare la solidarietà. Passare dall'aiuto alla solidarietà significa riconoscere l'altro e con l'atro rendersi conto che la solidarietà non è un dono ma è da creare nell'organizzazione della vita collettiva.

La richiesta dei partner:
E' soprattutto a partire dagli anni 1970-80 che si è sviluppata all'interno delle ONG una riflessione sul partenariato. Ed è in occasione del primo Seminario Internazionale sul volontariato internazionale che i nostri parteners ci hanno invitati a "decentrare" chiedendo di organizzare incontri con loro, non solo in Europa, ma anche in Africa.
Negli incontri di Bobo Dioulasso in Burkina Fasso dicembre 81) e Arusha in Tanzania (1984) i nostri parteners ci hanno invitati ad un cambiamento di mentalità e di linguaggio. Il modo di parlare dell'altro rivela come noi lo consideriamo e come ci rapportiamo a lui.
Un altro invito fattoci è quello di rivedere la nostra concezione di sviluppo e di sottosviluppo.
Lo sviluppo va inteso come uno sforzo permanente e continuo di una popolazione con lo scopo di prendersi in carico i suoi bisogni materiali, affettivi, sociali e spirituali: è questo un processo che non ha mai fine qualunque sia la popolazione sia al Nord che al Sud.
In questa prospettiva l'educazione allo sviluppo che facciamo in Italia non deve essere semplice informazione ma tener conto delle aspirazioni di un nuovo modo di vivere e di un diverso sviluppo, esigenza sempre più sentita dalle popolazioni europee. E' a partire da queste premesse che partecipare assieme allo sviluppo cessa di essere un discorso ideologico per diventare una realtà.
Un'altra richiesta che ci viene rivolta dai nostri partenes è quella che i progetti non siano più elaborati a tavolino in Europa ma che siano le popolazioni interessate a partecipare allo studio e alla impostazione dei progetti.

Il Volontariato:
oggi per quanto riguarda l'invio di volontari è in atto una evoluzione molto forte, in particolare per quanto riguarda la figura del candidato; quali sono le sue motivazioni? Di quali valori è portatore? Qual è la sua idea per quanto riguarda lo sviluppo?
Domande queste che ci richiamano alla premessa iniziale: la cosa migliore che possiamo fare per i paesi poveri è di chiarire le nostre idee su quello che è meglio fare per arrivare allo asviluppo.

Una componente importante nei nostri progetti sono le risorse umane cioè i volontari e il personale locale che opera nel progetto. Sono queste risorse che bisogna valorizzare e cercare di mettere in sintonia tra di loro. Il vvolontario deve sentirsi accolto, la sua presenza deve essere la risposta ad un bisogno reale.

Unaa richiesta che ci viene fatta dai da nostri parteners è quella di distinguere tra intervento e collaborazione: è un intevento l'insieme di attività che si intende sviluppare in una determinata realtà; è collaborazione l'insieme delle attività che si assumono all'interno di un progetto pensato e gestito dal partner.

Le metodologie d'intervento:

Il teologo africano Jean Marc Ela nel suo libro "L'Afrique des villages" scrive: "Nessuna operazione di sviluppo può riuscire senza la sensibilizzazione della popolazione..." e poi continua: " In alcune regioni nessun cambiamento può avvenire nella vita dei contadini se i capi tradizionali si oppongono, anche se i cambiamenti rispondono agli obiettivi del Piano di sviluppo del paese". Questo significa che nell'impostazione dei progetti dobbiamo tener conto del ruolo che gioca la popolazione.


Possiamo individuare tre strategie da applicare:

ASSISTENZIALISMO: noi siamo gli attori, i protagonisti, la comunità locale lo esegue.

SVILUPPISMO: operiamo con i nostri mezzi, con i nostri ritmi e la comunità
locale partecipa a livello esecutivo

AUTOSVILUPPO: La comunità locale è protagonista

domenica 30 maggio 2010

Ai genitori nel giorno di prime comunioni, preghiera dei genitori

Parole ai genitori dei bambini nel giorno della Prima Comunione

Vogliamo rivolgere un saluto a questi bambini che oggi la comunità parrocchiale accoglie e gioisce assieme a loro, per l’incontro con Gesù che oggi ricevono per la prima volta.

Se siete qui è perché siete stati bravi, avete avuto costanza nel frequentare il catechismo, avete dimostrato di avere sete di Gesù e avete spento questa sete imparando a conoscere Gesù mediante la sua parola che le catechiste vi hanno trasmesso. Complimenti!

Assieme al saluto una raccomandazione: non vi fermate qui, continuate ad avere sete di Gesù: quel poco che avete imparato non basta per essere cristiani come Gesù vi vuole: ha molte altre cose da dirvi, da mostrarvi per dirvi con la sua vita e le sue parole che vi ama tanto, tantissimo, e che vuole essere amato da voi, da tutti. Gesù vi aspetta ancora nei prossimi anni, ed è tanto paziente che vi ama, vuole abbracciarvi anche quando qualche capriccio sembra allontanarvi da Lui. Mi raccomando!!

Un saluto e un ringraziamento anche ai genitori di questi bambini: se li avete mandati,portati al catechismo vuol dire che avete ritenuto buono e giusto che i vostri figli si avvicinassero a Gesù, che lo conoscessero, che lo seguissero; e tutto questo per il loro bene. Non è così?

A un papà o a una mamma fa piacere vedere il loro bambino che si avvicina spontaneamente, non per recitare un complimento imparato a memoria, ma per dire parole di affetto che gli escono dal cuore: "Mamma, quanto sei buona; ti voglio tanto bene... Papà, grazie per il bel giocattolo che mi hai comperato...".

Questi bambini, questi vostri figli, hanno imparato un comportamento simile verso Gesù, a nutrire sentimenti di affetto e gratitudine verso Gesù.
Anche il Signore, come voi, regala ai bambini, suoi figli carissimi, molti doni. E come potrebbe non gioire nel sentirsi ripetere da loro espressioni affettuose di riconoscenza che partono dal cuore, spontanee. Il Signore e i vostri bambini hanno iniziato così non solo una conoscenza di Gesù, ma anche un dialogo con lui nella preghiera.

Se non facessimo arrivare ai nostri bambini questi messaggi che partono dalla nostra fede, lasceremmo in essi una lacuna che rischia di non colmarsi mai più

Fatti adulti, troveranno come ostacoli sul loro cammino gli affari e le passioni... e se non sono stati abituati fin da piccoli a usare un linguaggio familiare con Dio, non ne sentiranno il bisogno e consumeranno i loro giorni nella freddezza verso il Signore.
Se si comincia a studiare una lingua da adulti, non si arriverà mai a una pronuncia perfetta. così, se con Dio non si impara il linguaggio del cuore fin da bambini, è molto difficile impararlo da adulti.

Tutto questo hanno cercato di fare le catechiste, forse tutto questo avete voluto anche voi, cari genitori. Perdonate quel forse, ma vorrei che ognuno desse a se stesso la propria risposta. E’ stato proprio così per tutti? Lo vorrebbero credere tutti coloro che credono in Gesù, che vogliono e si prodigano per un cristianesimo più convinto e più vissuto, dal papa all’ultimo discepolo di Gesù.

Cari genitori, che vi siete assunti la responsabilità dell’educazione umana e religiosa dei figli, la Chiesa tutta oggi accoglie anche voi, vi ringrazia, vi stimola a continuare, vi chiama ad un impegno che manifesti assieme ai figli un amore sincero per Dio e per i fratelli vicini e lontani. Dio ci ama e vuole essere amato, non esclude mai nessuno. Il suo amore è per sempre.

Cari mamme e papà, aggiungo fratelli e sorelle maggiori, il Signore vi ha consegnato i bambini per la vostra e loro felicità, ma anche perché glieli teniate, li conserviate per Lui.

Mamme, papà, cercate che Dio trovi in voi quella corrispondenza che vuole da voi come custodi dei suoi figli prediletti!

Fioriranno allora attorno a noi dei bambini che ci stupiranno per la precocità in ogni virtù e ci sarà facile, e bello, e utile guardare a loro come ai nostri migliori maestri di sensibilità e di innocenza. Questi bambini, aiutati a prendere coscienza della dimensione soprannaturale della vita, crescendo in età, non saranno solo degli esperti operatori nelle cose terrene, ma in ogni situazione faranno risaltare la loro profonda identità di figli di Dio nella generosa offerta di se stessi. Continuate a collaborare con chi si prende cura dei vostri figli.

PREGHIERA DEI GENITORI


O Signore Dio, fonte della vita,

da cui trae origine la nostra paternità e maternità

verso i figli che ci hai dato,

fa' che sappiamo guardare sempre con stupore

al mistero che hai compiuto in noi e per mezzo nostro,

che sappiamo esserti riconoscenti per il dono immenso

che ci hai offerto e che,

consapevoli della missione che ci hai affidato,

sappiamo spenderci con tutta la generosità possibile

per far crescere questi tuoi e nostri figli nella tua vita divina.

Dio entra nella storia dell'uomo, preghiera

Preghiera a Dio Padre, Figlio, Spirito Santo, entrati nella storia dell’uomo

Dio, che sei Padre,

ti ringrazio di avermi chiamato alla mia storia e dentro la mia storia.

Tu da sempre hai preparato un mondo per potermi incontrare,

per potermi dire un giorno tutto il Tuo amore,

che è un amore completo,

un amore di Padre e di Madre per il proprio figlio.

Dammi di credere in Te,

di affidare a te ogni mio passo,

ogni mio desiderio,

per riuscire a essere

veramente nelle Tue mani.

Dio che sei Figlio,

sei entrato nella mia storia e mi hai salvato.

Non hai badato a quanto ti convenisse,

ma hai partecipato al disegno di amore

che il Padre aveva per me e per tutti i miei fratelli e le mie sorelle

che camminano insieme a me.

Dammi di vivere della Tua libertà di azione e di parola,

dammi di capire quanto la verità

possa farmi realmente libero

di fronte al peccato e di fronte agli altri.

Dio, che sei Spirito Santo,

è la Tua forza che apre i miei occhi a vedere la storia vera

che sta dietro la facciata di ogni giorno,

è la Tua potenza che mi mostra i miracoli

che avvengono in me e in quanto sono intorno a me.

Dammi i Tuoi doni,

per affrontare il mio cammino

con gli occhi bene aperti,

e le orecchie capaci di sentire la voce che mi richiama alla vita,

il battito di quel cuore che mi riscalda quando ho paura,

la stretta di mano che mi rinforza e mi parla come a una persona,

il sorriso di chi è capace di giocare con la vita divina che è nel mondo.

Ripoprtato da NetCrim.org, autore anonimo

venerdì 28 maggio 2010

Perdonare si può ancora? Qualcuno lo fa...

Riporto una lettera dell’insegnante napoletana che perde la milza per un calcio che le ha dato uno scolaro. La maestra perdona e spiega perché. Riportato da Panorama N.21 del 20 maggio 2010

In questa triste, dolorosissima storia, pochi si sono accorti che le vittime sono due: ci sono io, e con me la mia famiglia, e c’è Salvatore, il bambino che mi ha colpito con un calcio al fianco mentre tentavo di separarlo da un suo compagno di classe, con il quale si stava azzuffando, nella scuola elementare “Madre Claudia Russo” a Barra, un quartiere della periferia orientale di Napoli.

Sono stata ricoverata in prognosi riservata diversi giorni, perché emorragia interna e l’asportazione della milza, cui mi hanno sottoposto i medici nel tentativo disperato di salvarmi la vita, avevano reso il quadro clinico ancor più precario, visto che soffro di insufficienza renale cronica.

Quando ho riaperto gli occhi e ho incrociato gli occhi con quelli di mio marito Biagio e dei miei due figli, Antonio e Jessica, ho capito di aver rischiato di perderli per sempre. Ma ho capito anche che il perdono, vero, sincero, autentico, per ciò che era accaduto fosse l’unica strada per trasformare questa vicenda di violenza in una occasione di speranza.

Ho perdonato e perdono Salvatore per ciò che ha fatto, perché so che in questo momento ha bisogno, quanto me, e forse più di me, di essere aiutato a guarire.

Io dalle ferite fisiche che chissà per quanto tempo ancora porterò sulla pelle; lui da ferite ancor più profonde, che rischiano di trasformarlo in ciò che, sono sicura, non è. Salvatore deve essere accolto, da tutti, e aiutato a capire che la vita non è sopraffazione, arroganza, aggressività, durezza; al contrario. La vera vita è quella che ti fa sorridere per un gioco condiviso col compagno di banco, che ti riempie il cuore di gioia per una sorpresa inaspettata, come un buon voto, e che ti insegna a riconoscere i propri errori, quando è necessario.

Sono 25 anni che insegno e so quanto possa essere potente la forza dell’esempio. Io desidero, con tutte le mie forze, offrire un esempio diverso a Salvatore e ai bambini napoletani perché il più grave delitto contro se stessi è quello di rinunciare a migliorarsi e vivere un’intera vita con il rimorso e il rimpianto di non aver avuto un possibilità di scelta, o anche soltanto un barlume di alternativa.

Il mio regalo a Salvatore è questo: dimostrargli che non tutto è come, purtroppo gli appare.

Maria Marcello

giovedì 27 maggio 2010

La legge e il peccato nella storia della salvezza

In tanti modi Dio, dopo il peccato di Adamo ed Eva, interviene nella storia dell’uomo per riportarlo a sé. Il comportamento di Dio è quello di un pedagogo che conosce bene il suo allievo e sa trovare il tempo giusto per riproporsi, questo è lo scopo ultimo dei suoi interventi, con scienza e sapienza divine.

La storia la conosciamo: la scelta di Abramo con la promessa da parte di Dio di una discendenza numerosa; il ruolo di Mosè e dei profeti. In tutto questo tempo Dio si serve di intermediari per confermare e rinnovare le promesse fatte ad “ Abramo e alla sua discendenza”.

Possiamo distinguere due periodi: il primo di preparazione a un evento e un secondo di attuazione dello stesso, la venuta del Figlio di Dio in mezzo all’uomo.

Primo periodo: ad Abramo Dio promette direttamente una discendenza numerosa, un popolo a cui Dio per mezzo dei suoi intermediari dà una legge.

L’uomo sotto la legge prende coscienza della sua condizione di peccatore, di dipendenza, coscienza di non-salvezza in modo che possa trovare la sua liberazione altrove, perché la legge da sola non libera, la legge non dà la vita, la legge esiste perché esiste il peccato, la legge è un aiuto ad evitare il peccato, può aiutare a discernere il bene dal male ma non come motivo ultimo per una scelta concreta e definitiva di un comportamento pratico: la legge manifesta, attraverso i precetti la potenza del peccato esistente nel mondo, “la legge fu aggiunta per la trasgressione” (Gal 3,19).

La legge segna un cammino alternativo all’esperienza della fede: è un passaggio obbligatorio, necessario, in senso temporale, un cammino verso Cristo in attesa della sua venuta. La legge ha fatto da pedagogo fino a Cristo affinché fossimo giustificati in virtù della fede” (Gal 3,24).

Secondo periodo: dalla discendenza di Abramo, erede della promessa, Dio invia Gesù, suo figlio, per dare compimento al suo piano di salvezza. Gesù viene a completare il primo ciclo della storia per iniziarne un altro: l’uomo, (discendenti di Abramo, eredi della promessa), non vivrà più sotto la legge “ perché la promessa venisse data ai credenti mediante la fede in Gesù Cristo” (Gal 3,22), Con Gesù il credente non è più soggetto alla schiavitù della legge, è stato liberato da questa, è divenuto maggiorenne, figlio di Dio: l’annuncio evangelico tende a suscitare la fede, l’amore sperimentato e vissuto nella comunità dei fratelli.

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E’ superato per sempre, anzi è stato vinto il peccato che ha introdotto la legge: la nuova “legge” si chiama “amore”, nuovo comandamento di Gesù, amore che è attaccamento ad una persona Gesù e interesse, amore anche per il prossimo.

Questa è la nuova risposta dell’uomo a Dio, risposta cercata per secoli, giunta nella pienezza dei tempi: “ mentre Israele che ricercava una legge che gli desse la giustizia, non è giunto alla pratica della legge…perché non la ricercava dalla fede, ma come se derivasse dalle opere” (Rom 9,31-32), osservanza stretta della legge.

“Ora il termine della legge è Cristo, perché sia data la giustizia a chiunque crede” (Rom 10,4), essere giustificati da Cristo, resi giusti, santi dall’amore.

Da Adamo a Gesù: “ Come per disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo ( al Padre) tutti saranno costituiti giusti” (Rom 5,19): si chiude un’epoca, ne incomincia un’altra. Con l’apostolo Paolo che ci ha seguiti in questa riflessione chiediamoci:

“Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo?” (Rom 8,35)

lunedì 24 maggio 2010

Lo Spirito santo: lo conosciamo?

Fra le devozioni cristiane manca spesso in noi fedeli e seguaci di Gesù quella allo Spirito Santo. Eppure è lui che stimola la nostra vita cristiana, che interviene dandoci la grazia nei sacramenti, incominciando con il dono della fede nel battesimo.

Perché questa dimenticanza in noi?

Non lo conosciamo abbastanza e soprattutto non conosciamo l’efficacia della sua presenza nella Chiesa e in ognuno di noi.

In queste righe mi propongo di parlare dello Spirito Santo, con parole sempre molto povere quando si parla del mistero di Dio; farò parlare la Bibbia, sempre la più autorevole quando vogliamo approfondire la nostra fede.

Sarà importante, alla fine, scoprire la nostra risposta alle iniziative dello Spirito Santo.

Lo Spirito Santo è già presente nella creazione, nella storia del popolo ebraico nell’attesa del Messia.

Gen1,1 “ In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque”. Spirito di Dio, è uno dei nomi che troviamo in diverse pagine delle Sacre Scritture.

Lo Spirito santo, ispiratore di profeti:

Nell’antico testamento gli interventi dello Spirito non sono continui, sono sporadici e mirati a delle circostanze particolari della storia del popolo ebreo, soprattutto a ricordo delle promesse di Dio e al patto dell’alleanza, e non ultimo legati all’annuncio della venuta del Messia.

Is 65,1-2”Mi feci cercare da chi non mi consultava,

Mi feci trovare da chi non mi cercava”.

Dissi: “ eccomi, eccomi”

Ad una nazione che non invocava il mio nome,

ho teso la mano ogni giorno a un popolo ribelle;

essi andavano per una strada non buona.”

Is 11,1-2 “ Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,

un virgulto germoglierà dalle sue radici.

Su di lui si poserà lo Spirito del Signore,

Spirito di sapienza e d’intelligenza.

Spirito di consiglio e di fortezza,

Spirito di conoscenza e di timore del Signore”

Isaia così annuncia la venuta del Messia, testo che poi Gesù farà suo per dare inizio all’annuncio della Buona Novella:

Is 61,1-2 “Lo Spirito del Signore è sopra di me

Perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione;

mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri,

a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,

a proclamare la libertà agli schiavi,

la scarcerazione dei prigionieri

a promulgare l’anno di grazia del Signore”.

Ultimo dei profeti sarà Giovanni Battista:

Lc 1,15-16 “ perché egli sarà davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio”.

Giov 1,6-7 “ Venne un uomo mandato da Dio:

Il suo nome era Giovanni.

Egli venne come testimone

Per dare testimonianza alla luce,

Perché tutti credessero per mezzo di lui”.

In Maria lo Spirito realizza il disegno misericordioso del Padre. E’ per opera dello Spirito Santo che Maria concepirà e darà alla luce il Figlio di Dio.

Lc 1,30-31; 34-38 “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù…Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà da te sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio”.

Il battesimo di Giovanni era per la conversione, quello nell’acqua e nello Spirito sarà una nuova rinascita.

Lc 3,16 “ Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”.

Giov 1,32-34 “Giovanni testimoniò dicendo: “ Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo. E ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio”.

Nel Nuovo Testamento

“Gesù rivela in pienezza lo Spirito Santo solo dopo che è stato glorificato con la sua morte e risurrezione. Tuttavia lo lascia gradualmente intravedere anche nel suo insegnamento alle folle”. (Cat. della chiesa cattolica).

A Nicodemo:

“ Giov 3,5 “ In verità, in verità vi dico, se uno non nasce da acqua e spirito, non può entrare nel Regno di Dio”. Acqua indica il battesimo sacramento che riceviamo con l’intervento dello Spirito Santo.

Alla samaritana:

Giov 4,23-24 “Ma viene l’ora, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così, infatti, il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano, devono adorare in spirito e verità”.

Alla festa delle capanne:

Giov 7,37-39 “Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva”. Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti, non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato”.

Ai suoi discepoli a proposito della preghiera:

Lc 11,13 “ Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo, darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!”

Quando Gesù predice odio e persecuzioni:

Giov 15,26-27 “ Quando verrà il Paraclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio”.

Perché Gesù promette lo Spirito Santo

Giov 14,15-21 “ Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della Verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”

Giov 14,26 “Il Paraclito, lo Spirito Santo che il padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”,

Gesù mantiene la promessa

Atti 2,1-4 2 “ Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi”.

Giov 20,19-23 “ La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per dimore dei Giudei, venne Gesù, stette i mezzo a loro e disse: Pace a voi! Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi. Detto questo, soffiò e disse loro:

Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati; a cui non perdonerete, non saranno perdonati”.

Azione dello Spirito Santo: agisce nei fedeli che parlano e operano sotto la sua azione

1 Cor 12, 1-3 “Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio lasciarvi nell’ignoranza. Voi sapete, infatti, che, quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare senza alcun controllo verso gli idoli muti. Perciò io vi dichiaro: nessuno che parli sotto l’azione dello Spirito di Dio può dire: Gesù è anàtema!; e nessuno può dire: Gesù è Signore! se non sotto l’azione dello Spirito Santo”.

Rom 5,5 “ La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato”.

Doni dello Spirito Santo: ad ogni fedele per il bene della comunità ecclesiale

1 Cor 4-11 “ Vi sono diversi carismi, ma uno solo è Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, viene dato il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole”.

Perché lo Spirito Santo dà ad ognuno uno o più doni?

Cosa ne facciamo dei doni dello Spirito Santo?

1 Cor 14,1 “ Aspirate alla carità. Desiderate intensamente i doni dello Spirito…”.

1Cor 14,12 “ Desiderate i doni dello Spirito, cercate di averne in abbondanza, per l’edificazione della comunità”.

Lo Spirito Santo a tutti i cristiani gratuitamente dà la fede con il battesimo e anche attraverso gli altri sacramenti prende possesso di noi e in noi stabilisce la sua dimora.

“Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito abita in voi? Il tempio di Dio è santo e questo tempio siete voi”, (1 Cor 3,16-17).

Avvertiamo questa presenza?

Oltre la fede lo Spirito Santo dà ad ognuno dei doni che possiamo accettare o rifiutare, chiederne degli altri come supporto alla fede ricevuta per nostra santificazione e edificazione della comunità: lo Spirito Santo ci aiuterà a manifestare Gesù agli altri.

Ogni cristiano è chiamato dallo Spirito a manifestare ciò per cui è stato è investito; ognuno con i suoi carismi, con le sue possibilità sperimenta nel proprio intimo la reale azione dello Spirito Santo. Di ognuno lo Spirito conosce le capacità umane e in rapporto ad esse gestisce i suoi doni affinché portino frutto alla nostra vita in Dio e crescita nella Chiesa, comunità dei credenti.

Lo Spirito Santo gratuitamente ci dona la grazia nei sacramenti, ma chiede il nostro assenso e partecipazione, il nostro dialogo con lui nella preghiera, le opere per migliorare la nostra fede e le nostre opere per il prossimo.

Quando la nostra fede e la nostra adesione ad essa è sincera, lo Spirito Santo diventa il motore del nostro pensare, del nostro valutare, delle nostre scelte, del nostro agire, il nostro consulente.

Non ci sentiremo soli: sentiremo più vicino l’amore di Dio per noi, e aumenterà il nostro amore per Dio.

Sarà più facile seguire ciò che l’apostolo Paolo scriveva ai primi cristiani: “Non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati per il giorno della redenzione. Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malvagità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo” (Ef 4,30-32).

(1 Tess 5,16-20 “ Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa, infatti, è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie”.

Preghiamo lo Spirito Santo? Dialoghiamo con Lui? Solo nel dialogo presentando le nostre debolezze, le nostre incertezze possiamo ottenere i doni per superarle, per seguire meglio l’amore del Padre che si è manifestato in Gesù per noi.

Riportato da " L'uomo della Bibbia" di Enzo Riili


sabato 22 maggio 2010

Preghiera di bambini: davanti alla croce

PREGHIERA A GESU’, bambini al catechismo

Signore Gesù,

la tua croce ci parla di dolore:

lo dicono i chiodi ai tuoi polsi

e ai tuoi piedi,

la ferita sul tuo petto,

la corona di spine sul tuo capo.

Tutta questa sofferenza,

e la tua morte in croce

sono un dono da amico

per noi,

per tutti gli uomini

per la nostra salvezza

perché

ci vuoi tutti con te

in paradiso

quando questa nostra vita

finirà.

Il tuo dolore, oggi,

per noi è salvezza.

perdono,

misericordia,

gioia.

Oggi, tu sei in paradiso,

non soffri più:

ci guardi

ci osservi

ci vuoi bene

come una volta

quando rimproveravi i tuoi discepoli

che ci allontanavano da te.

Ricordi?

Siamo qui per dirti

che ti vogliamo bene

per donarti questi fiorellini

in segno del nostro amore per te.

Sulla tua croce

il profumo di questi fiori,

mentre ti guardiamo

con in nostri occhietti

puri e sinceri

innocenti, pieni di affetto

e qualche volta furbetti

ti dica, oggi,

che ti vogliamo tanto bene.

Oggi ti facciamo una promessa:

saremo amici tuoi.

Solo per oggi, di Giovanni XXIII

SOLO PER OGGI

Solo per oggi crederò fermamente, nonostante le apparenze contrarie, che la Provvidenza di Dio si occupi di me come se nessun altro esistesse al mondo.

Solo per oggi avrò cura del mio aspetto: non alzerò la voce, sarò cortese nei modi, non criticherò nessuno, non pretenderò di migliorare nessuno tranne me stesso.

Solo per oggi sarò felice nella certezza che sono stato creato per essere felice non solo nell’altro mondo, ma anche in questo.

Solo per oggi mi adatterò alle circostanze senza pretendere che le circostanze si adattino tutte ai miei desideri.

Solo per oggi dedicherò dieci minuti del mio tempo a qualche buona lettura, ricordando che come il cibo è necessario alla vita del corpo, così la buona lettura alla vita dell'anima

Solo per oggi compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno.

Solo per oggi mi farò un programma: forse non lo seguirò a puntino ma lo farò e mi guarderò da due malanni: la fretta e l'indecisione.

Solo per oggi non avrò timori. Non avrò paura di godere di ciò che è bello e di credere alla bontà.

POSSO BEN FARE, PER DODICI ORE,
CIÒ CHE MI SGOMENTEREI SE PENSASSI
DI DOVERLO FARE PER TUTTA LA VITA

venerdì 21 maggio 2010

Il matrimonio di Dio

Rapporto nuziale tra Dio e il suo popolo (Antico Testamento)

Nel messaggio dei profeti

I profeti hanno dato un apporto determinante presentando l’allegoria nuziale per esprimere il rapporto fra Dio e Israele. Essi utilizzano tutte le immagini tratte dall’ambiente familiare per esprimere il rapporto d’amore e di fedeltà fra Dio e Israele.

Il profeta Osea è il primo a rappresentare con l’immagine del rapporto coniugale i rapporti del Signore con il suo popolo. Osea sposa per disposizione di Dio una prostituta: la prostituzione della moglie diventa simbolo dell’infedeltà di Israele, che arriva perfino al culto delle divinità straniere, il quale porta con sé anche vere e proprie aberrazioni sessuali. Dio, però, sempre fedele, non si arrende e progetta un nuovo fidanzamento con il suo popolo: Pertanto, ecco io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore (Os 2,16). Il richiamo del deserto rimanda al periodo dell’innamoramento, quando Israele seguiva il suo Dio più da vicino. Il nuovo fidanzamento, però, non dovrà più essere rotto da nuove infedeltà: Ti fidanzerò a me per l’eternità, ti fidanzerò a me nella giustizia e nel diritto, nella tenerezza e nell’amore... (Os 2,21-22).

Va’, prenditi in moglie una prostituta

E abbi figli di prostituzione

Perché il paese non fa che prostituirsi

Allontanandosi dal Signore. (Os 1,2)

Il primo figlio è chiamato Izreél, Dio semina;

il secondo è una figlia chiamata sempre per ordine di Dio “ Non-amata”;

Chiamala non-amata

Perché non amerò la casa d’Israele

Non ne avrò più compassione

il terzo figlio si chiamerà “ Non-mio-popolo”.

Chiamalo non-mio-popolo

Perché voi non siete mio popolo

E io non esisto per voi.

La moglie che Osea ha amato e ama ancora tradisce il marito:

Accusate vostra madre, accusatela,

perché essa non è più mia moglie

e io non sono più suo marito.

Il Signore ama sempre Israele, benché sposa infedele, e dopo averla messa alla prova le ridarà la gioia dell’amore rendendola incrollabile e fedele.

Ti farò mia sposa per sempre

Ti farò mia sposa

Nella giustizia e nel diritto

Nella benevolenza e nell’amore-

Io li seminerò di nuovo per me nel paese

E amerò Non amata

E a Non-mio-popolo dirò: Popolo mio,

ed egli mi dirà: Mio Dio.

Il profeta Isaia

presenta come una madre, al ritorno dall’esilio di Israele:

Si dimentica forse una donna del suo bambino,

così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?

Anche se questa donna si dimenticasse,

io invece non ti dimenticherò mai (Is 49,15-16).

E per esprimere la gioia della liberazione dall’esilio viene portato l’esempio della gioia nuziale:

Io gioisco pienamente nel Signore,

la mia anima esulta nel mio Dio...

come uno sposo che si cinge il diadema

e come una sposa che si adorna di gioielli (Is 61,10);

Sì, come un giovane sposa una vergine,

così ti sposerà il tuo architetto;

come gioisce lo sposo per la sposa,

così il tuo Dio gioirà per te (Is 62,5).

Il profeta Geremia

riprende il tema di Dio-sposo in modo ancora più tenero, ricordando soprattutto l’entusiasmo del primo amore:

Mi ricordo di te, dell’affetto della tua giovinezza,

dell’amore al tempo del tuo fidanzamento,

quando mi seguivi nel deserto,

in una terra non seminata (Ger 2,2).

Proprio per questo è più acuto il rimprovero che viene rivolto al popolo infedele:

Perché il mio popolo dice:

"Ci siamo emancipati,

non faremo più ritorno a te?".

Si dimentica forse una vergine dei suoi ornamenti,

una sposa della sua cintura?

Eppure il mio popolo mi ha dimenticato

per giorni innumerevoli" (Ger 2,31-32).

Il profeta Ezechiele

Riprende l’immagine che ci presenta Israele come una fanciulla abbandonata di cui Dio si invaghisce fino a farla sua:

Passai vicino a te e ti vidi;

ecco la tua età era l’età dell’amore;

io stesi il lembo del mio mantello su di te

e coprii la tua nudità;

giurai alleanza con te,

dice il Signore Dio,

e divenisti mia (Ez 16,8).

L’immagine ricorre anche più frequentemente in Isaia, dove le difficoltà dell’esilio e del reinserimento in patria vengono addolcite dal ricordo di Dio che è lo sposo e perciò non abbandona il suo popolo:

Non temere,

perché non dovrai più arrossire...

Poiché il tuo sposo è il tuo creatore,

Signore degli eserciti è il suo nome;

tuo redentore è il Santo d’Israele,

è chiamato Dio di tutta la terra (Is 54,4-6).

Il messaggio nuziale del Cantico dei cantici

C’è un libro che è tutto dedicato all’amore umano, nella tensione del desiderio che poi sfocerà nel matrimonio: il Cantico dei cantici.

Questo piccolo poema è tutto un dialogo d’amore tra uomo e donna che si cercano reciprocamente con gioia e trepidazione: si tratta contemporaneamente dell’esaltazione dell’amore umano e dell’amore di Dio verso Israele.

E proprio per questo l’amore deve essere duraturo, come si esprime la sposa con immagini forti, inebrianti:

Mettimi come sigillo sul tuo cuore,

come sigillo sul tuo braccio;

perché forte come la morte è l’amore,

tenace come gli inferi è la passione;

le sue vampe sono come vampe di fuoco,

una fiamma di Dio.

Le grandi acque non possono

spegnere l’amore,

né i fiumi travolgerlo (Ct 8,6-7).

Nulla può estinguere l’amore autentico! È un messaggio indubbiamente molto profondo, in cui si fondono l’esperienza umana e il messaggio profetico che ha preso questa esperienza come simbolo dell’amore indefettibile di Dio verso il suo popolo.

Portata teologica e pastorale dell’allegoria

Dio prende come simbolo del suo amore verso Israele l’immagine nuziale perché essa era sentita e vissuta normalmente come realtà di amore e fedeltà totale.

Dio vuole dare un vero e proprio ammaestramento sul matrimonio: esso ha significato nella misura in cui riflette i costumi di Dio, ne imita gli atteggiamenti e ne assume i valori.

Riscopriamo un reciproco intreccio fra la realtà matrimoniale e il progetto matrimoniale che Dio ripropone ai credenti.